Capitolo 18 - God bless America (Pt. 11)
Pietro addentò il suo hamburger un po' meno in imbarazzo di prima.
Forse prima o poi si sarebbe abituato all'idea di Alessio impegnato a leggere i suoi articoli – riusciva quasi ad immaginarselo, fermo davanti ad un'edicola di Venezia mentre iniziava a sfogliare il giornale, sapendo che scorrendone le pagine avrebbe trovato quel che cercava-, ma al momento preferiva quasi non pensarci. Avrebbe metabolizzato la cosa, pian piano.
-Ti ricordi quando avevamo parlato in quale facoltà volevamo iscriverci, dopo la mia maturità?- gli venne da chiedergli, dopo un po' di silenzio. Prima ancora che Alessio rispondesse, Pietro sapeva già cosa potersi aspettare.
-Me lo ricordo- disse Alessio dopo aver mandato giù un morso del suo panino, confermando il sospetto di Pietro – Mi ricordo che non ero molto d'accordo sul fatto che stessi accantonando le tue vere aspirazioni-.
Pietro annuì:
-Già-.
Ricordava bene, come se fosse ieri, quanto Alessio avesse insistito sul lasciar perdere la convenienza e studiare ciò che gli piaceva – e da chi altro sarebbe potuta venire una simile predica, se non da lui?. Ora che erano passati anni si rendeva conto che, in fondo, Alessio ci aveva sempre visto più in là di quanto non avesse fatto lui stesso all'epoca. Era come se un cerchio si fosse finalmente chiuso, come se fosse finalmente giunto a capire.
-Chissà come sarebbe stato se avessi seguito subito quella strada-.
Pietro lasciò andare quelle parole a mezza voce.
Non si era mai soffermato a riflettere, a pensare a come sarebbero state le cose se fosse stato uno studente di Lettere. Niente lezioni con Alessio e Nicola, niente Giada – che probabilmente sarebbe stata sostituita con qualche altra ragazza con la quale essere infelice, e da rendere altrettanto infelice-, magari la strada nel giornalismo spianata poco dopo la laurea.
Sarebbe stato tutto molto diverso, quella era l'unica certezza.
-Non lo so- Alessio posò quel che rimaneva del suo hamburger sul piatto, guardando Pietro con aria riflessiva – So solo che di sicuro tutto quello che hai vissuto finora ti ha aiutato ad arrivare dove sei adesso. In fin dei conti non è andata male-.
Pietro si limitò ad annuire.
"Forse doveva semplicemente andare così".
Morse di nuovo l'hamburger, nonostante la fame se ne fosse in parte andata.
"Dovevano avvenire tutti gli eventi che mi hanno portato ad essere quel che sono oggi".
-Eravamo in una pizzeria di Borgo Padano quando ne abbiamo parlato, vero?-.
Pietro quasi sobbalzò, troppo preso dai suoi stessi pensieri, alla domanda successiva di Alessio. Cercò di non darlo a vedere, schiarendosi la voce:
-Oh sì, se non ricordo male mi ci avevi trascinato tu- replicò velocemente, prima di lanciargli un'occhiataccia – Per il karaoke-.
Si aspettò di vedere Alessio scoppiare a ridere, ed infatti non tardò a farlo.
-Non è che volessi cantare al karaoke, c'era la possibilità- lo corresse lui, senza però nascondere il ghigno che gli si stendeva sulle labbra.
Pietro sbuffò teatralmente:
-Non a caso poi siamo finiti a fare un'enorme figuraccia davanti a tutta la pizzeria-.
-Non abbiamo cantato così male- protestò subito Alessio, con fare contrariato.
Pietro non cedette neanche un po':
-La tua memoria ormai è offuscata-.
Alessio rise di nuovo. Sembrava essersi rilassato anche lui rispetto a prima, decisamente molto più a suo agio. Morse un'altra volta il suo hamburger, ormai quasi finito, e aspettò qualche attimo prima di parlare ancora:
-Guarda il lato positivo: stasera niente karaoke-.
Pietro l'avvertì come un campanello d'allarme immediatamente.
-Ma?- lo incalzò, il sopracciglio alzato mentre guardava con sospetto l'altro dall'altra parte del tavolo.
Alessio lo guardò fintamente sulla difensiva:
-C'era un ma sottinteso nella mia frase?-.
-C'è sempre un ma sottinteso-.
-Ok, alzo le mani- Alessio lo fece davvero, dopo essersi infilato in bocca l'ultimo boccone del suo hamburger. Rimise giù le braccia ridendo tra sé e sé, lo sguardo altrove, e forse era solo un'impressione, ma Pietro aveva la sensazione che gli stesse davvero ronzando qualcosa in testa. Forse non aveva ancora raccolto il coraggio sufficiente per esprimerla a voce, qualunque cosa fosse.
Riuscì a finire anche lui la sua cena, nel tempo che evidentemente servì ad Alessio per arrossire e decidersi a parlare.
-Ma ... - iniziò a dire, con la punta di sarcasmo che svaniva un po' alla volta per lasciar posto ad un tono più timido – C'è la musica dal vivo, e la gente sta ballando-.
Pietro lo guardò confuso:
-Tu che vuoi andare a ballare?- disse, prima di ridere piano – È un invito?-.
Lo aveva detto ironicamente, senza crederci troppo, e fu per quel motivo che non fu affatto pronto per quel che accadde subito dopo.
Vide Alessio alzarsi, restare di fronte a lui, mentre gli tendeva una mano in attesa che Pietro la stringesse nella sua e lo seguisse.
-Potrebbe-.
"Oh".
Pietro non riuscì a pensare nient'altro.
Non c'era più nessuna parola, solo qualcosa che si stava muovendo dentro di sé e che non riusciva a riconoscere – o che non voleva ammettere di riconoscere.
Alessio lo guardò più dolcemente, senza smettere di tendergli la mano:
-In teoria è la nostra ultima notte negli Stati Uniti. Possiamo fare qualcosa di pazzo-.
Quelle parole lo riscossero, almeno in parte. Si schiarì la voce, rimanendo ancora seduto.
-Davvero la cosa più pazza per te è ballare in un pub?-.
Si rese conto di averlo detto un po' troppo bruscamente, ma Alessio non sembrò farci caso:
-Ho una vita monotona-.
Pietro spostò lo sguardo meccanicamente dalla mano tesa al viso speranzoso di Alessio. C'erano solo pochi secondi di tempo a separarlo dall'afferrare quella stessa mano, stringerla nella sua e alzarsi a sua volta, seguire Alessio dove voleva portarlo.
Doveva solo capire se era disposto a farlo.
E c'era qualcosa negli occhi azzurri di Alessio, qualcosa che non riusciva a cogliere e definire, che gli stava dicendo di farlo, che ne sarebbe valsa la pena. Ed in fondo si trattava solo di ballare – di nient'altro, no?.
Poteva farlo.
Forse voleva farlo.
-E va bene-.
Pietro prese un respiro profondo, prima di alzare il braccio e allungare la sua mano verso quella di Alessio. Le sue dita e il suo palmo erano caldi, molto di più di quanto non erano le sue mani. Trovò conforto e rifugio in quel calore della mano di Alessio, mentre si decideva ad alzarsi dalla sua panca.
-Rendiamola un po' meno monotona- mormorò ancora, facendo ridere di sottecchi l'altro.
Alessio lo trascinò senza dire una parola, camminando con sicurezza verso la zona dove c'erano tutte le altre persone intente a ballare, davanti alla piattaforma dove suonava la band.
Era appena iniziata una canzone lenta, accompagnata dal pianoforte, e Pietro ebbe qualche dubbio – più di qualche incertezza- su come Alessio intendesse ballare su una base simile.
Fu proprio Alessio a togliergli qualsiasi esitazione, quando fece esattamente quello che stava facendo chiunque si fosse deciso ad alzarsi dai tavoli e venire lì: gli si piantò di fronte, allungando entrambe le mani sulle spalle di Pietro. Lo guardò alzando le sopracciglia, in un muto incitamento a fare quel che doveva fare lui; Pietro sperò di non arrossire eccessivamente mentre portava entrambe le mani sui fianchi dell'altro, stringendo a malapena, sfiorandolo con delicatezza quasi temesse di fargli male.
Aveva così tante domande, in quel momento, a ronzargli in testa, che riusciva a malapena a mantenere contatto con la realtà.
Cercò di concentrarsi solo su Alessio.
Sulle sue mani attorno alla sua vita, e sulle sue che teneva appoggiate sulle spalle.
Gli ci volle un po' più di coraggio per guardarlo negli occhi, e quando alzò il viso si accorse che Alessio lo stava già facendo. Lo stava già guardando, con un'espressione che Pietro, di nuovo, non riuscì a decifrare.
Do you want me or do you not?
I heard one thing, now I'm hearing another
Dropped a pin to my parking spot
The bar was hot, it's 2 AM, it feels like summer
Happiness is a butterfly
Try to catch it, like, every night
It escapes from my hands into moonlight
Era facile perdersi nei suoi occhi azzurri, così facile che per un attimo gli sembrò quasi che ci fossero solo loro due lì dentro, senza nessun altro attorno.
Sarebbe stato più facile, e meno imbarazzante quando vide di striscio più di qualcuno, non troppo distante da loro, che li guardava. Non con sguardo d'odio come si sarebbe aspettato, più con espressione neutrale, ma li stavano comunque guardando e quella sensazione lo fece sentire strano.
-Alcuni ci stanno fissando- mormorò.
In tutta risposta, Alessio alzò le spalle:
-Lascia che fissino-.
Fu una frase semplice, concisa, che però racchiudeva in sé tutto ciò che Pietro voleva – e di cui aveva bisogno- sentirsi dire.
Gli dette un po' di coraggio, quella dose di sfacciataggine e di normalità che gli serviva per fregarsene. Anche se non erano sguardi d'odio, come si sarebbe potuto aspettare, erano pur sempre occhiate, occhi di sconosciuti che non voleva sentirsi addosso.
Alessio lo riportò alla realtà stringendo un po' di più le mani sulle sue spalle, guidandolo piano nel muoversi al ritmo lento della musica.
E anche se si sentiva ancora un po' a disagio, pur ripetendosi che non c'era nulla per cui si doveva sentire così – quasi gli parve di sentire la voce sia di Fernando che di Martino dirglielo-, fece quel che Alessio gli aveva appena detto: lasciò che quelli intorno a loro guardassero.
Forse era quella la chiave di tutto per sentirsi felice, anche con poco: non badare a nessun altro, se non a quello che stava accadendo a lui.
Happiness is a butterfly
We should catch it while dancing
I lose myself in the music, baby
Every day is a lullaby
Try to catch it like lightning
I sing it into my music, I'm crazy
-Sarà strano tornare alla normalità-.
Alessio parlò così piano che Pietro era sicuro che, se fossero stati più lontani, anche solo di poco, non sarebbe mai riuscito a sentirlo. L'aveva detto forse come un pensiero ad alta voce, non per forza rivolto a Pietro, ma ormai l'aveva ascoltato e gli fece quasi ridere vedere Alessio in quell'inaspettato accesso di malinconia.
-Non hai voglia di tornare in Italia?-.
Alessio scosse il capo, gli occhi azzurri che lo guardavano di rimando:
-Forse non ho voglia di tornare alla vita di tutti i giorni-.
Sospirò, le mani che si facevano un po' più strette sulle spalle di Pietro, quasi stesse cercando di aggrapparvisi. Pietro si rese conto solo in un secondo momento di star facendo lo stesso, le mani posate che saggiavano la curva dei fianchi di Alessio sopra al maglione pesante che indossava.
-Avrò sempre bei ricordi di questo viaggio- mormorò Alessio ancora una volta, dopo alcuni secondi, con voce a tratti spezzata – Mi mancherà tutto questo-.
Pietro non disse nulla. Non ce n'era bisogno: sapeva, in un certo senso, che Alessio era perfettamente consapevole che le stesse identiche parole stavano ronzando silenti anche nella sua testa.
If he's a serial killer, then what's the worst
That can happen to a girl who's already hurt?
I'm already hurt
If he's as bad as they say, then I guess I'm cursed
Looking into his eyes, I think he's already hurt
He's already hurt
-Los Angeles e New York rimarranno sempre qui- disse, in un tentativo di consolare non solo Alessio, ma anche se stesso – Potremmo sempre scappare via e tornarci-.
Lo aveva detto con leggerezza, quasi senza darci peso, ma quelle ultime parole fecero tornare il sorriso sulle labbra di Alessio, ed anche una breve risata.
-Mi stai proponendo una fuga?-.
-Potrebbe essere-.
Pietro non si stupì nemmeno troppo di essere serio mentre lo diceva.
Non se ne sorprese, e non si chiese cos'altro potesse nascondere tutto quello che aveva pensato in quegli ultimi giorni. Sarebbero stati pensieri che lo avrebbero accompagnato nelle settimane a venire, di questo ne era sicuro, ma non quella notte.
-Intanto godiamoci questa ultima sera-.
-Ultima sera per stavolta- lo corresse Alessio.
Quella notte c'era spazio solo per ballare, in uno sperduto pub di New York, tenendo Alessio più stretto a sé di quanto mai avrebbe creduto, sentendosi in pace.
Sapeva in fondo che, con chiunque altro al posto di Alessio, non sarebbe mai stata la stessa cosa.
I said, "Don't be a jerk, don't call me a taxi"
Sitting in your sweatshirt, crying in the backseat
I just wanna dance with you
Hollywood and Vine, Black Rabbit in the alley
I just wanna hold you tight down the avenue
I just wanna dance with you
I just wanna dance with you
Baby, I just wanna dance
With you
Baby, I just wanna dance
With you*
* il copyright della canzone (Lana Del Rey - "Happiness is a butterfly") appartiene esclusivamente alla cantante e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Come abbiamo visto lo scorso venerdì, dopo non essersi fatti scoraggiare dalle condizioni metereologiche della Grande Mela, i nostri prodi avventurieri hanno colto l'occasione per visitare il MOMA.
Una volta usciti, però, il clima ha continuato a non essere clemente con loro e ovviamente, per non farsi mancare nulla, anche la fortuna sembra averci visto benissimo! E così, colti alla sprovvista, i due scelgono impulsivamente di rifugiarsi in fretta e furia all'interno di un pub.
Tra un po' di malinconia di entrambi per il viaggio che ormai sta volgendo al termine, e lo stupore di Pietro nello scoprire che Alessio legge i suoi articoli e ricordi vari.
E con questa atmosfera intima, con la presenza della musica dal vivo e altre persone già impegnate a ballare, perché privarsi di un lento insieme? Almeno questo è quello che deve aver pensato Alessio quando ha preso l'iniziativa e ha invitato Pietro!
E così siamo quasi giunti alla fine di questo lungo, intenso, bellissimo viaggio. Resta solo un ultimo aggiornamento per voltare pagina e iniziare un altro capitolo. Ma nell'attesa, secondo voi come si evolverà, dopo quest'avventura, il rapporto tra i due? Si rafforzerà o resterà uguale?
Lasciamo a voi tutte le supposizioni del caso nell'attesa dell'ultimo aggiornamento di venerdì!
Kiara & Greyjoy
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