Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

22.


Aveva una voce strana e inquietante, ma non riuscivo a capire cosa la rendesse tale. Anche se probabilmente la causa era dovuta alla mascherina che indossava.

«Qual è il problema?», chiese Anubi facendo alcuni passi fuori dalla porta, come per nascondere l'interno della stanza. «Sono molto impegnato al momento, sarebbe meglio se passaste più tardi.»

«Mi si è riaperta la ferita.», risposi io.
«Oh, ma guarda chi c'è.», esclamò rivolgendo l'attenzione su di me e non più sul bisturi che si stava rigirando tra le mani. «Non avresti dovuto muoverti dal letto prima di questa sera, sembri un soggetto abbastanza fragile.»

«È qui solo di passaggio.», intervenne Ishtar. «Tu la curi e io la riporto da Artemide.»
«Capisco. È colpa di quella ragazza se adesso ti trovi qui.», constatò freddamente. «Non ci vorrà molto, ma vorrei farti alcune domande.»

«Prima la sistemi e poi le chiedi quello che vuoi.», mise in chiaro la ragazza. «Siamo intesi?»
«Sì, piccolo fiorellino.»
«Non sono un fiore!», sbraitò lei infastidita.
«Come vuoi tu», si scusò l'uomo mentre spalancava la porta. «Entrate pure.»

Varcai la soglia. Quella era un'infermeria molto più piccola di quella dove mi ero svegliata. Si trovava inoltre divisa a metà da una tenda chiara. Il pavimento era a scacchi bianco e nero, le pareti celesti e il soffitto era uno specchio che rifletteva l'intera stanza.

«Siediti pure lì.», ordinò Anubi indicando uno sgabello vicino alla scrivania.

Mi sedetti e lo sgabello di plastica scricchiolò in modo quasi impercettibile sotto il mio peso. Ishtar prese a specchiarsi in un angolo della stanza, con la testa rivolta verso il soffitto, dimenticandosi completamente della nostra presenza. Il dottore si avvicinò, tirando verso di me una sedia con le ruote su cui poi si posizionò.

«Devi toglierti la maglietta, altrimenti non riesco a vedere la ferita.», mi fece notare.
«Oh, sì certo.», balbettai imbarazzata mentre mi sfilavo via l'indumento.

La mia pelle delicata e dal color conchiglia fu esposta alle luci dei pannelli ai lati del soffitto. Anubi iniziò a togliere delicatamente le bende dal mio braccio sinistro. Non erano più bianche come prima, adesso si erano lievemente sporcate di un liquido: il mio sangue scarlatto. Qualcuno, probabilmente il dottore, mi aveva ricucito il buco formatosi sulla pelle. In alcuni punti il filo si stava però lasciando andare, allargandosi.
Anubi afferrò una boccetta di disinfettante e ne versò sulla mia ferita, tamponando con una garza.

«Sconsiglierei l'uso di indumenti di cotone sulle ferite, mi ha dato un gran da fare rimuovere tutti quei pelucchi dalla pelle.», mi informò.
«Mi scusi»
«La prossima volta fai attenzione anche a non attaccare i cerotti direttamente sulla zona lesa.», continuò.
«Certo.», borbottai.

Non era colpa mia se non avevo avuto una vasta scelta di materiali tra cui scegliere quando ero stata ferita. La posizione del taglio inoltre non era delle migliori. La donna doveva aver puntato al cuore, ma spostandomi aveva colpito quasi la spalla. Mi irritava pensare che per pochi centimetri avrei anche potuto uscirne illesa.

Il dottore si girò a cercare qualcosa in un cassetto. Ne estrasse una confezione con una pinzetta sterile e si preparò per proseguire la sua operazione. Voltai lo sguardo inorridita dalla mia rosea ferita esposta e mi concentrai sulla realtà circostante.

«Perché c'è una tenda?», domandai nella speranza di distrarmi.
«Per nascondere quello che c'è dietro.», rispose lui freddamente.

«E cosa c'è dietro?», insistetti a chiedere.
Il dottor Anubi rimase per un po' di tempo in silenzio, poi, dopo essersi raddrizzato per bene gli occhiali sul naso mi rispose: «Un altro tipo di paziente.»

Alzai lo sguardo sul soffitto e guardai oltre al riflesso della tenda, distanziata di quasi un metro dallo specchio.
Dall'altra parte della stanza, legato sul lettino, c'era il mio corpo. O meglio, c'era il cadavere del mutaforma che mi aveva attaccato, che per qualche motivo somigliava vagamente ancora a me, nonostante la ferita alla testa e le zampe da aracnide.

Almeno fu questo che sperai quando vidi quel corpo, così simile al mio, con la pancia aperta da delle pinze di metallo e i rossastri organi esposti. Evidentemente il dottore aveva giocato un po' con quel cadavere e quello aveva cambiato forma di nuovo.

Lanciai uno sguardo a Ishtar nella speranza che vedendo quello spettacolo mi avrebbe portata via da lì, ma lei era troppo concentrata sul suo riflesso per poter vedere altro. Impossibilitata di guardare da nessun'altra parte mi concentrai sul volto di Anubi. Dopo aver armeggiato un po' con la mia ferita era riuscito a sistemarla senza farmi troppo male, e adesso si era girato per prendere delle nuove bende.

Appena i suoi occhi tornarono verso di me si accorse che anch'io lo stavo guardando. Non disse nulla e continuò il suo lavoro con le bende, rimettendole strette attorno alla ferita. Andò poi verso la scrivania, e quando tornò indossava guanti puliti.
Non riuscivo a capire cosa di lui mi mettesse in soggezione. C'era qualcosa che non andava nel modo in cui si comportava, qualcosa di freddo. Persino quando aveva chiamato Ishtar "fiorellino" lo aveva fatto come se fosse stata una cosa normale da dire e non un orribile soprannome che gli aveva affibbiato.

«Va bene, qui ho finito.», affermò l'uomo, sedendosi nuovamente al mio fianco. «Adesso posso farti tutte le domande che voglio.»
«Sì, ma non essere inquietante come al solito.», commentò Ishtar, separandosi dal suo riflesso il tempo necessario per lanciare un'occhiataccia al dottore.

«Ishtar», la chiamò lui. «sbaglio o il tuo programma preferito inizia tra pochi minuti.»
«Intendi quello con la vampira che combatte contro i lupi mannari?», rispose lei, improvvisamente molto più agitata.

«Sì, ieri hanno detto alla televisione che cambiavano l'orario. Forse se ti affretti riesci ancora a vederlo.» Non riuscì neanche a concludere la frase perché la ragazza si era già precipitata fuori dalla porta in cerca di un televisore.

Ero rimasta sola con il Dottor Anubi, esattamente quello che Artemide mi aveva consigliato di non fare. Rivolsi l'attenzione nuovamente sull'uomo. Questa volta anche lui ricambiava lo sguardo e il suo non mi piaceva affatto.

«Io dovrei proprio andare», accennai ridacchiando nervosamente. «Cin-... Artemide mi starà aspettando e non credo che sarebbe bello farla attendere più del dovuto.»
Indossai nuovamente la maglietta e mi apprestai ad alzarmi dallo sgabello, ma il braccio del dottore mi bloccò.

«La vuoi una caramella?», chiese gentilmente, facendo scorrere il pollice sul mio avambraccio.
«Non credo sia il momento per i dolci. Inoltre non sono una bambina.», gli feci notare con finto sorriso.

«Sei pallida, non vorrei che avessi un calo di zuccheri e perdessi i sensi. Ti ritroveresti di nuovo bloccata a letto per qualche ora.», spiegò porgendomi una caramella avvolta in una carta color Robin egg blue.

La osservai con diffidenza. Da piccolo ti insegnano a non accettare le caramelle dagli sconosciuti, soprattutto da quelli che non hanno un'aria molto raccomandabile. Il più delle volte quei dolcetti contengono veleno, altre volte invece si tratta di semplice sonnifero.
A quanto pare al mondo esistono mostri che si divertono ad avvelenare bambini o rapirli per rivenderli al miglior offerente.

Questa informazione l'avevo appresa quando la mia ex vicina di casa, in una delle sue normali giornate al parco, aveva ingerito una delle sue caramelle per dimostrare a un bambino che non contenesse veleno. Peccato solo che quel giorno avesse dimenticato di prendere l'antidoto.

«Questo è il mio colorito naturale. Non penso di averne bisogno.», dissi in fine.
«Se non sei una persona da caramelle posso farti portare una bustina di zucchero. O forse ti stai rifiutando perché non ti fidi di me?», insistette lui, scartando con un rapido movimento la caramella. «Posso assicurarti che in quanto dottore ho in mente solo il bene per i miei pazienti.»

Non sapevo se fidarmi o meno, in fondo lui probabilmente era un Neutro.

I Neutri sono persone che non sempre sono dalla parte del Protagonista, anzi, molte volte lo ostacolano cercando di catturare vivo il mostro o creandolo in un laboratorio. Muoiono uccisi da quel mostro che tanto volevano avere perché si dimenticano di prendere le adeguate precauzioni o scordano il fattore umano.

Il dottore tenne la caramella con due dita e la portò davanti alle mie labbra. Il gesto non lasciava molta altra scelta, era un ordine a ingerire quell'alimento.
L'azione mi fece rabbrividire, ma ricordai che se l'uomo avesse voluto farmi davvero qualcosa l'avrebbe già fatto le ore prima.

«La mia coscienza mi sta urlando di non fidarmi di un quasi sconosciuto, ma la mia parte divertente l'ha colpita con un'ascia.», mormorai quasi tra me e me.

«Perché parli così?», domandò confuso e incuriosito Anubi.
«Perché sono il Protagonista e posso fare tutto ciò che voglio.», risposi.

Presi quasi esitando la caramella tra le labbra, evitando di mordere le dita del dottore. «L'importante è che poi devo essere pronta a subirne le conseguenze», conclusi con un amaro sorriso.

La caramella aveva un buon sapore, ma lasciava un terribile retrogusto amaro. Nel tempo avevo sviluppato una specie di immunità ad alcuni veleni. Ripassai mentalmente i sapori di quelli che conoscevo e arrivai alla conclusione che morire per una pianta simile alla cicuta non sarebbe poi stato così male. In fondo con questa sarei potuta morire con un sorriso sulle labbra.

Guardando l'espressione affascinata del dottore compresi che non era sua intenzione avvelenarmi, o almeno non lo era ora. Capii che l'unico modo per uscire da quella situazione era dargli quello che voleva.

«Mi vuoi fare delle domande, giusto?», ricordai. «Sono pronta.»
«D'accordo, prima domanda», disse lui pensieroso. «Come ti piacerebbe morire?»

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro