Capitolo 1
Volpe aprì gli occhi.
La prima cosa che pensò fu che non avrebbe dovuto essere viva, la seconda fu che aveva fame e, solo al terzo pensiero, realizzò che non aveva idea di dove si trovasse, né di chi l'avesse salvata, né di come avesse fatto a farlo.
Era successo qualcosa di sbagliato.
Si guardò e in un istante capì che non era più una volpe.
Ecco cosa non andava.
Era viva, quando doveva essere morta.
Aveva un corpo, ma non era il suo, era uno diverso.
Lo fissò con insistenza, studiando quelle nuove forme e credendo in un'allucinazione, con il fiato sospeso.
Non poteva essere, non voleva crederci, ma aveva assunto proprio quelle sembianze che non avrebbe mai potuto accettare: quelle di un umano.
Nel momento in cui si sfiorò fu consapevole che tutto era reale.
Non era un'allucinazione.
Quella consapevolezza la colpì con una violenza tale che subito non riuscì a reagire.
Quando però si riprese dallo sgomento iniziale, esplose.
Saltò in piedi ringhiando e squadrandosi con sconcerto, disgusto e terrore.
Fissò il suo corpo da umano-femmina non capendo perché avesse preso la forma del suo più grande nemico.
Era nuda e inerme, proprio come gli umani che si ricordava.
Solo lunghissimi capelli, lisci e argentei, nascondevano le sue forme.
Squadrò con riluttanza le sue mani senza più artigli, la pelle senza più la soffice pelliccia a cui era abituata.
Si sentiva sbilanciata sulle due gambe e, nel momento in cui lo realizzò, barcollò come un cucciolo che non ha ancora imparato a correre.
Per fortuna, i suoi sensi erano rimasti gli stessi, acuti e precisi; fu l'unica cosa che si rese conto di aver mantenuto dalla sua forma di volpe.
Si sentiva stordita ugualmente, e scioccata.
Non aveva idea di come usare quel corpo.
Non aveva idea di dove si trovava e fino a quel momento non se ne era nemmeno preoccupata.
Ringhiò scrutando circospetta l'ambiente in cui si era svegliata. Sembrava un rifugio di montagna, una di quelle grotte in cui le era capitato di rifugiarsi, nei giorni di bufera. Forse era per questo che non si era preoccupata, forse era perché lo trovava familiare.
Ma era una grotta tutt'altro che disabitata. Sembrava il rifugio di qualche eremita. Se di un eremita si trattava, si trovava nel rifugio di un umano.
Improvvisamente, si sentì in trappola.
Soffiò minacciosa verso le braci che erano l'unica fonte di luce di quel posto.
Non si era mai sentita così male.
Perché si era svegliata?
Ricordava di essere morta. Era morta, doveva essere così.
Girò in tondo prima di riaccucciarsi in un angolo del giaciglio su cui si era svegliata.
Si strinse le ginocchia al petto in una posizione che per lei era innaturale, ma che, in quella forma, era incredibilmente confortante.
Si dondolò avanti e indietro aspettando.
Doveva capire come mai era lì, come mai era viva.
Il suo istinto di volpe le consigliava di scappare oppure di aspettare l'eremita e di ucciderlo, per placare la fame, sempre più acuta, che l'attenagliava.
Tuttavia c'era una nuova coscienza, che le imponeva di farsi domande e le chiedeva disperatamente di trovare risposte.
Il suo piano, quindi, era quello di aspettare l'eremita, trovare un modo per ricevere da lui delle risposte e poi, una volta ottenute, finalmente mangiarlo.
Si passò una lingua sui denti soddisfatta e rabbrividì nel sentirli dritti. Scosse la testa sempre più scioccata.
Come poteva essere?
Le sue bellissime zanne!
Il suo più grande orgoglio, la sua arma più letale, erano spariti.
Si disperò per la perdita, ma si preoccupò di più per come avrebbe potuto mangiare l'eremita. Senza denti come avrebbe fatto?
Si abbracciò le gambe ancora più strette in cerca di conforto.
Le venne in mente sua mamma, una volpe potentissima, che era solita consolarla avvolgendola nella sua coda morbida. Era un ricordo caldo, pieno di nostalgia.
Era passato così tanto tempo...
Sobbalzò sentendo qualcosa di bagnato rigarle una guancia.
Con una mano estranea raccolse su un dito una goccia argentata e si chiese da dove fosse venuta.
Realizzò che erano stati i suoi occhi, come avevano fatto a crearla?
Si disse che avrebbe dovuto chiedere anche questo all'eremita.
Si portò il dito alle labbra, assaggiò quella goccia; era salata.
Fece una smorfia, si asciugò con un gesto stanco e si sdraiò. Avrebbe riposato aspettando, ma si ripromise che non avrebbe dormito.
Tuttavia, lo shock l'aveva scossa nel profondo e l'aveva sconvolta, senza contare che, per quel che ne sapeva, era appena ritornata in vita.
Così, a dispetto dei suoi buoni propositi, Volpe si addormentò, nella grotta di un eremita, in un giaciglio, in un corpo da umano-femmina, con le guancie bagnate di lacrime.
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