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22 - Tutta colpa di un bruco.

«Riesci a crederci?» domando ad Alanis, mentre lei mi fissa come se mi fossero spuntate due teste.

«Stai scherzando?» risponde cautamente, iniziando a masticare la sua cannuccia con nervosismo.

«Credi che potrei farti uno scherzo simile?» sbotto contrariata, afferrando una ciambella glassata per poi morderla.
«Sono così arrabbiata che non riesco a smettere di mangiare!» esclamo con la bocca ancora piena.
«Sono una cretina!»

«Manda giù e poi parla.» mi rimprovera Alanis, anche se lo fa con un sorriso per farmi capire che non è poi così irritata dal mio atteggiamento.

Afferro il mio succo d'arancia e lo bevo, mentre Aly sghignazza ancora.

«I problemi non si risolvono affogandoli nell'alcol.» mi dice.

Oggi è in vena di prendermi per il culo o cosa?

«Per favore! Non è il momento di scherzare questo!» urlo, afflosciandomi sul tavolo e suscitando la seguente reazione da parte della mia amica.

«Ho avuto a che fare con Ace per tutto il giorno - sbuffa - quindi è normale che voglia rallegrarmi in qualche modo.» ammette arrossendo.

Va bene, Camille. Respira. La ragazza che ti piace ti sta facendo un sorriso timido ed è così dolce che quasi non riesci a sopportarlo, ma non è così grave. Infondo non importa, giusto? Perché a lei piace evidentemente un altro e a te forse... Ah! Il mio cuore non regge, maledizione!

«Quindi? Com'è successo?» mi domanda maliziosamente.

So che è solo il suo modo di vendicarsi per tutte le cose che le ho detto, ma no avrei mai immaginato che sarebbe stato così duro fare i conti con lei. Insomma, non le dispiace nemmeno un po'?
Sbuffo. Ovvio che no.
Lei non mi ama, le piaccio solo come amica. È normale che non mi consideri in modo romantico, non faccio che parlarle di ragazzi. D'accordo, la maggior parte sono cantanti e/o attori e probabilmente non li incontrerò mai, ma non le ho mai detto "ehi, mi piacciono anche le ragazze."
Non si è mai presentata l'occasione. Solo Matt e Wilbur l'hanno capito. E se per Matt era solo una questione di tempo, visto che Jessica è un ottimo osservatore, Wilbur... Già, Wilbur.

«Non lo so. È solo successo.» borbotto, rimettendomi composta solo per dare un altro morso alla mia ciambella.

Cosa c'è che non va in me? Sono finalmente venuta al Live Love con la ragazza che mi piace da sempre e non faccio che pensare a uno stupido punk.

«Certe cose non succedono e basta!» si impunta.

Perché è così interessata all'argomento? È stato solo un incidente e non riaccadrà mai più.

«Invece sì!» ribatto.
«Non so nemmeno io perché ho fatto una cosa simile, quindi la spiegazione più logica è che non ero in me. È. Solo. Successo.» dico, prendendomi la testa fra le mani, incurante di aver una mano sporca di zucchero.

«Cam...» mi sussurra dolcemente Alanis, prendendomi delicatamente le mani, mentre si sporge sul tavolo, per far sì che la guardi.
Dannazione! C'è qualcosa che non va in me. È vicina - davvero vicina - ma il mio cuore non batte più forte come una volta.
«È da quando ci siamo viste che non fai che parlare di Wilbur.» dice riprendendo la sua posizione iniziale, certa di aver ormai catturato la mia attenzione.
«Inoltre le guance ti stanno andando a fuoco.» mi fa notare.

«Chiama i pompieri allora.» ribatto un po' impacciata.

Non ero preparata a essere toccata così all'improvviso, quindi è ovvio che sia arrossita, dato che Alanis mi piace. Certo! È per questo! Non perché ha fatto il nome di Wilbur. Solo perché lei è Alanis. Giusto!

«Dai, smettila. Sono seria.» ride.

Ha una risata così bella... Ma perché continuo a pensare alla sua di risata? Alanis è di fronte a me, in tutto il suo splendore, e io non riesco a togliermi il sorriso sfrontato di Wilbur dalla testa.
Perché? Perché mi deve succedere questo?

«Quindi?» insiste.
«Com'è successo?»

Sospiro.

«Ieri l'ho incontrato per caso...»

il giorno prima
(già, è ora del flashback!)

Sono annoiata a morte! Central Park è un buon posto per schiarirsi le idee dopo una giornata del genere, passata nell'ozio più totale. Sono abituata a distrarmi e tenermi impegnata ma oggi - visto che la mia agenda si è improvvisamente svuotata - non ho fatto che pensare e pensare.

Per colpa di un certo qualcuno, mi è venuto un mal di testa atroce, ma dopo un pisolino sono tornata in me. Il problema è che la causa della mia infelicità si è ripresentata non appena ho aperto gli occhi. Non appena ho preso il telefono in mano mi sono ritrovata ben centodiciassette messaggi da un certo schiavo. Già. Centodiciassette. Ne vogliamo parlare?

La giornata era già iniziata male quando, stamattina, mi sono svegliata e Sean mi ha avvertito che oggi non ci sarebbero state le prove. La causa? Un party a cui non sono voluta andare - per mia fortuna. Motivo? Ostriche andate a male. Conseguenza? Una cosa molto alla Mr. Bean.
E già così avevo sentito che le tempie iniziavano a pulsarmi, poi Wilbur ha deciso che bombardarmi di emoticon di gattini sarebbe stata una buona idea - e non potevo, né posso, bloccarlo perché mi serve il maledetto numero di telefono di Rick.
Quindi il mal di testa non ha fatto che aumentare d'intensità e alla fine sono crollata sul divano per circa due ore.

Mi sono svegliata alle undici. Ho visto altri messaggi di quell'idiota, li ho cancellati senza nemmeno leggerli e ho preso qualcosa per il mal di testa. Sono andata a vestirmi e... Aspetta! È il momento della parte alla Hope sui vestiti! Giusto, non l'avevo ancora fatto! Allora, aspettate che mi schiarisco la voce.
Ehm ehm.
Dunque, mi sono messa: una felpa azzurra con stampata l'immagine di un delfino, jeans, scarpe da ginnastica bianche e un giubbotto nero invernale.
Cosa? Vi aspettavate vestitini succinti e pantaloncini corti? Fa freddo fuori! E per quanto riguarda il trucco... Salterò la parte sul trucco, perché più che lavarmi la faccia con acqua gelida non ho fatto nulla. Capitemi: avevo intenzione di andare a prendermi un hot dog dal venditore che si ferma sempre al parco, al massimo avrei potuto far colpo su alcune vecchiette. E di truccarmi per me stessa non avevo alcuna voglia, visto che il dolore alle tempie mi stava uccidendo - la medicina non aveva ancora fatto effetto.

Quindi sono uscita di casa e adesso mi trovo qui: su una panchina di Central Park ad ascoltare il mio stomaco brontolare, perché mi sono dimenticata il portafoglio a casa.
Che vita di...

«Se questo non è il destino non so proprio cosa sia.» ride una voce alle mie spalle e io capisco immediatamente che oggi è decisamente la mia giornata no.
Non che sia l'unica giornataccia della mia vita. La mia esistenza è un susseguirsi di giornate no ultimamente.

«Seriamente, devi essere uno stalker.» sbuffo, avvertendo la sua presenza al mio fianco.

Wilbur mi fissa con uno strano luccichio negli occhi, quando mi volto, e quelli che ha in mano sono... hot dog?

«Mi sembravi affamata.» confessa, porgendomene uno.
«Ti ho notata da un po'.» aggiunge poi, arrossendo leggermente.

Questa cosa che arrossisce a caso deve finire! In momenti del genere sembra quasi - quasi - carino e non ho la forza per reggerlo.

«Grazie. Ti do i soldi.» gli dico, afferrando il cibo - anche se non è un granché, visto che stavolta è qualcosa di americano e nelle fanfiction si mangia solo pizza o, in casi estremi, sushi.

Ma sono troppo affamata per rifiutare e Wilbur alla fine non è uno sconosciuto, anche se è parecchio inquietante quando fa certe cose.

«Non serve.» risponde, dando un morso al suo hot dog.
«Dopotutto sei la ragazza che mi piace, farei di tutto per te.» continua con nonchalance e il boccone che avevo in bocca mi va di traverso. Inizio a tossire come una stupida, mentre Wilbur mi batte una mano sulla schiena, mettendomi poi in mano una bottiglietta d'acqua.

«Dovresti bere.» mi consiglia e io lo faccio, perché penso che sia una buona idea.

Fino a quando non mi rendo conto che la bottiglia era già aperta e che ho appena appoggiato le labbra dove le ha messe lui. Solo che ho già finito di tossire quando lo realizzo e Wilbur mi guarda trionfante.

«Cavolo, più che un bacio indiretto, ne vorrei uno vero.» ammette ghignando, prendendo la bottiglia solo per appoggiare le sue labbra dove le ho messe io.

Tira leggermente indietro la testa e inizia a deglutire lentamente, mentre il suo pomo d'Adamo fa su e giù. E io non riesco a distogliere lo sguardo. Finito di bere, rimette il tappo e si lecca le labbra come per catturare le ultime gocce d'acqua rimaste.

Ehi! Cam? Ci sei? Perché lo fissi in quel modo? Perché?

Una parte di me conosce già la risposta. Ieri stavo andando al blockbuster dove lavora Alanis, perché Matt mi aveva detto che non ci sarebbe stato e volevo tenerle compagnia. Risultato? L'ho vista afferrare Ace e baciarlo come se stesse finendo il mondo. Credo che il mio cuoricino abbia fatto crack in quel momento e non ho avuto il coraggio di entrare, né di disturbarli. Li ho visti solo perché la porta era già aperta, non si sono nemmeno accorti di me.
Adesso devo solo accettarlo e Wilbur sembra disponibile, inoltre è pure un bel ragazzo. Però non posso approfittarmi di lui per non pensare a lei, sarei davvero pessima.

Ergo, devo riprendermi e smetterla di fissarlo così solo perché sono un po' frustrata - sia mentalmente che sessualmente, visto che non scopo da un bel po'. Oh, aspettate. Cancellatelo. Una Hope che ammette di essere frustrata non esiste, quindi io non l'ho mai ammesso. Le Hope sono vergini, caste, pure e innocenti. Amén! Se siete italiani, siete pregati di leggerlo con il tono di Follettina, perché ha un non so che di trash detto così, inoltre anche se sono americana posso far riferimento a persone praticamente sconosciute in America perché... Potere del cristallo del trash! Vieni a me!

«Sai, stavo pensando.» dice improvvisamente Wilbur, cogliendomi di sorpresa.

«Tu pensi?» ribatto acidamente, perché al momento sto sentendo caldo e non so nemmeno perché, visto che fino a un attimo fa faceva freddo.

«Ti stupiresti.» ridacchia.
«Comunque, dicevo, stavo pensando che volevo proprio vederti e sei piombata nel mio campo visivo.»

Mi guarda negli occhi mentre parla e sorride, un sorriso incantevole, genuino. Bello, semplicemente bello.
No! No no no no... NO.
Cam, pensa ad altro! Quarantaquattro gatti in fila per sei con il resto di due...

«Sono così fortunato! Deve essere la mia giornata sì oggi.» ride.

E quella risata mi fa sentire strana, mi scombussola un po'. È così maledettamente musicale! La peppina fa il caffè. Fa il caffè con pepe e sale...

«Alanis-» fa improvvisamente il suo nome e io sobbalzo. Continua a cogliermi di sorpresa, non va bene. Il mio cuore batte come un tamburo. «-però è più fortunata di me, perché ti piace.» sbuffa, per poi fissare intensamente un punto del mio volto.
«Aspetta. Non ti muovere.» sussurra, avvicinandosi lentamente al mio viso.

«Eh? Wilbur? Che fai?» balbetto, mentre lui è sempre più vicino.

E in questo momento il mio cervello si spegne. Già, va proprio fuori uso, perché mi spingo in avanti e premo le mie labbra sulle sue, mentre lui spalanca gli occhi, stupito dal mio gesto. So cosa state pensando: credetemi, non lo so nemmeno io che diamine mi sia preso. Però mi allontano subito, quindi non ho fatto proprio una cavolata. Ok, probabilmente l'ho fatta, una Cavolata con la c maiuscola, ma forse sono ancora in tempo per dirgli che è stato solo un incidente.

«Ecco...» mormoro, cercando di distogliere lo sguardo da lui, perché non ho il coraggio di guardarlo dopo quello che ho combinato.

L'hot dog prima mi è caduto dalle mani e giace in mezzo a noi, a mo' di barriera, quindi mi concentro su quello. Certo, è una barriera inutile, perché io sono imbarazzata e Wilbur è senza parole. Come risolvo questa situazione? Accenno a guardarlo con la coda nell'occhio, ma il suo volto mi destabilizza ancora di più, perché la sua faccia è scarlatta.

Perché lui è così a disagio? Voglio dire, l'ho baciato io, ma è stato Wilbur ad avvicinarsi in quel modo! Giusto, è colpa sua! No, è almeno un cinquanta e cinquanta, lo so, però non può incolpare solo me! Ok, calma Camille. L'hai baciato, è vero. È stata una cosa stupida e questo è ovvio. Però è una cosa che avete fatto in due, no? È una responsabilità di entrambi e poi ci siamo appena sfiorati. Nulla di che. Ecco, dovrei dirgli questo. Dirgli che è stato un errore, un incidente di percorso del tutto idiota. Già. Proprio così.

«Sono insieme? No! Ecco, volevo dire: stiamo rincambiato? No! Oddio, ma che sto dicendo?» borbotta Wilbur all'improvviso, visibilmente in panico, distogliendomi dai miei pensieri.
«Cioè, ti piaccio?»

No, certo che no!
Vorrei rispondere, ma le parole mi rimangono incastrate in gola. Faccio un gran respiro e lo guardo, raccogliendo tutto il mio coraggio, mentre lui attende ancora la mia risposta.
Non posso semplicemente dirgli con nonchalance che l'ho fatto solo perché lui è carino e disponibile e il mio cuore un mucchietto di cocci. Lo ferirei e non voglio questo! Dio, sono così stupida! Sono davvero una cretina!

«Io...» provo di nuovo, ma poi vedo quello che Wilbur ha in mano.
«Un bruco?» chiedo, sbarrando gli occhi.

«Ce lo avevi in testa...» mormora.
«Lo volevo tirare via.» continua balbettando.

Oh... Quindi alla fine è... Solo colpa mia?

«Allontana quello schifo da me!» grido, colpendo la sua mano con la mia perché non riesco a sopportare la vista di quell'affare.

Gli insetti solitamente mi piacciono, sono piccoli e non fanno nulla di male, ma il solo pensiero di aver baciato Wilbur per uno stupido bruco mi fa impazzire.

«Ehi! Ferma!» prova ad avvertirmi Wil, ma è troppo tardi.

Non me lo spiego nemmeno io come sia successo. Improvvisamente il mio hot dog è spiaccicato sul mio ginocchio e mi ha rovinato i jeans firmati, ma è una cosa sopportabile. Quello di Wilbur è finito al lato della panchina e un piccione se lo sta mangiando - un'altra cosa che non è così importante. Il bruco è volato su una coppia di signore sedute sulla panchina accanto e adesso stanno urlando come se le loro scarpe stessero andando a fuoco - deve essere stata una giornataccia per quel piccoletto. E io ho una mano posata sul petto di Wilbur, perché mi sono spinta in avanti in preda all'agitazione e sento nel palmo il suo cuore battere come un tamburo. La mano che avevo allungato è finita sulla sua e adesso me la sta stringendo, le nostre dita sono intrecciate. La sua mano sinistra è finita sulla mia schiena in qualche modo, mi sta sostenendo. I nostri volti sono troppo vicini, perché l'ho spinto all'indietro e sono finita su di lui.

«Camille.» mi chiama e sento il mio respiro farsi più pesante.
«Ho una voglia matta di baciarti al momento.» ammette.
«E credo di avere un'erezione, anche se preferirei non far la figura dell'idiota.» aggiunge.
«Quindi è meglio se ti allontani oppure non potrò più rispondere delle mie azioni e non voglio che mi consideri un pervertito.» deglutisce.
«Perché mi piaci davvero, Cam-»

Non lo faccio nemmeno finire. Senza quasi rendermene conto lo bacio per la seconda volta e stavolta mi lascio andare completamente. La sua lingua mi accarezza, gioca con la mia, e la sua mano ha iniziato ad accarezzarmi dolcemente una guancia. Rimaniamo così, nonostante le signore stiano ancora urlando, nonostante abbia ancora l'hot dog incollato ai jeans e nonostante il bruco stia avendo la giornata peggiore della sua vita.
E mi sta bene così.

presente

«Abbiamo finito per limonare su quella maledetta panchina!» sbotta Camille, lamentandosi ancora.

«E poi?» le chiedo.

«Sono scappata appena ci siamo staccati.» confessa.
«Perché ti interessa tanto?» mi domanda poi, rossa in volto.

«Perché-» mi interrompo.

Perché ho fatto la stessa cosa con Ace e non riesco a spiegarmelo, spero di avere una risposta da te.
Se le dicessi una cosa del genere si vendicherebbe, girando il coltello nella piaga, come ho fatto io? Camille non è il tipo di persona che si lega le cose al dito, però è anche vero che io sono stata parecchio insistente un attimo fa.

«Perché?» mi incoraggia lei.

Sto per risponderle, dopotutto sono io che ho tirato in ballo l'argomento, ma sento una mano sulla mia spalla. Sussulto, ma mi volto, pensando di vedere Matt - dopotutto era l'unico a sapere del mio appuntamento con Camille - ma gli occhi penetranti di Ace mi raggelano.

«Devo parlarti.» mi dice.
«Ora.» aggiunge, lanciando un'occhiata a Camille.

La ragazza fa per rispondere, ma qualcuno bussa alla finestra.

«Matt?» chiede Cam sconvolta, per poi alzarsi non appena le fa cenno di raggiungerlo.
«Io vado, ciao.» mi saluta e si precipita a pagare il suo conto.

Sembra quasi che non vedesse l'ora di scappare. Forse l'ho tormentata un po' troppo...

«Di che cosa volevi parlarmi?» chiedo ad Ace, mentre lui prende il posto della mia amica.

«Di noi.» sospira, incrociando le braccia al petto.

So già cosa mi vuole chiedere. È così insistente! Sa già che alla fine la risposta sarà un no. Anche se mi piace - lo ammetto - non sono pronta al matrimonio. È semplicemente troppo! Perché non possiamo andare piano e prenderci il nostro tempo? No, anche così sarebbe inutile.

Quello che provo per Ace è solo una cotta e passerà presto, ne sono consapevole, ma anche lui potrebbe rendermi le cose meno difficili! Se adesso accettassi di sposarlo ce ne pentiremo entrambi. La mia cotta finirà e lui si ritroverà incastrato in un matrimonio senza amore. Anche se questo era ciò che voleva all'inizio, se adesso accadesse una cosa del genere sarebbe una catastrofe, visto che pare che io gli piaccia sul serio. Non voglio ferirlo.

«Non ho alcuna intenzione di sposarti.» rispondo, guardandolo male.
«Possibile che non pensi ad altro? Perché sei così fissato con il matri-»

«Un appuntamento!» mi interrompe, lasciandomi senza parole.

«Come scusa?»

«Un appuntamento.» ripete.
«Ti sto chiedendo un appuntamento. Voglio conoscerti, Ana, sapere cosa mi sono perso da quando abbiamo preso due strade diverse al liceo.» ammette.
«Quindi stasera verresti a cena con me?»

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