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38 - CONSAPEVOLEZZA (2)

«Franco! Che succede? Siamo qui...»

Aprì gli occhi. La luce del sole faceva male e un'opprimente calura lo investì.

Cata era china su di lui con lo sguardo preoccupato e, dietro di lei, c'era Ando, con gli occhi gonfi. Franco li fissò per un momento; sentì le lacrime scorrere sulle guance e si rese conto che stava piangendo.

«Ehi! Stai bene?»

Non rispose. Continuava a guardarli sentendo le gocce, copiose, colare sulla faccia. Non ricordava chi fossero, non ricordava dov'era, non ricordava cosa avesse fatto. La sua testa rimbombava ancora della frase che quella voce (la sua?) da ragazzina aveva detto. "Se non ti aiuti da solo, io cosa posso fare?" si ripeteva come un disco incantato, echeggiando e sbattendo contro le pareti della sua testa come una palla impazzita.

Scostò lo sguardo e vide qualcosa, abbandonato per terra; sembrava un fagotto di vecchi stracci fumanti; il vapore nero saliva verso l'alto, svanendo dopo pochi centimetri. Deglutì e vide che era un animale morto.

Di colpo la voce nella testa cominciò a calare d'intensità, ripetendosi ogni volta sempre più piano, sempre più bassa, mentre i ricordi avanzavano con prepotenza, facendosi largo nella sua mente come giocatori arrabbiati di football americano. E, in un attimo, ricordò tutto.

Le immagini della sua intera vita gli scorsero davanti agli occhi a una velocità impressionante, riattivando tutti i canali della memoria, e i visi che lo stavano fissando acquistarono famigliarità.

«Mario...» sussurrò.

«È morto» rispose Cata, abbassando lo sguardo. «E lo saremmo anche noi se non fosse stato per te.»

Lo abbracciò.

«Figa di biscia! Sei stato un grande» aggiunse Ando. «Come hai fatto?»

Ma Franco non lo sentì nemmeno. Percepiva ogni singola vibrazione del corpo di Cata e tutta la gratitudine che lei provava penetrò in ogni sua fibra. Provò un improvviso fiotto di felicità; la sentì traboccare come fosse birra spillata in un boccale troppo piccolo. La gioia d'aver aiutato qualcuno era più densa, più compatta dell'evanescente soddisfazione personale, e solo in quel momento se ne rendeva conto. Ora vedeva molto chiaramente come nella sua vita avesse, bene o male, perseguito sempre e solo cose che rendevano contento sé stesso, e una volta raggiunte, la felicità tanto agognata si era spenta pian piano, come la fiammella su un mozzicone di candela.

Persino nel periodo più brutto della sua vita (al pari di quando aveva perso i genitori), aveva beneficiato di un miracolo vero e proprio che, oltre a farlo guarire da un tumore ormai vincitore, gli aveva fatto incontrare l'amore. Quelle due intense emozioni di gioia avevano convissuto in lui per qualche mese, per poi prima scontrarsi e, a poco a poco, annullarsi a vicenda. E lui aveva ricominciato a lamentarsi delle solite cose, a preoccuparsi per il ristorante, a sentire di nuovo un buco ristagnare in lui, un buco profondo che non sapeva come riempire. Aveva Beatrix, l'amava, si considerava fortunato e pure sereno, ma...

L'abbraccio di Cata gli stava facendo capire quello che serviva per essere veramente... completo.

"...quella luce sei tu! È la tua stessa essenza che stai per raggiungere. E quando vi unirete, sarai completo."

L'eco della voce gli balenò dentro come un lampo nella notte.

Cominciava a capire, forse. Cominciava a prender coscienza di quello che era. In quell'istante sentiva fortissimo l'impulso di proteggere quella donna, anche a costo di morire. E subito il calore tornò, insieme alla solita sensazione di bolle sulla pelle, meno intensa, ma comunque piacevole.

Cata si staccò e si alzò, come se avesse sentito qualcosa; il calore diminuì un poco, rimanendo vibrante, vivo, sopra e sotto la pelle. Per la prima volta Franco aveva la convinzione di poterlo controllare, di poter trattenere il potere e, forse, poterlo usare quando e se ne avesse avuto bisogno.

«Quindi? Come hai fatto a far uscire quella roba glittering?» insistette Ando.

Cata si voltò; sembrava stesse per dirgli qualcosa, ma si limitò a fissarlo. Anche Franco lo guardò e d'istinto si chiese se sarebbe stato disposto a morire anche per quell'individuo. Il calore scemò all'improvviso; lo sentì scivolare via, come fosse un aquilone sfuggito di mano a un bambino.

Liberò, allora, la mente, e provò a riconcentrarsi sulle emozioni appena provate: la sensazione di gioia appagante tornò, insieme al calore, avvolgendosi intorno al cuore, rivestendolo con quella patina che friggeva di continuo, dandogli quei brividi meravigliosi di piacere. Non era sicurissimo d'aver fatto tutto da solo, ma era riuscito a trattenerlo.

Ripensò alla voce udita... La voce di una ragazzina. Ma chi era? Qualcuno con cui avrebbe dovuto fare gruppo, aveva detto. Qualcuno come lui? Qualcuno con il suo stesso potere? Qualcuno guarito da Nicolas, quindi.

Guardò Cata: era lei, forse?

"No! Non era la sua voce. È troppo vecchia."

Credeva d'aver capito il motivo della telefonata che aveva ricevuto mesi prima.

"Quel Franco stava cercando di mettere insieme il gruppo. Aveva capito qualcosa! Ha capito qualcosa, spero."

All'improvviso l'urgenza di raggiungerlo, sperando di cuore fosse ancora vivo, divenne prioritaria.

Si fissò le mani: poteva vedere le leggere striature di giallo che scorrevano sotto la pelle. Il potere era lì e lui, adesso, riusciva a controllarlo, sperando non fosse solo un'illusione.

"Riuscirei ancora a sparare i raggi? Potrei provare, ma se non funziona?"

Di nuovo il calore diminuì. Nella mente gli si stampò l'immagine di un fornello con la fiamma regolabile che stava per morire, e una mano, la sua, che la controllava tramite la manopola del gas. Si concentrò; vide le dita stringere il pomello, la fiamma ravvivarsi, il calore nel suo corpo che tornava su, le bolle che tornavano a riformarsi, a vibrare e a scoppiettare in perfetta sincronia, come guidate da un direttore d'orchestra.

Le lacrime si erano asciugate e si sentiva come mai in vita sua: forte, vigoroso; sentiva il bisogno di aiutare gli altri e sapeva che era in grado di farlo.

«Dobbiamo raggiungere la mia barca, prima che arrivino altri cinghiali» disse, al colmo dell'entusiasmo, alzandosi. In realtà, per lui gli animali non costituivano un problema.

«Parleremo quando saremo là, Ando. Al sicuro!»


Mario era morto, il cane ancora no.

Appena sceso l'ultimo gradino della scala da cui era salito ormai un'ora prima, girarono a destra, infilandosi nel parcheggio stretto, lungo e non asfaltato.

I due corpi giacevano sul fondo, in uno degli ultimi spazi sotto al pendio che sorreggeva il campeggio.

Entrambi erano sdraiati nel loro sangue, seccato in fretta dal caldo opprimente, e il braccio destro di Mario era adagiato sul corpo di Gabi, come se avesse tentato un ultimo, disperato abbraccio prima di essere inghiottito dalla morte.

L'animale era immobile e respirava molto velocemente. Dal muso, appena aperto, gocciolava sangue misto a bava, insieme a un sottile lamento strozzato. Aveva un occhio aperto fisso su di loro, e Franco poté giurare di vederlo velarsi di terrore, non appena si avvicinò. Fu un attimo velocissimo poi, emesso un ultimo e più forte guaito, l'occhio si chiuse e Gabi spirò.

Aveva aspettato prima di morire, come volesse mostrare di nuovo a Franco la paura che le suscitava. Almeno questo fu il suo pensiero.

Cata pianse per la scena straziante, mentre Franco, sentendosi anche lui prossimo alle lacrime, s'inginocchiò e posò le mani sulla testa di Mario, l'uomo che gli aveva salvato la vita, chiudendogli gli occhi e cercando di convogliare ogni emozione che stava provando nell'estremità delle dita. Fu un gesto di puro istinto, non programmato, senza che nemmeno lui sapesse cosa stava facendo e cosa potesse ottenere.

"Non funzionerà" pensò.

Il calore gli fluttuava dentro in modo assai lieve e l'effetto degli scoppi delle bollicine sulla pelle si era momentaneamente ridotto a un leggero formicolio.

Si concentrò e richiamò a sé tutte le emozioni degli ultimi minuti, cercando di isolare la paura che ancora provava a fare capolino in lui e la tristezza per la scena che aveva davanti agli occhi; l'intensità del potere aumentò. Davanti agli occhi chiusi comparve l'immagine di quel puntolino di luce gialla verso cui si stava dirigendo. Aprì gli occhi ma non perché lo volesse fare; si aprirono, forse da soli, e contemplarono la scena di morte.

«Che fai?»

La voce di Ando arrivò, puntuale, a spezzare l'incanto e ancora percepì qualcosa di simile all'antipatia navigare dentro di lui. Eppure, questa volta il calore non si affievolì; vibrava, ma vibrava sonoramente, producendo un sordo e basso rumore, come se un milione di corde di contrabbasso fossero pizzicate tutte insieme. Le bolle continuavano a scoppiare sulla sua pelle, ma ora aveva la netta sensazione di essere lui a guidarle e di essere diventato il direttore d'orchestra. Guardò le sue mani e vide i raggi, gli stessi che avevano fulminato il cinghiale, formare una sorta di palla sotto i palmi, sopra la pelle del pover'uomo, ma l'effetto che stava ottenendo era il medesimo; ciò che aveva sperato, non stava succedendo.

Mario era ancora morto e la pelle si stava bruciando.

«Cosa stai facendo?» gridò Cata, con un'inflessione di paura nella voce.

Franco interruppe il contatto e sollevò le braccia.

Rimase fermo per qualche secondo; poi sollevò gli occhi in quelli di lei.

«Ho tentato... Speravo funzionasse...»

«Cosa? Riportarlo in vita?»

La fretta e l'urgenza a muoversi si riproposero tutte in una volta.

«Andiamo!» disse, conscio di quanto assurdo dovesse sembrare ai loro occhi quello che aveva appena tentato di fare. «Non perdiamo altro tempo.»

Si rialzò e si avviò verso la strada.

Altri cinque cinghiali erano fermi, proprio all'ingresso del parcheggio, e li fissavano.

«Figa di biscia!» sbraitò Ando, irrigidendosi e mettendosi davanti alla moglie come per proteggerla.

Cata sorrise, per quanto un sorriso riuscisse ad affacciarsi sul viso tirato dalla paura che aveva in quel momento, apprezzando il fatto che suo marito avesse imparato la lezione in così poco tempo. Lo abbracciò da dietro, sentendolo tremare e amandolo come forse non lo aveva mai amato.

«Puoi fare di nuovo la tua magia, Franco?»

«Non è stata una magia!» rispose. «E non servirà rifarla.»

S'incamminò deciso verso gli animali. Bastarono pochi passi; gli animali sbuffarono, arretrando. Quando videro l'uomo che continuava ad avanzare, scapparono, emettendo forti grida di lamento.

«Figa di biscia! Ma chi cazzo sei tu? Alien?»

Franco stava per rispondergli, ma Cata lo anticipò, e con suo enorme stupore, diede al marito la stessa risposta che gli stava per dare lui.

«È un umano come me e te. E credo proprio che come lui, anche noi potremmo essere in grado di fare... quelle cose.»

Anche lei sembrava stesse capendo.

Franco poté solo annuire.


La spiaggia di Scaglieri era ancora esattamente come prima, tranne che per le rovine del castello di sabbia che, con sollievo da parte di Franco, il mare si era già ripreso.

C'erano tre pedalò ancorati a qualche metro dalla riva e uno abbandonato sulla spiaggia.

«Mettiamolo in acqua, forza!» disse Franco, posizionandosi sul lato destro del pattino.

«La tua boat è quella là in fondo?» chiese Ando.

«C'è solo quella!» rispose, condendo il tono di un piccante sarcasmo. «Quale mai potrebbe essere, altrimenti?»

«Ehi! Ma che è questo?»

Cata fissava il bagnasciuga. Una fila di granchietti sbucava dalla sabbia, correndo come matti versò la sicurezza del mare.

«Mai vista una roba del genere! It's incredible

«È una conseguenza del... mio potere. Non fateci caso. Spingete, su!»

Misero il pedalò in acqua e vi salirono; i due uomini si sistemarono davanti e cominciarono a pedalare.

Franco lanciò un veloce sguardo in direzione della spiaggia della Biodola. Avrebbe voluto provare a fare qualcosa per tutti quei corpi abbandonati alla mercé dei cinghiali, ma l'esperienza sul corpo di Mario gli aveva fatto capire che non poteva aiutare chi era già morto. Era sui vivi che doveva concentrare le sue energie e così avrebbe fatto.

«Cazzo! Quanto cibo e acqua abbiamo lasciato su!»

Ando si voltò a guardare il campeggio, in alto alle loro spalle.

«Siamo scappati in fretta! Cosa potevamo fare?» disse Cata.

Era seduta con la schiena contro quella del marito; si era tolta il telo dalle spalle e l'aveva steso sotto di lei.

«Sulla barca io ho solo birra!»

Franco guardò l'orologio. Erano quasi le sette di sera.

"Merda, quanto tempo che ho perso!" Ma doveva ammettere che ne era valsa la pena. Aveva salvato due vite, scoprendo di essere dotato di un fantastico potere.

«Se tutto va bene, entro le nove saremo a Piombino. Faremo rifornimento là.»

«Ma non dovevi andare a Livorno? Da tua moglie?» chiese Ando, girandosi a guardarlo.

«Certo! Ma il mio trabiccolo non può navigare fino là. Arriviamo a Piombino e da lì proseguiamo in macchina. Il piano è questo.»

Ando tacque per un secondo. Poi scosse la testa. «Scusa, ma nel caso...»

«EHIII! VOIII!»

«Guardate!»

Cata si era alzata e messa in ginocchio.

Entrambi gli uomini smisero di pedalare e si voltarono.

«È Luigi!»

«Figa di biscia! È vivo.»

«Perspicace!»

«EHIII! NON LASCIATEMI QUI!»

Il pedalò era già a una ventina di metri dalla riva; Franco girò il timone verso destra, e il natante virò, rimettendosi con la prua verso la spiaggia. L'uomo era nello stesso punto da cui erano partiti, sventolando le braccia.

«Merda!»

Cata era in piedi e puntava il dito verso destra.

«Cinghiali! LUIGI! NUOTA VERSO DI NOI!»

Gli indicava di voltarsi e allo stesso tempo di buttarsi in avanti per sfuggire ai tre animali sbucati dal crostone di roccia che divideva le due spiagge e che ora stavano correndo verso di lui.

Luigi sembrava non capire. Anche Franco e Ando gli urlavano le medesime cose, agitando le braccia in direzione delle bestie, sempre più vicine.

L'uomo finalmente comprese; vide i cinghiali ormai a qualche metro da lui e scappò nell'acqua. Il capobranco fece lo stesso.

«Non ce la farà mai!» disse Franco, alzandosi e levandosi la maglietta e le scarpe. «Continuate a venire avanti.»

«Cosa vuoi fare?» chiese Ando, ma l'altro si era già tuffato.

Sia lui che la moglie credettero seriamente di essere vittima di allucinazioni, vedendo quel che successe al mare non appena Franco toccò l'acqua.

Una luce gialla (non ne furono mai del tutto sicuri) sprigionò nel punto in cui l'uomo s'immerse, propagandosi tutt'intorno a una velocità incalcolabile, in tutte le direzioni, a perdita d'occhio, bloccandosi poi e lasciando uno strano e ipnotico luccichio brillare sulla superficie. Ma la cosa più stupefacente furono i pesci.

Ando e Cata non seppero mai dire con certezza quante creature cominciarono a saltare fuori dall'acqua, ovunque, vicino al pedalò, ma anche in lontananza; migliaia e migliaia di pesci, piccoli, medi e grandi, che saltavano, ricadevano e di nuovo saltavano fuori un po' più distante, tutti diretti verso il largo, come fossero impazziti di paura. Parevano proprio scappare da Franco, che intanto stava sbracciando verso la riva come fosse un nuotatore alle Olimpiadi.

Cata non poté non pensare alla reazione che aveva avuto Gabi in sua presenza, e lo stesso i cinghiali, fuggiti davanti a lui. Per qualche motivo, gli animali erano terrorizzati da quell'energia, ma solo quando, in qualche modo, si palesava.

"Altrimenti non si spiegherebbe perché i maiali lo stavano attaccando, quando Mario e Toni l'hanno salvato..."

«Guarda!» urlò Ando, indicando la riva.

A Cata parve quasi di ridestarsi.

I cinghiali si erano bloccati di colpo e quello entrato in acqua stava tornando indietro, muggendo disperato.

Luigi nuotava, impacciato e terrorizzato, senza forse nemmeno accorgersi di quello che stava capitando. Franco lo raggiunse, si fermò e, dopo poco, il pedalò giunse da loro; Ando aiutò Luigi, visibilmente provato, mentre Franco fece da solo. Si rimise ai comandi e senza aspettare Ando riprese a pedalare. Non appena uscì dall'acqua, la frenetica danza di pesci cessò di colpo, e tutto tornò tranquillo.

«Cos'era quella roba?» chiese subito Luigi, non appena salito a bordo. Ma sembrò subito dimenticarsi della domanda.

«Grazie! Grazie veramente!» sospirò, riuscendo a infilare le parole tra gli sbuffi di fiatone che gli serravano la gola. Tossì e si schiarì la voce.

«Credo che m'avrebbero preso quelle bestiacce se non era per...» Si sporse in avanti allungando la mano verso Franco. «Luigi. E grazie, mille volte grazie.»

«Piacere, Franco; e non devi ringraziarmi di nulla» rispose, dandogli la sua.

«Anche a noi ha salvato la vita» disse Cata.

«Davvero? Caspita, un eroe.»

«Cosa ti è successo? Martina?» chiese Ando, sapendo già che la donna che lui non aveva voluto accompagnare era morta.

Luigi scosse la testa. «Non ho potuto fare niente. Io sono vivo per miracolo. I cinghiali erano già in casa quando siamo arrivati. La mia fortuna è stata scegliere di aspettarla in strada; gliel'ho detto che non avrebbe trovato i suoi là dentro, ma lei ha insistito per andare comunque a vedere. L'ho sentita urlare, sono andato e quando mi sono affacciato se la stavano già mangiando. Una delle due bestie mi ha visto e mi ha ringhiato contro. Ve lo giuro! Ha ringhiato! Non so che cazzo abbiano questi maiali. Sono scappato, correndo più veloce che potevo, senza mai girarmi. In tutta sincerità, non so se mi ha inseguito. Correvo a caso. Volevo tornare su, da voi, ma ero nel panico totale e a un certo punto, senza sapere nemmeno in che parte del campeggio mi trovassi, mi sono infilato in una tenda.»

Aveva parlato quasi in apnea. Trasse due respiri profondi. Era ancora scosso da quello che era successo, sia al campeggio, sia sulla spiaggia.

«Non è colpa tua.»

Cata lo abbracciò.

«Come hai fatto a trovarci?» chiese Ando.

«Ho sentito qualcuno gridare. Credo foste voi. Veniva dalla mia sinistra. Mi sono fatto coraggio e sono uscito. Sapevo che quelle bestie erano in giro, quindi ho cercato di fare più attenzione possibile. Sono arrivato al sentiero che portava giù e ho visto un cinghiale morto per terra e la balaustra spaccata. Ho guardato giù e vi ho visto, ai piedi di Mario. L'ho riconosciuto dal cane. Cos'è successo? È caduto? Come avete ucciso il cinghiale?»

Ando posò la mano sulla spalla di Franco che non apprezzò molto il gesto. «È stato questo uomo qui! It's magic

«Piantala! Ti ho già detto che non è magia.»

«E cos'è allora?»

«Ma di cosa parlate?» Luigi li fissava stranito.

«Te lo spiegheremo. Finisci il tuo racconto» intervenne Cata.

«Perché non ci hai chiamati quando ci hai visti da su?»

«Avevo paura di attirare altri cinghiali. Ho immaginato steste andando in spiaggia. Così mi sono precipitato giù e... il resto lo sapete.»

Tossì di nuovo e levò gli occhi verso il piccolo peschereccio che, placido, stava rollando vicino alla boa. «Così si va via in barca... Bice. Bel nome. Dove si va?»

«A Livorno, dalla moglie di Franco» rispose Ando. «Facciamo sosta a Piombino, recuperiamo un'auto, Livorno, poi ci dirigiamo verso il Trentino.»

Luigi fischiò. «Mi mancano diversi passaggi, direi. Mi spiegate?»

Franco si aggrappò alla scaletta della barca e cominciò a salire.

«Certo! Ma dopo. Tempo ne abbiamo. Adesso voglio levarmi di qua, prima possibile.»

Aiutò gli altri a salire, soprattutto Luigi che appariva veramente molto affaticato; levò l'ancora, entrò in cabina, mise in moto e fece muovere la "BICE".

Voleva arrivare prima possibile da colei che dava il nome alla sua barca; ma, più di ogni altra cosa, gli si era stampata nel cuore l'urgenza di arrivare da Franco, sperando di trovarlo, di trovarlo bene e di mettersi a disposizione di qualsiasi cosa, ne era sicuro, avesse ideato per riportare il mondo a com'era prima dell'invasione.

Il potere scorreva in lui come un fiume in piena; lo sentiva in ogni fibra, in ogni angolo del suo corpo. Riusciva a captare ogni singola bolla sulla pelle, e poteva comandarle di tremolare come e quanto volesse lui, di scoppiare quando fosse il momento giusto, di riformarsi della grandezza desiderata. Era una sensazione che dava una soddisfazione enorme, e lo appagava, come fosse il compendio di tutti gli sforzi e i sacrifici fatti nell'intera sua vita.

Mirò lo sguardo verso l'orizzonte; il sole era in parabola discendente e cominciava ad allungare i suoi riflessi sulla superficie del mare.

"Potrei arrivarci a nuoto a Livorno. Impiegherei meno tempo di sicuro."

Si sentiva in grado di farcela; poteva fare tutto.

"Ma non li posso abbandonare! Hanno bisogno di me."

Il calore ravvivò; Franco trasse un profondo respiro.

"E non li abbandonerò."

Sorrise e, stringendo forte il timone, indirizzò il peschereccio verso il mare aperto.

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