Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 13 - Sleipnir




Nel viaggio di ritorno non scambiarono più di qualche parola. Silye  non pensava ad altro che a tenersi stretta il libro, l'unico contatto che  aveva con il suo passato ancora ignoto di cui era venuta a conoscenza  solo da quella mattina. Rifletté su quante cose aveva appreso e scoperto  in quel breve lasso di tempo: lei, che non aveva mai creduto alla  moltitudine di leggende che da secoli giravano a Midgardr, ora si  ritrovava catapultata in quello stesso oscuro mondo. Pensava che questo  suo ignorare i miti e le storie che giravano per i villaggi del regno la  distinguesse dalla massa di creduloni e superstiziosi che popolavano  quelle terre e si era sempre sentita fiera per questo, ma adesso ogni  sua certezza era crollata e si ritrovò a ritenere che forse, dopotutto,  quelle persone non erano totalmente matte e lontane dalla verità.

Certo, doveva ancora abituarsi a quel nuovo modo di guardare al  passato e a Midgardr e la sua mente, o almeno la parte di essa più  cinica e con i piedi per terra, si rifiutava ancora con tutta sé stessa  di lasciarsi fregare da quelle che avevano tutta l'aria di essere solo  frottole. Eppure, con tutte le prove che Vidar le aveva fornito, come le  visioni, il libro e l'incontro con l'elfo, l'avevano convinta della  veridicità delle sue parole e di quello che lei aveva visto nei suoi  ricordi.

«A cosa pensi?» chiese Vidar, quando erano ormai quasi arrivati.

Silye si soffermò a guardare il pelo grigio chiaro di Úlfur  leggermente mosso dal vento. Le era rimasto fedelmente accanto per tutto  il tempo, anche se talvolta si era allontanato ed era entrato nel fitto  della foresta, attratto da qualche rumore provocato da altri animali.  Silye non se ne preoccupava: sapeva che lui conosceva bene la strada per  tornare a casa, forse anche meglio di lei, ma odiava quando accadeva  perché la costringeva a rimanere sola con il dio. «Direi che ho  abbastanza materiale su cui riflettere.»

«Hai ragione» ribatté con un tono più gentile del solito che sorprese  la ladra. Fino a quel momento non lo aveva mai sentito dire una cosa  del genere in modo tanto sincero.

Lo guardò con la coda dell'occhio: teneva le mani a pugni chiusi, i  lineamenti del viso si erano induriti e aveva contratto la mascella.  «Anche tu hai parecchi pensieri per la testa» notò lei, ma, come si era  aspettata, non ricevette risposta.

Finalmente intravide le mura della casetta immersa nel fitto della  boscaglia, ma si accorse che c'era qualcosa che stonava in mezzo a  quello scenario, altresì tanto familiare. Un cavallo, le cui redini  erano state legate al ramo di un albero vicino all'abitazione. Silye non  aveva mai visto una bestia tanto grande e possente nel suo genere.  Certamente ne aveva incontrati di cavalli, ed anche tanti, ma nessuno  era minimamente paragonabile a quello che aveva davanti. Era di colore  grigio scuro e sembrava essere stato diligentemente addomesticato dal  suo padrone, perché non si dibatteva, né nitriva nella speranza di  vederlo tornare, ma se ne stava tranquillo con il collo teso verso il  suolo ad annusare la neve e cercare invano erba da mangiare, poiché era  ancora coperta. Cercò di andare oltre l'aspetto e le evidenti doti  dell'animale, per pensare a cosa significava vedere un cavallo sellato  vicino a casa sua.

«Stranieri» disse, dando voce alle sue preoccupazioni e affrettando il passo. «C'è qualcuno in casa. Dobbiamo sbrigarci.»

Vidar la raggiunse in un lampo e le prese il braccio, impedendole di  andare oltre. Lei si girò ed era già pronta a strattonarlo o a fargli  una sfuriata, quando vide che lui stava sorridendo. Anzi, stava ridendo  di gusto. Silye si irrigidì, stupita e arrabbiata allo stesso tempo da  quella reazione. "Qualcuno è entrato in casa mia e starà rubando le  poche cose che possiedo e lui se la ride?"

«Si può sapere che ti prende?» domandò, indicando poi il punto in cui  la sua mano ancora stringeva il braccio della ladra. «Lasciami.»

Lui, terminata la scarica di risa, si affrettò a lasciarla andare. «Vedi, quel cavallo» disse «è il mio.»

«Tuo? Come mai lo vedo solo ora dopo tutto il tempo che ho passato con te?»

«Bé, quando ti ho incontrata, non era prudente farmi vedere a  cavallo: avresti pensato che fossi stato un cavaliere del re. Dopo sei  svenuta e ti ho fatto montare su di lui per riportarti a casa, ma eri  priva di coscienza. Quando, invece, siamo andati alla ricerca del libro  delle völve c'era ancora la tempesta di neve e non ti eri accorta di  lui.»

Dovette dargli ragione su tutta la linea. «Posso... accarezzarlo?»

«Certo. È docile come un cagnolino. Era stato educato da mio padre»  lo sentì interrompersi e deglutire. «È una delle poche cose che mi  rimangono di lui, insieme alla sua lancia, Gungnir.»

Silye si avvicinò all'animale, timorosa. Non aveva mai visto un  cavallo di quella stazza: la superava in altezza di diversi centimetri e  lei non aveva una corporatura bassa, anzi.

Lentamente tese una mano, che appoggiò sul muso del cavallo, proprio  sotto agli occhi. Questo nitrì dolcemente, apprezzando il gesto e  facendole intendere che si era già guadagnata la sua fiducia. «È  bellissimo. Come si chiama?» Quando l'animale aveva leggermente aperto  la bocca, le era sembrato di notare qualcosa di inusuale, ma, come  questo la richiuse, considerò quel pensiero solo una sua svista o frutto  della sua immaginazione.

«Sleipnir» rispose Vidar, accostandosi a loro.

«Non è un nome molto comune» fece notare lei. Iniziò ad accarezzargli  anche il collo e, quando l'animale emise un altro nitrio, stavolta  Silye capì di non essersi sbagliata. Aveva davvero visto dei strani  segni incisi sui denti dell'animale. Indietreggiò all'improvviso,  andando così a sbattere contro Vidar. Sentì la sua schiena aderire al  petto del dio e si voltò per interrompere quell'imbarazzante contatto e  frapporre maggiore distanza tra loro due. «Ma cosa...» iniziò a dire  lui, ma Silye lo precedette.

«Perché il tuo cavallo ha dei simboli impressi sui denti?»

«Sono rune: dei segni magici. Non possono essere visti dagli umani,  ma solo da individui forniti di magia o capaci di individuarla, come me e  te.»

«E perché un cavallo dovrebbe averli?»

«Servono a potenziarlo. È per questo che appare più grande e forte di ogni altro cavallo normale.»

«E possono essere usate anche sugli umani e ogni altra creatura vivente?»

«Dovrebbero, anche se io non sono molto esperto sul loro  funzionamento. Mio padre, per ottenere la loro conoscenza che è preclusa  a tutti tranne che alle maghe, si impiccò sull'Yggdrasill. Infatti, per  noi l'unico modo per imparare a comprenderle è uccidersi e rinascere;  gli dei possono contare sulla propria immortalità dovuta ai frutti per  avere la certezza di non morire effettivamente, ma gli umani e ogni  altra creatura mortale non ci riuscirebbero.»

«E che tipo di poteri possono apportare le rune?»

«Da quanto mi ha detto mio padre, e non gli era permesso riferirmi  troppi dettagli, possono rendere invisibili, più forti e recare il dono  temporaneo della divinazione. Tu ce l'hai per natura, insieme alla  conoscenze di tutti i simboli, e il potere conferito dalla runa è  certamente inferiore al tuo: in parole povere, si avrebbero visioni  molto meno vivide di quelle che hai tu.»

«E se la runa della divinazione potesse rafforzare ancora di più i miei poteri?» chiese, folgorata da quell'idea improvvisa.

Vidar meditò per qualche attimo con la fronte aggrottata e una mano affondata nei suoi riccioli biondi. «Potrebbe funzionare.»

«Dovrò solo capire come fare a usare queste rune. Posso provare a  cercare un capitolo del libro in cui si parla di esse, sperando che ci  sia qualcosa di utile» affermò la ragazza, tirando fuori il volume dalla  sacca. Quando si girò per guardare di nuovo Sleipnir, rimase di stucco  notando un particolare che doveva esserle sfuggito prima: il cavallo  aveva otto zampe. «Che mi prenda un colpo...» sussurrò, a bocca aperta.  Si disse che forse era lei che ci vedeva doppio o male, ma, quando  riposò di nuovo lo sguardo sull'animale, le sue zampe rimanevano otto.  «Da quando i cavalli hanno così tante gambe?»

«In realtà, solo Sleipnir le ha.»

«Questo è ovvio» affermò Silye, ancora sbalordita nel vedere il  cavallo muovere simultaneamente tutti gli otto zoccoli. «Eppure, è  impossibile che io non me ne sia accorta prima. Io... ero certa di aver  visto solo quattro zampe.»

«Lo ricordi perché hai effettivamente visto così» spiegò Vidar. «Era  un'immagine provocata dalla runa del camuffamento, che gli permette di  mostrarsi come un normale cavallo, anziché nel suo vero aspetto. Dopo  esserti accorta delle rune, in qualche modo la tua natura da völva deve  averti permesso di guardare oltre l'apparenza.»

Silye richiuse la bocca, man mano che si abituava a vedere il cavallo  sotto quelle sembianze. «Ho capito» affermò. Rivolse, quindi, la mente  ai pensieri che più li premevano al momento. «Beh, ora vado ad occuparmi  di questa storia.»

Entrò in casa, seguita da Úlfur che, stanco per gli eventi di quel  giorno, si andò ad accoccolare sull'angolo che condivideva con la  ragazza. Silye notò con dispiacere che nel tempo che avevano passato  fuori, il fuoco si era quasi spento e la stanza era piombata ad una  temperatura troppo bassa da poter sopportare. I denti le iniziarono a  battere e, dopo aver appoggiato il libro sul tavolo lontano dal camino  per evitare spiacevoli problemi, come l'eventualità che potesse prendere  fuoco, andò ad attizzare le fiamme, aggiungendo un po' della legna  lasciata a terra.

Il cane rimase a guardarla per tutto il tempo con un'espressione che  faceva ben intendere la sua implicita richiesta. Come lo vide, Silye  capì che aveva fame e prese un po' di pane avanzato dal giorno  precedente. Úlfur si alzò subito e si sollevò su due piedi, reggendosi  su di lei e tentando di afferrare il cibo che la ragazza teneva in mano.  "Incredibile. Anche quando ha sonno, ha sempre voglia di giocare" pensò,  notando come si era ripreso subito al solo vedere il pane. Gli porse  amorevolmente la fetta. "Eppure, sa anche essere spietato quando andiamo  a caccia. Spesso le apparenze ingannano."

Rimase ad osservarlo finché non finì di mangiare. Quindi, prese anche  lei l'unico piccolo pezzo rimasto da mangiucchiare, per poi aprire il  libro e iniziare a sfogliarlo.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro