Prologo
- Monique -
Sto cercando di scrostare la teglia, quando Andrey fa cadere il telecomando della televisione.
Mi volto verso di lui. «Tesoro, fai attenzione.»
Questa teglia non vuole darmi tregua, anche se l'ho tenuta ammollo per qualche minuto mi vien difficilestrofinarla.
Il tempo fuori è spaventoso, la pioggia batte in modo violento ed è accompagnata da un vento gelido. La figura di unuomo lontano una decina di metri attira la mia attenzione.
È in piedi, fermo immobile di fronte a casa mia. Lo fisso conattenzione e il mio cuore inizia a trepidare quando riconosco il viso di quell'ombra.S'incammina verso l'abitazione. Non so cosa fare. Lo seguo con lo sguardo mentre cammina davanti al vialetto dicasa per poi, entrare nella nostra recinzione.
Corro ad aprire la porta, mi ritrovo davanti il padre di miofiglio, con i vestiti zuppi e i capelli gocciolanti.
«N... Nikolay» balbetto.
«Monique.»I miei occhi si emozionano tanto da bruciare.
«Non mi fai entrare?» Esclama sorridendo.
«Sì, sì certo!» Mi asciugo le guance spostandomi perfarlo entrare.
«Mamma, chi è?» Sbuca il piccolo Andrey, incontrandolo sguardo di suo padre.
«Lui è un amico della mamma» cerco di tagliare corto.
«Torna a giocare, tesoro.»
Nikolay si incanta a guardarlo. «È cresciuto un sacco.»
«Già. Ha quasi sette anni» dico con tono sarcastico.
«E tu...sei bellissima.»
«Grazie» rispondo imbarazzata. «Starai morendo difreddo, vieni, togliti la giacca.» Mi affretto a sfilargliela svelando sotto la camicia che, bagnata, è diventata trasparentee aderisce al suo corpo massiccio e tatuato.
«Quindi ora sei libero?»
«Sì.»
«E quali sono i tuoi programmi?»
«Non lo so.»
«Senti Nik.» Mi faccio coraggio. «Cosa sei venuto a farequi?»
«Volevo salutarti.»
«Mi hai tenuto lontana da te per sei anni!»
«Lo so.» Si avvicina a me prendendomi per le braccia.
«Ti chiedo scusa.» Per la seconda volta lo sento pronunciarequesta parola.
«Non so se le scuse possono bastare, Nik. Hai voluto chemi dimenticassi di te, che sparissi dalla tua vita... e ora tiritrovo qui, in casa mia che...» Vengo interrotta da un suobacio.
Mi lascio trasportare dall'appassionante unione che tantomi mancava.
«Ti chiedo scusa, Monique» ripete a bassa voce.
«Ho capito» dico con un filo di voce. «Non sai quantevolte sarei voluta venire a trovarti» confesso.
«Lo so.»
«Perché me l'hai vietato?»
«Perché era giusto così.» E torna a baciarmi con foga,come se non fosse capace di trattenersi.
Mi stacco da lui e tento di fermarlo. «Nik.»
Posa la fronte contro la mia, chiude gli occhi ed esclamacon tono scocciato: «Cosa?»
«Non è questo il modo giusto per cancellare una distanzaforzata, durata anni.»
Apre gli occhi, penetrandomi l'anima. «Monique. Sonosei cazzo di anni che non tocco una donna» afferma serrandola mascella.
«Se hai bisogno di toccare una donna, allora vattene acercare un'altra! Non sono il tuo giocattolo!» Mi volto perandarmene.
Le sue dita si avvolgono attorno al mio braccio. Mi tira asé.
«Non voglio un'altra donna! Voglio te!» Ringhia a dentistretti, per poi afferrarmi il viso e obbligarmi a baciarlo.
«Nikolay!» Tento di rifiutarlo di nuovo, lottando controla voglia che anche io ho di lui. Ma deve capire. Deve capireche non può trattarmi così ogni volta.
«Monique, cazzo!» Sbraita sbattendomi al muro e imprigionandomi i polsi. «Vuoi essere violentata?» Inveisce.
La sua ira accompagnata dalla sua minaccia mi stannospaventando. Non trovo più il coraggio per rispondergli.
«Hai un altro?» Mi chiede l'istante dopo.
«Cosa?» Riesco a spiccicare perplessa.
«Monique, dimmelo, ti scopi un altro uomo?»
«Nik, non è questo il motivo.»
«Chi cazzo ti scopi? Io lo ammazzo!» Urla mostrandochiaramente la sua gelosia.
«Nessuno Nikolay. Nessuno.» Tento di farlo calmare.
«Non mentirmi!» Continua a ringhiare.
«Te lo giuro.» Mi scende una lacrima di terrore.
«Se scopro che ti stai frequentando con qualcun...»
«Cosa?» Lo interrompo, stufa. «Cosa fai Nikolay?» Singhiozzo. «Lo ammazzi? Mi violenti? Sei stato in galera per tutti questi anni vietandomi di vederti e ora sei qui a minacciarmi. Cosa pretendi? Cosa pretendi da me?»
«Pretendo che tu sia mia, Monique!»
«Tutto ciò che ti circonda, pretendi sia tuo. Ogni personadella famiglia, pretendi ti sia devota e rispettosa. Ma le persone non si obbligano, Nikolay.»
«In prigione avevi detto che mi avresti aspettato, unavolta uscito. Che ci saresti stata» mi ricorda.
«Le persone cambiano idea Nikolay. Sono passati più dicinque anni da quando ho detto quelle parole.»
«Io contavo su quelle parole» dichiara facendomi sentirein difetto. «Non si promettono cose che non si possono mantenere!» Questa volta è lui a prendere le distanze.
«Perché sei tornato?» Cambio argomento.
«Perché seitornato da me? Mi avevi detto di dimenticarti. Io ci ho provato, Nikolay! Ci ho provato con tutta me stessa e, proprioquando stavo riuscendo a farmene una ragione, tu...» Comincio a piangere. «Tu piombi di nuovo nella mia vita. Tornida me e non ne capisco il motivo. Perché? Perché mi faiquesto per la terza volta? La prima, sei partito per la Russiae ho dovuto lottare con me stessa per dimenticarti, rifacendomi una vita con Drew. Poi, hai finto la tua morte e hodovuto superare il lutto, la gravidanza, rifacendomi una vitacon Zakhar. E infine, sei finito in carcere e ho dovuto dinuovo affrontare la tua perdita, ho dovuto convincermi, perla terza volta, che dovevo dimenticarti. Tutto questo fa male.Sono morta dentro ogni volta che te ne sei andato, ogni voltache mi hai detto addio» piagnucolo.
Rimane immobile a guardarmi, senza aprire bocca.
Fissa le mie lacrime, poi allunga una mano e mi spostauna ciocca di capelli dietro l'orecchio, fa scivolare le ditasulla guancia e, sfiorandomi con delicatezza, afferma: «Monique, io vorrei poterti...» Sospira. «Vorrei tanto imparare a fidarmi.» Scuote la testa. «Ma non ci riesco» confessa.
«Perché? Lo sai che ti amo, lo hai sempre saputo» gli ricordo.
«Lo so. Ma è più forte di me. Non ce la faccio.»
«Di cosa hai paura?»
Toglie la mano dal mio viso e posa i palmi sulla paretedietro di me, bloccandomi, non lasciandomi via d'uscita. Èfrustrato. Questa situazione lo sta irritando. Non mi risponde.Mi guarda fisso negli occhi ma non mi risponde.
«Di cosa ha paura un uomo temerario come te? So cheniente ti spaventa a questo mondo, ma perché io sì? Perchéti spaventa così tanto fidarti di me, lasciarti andare con me?Io non sarò così brava a leggere le persone, tanto meno acapire te che sei indecifrabile. Ma Nikolay, da alcuni tuoicomportamenti ho intuito che tu tieni a me più di quantovuoi farmi credere. Neghi di volermi, neghi di aver bisognodi me, ma io non ci credo. Io non credo più a tutto quelloche mi dici. Io credo solo ai tuoi occhi che, per quanto nerie privi di emozioni, spesso ti tradiscono. E mentre tu mi diciche mi odi io, nei tuoi occhi, leggo che mi ami» confidoquello che per anni ho pensato di lui.
La sua espressione diviene allibita. Tace. Pensa. Pensa acosa rispondermi. L'ho preso in pieno oppure sono sulbordo di un precipizio, pronta a cadere se faccio un altropasso falso?
Fa un sospiro e abbassa lo sguardo. All'improvviso miviene in mente una cosa. «Devo ancora esprimere il mio ultimo desiderio» mi azzardo a dire.
Solleva di scatto la testa puntando i suoi occhi neri e spaventati sui miei. Ha paura della domanda che sto per porgli,glielo si legge in faccia. Non è stupido, ha già capito tutto.
«Nik.» Prendo fiato come se fosse l'ultimo respiro concessomi. «Questo è il mio quinto e ultimo desiderio. Devi rispondere sinceramente e dirmi la verità.»
Non ha sbattuto le palpebre nemmeno per un istante.Sembra che stia tremando dentro, come un topo messoall'angolo.
«Nikolay, tu mi ami?»
Solleva appena un angolo della bocca, abbassa la testa e,con voce arresa, domanda: «Vuoi proprio sentirtelo dire,eh?»
Resto in silenzio, senza voce, senza coraggio. Con ilcuore che trema per la paura di sentire la sua risposta.
«Se è questo a renderti tanto felice, bene, oggi ti accontento» continua con questo tono avvilito e umiliato, come senon accettasse l'idea di aver deluso se stesso. Infine con arrendevolezza dichiara: «Sì. Ti amo, Monique.»Spalanco gli occhi nell'istante in cui stacca i palmi dalmuro e si allontana da me, apre la porta di casa alla sua sinistra e, a testa bassa, esclama: «Addio.»
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