Capitolo 1
Aggiornamento:
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- Monique -
Sarò sincera, dopo tutto quello che mi ha fatto passare Nikolay, penso di avergli augurato ogni genere di cosa: che gli venisse una gastrite; che si prendesse la sifilide; che gli andasse di traverso la vodka. Ma di una cosa sono certa, mai e poi mai avrei sperato nella sua morte: era troppo importante per me, era l'unica famiglia che mi era rimasta. Solo ora comprendo, quasi due mesi dopo la sua scomparsa che Zakhar ha agito d'istinto contro un pericolo chiamato Nikolay, un piccolo diavolo che non faceva altro che far soffrire le persone che gli stavano accanto. Chiunque provava una qualsiasi forma di affetto o rispetto nei suoi confronti, inconsciamente annegava nella sua malvagità. Zakhar quel giorno ha protetto la donna che amava. Sì. Non mi ci è voluto molto per capire che non ero solo un piacere fisico, lui come Viktor avevano iniziato a provare un sentimento più grande.
Quella sera Zakhar mi ha trascinata via di forza, ero inginocchiata in un fiume di lacrime a urlare con voce strozzata il nome dell'uomo che amavo, costringendomi a lasciare il corpo privo di vita in una pozza di sangue. Ci siamo rifugiati a casa sua e ora è qui che viviamo. Non ho idea di cosa sia successo al suo cadavere. La stessa sera mi ha lasciata da sola nel suo appartamento per "sbrigare la faccenda" - sue testuali parole.
Ogni volta che tiro fuori l'argomento per saperne di più, mi zittisce. Avrei tanto voluto fare il funerale, come avrei voluto far lo stesso per Viktor, ma ho capito che quando conduci una vita del genere non si possono fare cerimonie. Solo loro sanno dove finiscono i corpi delle persone immischiate in questa feccia.
Zak continua a lavorare nel giro, dice che gli son rimasti dei contatti e questo ci permette di continuare a condurre il tenore di vita di prima.
Non posso negare di non essere ancora scioccata dalla perdita di due persone a me molto care. L'inesistente distanza tra la scomparsa di Viktor e Nikolay mi ha fatto crollare in uno stato depressivo. L'unica persona rimasta tenta di starmi costantemente vicina, riscoprendosi capace di essere anche dolce. Sapevo che un animo buono Zakhar ce lo aveva davvero. Se non ci fosse lui a prendersi cura di me, avrei sicuramente cercato un modo per farla finita perché ciò che poteva darmi la forza di andare avanti dopo tutte le disgrazie che ho vissuto, è scomparso come ogni ogni dannata persona importante della mia vita.
«Non lo so, non ho appetito nemmeno oggi» affermo.
«Piccola devi mangiare qualcosa. Sono due giorni che continui a rimettere, devi recuperare le forze. Sforzati almeno due forchettate» la sua voce paterna mi avvolge.
«Non ci riesco, scus...» e corro in bagno a vomitare.
Zakhar mi raggiunge, socchiude la porta e aspetta fuori che mi senta meglio. Ha sempre rispettato la mia privacy e questo lo apprezzo.
Mi rinfresco la fronte con dell'acqua e mentre asciugo bocca e fronte mi osserva.
«Dobbiamo chiamare un dottore» la sua voce si è fatta dura e preoccupata.
«Sto bene Zak. Mi passerà, stai tranquillo» lo rassicuro mentendo.
Si allontana senza obiettare e poco dopo lo sento uscire di casa. Rimasta in balia di me stessa sprofondo sul divano e accendo la televisione. La casa di Zakhar non è spaziosa come quella di Nikolay. Non ho una stanza tutta mia. Qui dormiamo nello stesso letto, bagno in comune, armadio in comune, praticamente visti dall'esterno potremmo sembrare una coppia. Ma quello che c'è tra me e lui, la storia che c'è dietro, cosa abbiamo passato per arrivare fino a qui, la conosciamo solo noi. E rimasti soli senza più una famiglia, l'unica cosa che possiamo fare è restare vicini.
Fisso lo schermo illuminato riprodurre immagini continue senza nemmeno fare caso a quello che stanno dicendo. La mia testa inizia a vagare e spesso torno a rivivere quel momento: non dimenticherò mai il rumore assordante di quello sparo; lo sguardo privo di emozioni di Nik fisso sugli occhi glaciali di Zak. Potessi tornare indietro non farei molti degli sbagli che ho commesso, forse le cose sarebbero andate in un modo diverso, forse non ci sarebbero stati tutti questi morti.
Una rovente lacrima scivola sulla mia guancia esplodendo quando entra in contatto con la mia coscia. Nikolay mi manca più di ogni altra cosa al mondo. Ho bisogno di sentire la sua voce, che per quanto non mi dicesse mai nulla di carino - non ne era capace - riusciva a farmi sentire al sicuro, a casa. Chi l'avrebbe mai detto che per colpa di un ritardo all'uscita da scuola, per non perdere la metro avrei scontrato proprio lui, l'uomo che è riuscito a rubare il mio cuore senza nemmeno volerlo, che è riuscito a calpestare la mia autostima ed è stato capace di rendermi dipendente da lui pur volendo esattamente il contrario. E ora, che ormai è troppo tardi, capisco che Nikolay ci ha provato fin dal primo giorno che abbiamo scambiato le nostre prime parole: "Sei troppo piccola"; comprendendo a pieno adesso quanto fosse falsa quella frase. Era solo una scusa la mia età, era tutto quello che girava attorno a lui che non andava bene. Già sapeva che se avessi iniziato a stargli vicino, io sarei diventata marcia assieme a tutto quello che lo circondava.
Aver frequentato per così tanto tempo gentaglia come loro, non ha fatto altro che mettermi continuamente nei guai. Tutte le esperienze fatte sono gran parte grazie a loro, ma ciò non significa siano state tutte belle, anzi. Non mi sarei mai aspettata in vita mia di diventare complice di un sequestro di persona, di fare uso di droghe, di maneggiare armi, di avere una specie di relazione - se si può definire così - con tre uomini contemporaneamente, ma soprattutto non mi sarei mai e poi mai immaginata di diventare vittima in una guerra tra due trafficanti rivali ed essere rapita e imprigionata in uno scantinato.
Il dolore che provo costantemente è indescrivibile, è diventato parte di me, non sono più me stessa da un paio di anni ormai, la frequentazione con Nikolay mi ha cambiata, quasi da non riconoscermi più. L'unica cosa che posso sperare adesso è di rifarmi una vita, con Zakhar al mio fianco: un buon amico e tutto ciò di cui ho bisogno. Per colpa loro ho iniziato a perderli quasi tutti per poter tenere il loro segreto. Nessuno della gente con cui ancora mi frequentavo fino a pochi mesi fa, sa cosa mi sia capitato. Vedermi in questo stato fa male a me, non oso immaginare a loro: sono dimagrita e sciupata; il colorito della mia pelle e tendente al giallo-verde. Sono letteralmente spenta.
Mi accorgo di essere svenuta quando mi ritrovo in un letto di ospedale con una flebo attaccata al braccio. Giro la testa e ad aspettare il mio risveglio c'è Zakhar.
«Santo cielo Monique! Mi hai fatto prendere un colpo» la sua voce è tremante.
«Cosa è successo?» gli occhi mi si inumidiscono.
«Non lo so. Sono tornato a casa e ti ho trovata sdraiata sul pavimento. Eri svenuta e non so dirti da quanto tempo. Temevo il peggio.»
«Cosa dicono i dottori? Secondo me è solo questione di debolezza» cerco di convincerlo.
«Tra poco avranno l'esito delle analisi» mi prende la mano stringendola forte.
Mezz'ora dopo entra il dottore nella stanza.
«Buongiorno. Lei è suo marito?» domanda a Zakhar.
La sua risposta non tarda ad arrivare «Sì. Mi dica pure.»
Poso lo sguardo su Zak, il suo è fisso sulle cartelle che tiene in mano l'esperto. É preoccupato, forse più di quanto lo sia io.
«Posso parlarle in privato?» chiede all'uomo che mi stringe la mano.
Lo guardo allontanarsi senza avere la forza di chiedergli di parlare davanti a me. Credo di non voler realmente sentire quello che ha da dire su di me. So di avere dei problemi. Me ne rendo conto, c'è qualcosa che non va in me. Nikolay mi ha completamente frantumato l'anima.
Ma la porta non viene chiusa del tutto, o meglio, Zakhar la lascia volontariamente accostata così da poter sentire quanto ha da dire.
«Signore, sua moglie è gravemente malnutrita. Ha bisogno di assoluto riposo e di riprendere le energie necessarie per affrontare la gravidanza.»
Zakhar lo interrompe «Co...cosa? Quale gravidanza?»
Quella parola crea un vuoto ancora più grande dentro di me. Non è possibile.
«Sì, credevo lo sapeste. É al terzo mese. Ma se continua in queste condizioni, non ci saranno possibilità per il feto di sopravvivere. Dobbiamo tenerla in osservazione. Ha delle carenze vitaminiche, il ferro è al minimo e questo comporta il rischio di un aborto spontaneo» il dottore continua con la sua spiegazione che non voglio sentire.
Sto piangendo quando il russo rientra scioccato, anche se non vuole darlo a vedere.
Non apre bocca, non sa cosa dire. Forse sta facendo mente locale del fatto che io e lui non abbiamo mai avuto un rapporto che non sia stato protetto. Quindi, questo bambino non può essere suo. E io so che non è nemmeno di Viktor. Nikolay era l'unico che non voleva usare il preservativo, non gli piaceva e poi era sicuro, quanto me, del fatto che prendessi la pillola.
«Hai sentito tutto?» mi chiede.
Faccio cenno di sì con la testa.
«Monique. Cosa hai intenzione di fare?»
«Cosa intendi dire?»
«Lo vuoi tenere?» domanda sfrontato.
«Credo di sì» rispondo insicura.
«Ma sai cosa significa avere un figlio? Ha bisogno di una famiglia, di un padre e di una madre. Ma soprattutto di un insegnamento» la sua voce è dura.
Ho capito cosa sta cercando di dirmi: che non è capace a fare il padre. Dopotutto non lo biasimo, nemmeno io credo di essere capace a fare la madre ed entrambi abbiamo avuto una vita alquanto inadeguata per essere considerati dei futuri buoni genitori.
«Zak, se non vuoi crescerlo con me, ti capisco. Ma credo di volerlo tenere. Credo che possa cambiare la mia vita solo in meglio. È quello di cui ho bisogno» gli confesso, pensando invece che è l'unica cosa che mi rimane di Nikolay. Suo figlio.
«Non dire cazzate Monique! Non ti lascio da sola. Se vuoi tenerlo, ti aiuterò a crescerlo. Siamo una famiglia non ricordi?»
Le sue parole mi fanno lacrimare. È vero da quando ho iniziato a vivere con loro sono entrata a far parte della loro famiglia. E anche se gli altri non ci sono più, continuiamo e continueremo a esserlo, nel bene o nel male.
Capisco che possa essere dura per lui crescere un figlio che non è suo, avere da badare a una donna incinta e tutto ciò che una gravidanza comporta, ma questo gli fa onore, perché da uomo che ha sempre dimostrato di essere, non si tira indietro.
«Il dottore ha detto che devi restare in osservazione per almeno una settimana. Non appena riprendi le forze, ti dimetteranno.»
Il silenzio invade la stanza. Avremmo molto di cui parlare se fossimo una vera coppia che si ama, se avessimo programmato di avere un figlio e se fossimo felici della notizia. Ma non è così.
La nostra è una situazione diversa, noi siamo diversi dagli altri e questo è per colpa del rapporto che c'era tra tutti noi in quella casa.
«Come ti senti?» chiede.
«Strana.»
«Vuoi che ti lascio un po' da sola?» chiede comprensivo e acconsento.
Rimasta sola, poso la mano scheletrica sulla pancia piatta incredula che qui dentro ci possa essere un bambino. Nikolay se ne è andato lasciandomi uno dei regali più grandi che un essere umano possa mai donare e anche se non era cercato il destino ha voluto che quell'uomo non mi lasciasse sola e che una parte di lui la portassi per sempre nel mio cuore.
Chissà come la prenderebbe questa notizia se fosse ancora qui con noi. Forse sarebbe cambiato nei miei confronti, avrebbe deciso di fare il padre cominciando ad amarmi e comportandosi come se fossimo una coppia. O forse mi sto sbagliando, come ho sempre fatto.
Questi pensieri e questa notizia hanno invaso la mia mente, non riuscendo a scacciare via il pensiero di Nikolay. Sono sicura che la sua morte non riuscirò mai ad affrontarla. È stato quasi più facile convincermi della perdita dei miei genitori, piuttosto che della scomparsa dell'uomo che amavo è che non ho mai potuto avere come lo volevo io. Solo mio.
É arrivato il giorno del rilascio. I dottori affermano che i miei valori si sono stabilizzati e che adesso ho le forze per affrontare la gravidanza serenamente. Dopo alcuni consigli e avvertimenti per come proseguire in modo sicuro la crescita del feto, esco dall'ospedale.
Zakhar mi sta aspettando appoggiato alla sua auto. Appena mi avvicino getta via la sigaretta e soffia il fumo dall'altra parte.
«Vicino al bambino non si fuma» afferma premuroso.
Sorrido, contenta di averlo al mio fianco durante questo lungo viaggio.
«Ce la faremo Monique. Non temere» mi rassicura vedendomi persa con lo sguardo fuori dal finestrino.
Rimango pensierosa con il volto girato verso l'esterno. Mi prende la mano e la stringe forte.
«Zak.»
«Dimmi.»
«Non voglio che adesso inizi a comportarti diversamente. Non voglio essere un peso. Fai come se non fossi incinta, ti prego.»
«Ma cosa stai dicendo Monique. Smettila. Mi comporterò come sempre, puoi starne certa, ma non devi assolutamente pensare di essere un peso. Hai fatto una scelta e ti sostengo, è così che funziona.»
«Ti ringrazio» concludo.
Arrivati a casa, corro a farmi una doccia rilassante. Nel frattempo Zakhar prepara la cena.
Riesco a dare due forchettate ma lo stomaco mi si chiude all'improvviso. Esattamente nell'istante in cui il pensiero di Nikolay mi sfiora la testa.
«Devi mangiare Monique. Non voglio scuse» mi rimprovera.
«Non riesco, ho la nausea.»
«Non mi interessa, questa volta non ti lascio stare. Mi dispiace ma il bambino è più importante della tua nausea. Hai già rischiato di perderlo» mi ricorda, facendomi sentire in colpa.
Ha ragione e faccio tutto lo sforzo possibile per finire la carne che ho nel piatto. Ho bisogno di energie.
«Ti hanno detto quando sarà possibile sapere il sesso del bambino?» chiede curioso.
«Tra un mesetto. Cosa vorresti che sia?» chiedo con una scintilla di felicità che parte dal cuore.
«Beh, maschio. Un bel maschione russo come noi no?» scherza, riuscendomi a strappare un sorriso.
«Sì certo, così non mi farà mai quietare.»
Si alza per sparecchiare e mi precipito a dargli una mano.
Mentre poso i piatti nel lavello, le sue grandi mani mi bloccano i polsi «Lascia stare che faccio io.»
Furiosa perché sta facendo esattamente l'opposto di quello che gli avevo chiesto, sbraito ancora intrappolata nella sua presa «Ti avevo detto di non trattarmi diversamente. Non vuol dire che sono incapace di sollevare due piatti se sono incinta!»
Il suo sguardo è bollente, mi sta bruciando «Non stavo intendendo questo. Finisco io di sparecchiare, te vatti a mettere comoda sul letto, che arrivo» avvicina sempre di più il suo corpo al mio mentre finisce di sussurrarmi la frase nell'orecchio.
È riuscito nel suo intento e l'eccitazione è salita. Mi dirigo in camera da letto. Ma prima di sdraiarmi mi guardo allo specchio, alzo la maglietta e fisso la mia pancia di profilo.
Non si vede ancora nulla e mi riesce difficile pensare di essere incinta.
Zak è stato più veloce di quanto pensassi e mi coglie di sorpresa mentre accarezzo il ventre piatto.
«Hey dolcezza» mi solleva di peso e mi sdraia sul letto.
«Hey» mi sciolgo nei suoi occhi freddi.
«Spogliati e fammi divertire un po'»mi incita.
A letto con lui non mi annoio mai, anche se alcune volte mi fa pensare a Nikolay: i modi di fare; la forza; la continua visione dei suoi tatuaggi. I rapporti con Zakhar tengono ancora saldo in me, il ricordo di Nikolay. Ma con lui sicuramente una cosa non sto più rivivendo: quella netta distanza sentimentale che perfino a letto c'era tra me e Nik, o meglio quella distanza che solo lui teneva, perché io gli davo tutta me stessa, gli ero completamente devota.
«Baciami» desiderosa di sentire le sue morbide labbra.
Non ricevo alcuna risposta continuando a tenermi a dieta ferrea dei suoi focosi baci, capaci ogni volta di scatenare in me un'immensa voglia di unirmi a lui.
«Zak ti prego» ansimo.
«Fai la brava» riesce solo a dire mentre continua con le energiche spinte.
Stanca di dover sempre chiedere e aspettare invano che lui si decida a baciarmi, dopo svariati tentativi andati spesso al fallimento, mi stacco da lui e tento di scendere dal letto.
«Che cazzo fai?» afferrandomi per un avambraccio.
«Lasciami Zak! Mi sono rotta di dover pregare per essere baciata.»
«Perché vuoi così tanto che ti baci?» chiede sciocco.
Non rispondo, sono troppo imbarazzata per dirgli che amo il modo in cui bacia, anche se credo lo sappia di essere davvero abile, sennò per quale motivo me ne priva in continuazione.
«E tu per quale motivo non mi baci?»
«Perché non credo sia una cosa così importante» si espone la parte fredda del suo carattere.
«Ma scherzi? Sta alla base di tutto!» cerco di spiegargli.
Mi strattona verso di lui, prendendomi il viso tra le mani avvicina la sua bocca alla mia e la testa inizia a liberarsi da ogni minimo pensiero. I miei nervi si rilassano come se avessi appena preso una dose dopo un lungo periodo di astinenza. Il mio corpo si riappropria del suo, portando a termine il fantastico atto d'amore.
Mi addormento tra le sue braccia, stanca della pesante giornata che ho affrontato.
«Dove vai?» domando assonnata sentendolo alzarsi dal letto e cominciare a vestirsi.
«Esco» riesce solo a dirmi.
Guardo l'ora, le due del mattino. Vorrei chiedergli cosa va a fare e dove. Non perché sono gelosa: credo. Però starei più tranquilla a sapere in quale posto si trovi e con chi. Invece so che non devo fare domande, non riceverei mai una risposta, perché una cosa ho capito vivendo con i russi, devo farmi i fatti miei.
Spazio autrice:
In molti aspettavate la pubblicazione di VODKA 2 e sono felicissima di sapere che questa storia stia piacendo a qualcuno. Vi ringrazio del supporto, siete la mia forza.
- Vorrei chiedervi solo una piccola gentilezza che per me è vitale: se vi è piaciuto cliccate sulla stellina e perché no, anche un piccolo commento.
Sono curiosa di sapere cosa ne pensate.
Grazie di cuore
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