48.
Di tutte le volte in cui Marte mi aveva sorpresa quella era decisamente da considerarsi la suprema. Quasi fui tentata di togliermi la mano dagli occhi per controllare che non mi stessi immaginando tutto, ma la stretta all'altro arto ne era la prova.
«Voi andate avanti.», ordinò l'uomo rivolto agli altri due, poi chiese a me. «Possono farlo?»
«Sì, credo.», risposi io un po' scombussolata dalla domanda. «Non ricordo bene, ma...»
«Ok, andremo noi avanti.», confermò Vulcano. «Da che parte?»
«Io andrei per di là.», decretò Artemide.
Sentii i loro passi e capii che stavano veramente percorrendo per primi quel lungo corridoio trasparente.
«Solo una curiosità, perché hai paura?», chiese Marte distraendomi dai passi che si allontanavano.
«I pesci di solito mi guardano male.», risposi con un po' di imbarazzo.
«Ah», mormorò lui.
Come temevo ci fu un lungo e pesante silenzio durante il quale potei percepire una lieve risata da parte dell'uomo. «Seguiamoli anche noi.», disse poi. E io in risposta mugugnai in segno di assenso.
Lentamente, Marte iniziò a camminare dietro di loro, sempre tenendomi stretta la mano. Io proseguivo alla sua destra e tenevo imperterrita la mano sul viso per nascondermi la vista.
Avevo sviluppato la teoria che l'uomo mi stesse portando in un posto isolato per liberarsi di me una volta per tutte. Con i precedenti che avevo con lui, questo avrebbe anche potuto rivelarsi fondato, ma confidavo nel fatto che, se mi avesse abbandonato lì, Artemide sarebbe tornata a prendermi.
«Come ti senti adesso?», azzardò l'uomo.
«Mi fa male tutto il corpo, ma credo che questo dipenda anche dal ciclo.», tagliai corto.
«Capisco.»
In momenti del genere tendo a lasciare che i pensieri escano fuori dalle mie labbra senza alcun controllo. Il più delle volte mi ritrovo a dire e pensare cose senza senso, i ragionamenti si accavallano tra loro.
«No, in realtà non è solo questo. Sono molto confusa, non ci sto capendo più niente», continuai con voce stanca.
«Di cosa?», chiese lui.
«Tutto!», esclamai esasperata. «Dove siamo finiti? Perché siamo qui? E perché ci stanno capitando queste cose?!»
«Vuoi sapere tutto allora.», ripeté.
Marte mi lasciò la mano fermandosi, e per un attimo temetti di aver detto qualcosa di sbagliato, ma mi dovetti ricredere quando sentii il rumore della fiamma che usciva da un accendino. Proprio non riuscivo a capire come certe persone possano provare conforto nella nicotina e nel fumo. Forse amano davvero le sigarette, o le associano a bei momenti. Se penso a esse le collego a quello strano mix di profumi che emanava il cappotto di mia madre.
«Potresti non fumare?», pregai, allungando verso di lui la mano. «Mi infastidisce l'odore.»
«Come vuoi tu, ma sappi che per me sarà ancora più difficile.», mi informò riponendo nella tasca il pacchetto di sigarette e riprendendo quindi la mia mano. «Allora, da dove potrei iniziare...»
«Dall'inizio?», ironizzai.
Lui sbuffò e prese a parlare «Per darti delle basi devo prima spiegarti brevemente ciò che hai visto prima. Cominciamo dalla madre. Era diventata un mostro e aveva trasformato anche la figlia. Vulcano... Leon stava per fare la sua stessa fine, ma in quel momento una trave cadde dal soffitto e uccise il mostro, distruggendo la stessa casa.»
«Lo era diventata? Mostri si nasce, non si diventa.», lo interruppi io confusa.
«Non tutti lo fanno, alcuni nascono così, ma altri lo diventano con il tempo. Non mi interrompere più comunque.», disse scocciato, per poi proseguire il suo discorso. «Così, il ragazzo si è unito a noi e adesso teme di diventare anch'egli un mostro assassino.»
Pensai allo sguardo di Vulcano quando aveva visto la madre, il suo terrore era molto leggibile sul viso, ma allora non avevo capito di che cosa avesse davvero paura.
«Artemide invece non era riuscita a salvare suo fratello, Apoll-... Noah.», si corresse ancora una volta. «Hai notato che lei cova un profondo odio per il nostro dottore?». Non aspettò la mia risposta a quella domanda così ovvia e continuò imperterrito il suo discorso. «Anubi, esperto in medicina e bravo a costruire le cose. Sai, mi ha fatto lui questo braccio. Molto resistente e flessibile. Non ho ancora dovuto sostituirlo.», ridacchiò.
«Fu lui a mandare il ragazzo sulle tracce di quel vampiro, causandone quindi la morte. Apollo non avrebbe mai sopportato di diventare un mostro, proprio come quello che ha ucciso i suoi genitori. Così si è tolto la vita con una freccia. Belle armi, d'argento e molto leggere, gliele avevo regalate io per festeggiare la sua prima uccisione. Comunque, Artemide non ha mai perdonato il dottore, lo ritiene il solo responsabile.»
«Non pensavo che Cinzia nascondesse questo, a scuola sembrava una persona come le altre.», mormorai con voce dispiaciuta.
«Ti ho chiesto di non interrompermi, ma questo mi dà un motivo per introdurti l'ultimo e più complicato argomento.», si lamentò. «Come avrai di certo notato, qui non siamo gente molto normale. La nostra mente è divisa in due parti, due personalità.»
Prese un lungo respiro e si grattò la nuca pensieroso, nel mentre non ci eravamo più fermati nemmeno una volta. «Non so bene come funzioni questa cosa, era iniziato come un semplice gioco, ma una volta entrati a far parte del nostro gruppo la mente si sdoppia creando due persone. Una è la pura rappresentazione della categoria in cui siamo nati e l'altra è invece lo scarto, ciò che è da considerarsi la nostra vera personalità, rimasta da tempo nascosta dentro di noi.»
«Tu prima hai detto che la tua non c'è più... Perché?», domandai titubante.
La mia mano stretta nella sua si era ormai scaldata, ma l'altra era ancora fredda e creava un fastidioso contrasto tra le due.
«È semplicemente morta», rivelò lui come se niente fosse. «Quella parte di me che non era abbastanza si è spenta quando Venere... quando Hester... entrambe sono morte.»
«Quindi adesso sei solo?», sussurrai.
«Ho loro a tenermi compagnia. Una famiglia un po' speciale.», ricordò, riferendosi agli altri. «Oltre alle armi, certo. Quelle sono il mio vero tesoro. Se becco qualcuno a toccare ancora la mia Walther P38 byf 44 gli taglio le dita.»
«Anche Agni era la tua famiglia?», mi ritrovai a chiedere.
«Lui lo è ancora, è solo stato manipolato dall'altro», dichiarò con freddezza. «Non c'entra niente in tutto questo, ma dovrà comunque pagare.»
«Questo però non è giusto!», esclamai sorprendendomi io stessa per averlo fatto.
«Niente è mai giusto in questo mondo.», affermò lui.
«Mondo... In che mondo siamo adesso?», cercai di capire.
«Siamo nel tuo, questa è la tua testa. Siamo passati in quella di tutti e adesso siamo arrivati nella tua.», spiegò Marte.
«Com'è possibile?», domandai stranita.
«È il potere dell'arma, la collana. Mi pare si chiami Xeròbio. Permette di entrare nella mente degli altri.», raccontò iniziando visibilmente a rallentare il passo. «Era di Venere. Glie l'aveva regalata qualcuno di molto forte, almeno credo. Non mi ha mai detto esattamente dove l'avesse trovata. Un giorno è semplicemente arrivata tenendola in mano. È stato il giorno in cui ha iniziato ad ammalarsi.»
«Mi dispiace.», mi scusai.
«Non è colpa tua, non ti dovresti scusare per questo.», comunicò l'uomo con una punta di sorpresa, non aspettandosi la mia empatia. «È inquietante sentirtelo dire, non mi piace. Fallo di nuovo e ti buco la lingua con la mia revolver Smith & Wesson Modello 19.»
«Però ti ho obbligato a parlarne. È la stessa cosa.», commentai in fine.
«Siamo arrivati. Apri pure gli occhi.», mi avvisò Marte fermandosi.
Tolsi la mano che mi copriva il viso e li aprii ritrovandomi di fronte a una grande parete di un rosso tendente all'arancione. Lì si trovava una porta marrone con il pomello dorato. Non aveva mentito, o circa dato che di fianco e sotto di noi c'era ancora l'acqua, ma almeno potevo concentrarmi su qualcos'altro.
Notai attraverso il vetro che la parete era collegata ad altre, insieme formavano un gigantesco rettangolo nell'acqua. Non riuscivo a vederne il fondo, ma sospettai che arrivasse fino al freddo suolo marino.
«Adesso vuoi dirmi dove ci troviamo?», continuò lui.
«Te l'ho detto», ripetei. «Io so di esserci stata, ma non ricordo nient'altro.»
«Hai rimosso questo posto. Quindi non sai nemmeno cosa ci sia dall'altra parte di questa porta?», insistette.
«No», scossi la testa. «Non ricordo, è tutto confuso, ma non è niente di buono.»
«Capisco. Allora ci tocca entrare per scoprirlo.», stabilì.
Marte afferrò il pomello della porta e girandolo la aprì. Ciò che vidi dall'altra parte mi fece sentire ancora peggio di prima.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro