Capitolo 18 - God bless America (Pt. 9)
Le giornate calde della California erano già un lontano ricordo, ed erano passate solo poco più di sei ore da quando l'avevano lasciata.
New York li aveva accolti con una tempesta a tratti epocale, o almeno era quella la prima impressione che ebbe Pietro mentre erano al JFK, quasi un paio d'ore dopo essere atterrati dall'aereo con cui avevano viaggiato da Los Angeles
Ne mancavano ancora altre cinque prima della partenza del loro volo per Malpensa, cinque lunghe ore fino alle dieci della sera, ma a giudicare da quanto violento stava diventando il temporale minuto dopo minuto, Pietro cominciava ad avere una sensazione strana.
-Dici che ci faranno partire?-.
Non era riuscito a trattenere oltre la domanda. Lui ed Alessio avevano preso posto ad un tavolino di uno dei tanti bar dell'aeroporto, sempre più affollato. Avevano già cominciato a ritardare e cancellare alcuni voli, e anche se mancavano ancora cinque ore al loro, Pietro lo vedeva sempre più come un miraggio.
Alessio scosse il capo, alzando gli occhi dallo schermo del suo cellulare:
-Non lo so- mormorò, con voce piuttosto spenta – Stavo controllando le previsioni del meteo, e non sono buone. Non fino a dopodomani-.
Pietro sgranò gli occhi all'istante:
-Dopodomani?- gracchiò, incredulo – Non dirmi che stiamo beccando un uragano o qualcosa del genere-.
-Non credo, o avrebbero già diramato l'allerta- lo rassicurò Alessio, e a quelle parole Pietro si rilassò comunque un po' – Però pare continuerà con questa tempesta e vento forte ancora per diverso tempo. E onestamente non so quanto mi sentirei sicuro su un aereo che deve decollare con un tempo del genere-.
"Su questo non ha tutti i torti" ammise Pietro.
Annuì silenziosamente, senza avere idea di cosa dire. Aveva pianificato di essere già a Venezia per il weekend, in modo da poter rivedere Giacomo e Giorgio dopo più di una settimana di assenza, ma era evidente che qualcuno nei piani alti aveva voglia di rovinargli i progetti.
-Diciamo che fino a quando non ci cancellano il volo forse c'è ancora qualche speranza- disse ancora Alessio, che però aveva già un'espressione piuttosto rassegnata – Però forse è meglio se diamo un'occhiata per qualche hotel in giro. Dovremmo pagarcelo di tasca nostra, stavolta-.
Pietro annuì di nuovo, impotente di fronte alla situazione in cui si trovavano. L'unica speranza che gli era rimasta era che quel maledetto temporale si spegnesse pian piano, in tempo per il loro volo.
Altre due ore dopo non solo la tempesta non era finita – a dirla tutta era pure peggiorata-, ma il volo per Malpensa era stato ufficialmente cancellato. Le condizioni erano troppo instabili per pensare di far partire un qualsiasi aereo per qualsiasi meta, almeno per le prossime ventiquattr'ore.
Pietro guardò ancora una volta il tabellone digitale dove erano riportati tutti i voli che sarebbero dovuti partire quella sera dal JFK. Non ne era rimasto nessuno che non riportasse la dicitura cancelled di fianco all'aeroporto di destinazione.
-Direi che è ora di prenotare da qualche parte, se non vogliamo passare la notte qui- annunciò Alessio, in piedi di fianco a lui, lo sguardo alzato verso lo schermo allo stesso modo.
Ed aveva ragione, pensò Pietro stancamente, perché restare in aeroporto sarebbe stato del tutto impossibile: c'era il caos, troppa gente ammassata che, esattamente come loro due, stava vagando portandosi appresso valigie pesanti in attesa di qualche notizia certa. Ora che ce n'erano, quando ormai era calato il buio della sera, Pietro credeva comunque che l'aeroporto non si sarebbe tranquillizzato molto di più.
Desiderava solo allontanarsi da quel posto il prima possibile.
-Avevi trovato qualcosa?-.
Pietro si girò verso l'altro con una punta di speranza. Nelle ultime due ore aveva osservato Alessio smanettare con il suo portatile, tirato fuori dallo zaino quando erano ancora seduti allo stesso tavolino del bar di prima – dovevano averci passato quasi quattro ore, seduti lì con le speranze sempre più basse di veder il loro aereo partire-, sentendosi un po' inutile. Glielo aveva anche mormorato, ad un certo punto, con imbarazzo e con tono di scuse, ma Alessio si era limitato a sorridergli e a dirgli che oltre ad ordinare qualcosa di caldo da bere ed attendere non c'era molto altro che potesse fare.
Alessio aspettò che si allontanassero da quella zona per rispondergli:
-So solo che gli hotel vicino all'aeroporto sono già tutti pieni-.
Pietro credette di star sbiancando a vista d'occhio, visto l'espressione piuttosto apprensiva che l'altro gli stava rivolgendo.
-Mi sa che avevano già iniziato a rimandare alcuni voli prima ancora che atterrassimo noi- si affrettò ad aggiungere Alessio – Molta gente era già corsa ai ripari. Sono stati previdenti-.
"Più previdenti di noi".
-Quindi che facciamo?- chiese Pietro.
Si bloccò, fermo in piedi davanti ad Alessio. Non ne poteva più di stare seduto, ma in quel momento di disorientamento sentì le proprie gambe farsi molli – che diavolo potevano fare, dispersi a New York, di sera, senza sapere nulla nemmeno di ciò che li attendeva domani?.
-Ho cercato anche nelle altre zone della città- Alessio sembrò percepire il suo stato d'agitazione, e quasi d'impulso gli prese una mano stringendola nella sua. Pietro non si oppose al gesto, accogliendolo anzi con sollievo: in una situazione del genere gli serviva percepire la presenza di qualcuno di cui si fidava. Quasi senza rendersene conto ricambiò la stretta delle dita di Alessio, lasciando che il suo pollice tracciasse lenti percorsi sul lato del dorso della mano che stringeva.
-Se non vogliamo spendere un patrimonio, ma non finire neanche in una catapecchia, ci sono un paio di posti decenti a Manhattan- Alessio continuò a parlare, con praticità mista a dolcezza. Con l'altra mano, ora libera dopo aver lasciato andare il manico della sua valigia da stiva, frugò nella tasca della giacca, tirandone fuori il cellulare. Pietro lo osservò digitare qualcosa e scrollare, fino a fermarsi su qualcosa che gli fece vedere subito dopo aver girato il cellulare nella sua direzione.
-Tipo questo, a East Harlem-.
Pietro acuì lo sguardo: Alessio era in una pagina di un sito di B&B, con il nome del posto e alcune foto già visibili senza dover scrollare più in giù la pagina. Si sentiva talmente stanco e demoralizzato che non riuscì nemmeno a concentrarsi su quelle.
-Hanno ancora posto, vero?- chiese invece, sentendosi un po' stupido: era piuttosto ovvio che Alessio avesse controllato, prima di mostrarglielo.
-Sì. Anche se ... - Alessio fece una pausa, tornando a girare il cellulare nella sua direzione. Pietro lo osservò corrugare la fronte, con incertezza, domandandosi quale fosse il problema.
Qualche secondo dopo, con voce altrettanto esitante, Alessio tornò a parlare:
-Credo che l'opzione più economica sia questa- si morse il labbro inferiore, lanciando a Pietro una veloce occhiata – Una camera con letto matrimoniale-.
Era evidente che fosse a disagio per il fatto di temere la reazione di Pietro a quella rivelazione, ma in quella situazione non gliene poteva importare di meno. Avrebbe dormito anche sul pavimento.
-Non importa- disse subito, senza ripensamenti – Piuttosto che restare qui, prenotiamo questa stanza-.
Alessio lo guardò ancora non del tutto quieto:
-Sei sicuro?-.
Pietro annuì con vigore:
-Sì, certo. Tu lo sei?-.
Alessio annuì di rimando, dopo un paio di secondi di completa immobilità.
-Sì- disse con un filo di voce – Allora provo a chiamarli e sentire che dicono-.
Senza aspettare una risposta da Pietro, si allontanò di qualche passo, il cellulare in mano mentre faceva partire la chiamata e poi accostandoselo all'orecchio. Pietro non riuscì più a vederlo in viso, osservandolo girarsi di spalle sovrappensiero, forse troppo preso dalla chiamata, forse ancora in attesa che dall'altra parte della linea gli rispondessero.
Si sentì solo, privato del contatto tranquillizzante della mano di Alessio che stringeva la sua, ma si sentì anche un po' più fiducioso: forse non avrebbero passato la notte allo sbando completo.
Ci vollero un altro po' di minuti prima che Alessio tornasse, stavolta con il volto decisamente più rilassato.
-Tutto a posto- gli annunciò, sorridendo – Abbiamo una camera per stasera, ed eventualmente anche domani se dovessero ancora sospendere i voli-.
-Ottimo- Pietro dovette seriamente trattenersi a stento dall'abbracciarlo e sussurrargli che gli avrebbe costruito una statua per la sua opera di ricerca di B&B risultata così di successo – Come ci arriviamo a East Harlem?-.
-Treno e poi metro-.
Sembrava facile, detta così. Non aveva idea nemmeno di dove fosse East Harlem, una nebulosa zona di Manhattan tanto quanto qualsiasi altra, ma non importava. Era sicuro che Alessio sapesse già dove andare.
Si sarebbe affidato a lui.
-Perfetto. Buttiamoci in questa avventura-.
*
I miss New York and I miss the music
Me and my friends‚ we miss rock 'n' roll
I want shit to feel just like it used to
When‚ baby, I was doing nothin' the most of all
(Lana Del Rey - "The Greatest")*
New York era incredibilmente diversa da Los Angeles.
Era stato il primo pensiero di Pietro quando lui ed Alessio erano usciti dalla metro dopo circa un'ora di viaggio, per tornare all'aria aperta alla ricerca del loro B&B. Ed era un pensiero che continuava ad essere fisso anche in quella giornata, la seconda di tempesta torrenziale che aveva avuto come unico risultato quello di far slittare ancora di un giorno tutti i voli da e per New York. Se ci fossero stati dei miglioramenti sarebbero potuti partire l'indomani, con un volo alla stessa ora come quello con cui sarebbero dovuti partire la sera precedente.
I grattacieli della città erano più claustrofobici di quanto non erano quelli losangelini. Erano imponenti, immense strutture di vetro e cemento che lo guardavano dall'alto, facendolo sentire minuscolo.
New York aveva un'atmosfera multiculturale come l'aveva Los Angeles, ma era differente – meno latina, meno immersa nei colori caldi, meno accesa-, quasi all'opposto. Ed era altrettanto caotica, di quello Pietro era sicuro: aveva attraversato diverse strade quel giorno, ed aveva rischiato di farsi prendere sotto da qualche taxi troppo frettoloso almeno un paio di volte, sotto lo sguardo pieno di panico di Alessio.
Nonostante il temporale che impazzava avevano deciso di rendere quel giorno in più a New York produttivo: visitare il Museum of Modern Art sarebbe stato comunque più interessante che passare tutta la giornata chiusi nella minuscola camera del B&B che avevano prenotato, dove c'era a malapena posto per un bagno ancor più piccolo e il letto matrimoniale dove si erano addormentati la sera prima, esausti per il trambusto della giornata e per il jet lag accumulato dal viaggio da Los Angeles.
C'era poca gente al MoMA, i turisti fermati dal meteo tremendo e che, probabilmente sicuri di aver più tempo di quanto non ne avessero lui ed Alessio, dovevano aver deciso di rimandare la visita culturale della giornata.
Forse era stata una fortuna, perché quando mai sarebbe ricapitato di poter camminare lungo i corridoi e le sale di quel museo senza la calca della gente intorno, potersi prendere il proprio tempo davanti ai quadri e alle opere esposte?
Pietro si mosse con sguardo attento, staccandosi da Neve sciolta a Fontainblue di Cézanne, guardandosi intorno e scorgendo la figura di Alessio poco più avanti, di fronte ad un altro dipinto. Aveva la fronte corrugata, e lo sguardo perplesso.
Quando gli si fece vicino, Pietro si allungò verso la piccola targa sul muro accanto al quadro per leggerne le informazioni riportate.
-Compleanno- lesse il titolo, alzando lo sguardo verso Alessio – Beh, è in tema. Anche se dal tuo compleanno è già passata una settimana-.
Alessio non sembrò cogliere la battuta, continuando a mostrare quell'espressione sofferente. Fece un cenno con il capo rivolto al quadro, prima di tornare a voltarsi verso Pietro:
-È un po' inquietante-.
Pietro non riuscì a trattenere una risata leggera:
-Perché?-.
-Mah ... Non lo so- Alessio alzò le spalle, scuotendo appena il capo mentre osservava ancora il quadro con la stessa espressione contratta – Forse sono i colori ad essere troppo sul grigio. O è la posizione dei personaggi ritratti-.
-Se non ricordo male quella ritratta lì dovrebbe essere la moglie di Chagall- disse Pietro, con sguardo perso, nel tentativo di ricordare qualcosa di più preciso – E quello sospeso in aria è, per l'appunto, Chagall che vuole baciarla-.
Alessio lo guardò con occhi spalancati e scettici:
-In quell'angolazione?-.
-Sì, tipo così ... - Pietro si mosse prima ancora di pensare, portandosi alle spalle di Alessio e cercando di alzarsi sulle punte dei piedi, aumentando la loro differenza di altezza già presente. Quando si sporse in avanti, in un'angolazione che poteva richiamare solo lontanamente quella dei protagonisti del quadro, si rese conto che era molto, decisamente troppo, vicino al viso di Alessio.
Si ritrasse un secondo dopo, schiarendosi la gola a disagio.
-Beh, hai capito-.
Per un po' non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo per studiare il viso dell'altro. Se ne rimase in silenzio, un po' in disparte, puntando gli occhi unicamente sul quadro.
"Che cazzo mi è venuto in mente?".
-Come fai a sapere tutte queste cose?-.
Pietro sobbalzò appena, quasi credendo di essersi sognato quella domanda. Quando si girò, dubbioso, Alessio lo stava ancora guardando in attesa.
-Non era male studiare storia dell'arte al liceo- si ritrovò a bofonchiare Pietro, consapevole di star arrossendo.
-Io non l'ho mai studiata- Alessio rise appena, vagamente in imbarazzo – Mi sento piuttosto ignorante su questo momento-.
-Nulla ti vieta di approfondirla se vorrai- Pietro lo disse con voce un po' più convinta – E poi anche io sono molto ignorante su tantissime altre cose-.
Proseguirono la visita con calma, senza alcuna fretta di dover correre verso qualche altra meta, e senza che Pietro tentasse di nuovo di imitare qualche altra posa di un qualsiasi altro quadro.
*il copyright della canzone appartiene esclusivamente alla cantante e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Quando il maltempo decide di mettersi in mezzo e, di conseguenza, cambiare pure i programmi di Alessio e Pietro!
A quanto pare i nostri due protagonisti per questo capitolo dovranno aspettare ancora qualche giorno per il ritorno in Italia, perchè proprio a New York, dove avrebbero dovuto fare il cambio con l'aereo che li avrebbe riportati a casa, rimarranno bloccati ancora per un po'. E sarà proprio New York la città dove resteremo per le ultime pagine di questo capitolo svoltosi interamente in terra statunitense.
Sebbene il meteo non sia proprio ottimale, nemmeno per girare a piedi, i nostri due eroi non rinunciano a qualche visita newyorkese, finendo dritti dritti al MoMA ... Che altro combineranno, tra temporali infiniti e situazioni imbarazzanti?
A mercoledì prossimo per un nuovo aggiornamento!
Kiara & Greyjoy
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