8.
La divisa che l'uomo indossava parlava chiaro, era sicuramente l'autista del pulmino di quell'ospedale. D'altro canto non bisogna mai dare nulla per scontato al giorno d'oggi, tutti hanno la possibilità di rubare un abito e un mezzo di trasporto. Non dava però l'impressione di essere un ladro o un mostro, sembrava solo un uomo molto scocciato dal dover compiere il proprio lavoro. Con una mano si stava arricciando i baffi neri all'insù, nell'attesa che io recepissi il messaggio e decidessi di andarmene.
«Mi dica almeno dove posso comprare il biglietto.», lo pregai.
«No.», disse lui fermamente.
«Perché no?», chiesi seccata.
«Perché non lo so.»
«Come fa a non saperlo?», domandai confusa.
«Beh, nessuno me ne ha mai fatto vedere uno, né tanto meno mi ha detto dove acquistarlo.»
«Quindi non è obbligatorio il biglietto?» avanzai.
«No, il biglietto serve! Senza il biglietto non si sale.», rispose lui interdetto.
Ci pensai su, la voce all'interno della mia testa mi suggerì come agire e dissi: «Allora anche lei non può salire visto che non ha il biglietto.»
Lo sguardo dell'uomo vacillò per qualche attimo, lasciando intravedere il seme del dubbio. «No, per me è diverso», spiegò. «Io devo guidare, non ho bisogno del biglietto.»
«Ne è sicuro?», domandai io con finta innocenza.
«Sì», rispose deciso. Poi, riflettendo e socchiudendo malignamente gli occhi, gli venne un'idea che sarebbe andata a suo favore.
«Forse non hai tutti i torti. In questo caso non posso stare qui sopra un minuto di più.», detto questo scese dal pulmino. Estrasse un giornale dalle pagine ingiallite e si accomodò sulla panchina rotta dove fino a poco prima mi ero ritrovata a sedere anch'io.
Rimasi imbambolata per un istante, avevo appena perso l'autista dell'unico mezzo a disposizione. Io non sapevo di certo guidare e non avevo nemmeno l'età giusta per farlo. Dovevo risolvere la situazione alla svelta, prima che Federica si sentisse troppo male anche solo per respirare.
Mi voltai verso di lui, da lì potevo leggere il suo giornale e potei constatare che fosse parecchio vecchio. Probabilmente non usciva dal suo autobus da un bel po' di tempo e non sapeva cosa stava accadendo fuori nel mondo.
«Signor autista...», iniziai, ma venni interrotta da lui.
«Vermiglio», pronunciò indicando la targhetta arrugginita sul suo vestito. «Ernesto Vermiglio.»
«Signor Vermiglio...», riformulai.
«Sì?»
«Lei non ha mai visto dei biglietti, giusto?», domandai con una punta di curiosità.
«Sì, perché?», chiese lui.
«Si dà il caso che io abbia appena trovato tre biglietti. Se vuole gliene posso dare uno, così ci può accompagnare da un dottore che possa aiutare la mia amica.»
Accettò più dubbioso che infastidito e io gli porsi tre foglie che avevo precedentemente raccolto lì da terra. Lui le afferrò con la mano guantata e risalì sul pulmino. Tirò fuori da un cassettino una vecchia e arrugginita pinzatrice e fece un buco su tutte le foglie, per poi restituirmene due.
Lo vidi fugare ancora nel porta oggetti per estrarne una corda. La lanciò a me dicendo: «Lega il carrello dietro.»
«Non sarebbe più semplice se lei mi aiutasse a trasportare su la mia amica?», notai.
«Sì, ma non sarebbe divertente. Sbrigati a legarlo, altrimenti parto da solo.», concluse sedendosi davanti al volante.
Legai in fretta il carrello, facendo attenzione ad annodare bene la corda e pregando che il pulmino non andasse troppo veloce. Salii e mi sedetti davanti, vicino al finestrino.
La strada fu breve e per tutto il tragitto il pulmino non fece altro che perdere pezzi e sobbalzare a ogni curva.
Cercai di capire a che categoria appartenesse l'autista e giunsi alla conclusione che si trattava di uno "Sfruttatore".
Gli Sfruttatori sono quelle persone che hanno un carattere molto rude, odiano venire contestati e manipolano le persone a loro piacimento. Spesso muoiono proprio perché non danno retta agli avvertimenti e si ritrovano in balia del mostro di turno.
«Questa è la tua fermata, giù!», esclamò bruscamente Ernesto, aprendo le porte.
Scesi dal veicolo e andai a liberare Federica, ma il pulmino ripartì quasi subito lasciandosi dietro un forte odore di benzina e trascinando il carrello con la ragazza ancora per qualche metro prima che la corda si slegasse. La raccolsi e me la misi in borsa, una corda può sempre essere utile a qualcosa.
Spinsi il carrello su per la pedana vicino alle scale del grigio edificio ed entrai. Una forte folata di vento mi spinse quando ebbi toccato la porta. Il fantasma di un qualche clown deceduto stava vorticando per tutto il corridoio, gettando coriandoli e brillantini nell'aria. Non appena vide la via d'uscita che avevo aperto si precipitò all'esterno, urlando qualcosa come:"Sono liberoooo!".
Fui investita da una pioggia di fiori e popcorn, e rimasi bloccata per qualche secondo, ancora confusa da ciò che stava succedendo. Dal fondo della sala un uomo dall'aspetto parecchio malato mi fece il dito medio, e riprese a trascinarsi con la flebo lungo un altro corridoio.
Mi guardai attorno, osservando il pavimento cosparso di coriandoli. Ero felice di non dover essere la persona che avrebbe dovuto pulirlo.
Sopra le pareti di un giallo pallido erano attaccati ritagli di giornale che parlavano di disastri naturali e di omicidi settimanali. Mi spostai verso l'ufficio informazioni. Lì sedeva una signora intenta a mettersi sulle unghie uno smalto rosso, ormai ricoperto di coriandoli. Quando mi sentì arrivare alzò lo sguardo e mi squadrò dalla testa ai piedi.
«Credo che la mia amica abbia bisogno di un dottore.», pronunciai timidamente.
Lei mi indicò una porta con su inciso "Sala d'attesa". Ci entrai, trascinando il carrello, e mi sedetti su una poltroncina dai braccioli tutti graffiati. A volte capitano pazienti più preoccupati di altri e la loro ansia viene riversata nel movimento involontario delle loro unghie sulla seggiola. Per esempio la poltrona dove mi accomodo durante le sedute dallo psichiatra viene sostituita di tanto in tanto proprio a causa di quell'abitudine che hanno preso alcuni pazienti.
Nella sala c'era anche un'anziana signora con un barboncino bianco dalla mascella mezza divorata e un verme che gli fuoriusciva da un occhio.
In questo periodo vanno molto di moda gli animali zombie. Ricordo ancora il gatto scheletro che mi regalarono al Natale di tre anni fa, era bellissimo e soprattutto già morto. Ogni tanto lo rivedo zampettare in giro per il quartiere, ma solitamente me lo ritrovo di notte ai piedi del letto. Non ho idea di come faccia a superare le trappole anti-mostro, non ho ancora trovato la falla.
La signora per qualche minuto studiò con attenzione il carrello che mi portavo appresso e il suo contenuto. Infilò poi una mano nella borsa ed estrasse un pacchetto di cerotti che cercò in ogni modo di consegnarmi. Le feci notare che essi non avrebbero fatto poi tanta differenza date le condizioni in cui Federica riversava, ma ella non volle saper ragioni.
In pochi secondi la maggior parte della pelle scoperta della mia amica si ritrovò coperta di piccoli cerotti con i cuoricini. Il petto fu risparmiato, salvato dal fatto che, oltre alla felpa leggera, la ragazza avesse indosso solo un reggiseno sportivo, che l'anziana faceva di tutto per ignorare.
La porta si aprì prima che la signora potesse espandere la sua opera di bricolage anche sul mio viso. Nella stanza entrarono un uomo in camice bianco accompagnato da uno zombie. La donna prese il cagnolino e gli andò incontro, agitando con rapidi movimenti le sue piccole e tozze gambe. L'animale la seguì zoppicando, prendendo a ringhiare contro tutto ciò che era in movimento.
«Allora, dottore, mio marito come sta?», domandò preoccupata.
«Come al solito, signora. È morto, come vuole che stia?», rispose l'uomo. «È normale che cada in pezzi!»
A quanto pareva ultimamente andava di moda anche avere mariti zombie. Sono solo un po' fastidiosi quando cercano di divorarti il cervello, ma per il resto danno l'impressione di essere una buona compagnia.
«Oh, il mio povero Alfredo.», esclamò la signora. «L'avevo avvisato che non sapevo cucinare i funghi, ma lui non ha voluto ascoltarmi e...»
«Sì, signora Alcott, lo sappiamo tutti come è andata. Lui li ha assaggiati, non gli sono piaciuti, e lei per ripicca gli ha tirato la padella in testa, uccidendolo. Adesso se non le spiace avrei un altro paziente in attesa.», la liquidò il dottore in modo sbrigativo.
«Ma io...», provò a dire la donna mentre la signorina dell'ufficio informazioni scortava lei e suo marito all'esterno.
«Allora», sospirò l'uomo rivolto a me. «potresti spiegarmi che cosa è successo a questa ragazza?»
Guardai Federica, in alcuni punti della pelle stava assumendo un colorito tendente al blu e in altri verde e giallo.
Era da un po' che dal suo corpo non udivo provenire rumori.
«Non sarebbe meglio se prima la operasse.», feci notare. «Credo abbia qualche decina di ossa rotte.»
«Di questo non ti devi preoccupare. Tra un po' diventerà proprio come quel signore di prima, o forse lo è già.», concluse il dottore sorridendo.
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