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Capitolo 13 - Hope is a dangerous thing (Pt. 4)

Per quanto si era sforzata di dimenticare tutto – come se poi fosse davvero possibile cancellare la propria memoria su proprio desiderio- c'erano sempre alcuni particolari, sempre gli stessi, a tornarle ciclicamente in mente, come una litania ripetuta.

Ricordava il sangue che le aveva sporcato i vestiti e la pelle delle cosce. Ne ricordava anche l'odore, l'odore penetrante e ferroso, e ne ricordava la viscosità appiccicosa, il macchiare veloce che non lasciava scampo a nulla.

Ricordava le contrazioni così simili a quelle provate quando era nato Francesco, ma che stavolta avevano rappresentato solo un segno di perdita.

E ricordava, più di tutto, lo sguardo di Nicola.

Ne ricordava ogni singola sfumatura, come era passato dalla paura, alla disperazione, ed infine alla muta rassegnazione.

Con le parole aveva cercato di confortarla ogni secondo, ma erano stati gli occhi che le avevano fatto capire come sarebbe veramente andata.

Del resto – la corsa in ospedale, la visita ginecologica, il responso ormai fin troppo chiaro- ricordava poco. Ricordava solo che era stato difficile partorire Viola, perché da lei non arrivava già alcuno stimolo vitale che la aiutasse ad uscire.

Ricordava meglio che in quei minuti aveva cercato di non pensare a nulla. Aveva cercato di vedere il meno possibile, come se non vedere il corpo ormai esanime di sua figlia potesse preservare le immagini che di lei si erano formate nella sua mente nei mesi della gravidanza.

Non era rimasto più nulla, se non il sangue, il sudore e le lacrime, e il vuoto che era venuto subito dopo.

Non ricordava nemmeno qual era stata la causa che aveva portato a quell'aborto spontaneo, e ricordarla non le interessava nemmeno più.

Era stata una discesa verso il basso così veloce, e così inaspettata, che Caterina faticava ancora a decifrarne le circostanze. Sapeva solo che l'unico risultato che aveva avuto, oltre ad aver perso Viola, era stato quello di passare intere ore a tenersi a debita distanza da Nicola e Francesco.

Era per quello che era stato strano sentirsi dire qualcosa riferito a quel che stava passando. Si era così tanto abituata a tenersi tutto dentro, a non lasciar trapelare nulla a nessuno, che non poteva fare a meno di pensare e ripensare a quel momento.

"Non c'è nulla di male a prendersi tempo per elaborare e superare un lutto".

La voce di Alessio le risuonò nella mente, quasi come se fosse ancora lì, accanto a lei, a ripeterglielo ancora ed ancora.

Una parte di lei sapeva che, in fondo, quel tempo dedicato a se stessa un giorno sarebbe servito. Che tutta la sofferenza di quel mese e mezzo pian piano sarebbe stata meno tagliente, e che il dolore che ora provava – che provava anche Nicola- sarebbe servito a ricordarle di quanto la vita era imprevedibile.

Ma era la speranza stessa di arrivare un giorno a poter dire di stare bene che le mancava.

Ricordava quanta speranza aveva avuto il giorno in cui aveva perso Viola – speranza che le cose si potessero risolvere, speranza di poter uscire dall'ospedale con ancora sua figlia in grembo, speranza di non dover affrontare il dopo con la consapevolezza di non aver potuto fare nulla per salvarla-, e ricordava anche quanto quella speranza si era dissolta nel giro di ore.

Non voleva di nuovo sperare in qualcosa che poteva avvenire in un tempo così lontano come non avvenire del tutto.

Forse, si ritrovò a pensare, la speranza non sarebbe mai bastata da sola, se il primo passo non fosse arrivato proprio da lei.

Non aveva nemmeno idea se di farlo ne aveva davvero il coraggio: restarsene nel proprio dolore era più facile che cercare conforto ed aiuto da qualcun altro, perché il suo era un dolore a lei conosciuto, qualcosa a cui ormai si era lasciata andare e a cui si era abituata. In un certo senso, le parole di Giulia di quel pomeriggio – "Non c'è una data di scadenza per farlo"- l'avevano fatta sentire meno strana, più libera di vivere la sua sofferenza senza doversene sentire in colpa.

Sapeva, in fondo, che non poteva cristallizzarsi su quel dolore e continuare a guardare indietro, senza andare avanti. Doveva farlo per se stessa, prima di qualunque altro motivo.

"Verranno giorni migliori" le aveva detto Alessio, e Caterina sapeva che era così. Un giorno, nel futuro, avrebbe ripensato a quelle notti passate nella solitudine della sua stanza da letto, chiedendosi come mai fosse rimasta così sull'orlo del baratro per tanto tempo.

Era il come arrivarci, a quei giorni migliori, il vero quesito. Dimenticare Viola non sarebbe mai potuto succedere, in nessun modo, ma il suo ricordo poteva diventare meno doloroso – in un qualche modo che ancora non le era chiaro.

"Hai Nicola, hai Francesco".

Caterina abbassò le palpebre, sentendo pungere le lacrime accumulatesi agli angoli degli occhi.

Le mancavano Nicola e Francesco: le mancavano i momenti passati insieme, anche i più banali. Ed era strano sentire la mancanza di qualcuno che viveva sotto lo stesso tetto, ma era una mancanza malinconica derivata unicamente dalla sua incapacità di essere davvero con loro, mentalmente e – in quelle sere solitarie- anche fisicamente.

"È con loro che dovrei essere, non qui da sola".

Non si era mai chiesta, prima di quel momento, se isolarsi volontariamente fosse stata la scelta migliore. L'aveva fatto senza pensare alle implicazioni, perché essere da sola l'aveva fatta sentire al sicuro, capita senza dover parlare a qualcuno di quel che stava provando.

Era forse stato un errore cercare di tenere fuori chiunque dai suoi pensieri? Forse non all'inizio, ma si rendeva conto poco a poco quanto cominciasse a pesarle quella condizione.

Forse, in fondo, dare una prima svolta era più semplice di quel che pensava: smettere di rinchiudersi dentro se stessa.

Sarebbe potuto bastare alzarsi da quel letto, camminare fino a raggiungere il salotto dove probabilmente c'erano ancora sia Nicola che Francesco. E sapeva che Nicola, prima o poi, le avrebbe chiesto cos'era cambiato tanto da spingerla ad uscire dal suo guscio, ma sperava solo di poter trovare una risposta a quella domanda prima che le venisse posta.

Scostò con mani insicure le coperte sotto le quali era rimasta fino a quel momento. Non si mosse subito: c'era ancora una parte di lei che le sussurrava di non andare, che Nicola e Francesco se la sarebbero cavata anche senza di lei.

Ma era lei ad aver bisogno della loro presenza, in quel momento. Era lei che aveva bisogno di vedere e stare con la sua famiglia – la sua famiglia che rimaneva tale pur senza Viola-, più di qualsiasi altra cosa.

There's a new revolution, a loud evolution that I saw

Born of confusion and quiet collusion of which mostly I've known

A modern day woman with a weak constitution, 'cause I've got

Monsters still under my bed that I could never fight off

A gatekeeper carelessly dropping the keys on my nights off

Il primo passo fu quello più difficile. Le sembrò quasi di sentirsi disorientata nel ritrovarsi in piedi, anziché ancora stesa a letto come qualsiasi altra sera precedente. Si mosse lentamente, per minuti che le parvero ore, verso la porta. Ne abbassò la maniglia chiedendosi ancora se ne potesse valere la pena.

Cercò di ignorare quella domanda, mentre finalmente apriva la porta della camera per uscire in corridoio. Udiva alcune voci provenienti dalla tv accesa del salotto, ma non vi si soffermò attentamente, seguendone invece il rimbombo. Si ritrovò sulla soglia del piccolo salotto dell'appartamento prima di quanto si sarebbe aspettata: c'era la luce spenta, e sia Nicola che Francesco stavano seguendo attentamente quel che stava succedendo nel film che stavano dando sul canale dove era puntata la televisione.

Caterina si ritrovò a sorridere impercettibilmente nell'osservare Francesco avvinghiato a Nicola, il capo abbandonato sul petto di suo padre, usato un po' a mo' di cuscino. 

Nessuno dei due si era ancora accorto della sua presenza all'altro capo della stanza, troppo intenti a guardare il film – o a far finta di guardarlo, con il pensiero invece altrove.

Caterina rimase ferma in quella posizione per un tempo che non riuscì a quantificare. Riusciva soltanto a tenere lo sguardo su Nicola e Francesco – sulla sua famiglia-, ad osservarli da lontano.

C'era una parte di lei che le stava facendo notare quanto, nel quadro famigliare che le si stava presentando davanti, mancasse un componente.

Si rese conto, in un attimo di consapevolezza, che non era Viola – la sua Viola, una parte di sé che se ne era andata per sempre, che però avrebbe continuato a ricordare- a mancare, ma lei stessa.

Era lei che avrebbe dovuto prendere posto su quel divano, accanto a Nicola e Francesco. E questo perché, per quanto ancora le risultasse difficile anche solo pensarci, era solo insieme a loro che avrebbe potuto definitivamente andare avanti.

"Hai Nicola, hai Francesco".

Annuì tra sé e sé: Giulia aveva ragione. Il primo passo doveva venire da lei, ma non doveva tagliare fuori loro due, o far finta di non aver bisogno della loro presenza.

Prima che potesse decidere di muovere qualche passo, vide Nicola girarsi lentamente nella sua direzione, forse sentitosi troppo osservato. Per i primi secondi strizzò gli occhi come se non ci vedesse bene, ma dovette rendersi conto ben presto che la sua non era un'allucinazione: non sgranò gli occhi, né reagì in maniera esplicita, ma Caterina sapeva che era sorpreso. Lo riusciva a percepire anche così, pur con le sole luci della tv accesa ad illuminare il volto di Nicola.

La tenne fissata per lunghi secondi, in silenzio, forse speranzoso che fosse lei a parlare. Quando dopo almeno un minuto nessuno di loro aveva ancora detto nulla, Nicola si schiarì la gola:

-Vuoi venire a vedere anche tu High School Musical?-.

Caterina rimase disorientata per alcuni attimi. Non si era aspettata una domanda così.

Pur nella confusione di essere stata presa contropiede, si ritrovò ad annuire.

Camminare fino al divano fu più facile di quel che si era aspettata: Nicola non disse nulla, nessuna domanda sul suo improvviso comparire lì. Sembrava una comune serata, un normale post cena passato in salotto per un paio d'ore prima di avviarsi a dormire.

Era tutto come se nulla fosse successo, una sorta di normalità cristallizzata che Caterina non sperimentava da tempo.

Si lasciò sprofondare tra i cuscini morbidi del divano, all'estremo opposto di Nicola; non passò nemmeno un secondo dal momento in cui aveva preso posto a quello in cui Francesco si era girato verso di lei. Era sorridente, forse persino lui consapevole – nella sua innocenza da bambino di appena quattro anni- della piega inaspettata che quella serata stava prendendo.

-Mamma- la chiamò, spostandosi sul divano ed avvicinandosi maggiormente a lei – L'hai già visto?-.

Caterina alzò gli occhi verso il televisore: erano immagini che conosceva, che associava a tempi passati, a quando ancora era immersa nell'infanzia a sua volta.

Si ritrovò ad annuire sorridendo.

-È un film di quando ero bambina- gli disse a mezza voce, allungando una mano per scostargli una ciocca di capelli biondi dal viso – Ha quasi vent'anni-.

-Quindi è vecchio- le rispose Francesco, allargando gli occhi per la sorpresa.

Nicola, rimasto in silenzio fino a quel momento, si voltò verso il bambino, guardandolo fintamente offeso:

-Quindi siamo vecchi anche noi?- domandò con fare fintamente minaccioso. Si avventò su Francesco facendogli il solletico sulla pancia, facendolo ridere a crepapelle e contorcere sul divano nel tentativo di sottrarsi alle sue mani.

Caterina si portò le gambe piegate contro il busto, tenendole strette a sé con un braccio; era un momento così normale, quello che stava osservando. Sembrava una qualsiasi serata passata insieme davanti alla tv, come se nulla fosse mai cambiato.

Nicola ebbe pietà di Francesco qualche secondo dopo: lo lasciò sgusciare dalla sua presa, ridendo ancora mentre lo guardava strisciare velocemente verso Caterina, come se accanto a lei potesse sentirsi più al sicuro.

Si rimise seduto composto a sua volta, indicando la tv e rivolgendo a Francesco uno sguardo d'intesa:

-Sta per iniziare un'altra canzone- gli disse, con un cenno – Ascoltala bene-.

Francesco si rizzò subito con la schiena dritta, tornando a seguire il film con attenzione. Fu in quel momento di ilarità che Nicola portò di nuovo gli occhi su Caterina:

-Ti unisci al nostro coro?-.

Per un attimo rimase perplessa. Forse non poteva aspettarsi domande diverse da quelle, non mentre Francesco era lì con loro, ma aveva come l'impressione che Nicola non gliene avrebbe fatte nemmeno dopo. Sembrava già aver capito cosa l'avesse spinta a raggiungerli, e non sembrava nemmeno intenzionato a riportare a galla l'argomento.

Si schiarì la gola, consapevole di dover ancora rispondere:

-Non mi ricordo bene le parole- mormorò, rassegnata.

Il sorriso che le rivolse Nicola la rese più serena: non era il solito sorriso pieno di preoccupazione che le aveva rivolto praticamente ogni giorno dopo l'aborto spontaneo, né il sorriso insicuro e pieno di dolore che invece rivolgeva a Francesco.

Era un sorriso calmo, forse in parte persino gioioso.

-Non importa- le disse, allungandole una mano – Basta cantare insieme-.

Caterina si ritrovò a pensare, mentre allungava a sua volta una mano e stringeva le dita di Nicola tra le sue, che forse era valsa la pena uscire da quella stanza.

Che forse, nonostante il cammino ancora lungo, non tutta la speranza se ne era andata.

They write that I'm happy, they know that I'm not

But at best, you can see I'm not sad

But hope is a dangerous thing for a woman like me to have

Hope is a dangerous thing for a woman like me to have

Hope is a dangerous thing for a woman like me to have

But I have it

Yeah, I have it

Yeah, I have it

I have

(Lana Del Rey - "Hope is a dangerous thing for a woman like me to have - but I have it")*





* il copyright delle canzone appartiene esclusivamente ai rispettivi cantanti e autori.

NOTE DELLE AUTRICI

L'aver parlato con Giulia e Alessio sembra aver giovato almeno in parte a Caterina ... Certamente le cose non si risolveranno da sole e in tempi brevi, ma ha almeno deciso di fare un primo passo tornando a passare un po' di tempo con Nicola e Francesco.

Cosa accadrà nel prossimo capitolo?

Per scoprirlo ci troverete qui mercoledì prossimo!

Kiara & Greyjoy

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