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FukaFlower

Non è una storia ship
Fukase era appena arrivato al palazzo della crypton, dopo essere stato preso dalla strada da Len Kagamine, era ancora molto chiuso e non parlava con nessuno, stava tutto il giorno in camera sua, ma tutti si chiedevano una cosa: perché non si spogliasse mai anche se facevano 50 gradi e perché non rispondesse mai quando si trattava delle cicatrici. Flower era interessata a questo argomento, infatti si stava preoccupando.
Un giorno di luglio, fu la giornata più calda dell'anno, c'erano 37 gradi all'ombra e nel palazzo della crypton non si respirava. Erano tutti a maniche corte e pantaloncini, tutti tranne (ovviamente) Fukase. Lui aveva ancora addosso una maglietta a manica lunga e il pantalone lungo. Flower stavolta si incuriosì sul serio, entrò in camera sua e disse "ciao Fukase". Fukase la guardo storto, ma rispose al saluto. Flower gli chiese in seguito cosa stesse facendo, e con vari giri di parole riuscì ad arrivare al fatto che facesse caldo e che Fukase avesse ancora addosso i vestiti lunghi. Fukase fu preso da un colpo, "non sono affari tuoi" disse, ma Flower insistette. "Andiamo, vuoi diventare un uovo fritto?" E via dicendo Fukase si arrabbiò parecchio "CHE COSA NE SAI TU? LASCIAMI IN PACE! SE NON VOGLIO TOGLIERE LA MAGLIETTA NON LA VOGLIO TOGLIERE, PUNTO!" Flower tentò di calmarlo, ma ormai aveva mandato in crisi Fukase, completamente, urlava e sbatteva le mani sul letto, ma alla fine Flower riuscì a prendere il controllo della situazione. "Fukase" disse Flower "Adesso seriamente, togliti questa diavolo di maglietta e fammi vedere cosa c'è sotto." Fukase stava piangendo "no, non voglio, mi vergogno" diceva, e ripeteva sempre questo come un disco rotto. Ci fu un attimo di silenzio. "Sono....sono cicatrici?" Chiese Flower, domanda del tutto azzardata, perché Fukase si mise a piangere ancora come un matto. "SI, SONO CICATRICI OK? MA TU COSA NE SAI? NON HAI PASSATO QUELLO CHE HO PASSATO IO" le gridò contro. "Ah no?" Chiese Flower, e detto ciò si tirò su la maglietta, si poté intravedere un grosso livido alla bocca dello stomaco. "È stato mio padre" disse Flower. Fukase rimase stupito: "quindi tu mi puoi capire?" Chiese, Flower annuì. Rimasero 10 minuti abbondanti a parlare, in verità parlò solo Fukase, in lacrime, raccontava la sua storia e come si fosse procurato tutte quelle cicatrici. Il tutto si concluse con un abbraccio dei due, Fukase che continuava a piangere e Flower che gli accarezzava la testa cercando di consolarlo. Fu così che divennero migliori amici, e in seguito Fukase fu mandato dallo stesso psicologo di Flower per gestire il trauma.

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