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Capitolo 18 - God bless America (Pt. 7)

-Era da tanto che non vedevo il mare di notte-.

Pietro si lasciò andare ad una risata gutturale, girandosi verso Alessio e già pronto a correggerlo:

-Di sicuro è la prima volta che vedi l'oceano di notte-.

In tutta risposta anche Alessio si mise a ridere, ora consapevole dell'errore appena commesso.

Avevano perso entrambi la cognizione del tempo, di questo Pietro ne era sicuro. Ed era altrettanto sicuro che a nessuno di loro importasse davvero; era piuttosto probabile che se ne sarebbero andati a cena molto più tardi del solito, nel primo diner che avrebbero trovato, e che poi sarebbero anche rientrati in hotel molto più tardi rispetto al previsto. Lavorare fino a notte fonda per rimanere in riva all'oceano ancora un po' era un compromesso che per Pietro poteva funzionare.

Non ricordava un altro momento in cui si era sentito così sereno come quello in cui si trovavano ora, mentre le luci della città davano loro la possibilità di non cadere nella completa oscurità, e di distinguere le sfumature scure delle acque dell'oceano.

Non c'era silenzio completo – non erano nemmeno del tutto soli, con molte altre persone che stavano ancora passeggiando o che li stavano imitando seduti sulla sabbia-, non in una città come Los Angeles, ma a Pietro andava bene.

Voleva rimanere in quella bolla di tranquillità il più a lungo possibile.

-Il mare di notte l'avevamo visto in Puglia, ti ricordi?-.

Se l'era lasciato sfuggire con naturalezza, un po' come era stato fino a quel momento. Lui e Alessio avevano parlato di tutto e di niente, senza mai fermarsi, tra risate e momenti di silenzio che non era mai diventato imbarazzato. Ed era da un po' che ci stava pensando, che gli era tornata in mente l'ultima volta che si era trovato su una spiaggia quando il sole era già calato, e gli sembrò una coincidenza curiosa che Alessio fosse di nuovo lì con lui, come era accaduto nove anni prima.

-Certo che mi ricordo- Alessio si lasciò andare ad un sospiro nostalgico – La nostra prima vacanza insieme-.

"Ed anche l'ultima che ci sia mai stata" si ritrovò a pensare Pietro, ma non lo espresse a voce.

-Eravamo dei cazzoni a malapena maggiorenni- mormorò ancora Alessio, con voce a malapena udibile.

-Ora siamo dei cazzoni quasi trentenni- rise debolmente Pietro – E non abbiamo nemmeno un falò acceso-.

-E neanche una chitarra-.

Pietro si ritrovò a ridere di nuovo:

-E il resto della ciurma-.

-Almeno possiamo stare in tranquillità- puntualizzò Alessio, anche se dalla fugace malinconia che gli aveva velato lo sguardo Pietro intuì che, in realtà, doveva mancargli la compagnia degli altri.

"Quando è stata l'ultima volta che ci siamo visti tutti insieme?".

Pietro non seppe rispondersi. Era dall'inizio dell'anno – ma forse anche prima, ora che ci rifletteva- che era successo di tutto, e tante altre cose a lui ancora oscure. Non era poi così strano che in fin dei conti non fossero riusciti a vedersi tutti e sei insieme fino a quel momento: tra figli, lavoro e gli impegni della vita quotidiana, non riusciva a incolpare né Caterina né Nicola per non aver voglia di partecipare alla vita mondana, non dopo l'aborto spontaneo. E poi c'erano Giulia e Filippo, così sfuggevoli e così strani che era palese fosse successo qualcosa, anche se non l'avevano detto.

E non poteva non tirare dentro anche se stesso, perché era dalla prima sera che aveva messo piede al Celebrità che aveva preferito passare le sue serate là, in compagnia di Martino, piuttosto che in altro modo. Alessio era la sua unica eccezione, l'unica persona del loro gruppo di amici che aveva sempre visto spesso, e la cui presenza era rimasta una routine alla quale difficilmente avrebbe voluto rinunciare.

Mentre lo pensava si girò verso di lui, seguendone il profilo del viso. Era di nuovo perso con lo sguardo chissà dove, rapito da ciò da cui erano circondati.

-È davvero bello qui-.

Alessio lo mormorò quasi si fosse reso conto degli occhi di Pietro su di sé. Ci vollero alcuni secondi prima che si girasse a sua volta verso di lui: Pietro lo vide inaspettatamente teso, la fronte corrugata e lo sguardo fuggente mentre si mordeva il labbro.

Attese che dicesse qualcosa, evidentemente combattuto se rinunciarvi o farsi avanti.

-Posso dirti una cosa?-.

Per un attimo Pietro temette il peggio, ma riuscì ad allontanare i dubbi:

-Certo-.

Alessio lo guardò a lungo, in silenzio, gli occhi azzurri che stavolta non stavano cercando vie di fughe per evitare il contatto.

-Sono contento di essere qui con te-.

Pietro avvertì il proprio cuore perdere un battito. Era stata una cosa fugace, durata un singolo momento, ma sarebbe stato stupido non ammettere che lo aveva percepito.

Si voltò meglio verso Alessio, senza sapere bene cosa dire.

Sarebbe bastato dirgli che anche lui si sentiva così? Che nonostante la mole di lavoro che aveva ogni sera, le mattinate pesanti passate alla convention e i momenti in cui la sua testa era così incasinata con l'inglese da non riuscire nemmeno più a formulare un pensiero in italiano corretto, era davvero felice di essere lì?

Non fece in tempo a dire nessuna di queste cose, solo a pensarle, perché Alessio scostò di nuovo lo sguardo come se si fosse appena bruciato su una superficie incandescente, sospirando a pieni polmoni.

-Quando ti avevo proposto il viaggio non ero del tutto sicuro che avresti accettato-.

Pietro si ritrovò a corrugare la fronte, preso contropiede:

-Come mai?-.

Alessio continuò a tenere lo sguardo rivolto altrove, torturandosi le mani in grembo, in evidente difficoltà. Forse si era pentito di essersi lanciato in una conversazione che Pietro aveva la sensazione non sarebbe finita con un paio di parole.

-Per un sacco di motivi-.

Alessio lo mormorò con voce incerta, e Pietro lo prese come un segnale che aveva bisogno di tempo, e non cercò di incalzarlo.

-Avevi appena cambiato lavoro e magari non potevi combinare la cosa, e poi magari non ti andava di allontanarti dall'Italia per due settimane intere, lontano dai bambini- Alessio alzò le spalle, prima di lanciargli una veloce occhiata, con sguardo mesto – Forse non ti andava di passare due settimane, lontano da casa, e solo con me-.

Prima ancora che potesse anche solo processare le parole che Alessio gli aveva detto, men che meno ragionarci sopra, Pietro si affrettò ad aprire bocca:

-Non è così-.

Scorse il viso di Alessio, l'espressione ancora esitante come se non fosse del tutto convinto della sua rassicurazione.

Forse perché, si ritrovò a pensare, aveva buoni motivi per non esserlo.

Pietro sospirò pesantemente, e stavolta fu lui a scostare lo sguardo altrove: non si era aspettato di affrontare quell'argomento proprio in quel momento. Non mentre erano a Los Angeles, non in una giornata in cui era stato tutto perfetto e che rischiava di finire in una conversazione troppo delicata e su cui avrebbe dovuto spiegarsi al meglio.

Ebbe paura, ma forse era semplicemente arrivato il momento di affrontare anche quel lato della loro relazione, l'elefante nella stanza che c'era da anni, e che non se ne sarebbe mai andato se non affrontato.

-Ci sono stati tempi in cui forse ti avrei detto di no, è vero-.

Dirlo a voce alta, dopo tutto quel tempo, fu terribile e liberatorio allo stesso tempo. Alzò gli occhi su Alessio, muovendosi sulla sabbia per avvicinarsi a lui.

-Però non è più così-.

Sperò che ad Alessio bastassero quelle parole. Era tutto racchiudibile lì dentro, sia il passato che il presente. E forse il passato era più pesante di quel che stava facendo passare, ma ebbe l'impressione che per quello non era ancora venuto il tempo giusto.

-Lo so che ci sono stati periodi in cui non volevi avvicinarti- Alessio lo ammise con voce spenta – Non ne abbiamo mai parlato tra noi, però lo sentivo-.

Pietro annuì impercettibilmente.

C'erano state così tante cose a distanziarli negli anni che era sicuro di non ricordarle nemmeno tutte. C'erano state prima Alice e poi Giada, la cui presenza cozzava così dolorosamente con ciò che aveva provato.

C'era stata la scoperta della sua sessualità, e poi Fernando.

C'era stata la notte della laurea di Caterina, ed il bacio che Alessio sembrava non aver mai ricordato – o che aveva sempre ignorato consapevolmente.

C'era stato l'amore che aveva provato verso di lui, in ogni forma possibile, quello provato per un amico e quello che rappresentava ben di più.

Era facile capire cosa li avesse portati distanti – troppe cose da sopportare, così tante che era logico fosse accaduto-, ma gli era altrettanto chiaro come mai fossero sempre tornati a incontrarsi di nuovo.

Era qualcosa che non sapeva spiegare, che andava oltre la sua comprensione, ma che c'era, ed era evidente.

Alessio si morse il labbro inferiore, scuotendo appena il capo:

-E non sapevo che fare ... E alla fine non facevo mai niente-.

Pietro annuì, un po' sorpreso da quell'ammissione di Alessio. Non si era aspettato che lo dicesse – forse non si aspettava nemmeno che se ne fosse reso conto e che lo avesse fatto consapevolmente.

"Ma alla fine non ho mai fatto nulla nemmeno io per migliorare le cose".

Il caos di Los Angeles impediva che tra loro calasse il silenzio completo della sera. Alle spalle di Pietro la città era ancora viva, vivida nelle sue mille luci e nelle persone che la abitavano, e un po' di quella vividezza arrivava fino a lì, illuminando anche se di poco il viso di Alessio e il suo.

Quando Alessio parlò di nuovo, lo vide con la coda dell'occhio girarsi verso di lui, stavolta con un sorriso malinconico sulle labbra.

-Però sono contento che le cose siano migliorate proprio prima che perdessi Fernando-.

Alessio chiuse gli occhi per qualche secondo, come se il peso delle sue stesse parole fosse troppo anche per lui.

-Se non ci fossi stato in quel periodo non credo me lo sarei mai perdonato-.

"Ma non è successo", pensò Pietro, ed era felice di poterlo dire.

Non aveva nemmeno idea di come sarebbe stato senza Alessio accanto, e in fondo non voleva neanche pensarci. Avere Alessio di nuovo lì con lui era stato uno degli ultimi regali che Fernando gli aveva donato, forse inconsapevolmente, ma di cui gli era ancora grato.

-Anche io sono contento-.

Alessio gli sorrise più apertamente, e fu un sorriso che raggiungeva anche gli occhi. Non era un sorriso semplicemente di circostanza, era una manifestazione che anche lui era felice che le cose fossero andate così. Che nonostante le difficoltà in un modo o nell'altro ce l'avevano fatta a superarle.

Che in un modo o nell'altro non aveva mai smesso di sperare di non dover rinunciare a quel che avevano.

"E cos'è che abbiamo ora?".

Porsi quella domanda, in maniera così istintiva e così inaspettata, destabilizzò Pietro più di quanto si sarebbe aspettato. Forse perché era da un po' di anni che aveva smesso di domandarselo.

C'era però una serenità che non poteva altrettanto negare, come se fosse in grado di accettare qualsiasi risposta potesse rispondere a quella sua domanda.

On my pillow

Can't get me tired

Sharing my fragile truth

That I still hope the door is open

'Cause the window

Opened one time with you and me

Now my forever's falling down

Wondering if you'd want me now*

Si passò la lingua sulle labbra secche, abbassando per qualche secondo gli occhi.

-È stata dura l'anno scorso. Lo è ancora, in certi momenti- ammise a mezza voce, cercando di ignorare almeno per il momento i suoi stessi interrogativi – Però in un modo o nell'altro riesco a pensare che ovunque sia, ora sta bene. E probabilmente sa che anche io me la sto passando meglio-.

Non c'era dolore nella sua voce. Non ce n'era perché aveva imparato a conviverci, a capire che in fondo era più bello ricordare Fernando con un sorriso nostalgico piuttosto che con gli occhi velati di lacrime.

La nostalgia, quella sì, c'era sempre, ed era sicuro che ci sarebbe sempre stata.

Era simile alla malinconia che leggeva ora nelle iridi chiare di Alessio, che lo stavano scrutando piano, con empatia, come se la mancanza che stava provando Pietro la sentisse un po' come se fosse anche sua.

-Sono sicuro che lo sa-.






*il copyright della canzone (V - "Sweet Night") appartiene esclusivamente al cantante e ai suoi autori.


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