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Aria Di Guai

CAPITOLO 4
Aria di Guai

Dmitri:

La grinta e l'energia di Irina erano qualità che ci accomunavano: nel bene come nel male, e se volevamo qualcosa, la ottenevamo senza sforzo; poco importava con quali mezzi, l'importante era raggiungere l'obbiettivo.

Si presentò al suo matrimonio con quarantacinque minuti di ritardo – tipico – e con la sorellina remissiva al seguito. Aveva lo sguardo puntato al suolo, come a voler ignorare tutto quello che la circondava.

Abbozzai un sogghigno. Dovevo proprio averla sconvolta, riflettei, senza riuscire a trattenere una smorfia di scherno e soddisfazione personale.

Il mondo era il mio palco e tutti gli altri erano personaggi di sfondo. La verità era una sola: bisognava essere protagonisti nella propria via.

La cerimonia nuziale proseguì senza intoppi, costretti a posticipare le foto dell'album matrimoniale al tramonto, dopo pranzo, cosicché tutti noi potessimo dirigerci al ristorante di pesce per festeggiarli come meritavano. Non che a me importasse qualcosa, ma visto che ero il testimone della sposa, e uno degli invitati principali, la situazione mi toccava da vicino.

Il banchetto, collocato nelle vicinanze dell'albergo, affacciava sulla spiaggia. Almeno lì eravamo certi che ci fosse il climatizzatore. Un luogo di classe, con ampie vetrate a parete attraverso le quali si poteva ammirare l'orizzonte, dove l'oceano si univa al cielo in una linea labile e sottile. Uno scenario suggestivo, ammisi.

Adocchiai la ragazzina Astrofiamma – solo pronunciarne il cognome, mi scatenava conati di vomito – soffermandomi a squadrarla assieme all'arredo circostante. I tavoli rotondi e spaziosi, degni della sala da pranzo, erano stati imbanditi con i colori del tema del matrimonio: tovaglie bianche con sopra centrotavola di rose rosse; a lato, i vari nomi di ogni ospite. Inarcai un sopracciglio alquanto perplesso quando lessi la disposizione al tavolo degli sposi. Il nome di nostra madre era difronte a quello del suo ex marito, il verme viscido, mentre io...

Mi sfuggii un risolino silenzioso nel leggere "chi" era stato disposto difronte a me: Eleonora Astrofiamma.

Irina sbiancò in volto nel notare la disposizione. Avevo la netta sensazione che stesse per gridare e non volevo che desse spettacolo, quindi mi avvicinai. Suo padre era già un clown più che sufficiente. Adagiai le mani in tasca, rilassando le spalle e svelando un atteggiamento colloquiale: «La giornata non fa che migliorare», scherzai per alleggerirle l'umore, ma la mia interlocutrice non rise.

Mi rivolse un'espressione allucinata e, a denti stretti, bisbigliò: «Ti diverti, forse? È un completo disastro».

Alzai le mani in segno di resa. Come non detto.

La vidi correre da suo marito, in cerca di una soluzione. Non potevo neanche darle torto. In lontananza, intravidi il verme viscido con la moglie e la figlia, entrambe preoccupate. Probabilmente anche loro dovevano aver scoperto l'errore madornale. Come se l'avessi chiamata a voce alta, Eleonora si volse verso di me. Arrossì violentemente e distolse lo sguardo, mortificata da qualcosa che non comprendevo.

Смущающий, Nora.

Imbarazzante, Nora.

Però dovevo ammetterlo: possedeva la bellezza rara della tentazione. Era carina, minuta, e anche dotata di un fisico sinuoso e sensuale, ma oltre a questo, non aveva nulla di unico. Il mondo straripava di ragazze come lei, conoscerla non sarebbe stata di certo un'opportunità da cogliere al volo; nessuna era speciale... o quasi. Perché, in effetti, lei mi era proibita. Dovevo mantenere le distanze per il bene di Rina.

Anche se...

Prendemmo tutti posto e i festeggiati acconsentirono all'inizio del pranzo. Quando ebbi di fronte Nora, trovai l'opportunità di mirarla da vicino: rossa, piena di vitalità, si ostinava testardamente a fissare la tovaglia bianca, ricurva sul suo posto, le braccia al sicuro, nascoste dal tavolo. I capelli legati in un rigido chignon, lasciavano libere le spalle esili e lattee. Un visetto da bambolina assai grazioso e un collo sinuoso, da poter afferrare nella foga dell'amplesso. Il mio stato d'animo colò a picco. Non avrei dovuto farlo, mi recriminai subito dopo. Odiavo lei e l'attrazione che mi suscitava perché non potevo averla.

Guardai di nuovo la giovane soggetta al mio ambiguo ripugno. Senza alcun preavviso le tirai un calcio, infastidito da lei. Eleonora scattò indietro, guardandomi come un cerbiatto spaventato, stridendo con le gambe della sedia sul pavimento piastrellato, attirando in questo modo l'interesse dei nostri familiari. Come se avesse captato le mie idee lascive.

Oчаровательный...

Affascinante...

Soffocai una risata derisoria, divertito dalla sua reazione. Volevo farle molto peggio. Piccola e ingenua ragazzina, nemmeno immagini che cosa potrei farti, pensai.

«Spero che il pranzo duri poco, tesoro, così avremo più tempo da dedicare alle foto», sentenziò mia madre a Irina, distraendomi dai miei intenti.

Il signor Astrofiamma alzò gli occhi al cielo con vistosa teatralità, borbottando: «Hai sempre dato peso all'apparenza e mai alla sostanza. La tradizione prevedere un itinerario. Ci sono giochi e lo scambio dei doni, prima».

Serrai la mascella, contratta dal nervoso, e immaginando una sfilza infinita di imprecazioni in lingua. Nessuno ha chiesto la tua opinione. Tutti ammutolirono, origliando il tavolo degli sposi. I "protagonisti" dell'evento, insomma.

Mia madre lo fulminò con lo sguardo e già prevedevo il peggio.

«Sono stata una modella professionista, era il mio lavoro se te lo fossi scordato, Eduardo. I regali e i giochi stupidi possono attendere, la luce del sole invece no. Un ricordo è per sempre», soffiò irritata.

Mi schiarii la gola per interrompere quel discorso, ma qualcosa andò storto e ottenni l'effetto contrario. Non riuscii a fare altro se non a fomentarlo. Ancora mi chiedo come abbia fatto.

«Menomale allora che la memoria sbiadisce con l'età. Sei in pensione oramai, Anastasia! E, inoltre, non spetta a te decidere», obbiettò l'ex marito.

Inarcai un sopracciglio. Da che pulpito veniva la predica.

Irina e Samuel erano impietriti dal timore di una possibile baruffa, intanto che tutti gli altri invitati bisbigliavano il loro dissenso. Mia madre – che amava le scenate – scattò in piedi, chinandosi verso la sua controparte maschile: «Invece sì!», ritrasse le labbra laccate di rosso, mostrando i denti perlacei. 

La nuova signora Astrofiamma, una donna che somigliava molto alla figlia, tentò di calmare l'animo di suo marito – almeno speravo fosse quello l'intento – interrompendo la discussione e frapponendosi fra i due litiganti: «Evitiamo di dare spettacolo, per cortesia».

Mia madre, fu pronta a risponderle per le rime quando la frenai, afferrandole il braccio sinistro come monito. Con uno sguardo che non ammetteva repliche, diedi manforte alla mamma di Eleonora: «La signora Astrofiamma ha ragione. Basta così!», sentenziai. Avevo scorso Irina sull'orlo delle lacrime e nessuno doveva rovinare il giorno speciale di mia sorella. Nessuno. Tantomeno loro.

Придурки.

Stronzi.

Quando la discussione si spense nel silenzio generale, indirizzai alla sposa lo sguardo, ammiccando complice. Mi accennò un sorriso di riconoscenza, tirando un sospiro di sollievo.

I camerieri servirono gli antipasti. Sarà un pranzo lungo. E qualcosa mi suggerì che sarebbe stato indimenticabile – nel senso negativo del termine.

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