27.
«Cos'è quella?», dissi indicando un'arma da fuoco dalla forma davvero strana.
La afferrai per guardarla bene. Dal grilletto in giù era una normale pistola, la cosa bizzarra era la direzione nel quale mirava la canna, che si trovava rivolta verso colui che l'avrebbe dovuta usare. Artemide la afferrò con un balzo e andò a rimetterla velocemente al suo posto sulla parete più lontana borbottando qualcosa come: «Perché deve sempre comportarsi così! Non può smettere di scherzare almeno per un momento?! Spero l'abbia fatto per sbaglio.»
Decisi che era meglio far finta di niente e osservai le altre armi rimaste sul tavolo. Seconda nella fila si trovava un'altra pistola che inizialmente scambiai per un semplice coltello, dato che la piccola canna era posizionata sopra a un'affilata lama.
Spostai poi lo sguardo lontano da quell'arma dall'aria pericolosa e vidi uno di quegli strani oggetti di metallo che si indossano come anelli e assomigliano a delle manette per le dita. Tirapugni era la parola che cercavo, ma anche sapendola non sarei certo riuscita a usarli, quindi andai oltre. Di fianco era stata messa una carabina e più avanti un lungo fucile, ma non mi servivano armi troppo ingombranti da portare in giro.
Ancora una volta vidi una pistola, ma evidentemente quelle normali qui non erano molto apprezzate. Difatti questa era piccola, sembrava nana in confronto alle altre. C'erano anche una mazza di ferro, una balestra e un arco con le frecce. Non sapendoli usare però non sarebbe stato intelligente prenderli. Mi domandai perché non ci fossero spade o veri e propri coltelli su quel tavolo, ma pensai che forse non avrei saputo adoperarne comunque. Presi la piccola pistola, era la scelta migliore dato che il resto sembrava troppo pericoloso.
Quell'arma così piccola sarebbe stata semplice da usare, pensai. Mi sbagliavo e me ne accorsi quando Artemide mi portò davanti al bersaglio in una stanzetta insonorizzata lì accanto.
Provai a sparare tenendo salda la pistola davanti a me con entrambe le mani, proprio come ci si aspetterebbe. Premetti il grilletto e la pistola produsse un forte suono. Forse fu per colpa delle gambe troppo tremanti o del fatto che non sapessi come mettere le mani su quel piccolo oggetto, sta di fatto che me la tirai quasi in faccia. Il bersaglio non l'avevo centrato neanche per sbaglio. Il proiettile era finito contro al muro, e a questo punto era già tanto che non mi fosse rimbalzato addosso.
Andai a posare la pistola e giunsi alla conclusione che quelle armi non facevano affatto per me.
«Ehi, ferma!», mi intimò Artemide inseguendomi. «Hai bisogno di un arma.»
«Ci penserò dopo, adesso sto morendo di fame.», rivelai, incrociando le braccia sulla pancia e contraendo il mio viso in un'espressione di dolore.
Sì, perché fino a quel momento avevo cercato di non badare al brontolio di protesta del mio stomaco, ma adesso aveva iniziato a fare male sul serio.
«Hai ragione, ormai è l'ora di pranzo. Thor avrà finito di cucinare e adesso saranno già tutti in mensa.», disse Artemide. «Raggiungiamoli!»
In fretta scendemmo dalle scale, tornando al punto dove sapevo esserci il passaggio. L'albina posò la lanterna ai suoi piedi e si mise a tastare la parete fino a cliccare qualcosa. Il muro si spostò permettendoci di uscire. Dietro di me la ragazza spense la lanterna e appena uscita rimase ferma per sicurezza a vedere se il passaggio si sarebbe richiuso.
Non c'era nessuno nei corridoi e nelle stanze che attraversammo, notai. Probabilmente aveva ragione Artemide, erano già tutti in mensa.
Ci arrivammo con molto ritardo, erano già in tanti lì. I tavoli erano tutti occupati, ce n'erano sette e avevano circa sei persone ciascuno.
Thor era in un angolo della sala appoggiato a un tavolo con una pentola e dei piatti. Lì a fianco si trovavano anche un cesto con il pane e uno con le posate.
Lucky alzò la testa quando ci sentì arrivare, ma poi, annoiato, tornò a concentrarsi sulla sua ciotola di cibo.
Ci avvicinammo al piccolo uomo e prendemmo dei piatti e delle forchette. Lui ci guardò subito male e quando quasi lo avevamo raggiunto ci fermò dicendo: «Voi bastarde avete già pranzato. Andate a succhiarlo a uno dei vostri mostri!»
«Ti prego, Thor, abbiamo fame.», supplicò Artemide, con voce molto sofferente. «Ti-prego-Ti-prego-Ti-prego...»
«Chiudi il becco, cazzo!», tuonò lui esasperato. «Minchia, ti accontento, ma scordati di prendere il bis!»
«Grazie»
Con un mestolo ci buttò nei piatti delle patate mollicce e qualcosa che doveva essere carne, ma che assomigliava più a una vecchia suoletta di scarpe da ginnastica messa in forno e lasciata lì troppo a lungo. «E non fatevi rivedere mai più, troie!»
«Certo.», annuì la ragazza, prima di infilarsi in bocca una pagnotta e andare a sedersi al tavolo.
Io rimasi in piedi, non sapendo dove andare a mangiare. Ero tentata di sdraiarmi sul pavimento insieme a Lucky e la sua bava o di rimanere a mangiare lì vicino alla pentola, ma l'espressione di Thor mi dissuase da ogni tentativo. Fortunatamente vidi che Artemide mi stava chiamando per sedermi al tavolo con lei. Quando mi avvicinai sentii lo sguardo infuocato del piccolo uomo puntato sulla mia schiena. Evidentemente la sedia su cui mi avevano appena detto di sedermi una volta doveva essere stato il suo posto.
Spostai lo sguardo sulle altre persone sedute a quel tavolo. Insieme a me e Artemide c'erano anche Ishtar, il Dottor Anubi, la ragazza di nome Ebisu, Vulcano e per mia sfortuna anche Marte.
Tra tutti io mi ritrovai seduta fra il dottore e Artemide, che sembravano sempre sul punto di scannarsi a vicenda. O almeno, lei sembrava sul punto di commettere un omicidio, Anubi d'altro canto era tranquillissimo e ignorava gli sguardi infuocati della ragazza. Mangiava sollevando la mascherina solo lo stretto necessario per far passare sotto la forchetta e il cibo.
«Cosa c'è?», domandò una volta accortosi che lo stavo osservando.
«Niente.», balbettai imbarazzata e distogliendo lo sguardo.
La voce nella mia testa mi gridava di dare retta all'Esperto di mostri, e di tenermi lontana dal dottore, ma la mia sete di conoscenza pretendeva di concludere la conversazione sul precedente Protagonista misterioso.
Tagliai in piccoli pezzettini la carne e provai a mangiare un po' di quello che c'era nel mio piatto, rimanendo sorpresa nello scoprire che fosse commestibile. Mi allungai sul tavolo per prendere la caraffa dell'acqua e mi versai il contenuto nel bicchiere già posizionato davanti a me. Su quella tavolata, oltre all'acqua, potevo vedere del vino, quella che assomigliava a una colorata bevanda gassata e del succo all'arancia.
«Hey, Miss Me-ne-vado-via-da-sola», chiamò Marte dall'altra parte del tavolo. «L'hai scelta l'arma?»
Intuii che si stava riferendo a me e risposi: «Non ancora, ci penso dopo.»
«L'hai provata la prima che ti ho lasciato?», domandò, agitando tra le mani un pacchetto di sigarette quasi finito. «Scommetto che è fatta apposta per te!»
«CAPO!», esclamò Artemide. «Deve smetterla di comportarsi così!»
«Sto solo cercando aiutarla.», si giustificò lui.
Si mise poi una sigaretta tra le labbra e la avvicinò a Vulcano, seduto al suo fianco.
«Dovresti fumare di meno.», commentò il ragazzo mentre gli bruciava l'arnese con un accendino rosso.
Marte aspirò le sostanze tossiche della sigaretta, e con un sospiro di sollievo le buttò fuori. «Sai che non posso, gattino.», mormorò.
«Così ci resterai secco.», gli fece notare il ragazzo.
«Nessuno sentirà mai la mia mancanza.», continuò Marte.
«Non è vero, capo!», intervenne Ishtar. «A noi mancherebbe tanto se morisse. Non lo faccia, lei deve rimanere in vita per noi.»
«Grazie, Riccioli d'oro, ma non era questo quello che intendevo.», rispose prendendo un'altra boccata d'aria. «Comunque rimarrò con voi finché morte non ci separi.»
«Sììì», esclamò allegramente l'Amica di Terzo grado. «Allora rimarremo insieme per sempre!»
L'uomo si alzò in piedi e sollevò il boccale che stringeva nella mano destra. Dentro, la sostanza giallognola dalla leggera schiuma bianca ondeggiò pericolosamente fino a quasi uscire dal bicchiere.
«Solo la morte potrà fermarmi.», sentenziò, bevendo quella che intuii fosse birra, e stringendo nell'altra mano la sigaretta.
Quel gruppetto sembrava una strana famiglia felice. In fondo si volevano bene a vicenda, anche se i loro caratteri non sembravano avere niente in comune.
Mi alzai traballando dalla sedia. Non mi sentivo affatto bene.
«Dove vai?», chiese Anubi vedendomi in piedi.
«In bagno.», risposi semplicemente.
Passai vicino a Thor, che ancora mi guardava con odio. Stava servendo il bis ad Artemide, nonostante le avesse già detto che non glielo avrebbe dato. Non mi ero neanche accorta del fatto che la ragazza si fosse allontanata dal tavolo. Era successo prima o dopo lo scambio di battute tra Vulcano e Marte?
Spalancai le porte della mensa e mi ritrovai nuovamente in corridoio. Fu lì che mi accorsi di essere stata lasciata da sola e che quindi nessuno avrebbe potuto impedire la mia fuga.
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