Vizio e Virtù
Erano passati quasi 15 anni dall'ultima volta che l'aveva vista e quel giorno giurò a sé stesso che entro quarantott'ore sarebbe stata sua.
Daniel Russo aveva conosciuto Riccardo Padalino il primo giorno di liceo, quando, entrando in classe, quasi istintivamente, si erano seduti l'uno accanto all'altro. Da quel momento, erano diventati grandi amici e spesso Riccardo invitava Daniel, dopo scuola, a studiare a casa sua. Il ragazzo, quindi, militava casa Paladino praticamente ogni giorno e con Riccardo erano considerati dagli altri compagni alla stregua di due gemelli siamesi.
A quel tempo, Alice Paladino era poco più di una bambina essendo due anni più piccola del fratello, anche se, a differenza delle sue coetanee e di Riccardo, aveva già le idee ben chiare su cosa avrebbe voluto fare da grande: sognava, infatti, di diventare un ingegnere per poter costruire un ospedale pediatrico in Africa.
Riccardo nel suo eterno sfottò verso la sorella, si divertiva ad attribuirle appellativi di ogni genere come ad esempio suor Alice, per i suoi propositi tanto virtuosi o Medusa per via della sua chioma riccioluta. Anche Daniel non mancava di prenderla in giro a quel modo.
Ma Alice era forte e determinata e non sembrava risentire di quelle burle, tuttavia non furono proprio semplici per lei i primi anni del liceo, proprio a causa delle dicerie che avevano diffuso sul suo conto i due amici.
Molta fu la sorpresa per Riccardo e Daniel quando appresero l'intenzione di Alice di iscriversi al loro stesso liceo.
«Stai scherzando spero?» disse Riccardo sconcertato per quella notizia.
«Oh, niente affatto, fratellino. In realtà, non è che abbia molta scelta se voglio diventare ingegnere. Insomma, a Borgo Piccolo esiste un unico liceo e quindi...» rispose Alice serafica, alzando le spalle.
«Accidenti, hai ragione Medy», ribatté Riccardo pensieroso.
«Spero che tu e il tuo amico, idiota quasi quanto te, la smettiate di chiamarmi in questo modo, visto che dobbiamo frequentare la stessa scuola», chiarì, cercando di mantenere la calma.
Riccardo fece finta di pensarci su e poi, con un sorriso mifistofelico, rispose: «Credo proprio di no, anzi...»
«Anzi cosa?» ribatté Alice, improvvisamente livida in volto.
«Niente, vedrai», la pungolò Riccardo.
Alice era ancora ignara della sorte a lei riservata da quei due beceri personaggi di suo fratello e dell'amico.
Nonostante gli scherni, a volte particolarmente fastidiosi, in cui Riccardo e Daniel arrivavano persino a coinvolgere altri studenti, Alice non mancò di mostrare la propria intelligenza, collezionando un curriculum scolastico migliore di quello del fratello maggiore.
Tuttavia, Daniel comprese ben presto che la ragazza aveva iniziato a maturare un certo interesse verso di lui e questo non faceva altro che solleticare il suo ego smisurato, assicurandogli un divertimento maggiore, diventando per lui una vera e propria ossessione.
La sera del ballo di fine anno, e di fine liceo per Riccardo e Daniel, Alice aveva deciso di non partecipare, perché troppo arrabbiata con il mondo intero e con la vita che le aveva "affibbiato" un fratello il quale sembrava avere, come unico scopo quello di farle terra bruciata attorno. Pur amando Riccardo, non vedeva l'ora che partisse per l'università, in modo da poter riprendere in mano le redini della propria vita.
Sperava, infatti, che senza la presenza ingombrante del fratello sarebbe riuscita a riscattarsi e iniziare ad avere anche una vita sociale normale.
Alla partenza dei due amici, nonostante tutto, Alice si sentì abbandonata e decise di relegare nell'angolo più remoto del proprio cuore anche la propria attrazione verso Daniel, pensando che lui avrebbe potuto solo disprezzarla.
Quell'estate, però, il suo ritorno a Borgo Piccolo di Alice, a qualche mese dal proprio matrimonio, coincise con il ritorno del suo passato, deciso a chiudere la partita con lei.
Quando Daniel vide Alice uscire dalla sartoria appartenente alla madre, ebbe un sussulto come se avesse appena visto un fantasma - nel suo caso però Alice continuava a rappresentare la versione adulta della sua "vittima" preferita. Adesso che era adulta, fra l'altro, pensò che avrebbe potuto divertirsi in modo diverso con lei e presto quel pensiero lo solleticò galvanizzandolo. La vide dapprima salutare con un bacio sulla guancia Giulia Paladino e poi allontanarsi dal negozio prendendo la via del Corso. Per un istante, si sentì avvinto dalla figura di quella giovane donna, dalla bellezza semplice quanto suggestiva, e da quella chioma - oggetto per anni degli scherni a lei rivolti - che ondeggiava sensuale come un manto sulla schiena flessuosa.
Gli occhi di Daniel non si staccarono da quella figura finché non vide Alice scomparire dietro un angolo.
Impavido, animato da meschini e lascivi propositi, si riprese quasi subito, spazzando via qualsiasi traccia di umana benevolenza e intraprendendo quella cupida missione che prendeva consistenza, attimo dopo attimo, nella sua mente, come un demonio che si insinua nell'animo più fragile e condiscendente.
Eccola, i passi svelti l'avevano portata a inchiodarsi, rapita, come una bimba, davanti alla vetrina della più nota pasticceria del paese. Si fermò anche Daniel, nascosto a pochi passi da lei, in mezzo ad alcune macchine parcheggiate lungo il marciapiede. Mentre la osservava incantato, pregustava le infinite possibilità che quel fortunoso incontro avrebbe potuto procurargli, assieme al piacere di trascorrere un soggiorno meno noioso.
Alice si era chinata in avanti per ammirare meglio i dolci e altre leccornie, tenendo i capelli su una spalla, e stretti in una mano, mentre stringeva tra i denti la stanghetta degli occhiali da sole che le penzolavano dalle labbra carnose. Il vestitino a fiori, che appena le sfiorava il ginocchio era scivolato delicatamente in avanti, lasciando le forme posteriori del suo corpo ben in vista, sotto lo strato di stoffa leggera. Daniel studiava la sua preda dal proprio nascondiglio, come un leone che attende famelico il momento giusto per attaccare, finché non si decise a venire allo scoperto, sorprendendo la giovane alle spalle.
«Buongiorno Medusa» esordì compiacendosi quando si accorse di aver sortito in lei, con quell'appellattivo, stupore e rabbia.
Alice si voltò di scatto facendo scivolare gli occhiali dalle labbra che le caddero a terra.
«Ma che?» disse sorpresa.
Quando vide Daniel, che nel frattempo si era sfilato anche lui gli occhiali da sole per farsi riconoscere, trasalì in modo evidente fecendo un passo indietro come se avesse davanti un mostro spaventoso. Le pupille le divennero enormi ricoprendo quasi l'intero iride, verde come il mare in un giorno di tramontana. Daniel si lasciò sfuggire un ghigno compiaciuto, poi, nel vedere Alice piegarsi sulle ginocchia per raccogliere gli occhiali da sole, si chinò anche lui, ma più velocemente, afferrando una delle stanghette e sfiorando la mano di Alice, che contrariata si mise a fissarlo torva.
«Cosa vuoi?» ringhiò la ragazza.
«Non amo scoprire le mie carte subito, ma credo di poter fare un'eccezione per una cara amica come te», rispose lascivo accarezzando con un pollice il dorso della mano di Alice, che ora stringeva nella sua.
La ragazza ritrasse la mano e si sollevò di scatto inforcando gli occhiali.
«È meglio che mi lasci stare e che continui per la tua strada. Io dimenticherò di averti rivisto», disse con tono incerto, come a voler celare la propria vulnerabilità.
Alice fece per voltarsi e andare via, ma Daniel, irritato e eccitato, le afferrò prima un braccio per bloccarla, poi la trascinò al proprio petto, facendole fare una mezza piroetta, e, infine, con la mano libera, la prese per la mandibola avvicinando il viso di lei pericolosamente al proprio.
«Allora perché ti trema la voce, Medy? Hai paura di me, forse? Magari, sei solo piacevolmente sorpresa, quanto lo sono io, per questo insperato incontro, ma sei troppo orgogliosa per dirlo», alluse Daniel sussurrandole sulle labbra e facendo rimbalzare il proprio sguardo su ogni particolare del viso di Alice.
«Speravo fossi cambiato, Daniel Russo, ma temo che tu sia rimasto lo stesso idiota di quindici anni fa: egocentrico, malvagio e immorale. Insomma, sei rimasto lo stesso stronzo! Lasciami andare», gli intimò Alice cercando di liberarsi dalla presa di Daniel che, nel frattempo, le aveva tirato e bloccato il braccio dietro la schiena, continuando a stringerle il viso.
«Hai ragione, sono rimasto lo stesso stronzo di sempre e deve essere questo aspetto del mio carattere che ti eccita ancora, a quanto pare. Sei sicura di voler piuttosto scappare dalle emozioni che stai provando e che cozzano contro la tua virtù? Ah, mi hai fatto una domanda alla quale non mi hai ancora dato modo di rispondere».
«Lasciami, Daniel! Non ti ho fatto alcuna domanda», ringhiò più forte Alice dimenandosi e tentando di staccare almeno la mano di Daniel dalla propria faccia.
«Hai la memoria corta, Medy!» incalzò avvertendo aumentare la propria eccitazione.
Daniel provava un sadico piacere nel vedere quella ragazza tentare di liberarsi di lui mentre sentiva di possederla già, quasi fosse stata un pesce che continuava a divincolarsi nella rete pur essendo consapevole di essere già morto.
«Cosa vuoi? Cosa vuoi ancora da me, dopo tutti questi anni? Che ti ho fatto?» lo implorò.
«Voglio te!» rispose Daniel con un ghigno mefistofelico, a un soffio dalle labbra di lei, dalle quali sentì fuoriuscire un ritmico quanto spasmodico alito che gli arrivò dritto al cavallo dei pantaloni.
Vide Alice irrigidirsi e sgranare gli occhi davanti a quella rivelazione, palesata senza troppi giri di parole, tanto che quel seno schiacciato con violenza al proprio petto, smise per un istante di muoversi. Gli parve addirittura che la ragazza annaspasse nella ricerca di quel bacio sublimato attraverso gli sguardi e la vicinanza delle proprie labbra. Questo fece sentire Daniel così soddisfatto da quel primo approccio che non volle eccedere oltre e le mollò il braccio.
Mentre Alice si massaggiava ancora il polso, paonazza in volto, sopraggiunse, dall'altro lato della strada, un ragazzone palestrato alto due metri con una maglietta aderente e un paio di bermuda che puntava dritto verso di loro.
«Ally! Ma dove eri finita? Ti ho cercata per tutto il paese», sbraitò il ragazzo avvicinandosi ad Alice, ancora scioccata dall'incontro con Daniel.
Quando quest'ultimo vide il ragazzo afferrare Alice per i fianchi e attirarla al proprio petto ed ebbe un sussulto.
«A- Alex!» balbettò la ragazza che non riusciva a staccare gli occhi da Daniel quasi fosse imbarazzata dalla presenza del proprio fidanzato.
«Tesoro, ma che hai?» chiese lui preoccupato per lo stato in cui aveva trovato la sua fidanzata.
«Oh, niente, stai tranquillo. A-andiamo via da qui!» balbettò Alice stringendosi poi al petto del ragazzo.
«Sei già passata dal negozio di tua madre per scegliere l'abito da sposa?» chiese Alex come se avesse intuito la minaccia proveniente da Daniel, pur non conoscendolo, e volesse marcare il proprio territorio.
Sul volto di Daniel comparve un ennesimo ghigno che mal celava la temporanea delusione, subito accantonata a favore di una fantasia più allettante delle precedenti: trascinare Alice in una torbida relazione in cui le avrebbe fatto perdere la sua virtù.
Ma quell'ambiziosa missione iconoclastica presupponeva da parte di Daniel un'attenta ponderazione delle proprie mosse, facendo leva su quel sentimento che la ragazza aveva saputo assopire per tutti quegli anni, ma che, uno come lui, avrebbe facilmente trovato il modo di "riesumare".
Mentre stringeva Alice, Alex rivolse uno sguardo minaccioso a Daniel che invece sembrava divertito da tutta quella situazione.
«Chi è lei?» chiese.
«Io? Un vecchio amico di famiglia. Bene, è il caso che torni ai miei affari...» rispose parco, ma prima di congedarsi dai due, Daniel si voltò nuovamente verso di loro e con un sorriso sornione aggiunse: «È stato un piacere rivederti Medy, a presto… anzi, prestissimo».
«Ma anche no, Daniel Russo!» gli urlò contro Alice mentre l'uomo si allontanava.
Daniel si mise immediatamente all'opera e tirò fuori il cellulare dalla tasca dei jeans; fece scorrere sul display i numeri della rubrica finché non trovò quello di Riccardo e avviò la chiamata. Dall'altra parte, il telefono squillò diverse volte finché non si attivò la segreteria telefonica.
«Bene! Se Maometto non va alla montagna, sarà la montagna ad andarci», disse esprimendo il suo pensiero ad alta voce e affrettando il passo.
Dopo la laurea in giurisprudenza, conseguita a Bologna, Riccardo era tornato a Borgo Piccolo per prendere in mano le redini lo studio del padre, morto prematuramente. Ovviamente, Daniel conosceva perfettamente lo studio Paladino e si incamminò per raggiungerlo.
Il sole caldo di fine giugno rendeva l'asfalto rovente e ripararsi fra i palazzotti era l'unica speranza per trovare un po' di refrigerio. Daniel camminò per i vicoli del borgo fino a via Dei Frati dove c'era lo Studio Legale Paladino e Ruberti. L'uomo avvertì un brivido percorrergli tutto il corpo mentre la mente già vagava tra i pensieri più depravati dedicati alla dolce Alice.
Premette senza esitazione il bottone del citofono recante l'etichetta intestata allo studio e attese; qualche istante dopo rispose gracchiando la voce di una donna.
«Sono l'Avvocato Russo, avrei bisogno di parlare con l'Avvocato Paladino, è in studio?» disse con tono formale tentando di nascondere la propria eccitazione.
«Sì, secondo piano», rispose la donna prima di aprire il portone per permettergli di salire in studio. Questo significava che il suo piano si stava svolgendo come stabilito.
Salì le scale tutte d'un fiato fino al secondo piano per cercare di stemperare l'eccitazione che tutta quella situazione gli procurava.
Mentre stava per suonare il campanello vicino alla porta d'ingresso dello studio in legno di ciliegio, vide questa aprirsi e una folta chioma di boccoli castani ondeggiargli davanti al naso.
«Ok, Irma, di' a mio fratello che ci vediamo più tardi!» disse Alice prima di scontrarsi con il corpo di Daniel.
«Mi s… ancora tu?» mugolò indispettita.
Gli occhi della ragazza cercavano di sfuggire lo sguardo tagliente di Daniel, che invece indugiava lascivo sul suo viso. Avvampò evidentemente, nonostante ostentasse un'acida avversità verso l'uomo.
«Già, sembra sia destino!» alluse lui.
«Spero che il destino divida nuovamente le nostre strade quanto prima», asserì caustica Alice, cercando di svincolarsi dalla presenza ingombrante di Daniel che le si era parato davanti ostruendole il passaggio.
«Speriamo, non troppo presto! Come sta il fidanzato?» ammiccò.
Alice gli schiacciò con vigore un piede e si fece finalmente largo.
«Benissimo e anche io, prima che arrivassi tu. Ti conviene tornartene da dove sei venuto o la prossima volta potrei mirare a qualcosa di estremamente più doloroso», gli intimò a denti stretti avvicinandosi all'orecchio di Daniel, ancora dolorante.
«Non vedo l'ora di testare la tua forza Mady, immagino quanto possa essere eccitante vederti dimenare mentre tenti di liberarti dalla presa del sottoscritto e, allo stesso tempo, anneghi nel piacere, che quel palestrato pieno di testosterone del tuo fidanzato non credo sia in grado di procurarti!» ribatté Daniel afferrandola per la gola e spingendola con violenza contro la parete, accanto alla porta dello studio.
Mentre le loro labbra si sfioravano, ancora una volta, pericolosamente, Daniel ostentava la propria determinazione nel continuare quel gioco per lui erotico.
«Fottiti!» disse Alice sputandogli in faccia e fuggendo per le scale, dopo essersi liberata.
«Scappa, scappa, mi implorerai di non lasciarti mai più!» disse con un filo voce digrignando i denti, mentre si asciugava il viso con un fazzoletto che aveva tirato fuori dalla tasca dei pantaloni.
Entrò nello studio e fu accolto dall'assistente - una donna sulla cinquantina, dai capelli innaturalmente ramati; lo sguardo vacuo, nascosto dietro la grande montatura dorata degli occhiali; la fronte scoperta, e imperlata da minuscole goccioline di sudore - che, quasi ansimante per il gran caldo percepito nello studio, lo fece accomodare nella sala d'aspetto.
«Ci scusi, ma l'aria condizionata è rotta. Abbiamo chiamato l'assistenza e ci hanno garantito che avrebbero mandato un tecnico in giornata, ma, ahimè, non si è fatto vedere ancora nessuno», si lagnò la donna.
«Non si preoccupi, sono abituato a contesti ben più bollenti di questo», ribatté Daniel con un sorriso lascivo, slacciandosi un altro bottone della camicia.
La donna avvampò, rianimandosi di colpo.
Daniel era consapevole del proprio fascino, definito da alcune donne come "selvaggio" e trovava divertente sfruttarlo in tutte le circostanze in cui era possibile, per divertirsi a studiare le diverse reazioni femminili.
«Avvocato Russo, cosa ti porta in questo luogo dimenticato da Dio, lontano dalla fumosa Milano?» esordì una voce familiare che lo distolse dagli affanni della donna.
Daniel si voltò, trovandosi davanti il suo vecchio amico e non poté trattenere uno slancio d'affetto fraterno verso Riccardo che aveva già spalancato le braccia mentre avanzava verso di lui.
«Fratello! Come stai?» disse Daniel stringendo l'amico.
«Come sempre...», disse Riccardo staccandosi e lasciandosi cadere su una delle poltrone della sala d'aspetto.
«Avvocato, posso portarle qualcosa di fresco da bere?» domandò l'assistente ancora evidentemente sconvolta dall'approccio di Daniel.
Riccardo osservò la donna e poi lo sguardo di Daniel e sorrise sornione, scuotendo la testa.
«Non credo che qui abbiate della tequila al miele, quindi andrà bene un tè con ghiaccio!» rispose sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori in cui mostrava la dentatura perfetta e le fossette ai lati della bocca sottile.
«La farai morire così!» bisbigliò Riccardo piegandosi con il busto in avanti verso Daniel.
«A-arriva subito! E per lei, Avvocato Paladino?» balbettò l'assistente.
«Lo stesso, Irma», disse congedandola.
Come la donna si fu allontanata con passo svelto, Daniel allargò le braccia e sprofondò con la schiena tra i cuscini del divanetto sul quale si era accomodato.
«Non sei cambiato di una virgola», asserì Riccardo scuotendo nuovamente il capo e ghignando.
«Questo è il bello di essere liberi. Guarda te. Vedo nei tuoi occhi il baluginare del fantasma di ciò che eri. Il matrimonio ti ha ucciso la giovinezza, fratello mio», sentenziò.
«Invece, contrariamente a ciò che pensi, sono davvero felice della mia vita. Isabella è una donna molto intelligente e bella e mi fa sentire un uomo molto fortunato» dichiarò Riccardo quasi stesse cercando di convincere dapprima se stesso. Qualcosa nel tono della voce di Riccardo insospettì Daniel che, al momento però, decise di accantonare quelle preoccupazioni.
«Ah, mica avresti sostenuto il contrario, nemmeno sotto tortura. Il problema delle donne troppo intelligenti e che sanno come farti credere ciò che vogliono. Prendi tua sorella...»
«Hai visto Alice?» chiese improvvisamente accigliato Riccardo.
«Sì, lei usciva e io ero appena arrivato. Un attimo, proprio», lo tranquillizzò.
«Non avete parlato, dunque?» incalzò ancora più preoccupato.
«N-no, ma che significa?» domandò curioso.
«Niente, lascia perdere», si affrettò a rispondere Riccardo.
«Come procede lo studio?»
Daniel cercò di portare il discorso su ambiti più tranquilli.
«Tutto ok e tu?»
«Sto per partire per il Congo. Scherzo! In realtà, lavoro nell'ufficio legale di una grande multinazionale del settore edilizio che, in questo momento, sta tentando di aggiudicarsi l'appalto di un progetto per la costruzione di un ospedale pediatrico in Congo», spiegò Daniel prendendo il bicchiere di tè che Irma aveva appena servito.
Quando Riccardo apprese quella notizia sputò fuori l'intero sorso di tè che aveva ancora in bocca.
«Cosa?» domandò scioccato.
«Che ti prende, fratello?» chiese Daniel sconcertato.
«Perdonami è che…»
«Senti, non vorrei rubarti tempo prezioso, in verità, volevo chiederti un invito a cena. Vivi ancora nella villa dei tuoi, vero? E tua madre, fa ancora quel meraviglioso sformato di asparagi?» ribatté.
«Ah! Sempre diretto, eh? Certo che vivo ancora lì, dove potrei andare? C'è tanto di quello spazio e i bambini adorano stare con la nonna. Sì, puoi venire da noi stasera, se ti va!» rispose Riccardo.
«Perfetto, ho proprio voglia di vedere tua madre.»
«Non vorrai sedurla?» chiese fintamente turbato.
Daniel scoppiò a ridere e alzandosi diede una pacca sulla spalla dell'amico.
«Ci vediamo stasera, per le otto va bene?» aggiunse.
«Sì, sì»
Riccardo lo accompagnò alla porta e lo salutò, congedandosi dall'amico.
"Quanta fortuna, ogni cosa volge verso il meglio per me. Ora non mi resta che studiare bene le mie prossime mosse. Sicuramente stasera lei sarà in casa con il suo ingombrante fidanzato, quindi devo fare in modo di restare solo con lei e offrirle un assaggio di ciò che l'aspetta.”
«Avvocato, sua sorella mi ha raccomandato di riferirle che vi vedrete direttamente stasera alla festa. Gli invitati hanno confermato tutti, tranne la famiglia del Dottor Casali e il Signor Guida», riferì l'assistente a Riccardo, non appena Daniel fu uscito dallo studio.
Riccardo si voltò verso la donna e con orrore si rese conto di aver dimenticato completamente il party.
«Porca… ehm, grazie Irma sei efficiente come sempre. Piuttosto, abbiamo notizie del tecnico? Qui dentro si soffoca dal caldo!» disse Riccardo cercando di non pensare alla situazione in cui si era cacciato e dicendosi, per tranquillizzarsi, che, dopo tutti quegli anni, non sarebbe potuto accadere nulla se Alice e Daniel si fossero rivisti? Dopotutto, sua sorella era a un passo dal matrimonio ed estremamente virtuosa, tanto da non poter cedere a nessuna delle possibili lusinghe dell'amico.
Nel ritornare verso il proprio albergo, Daniel si fermò presso l'Antica Botte, una vineria molto rinomata a Borgo Piccolo, dove acquistò tre bottiglie di Chardonnay da portare quella sera alla cena.
Assorto nei suoi pensieri si era ritrovato, poco dopo, in via del Frantoio, davanti a quella che un tempo era stata la sua casa. Dopo la morte di suo padre, subito dopo la fine del liceo, aveva deciso di vendere ogni cosa che lo legasse ancora a quel luogo dove aveva trascorso quella parte di esistenza privato del calore di una vera famiglia e fatta solo di dolore e sacrifici.
Benché Riccardo fosse riuscito a offrirgli l'illusione di ciò che aveva sempre anelato e, nonostante il profondo affetto e rispetto nutrito verso quell'amico fraterno, proprio per questo suo adoperarsi al fine di farlo sentire come gli altri, Daniel non era mai riuscito a non serbare un minimo di risentimento e invidia verso la condizione di benessere in cui viveva Riccardo, e che a lui era stata negata.
A Daniel la vita aveva riservato un destino più arduo, con il quale doveva fare i conti ogni giorno. Si era dovuto prendere cura di suo padre, gravemente ammalato, fino alla sua morte, e per questo aveva deciso di spezzare ogni legame con Borgo Piccolo, partendo per Bologna assieme a Riccardo, e mantenendosi agli studi grazie ai soldi della vendita della casa e al minimo di eredità lasciatagli dal padre.
Dopo la laurea, però, Riccardo era dovuto tornare a Borgo Piccolo per gestire lo studio legale di suo padre e qui aveva conosciuto una praticante della quale si era poi innamorato e con la quale si era sposato.
Daniel, invece, aveva deciso di trasferirsi a Milano.
Mentre osservava quella casa, i ricordi dell'infanzia e dell'adolescenza lo annichilirono facendolo sprofondare nella malinconia. Proprio in quel momento, dalla palazzina, vide uscire una giovane donna con due bambini piccoli, seguita dal marito: sembrava una famiglia felice. Daniel sorrise, comprendendo che quella casa - la sua casa - era tornata a udire le voci e il suono dell'amore di una famiglia vera.
Proseguì verso l'albergo che era situato sul punto più alto del paese, quasi abbarbicato sulla cima della collina. Sui marciapiedi delle vie più interne, scorse qualche seggiola in legno e paglia, qualcuna arricchita da variopinti quanto logori cuscini, ben sistemate davanti l'ingresso delle palazzine a un piano. Vedendole, si ricordò di quando giocava a calcio per strada, sotto il torrido sole estivo, sfidando la forza di gravità dovuta alla pendenza, spesso sotto l'occhio amorevole delle comari del paese, che, al pomeriggio, si sistemavano a mezzo cerchio sotto i marciapiedi e davanti alle loro abitazioni per chiaccherare. Gli venne allora in mente comare Concetta, la vecchia levatrice del paese, che abitava al portoncino proprio accanto a quello di casa sua, e che gli preparava il pranzo tutti i giorni. La donna avrebbe volentieri provveduto anche alla cena, essendo rimasta sola e vedendo in quella piccola occupazione quotidiana un modo per sentirsi ancora utile, ma Giovanni, il padre di Riccardo, tentava qualche volta di cimentarsi nelle faccende domestiche, facendo prevalere l'orgoglio per non approfittare ulteriormente della bontà della vicina.
Quanto tempo era passato da quei ricordi, tuttavia sereni, della propria infanzia e adolescenza? Eppure, a vedere quelle seggiole per strada, sembrava che a Borgo Piccolo il tempo si fosse, in qualche modo, cristallizzato. Affrettò il passo, allorquando il ricordo iniziò a farsi doloroso e stringendo il collo della giacca che pendeva da una spalla tra le dita, avvertì la rabbia risalirgli dallo stomaco fino alla bocca. Pensò che a lui nulla era stato concesso e che ogni cosa se l'era dovuta prendere con la determinazione. Tuttavia, ormai, era un uomo fatto e doveva ringraziare quella disgraziata esistenza se era venuto su in quel modo, che non gli dispiaceva affatto. Arrivò in albergo grondante di sudore, con la camicia di lino appiccicata alla pelle e i piedi in fiamme, anelando una doccia rinfrescante che sciogliesse persino la mente da tutti i rimuginamenti.
Circa mezz'ora dopo, Daniel era sdraiato sul suo letto a fissare il soffitto, pensando ad Alice Paladino, a suo fratello, a quel becero personaggio del suo fidanzato palestrato, alla moltitudine di donne che erano passate, come nuvole spinte dal vento, nella propria vita e delle quali non ricordava né volti né nomi. Solo Alice, solo lei, era da sempre il suo chiodo fisso, l'archetipo di donna alla quale tutte le altre tentavano malamente di assomigliare, cercando di regalare a Daniel un briciolo di quell'effimera felicità che tanto bramava. No, nessuna era stata all'altezza di Alice, eppure, ora che poteva farla sua, qualcosa, nel profondo del proprio animo perennemente inquieto, quasi lo frenava nel mettere in atto i propri propositi. Così, si ritrovò a dover combattere anche contro il fantasma di una morale ormai incrinata e arrugginita dalle esperienze e dal vizio.
«Basta! Stasera getterò la prima esca e se sono fortunato potrei raccogliere già i primi frutti», si disse.
Era davanti allo specchio del bagno, tentando di dare un garbo ai capelli divenuti troppo lunghi e ingestibili. Mentre cercava di modellare la piega con il gel, i suoi occhi caddero sulla barba incolta e selvaggia.
«Dovrei radermi… ma ad Alice potrebbe piacere questo aspetto trasandato. Meglio lasciarla così», ragionò mollando il ciuffo ribelle e voltando il viso meccanicamente da un lato e dall'altro, studiandosi.
Dopo aver aggiustato finalmente la chioma tornò in camera, sfilò una camicia bianca dall'armadio e la indossò, lasciando aperti i primi due bottoni; poi fu la volta dei pantaloni di lino color indaco.
Si guardò allo specchio verticale, posto in un angolo della camera, e, compiaciuto del proprio riflesso, si sentì pronto ad affrontare la sua missione.
Alle sette e quarantacinque il taxi lo lasciò davanti alla maestosa villa Paladino, stranamente illuminata con diversi faretti e un corridoio di lanterne che segnavano il selciato fino all'ingresso. Daniel vide molte auto già parcheggiate nel grande atrio, antistante la villa e, nonostante la sorpresa iniziale, decise di avvicinarsi all'ingresso.
Una volta all'interno della villa, uno dei domestici lo accompagnò nel salone dal quale c'era l'accesso al porticato.
Daniel si guardò attorno cercando di capire se qualcosa in quella casa fosse cambiato dopo tutti quegli anni, ma si rese conto di come non sembrasse essere passato nemmeno un attimo, dall'ultima volta che era stato lì.
Mentre stava per affacciarsi nel grande porticato attraverso il quale si accedeva alla grande piscina, restò di colpo pietrificato dinanzi alla sensuale figura di Alice.
Idossava un mini abito rosso che le copriva appena un pezzetto di coscia sotto le natiche e una scollatura vertiginosa sulla schiena che lasciava intravedere il tatuaggio di un gabbiano stilizzato all'altezza della spalla sinistra. Aveva i capelli raccolti in un'alta coda di cavallo ramata, e innaturalmente liscia, che le accarezzavano delicatamente la pelle sulla schiena e subito, a vedere quella figura non più minuta né delicata o fragile, come le era sempre apparsa, bensì maestosa, quasi regale, Daniel pensò a come sarebbe stato eccitante vedere quella schiena sinuosa flettersi sotto gli spasmi del piacere e a quanto lo sarebbe stato ancora di più stringere quella coda tra le dita, strattonandola a ogni affondo dentro di lei.
Mentre si perdeva in queste fantasie, Alice si voltò verso di lui inorridendo, incredula, alla visione dell'uomo che minacciava di rovinarle ancora la vita.
Il viso truccato, le labbra rosse e gli occhi saettanti sotto le folte ciglia brune, fecero vacillare per qualche istante Daniel, finché la ragazza, lasciati alcuni ospiti, non puntò dritta verso di lui.
«Cosa ci fai qui? Questa è una festa di famiglia, privata!» abbaiò Alice a un pelo dal suo viso.
«Ma io sono della famiglia, non ricordi? Comunque mi ha invitato tuo fratello», ribatté baldanzoso.
Alice strabuzzò gli occhi, basita.
«Brutto figlio di p… Sparisci!» ringhiò ancora.
«Bene, abbiamo qui l'ospite d'onore, a quanto pare», esclamò indicandosi.
«Ma che stai dicendo?» lo fissò torva.
Daniel non poté più resistere - ogni parola, ogni insulto, ogni invettiva di quella donna, lo mandava in visibilio aumentando esponenzialmente la propria bramosia nei suoi confronti - così, l'afferrò per un braccio e la trascinò in un angolo del grande salone antistante il porticato, in penombra, accertandosi che nessuno potesse vederli.
«Come ti permetti? Lasciami!» urlò la ragazza e subito Daniel le tappò prontamente la bocca con una mano, rischiando che Alice gliela mordesse, ma non lo fece.
«Smettila di fare la parte di suor Alice!» le ringhiò lascivo facendola voltare di spalle mentre le teneva contemporaneamente chiusa la bocca con una mano e con l'altra le stringeva i polsi dietro la schiena. In quel modo, poteva avere un migliore accesso al collo di Alice, stordirsi del suo profumo che gli arrivava fin nelle viscere e sussurrarle nell'orecchio sperando di accendere in lei lo stesso gioco che sentiva ardere dentro.
Daniel si rese conto di non essere più in grado di trattenere il proprio istinto con quella donna e questa debolezze poteva rappresentare una minaccia per i suoi propositi se non fosse riuscito, così inspirò profondamente e le tolse la mano dalle labbra, ma non dai polsi, continuando a trattenerla.
«Non puoi resistere a lungo, lo hai fatto per quindici anni, ma ora mi desideri quanto ti desidero io», incalzò facendo scivolare le dita sotto il vestito di Alice fino a sfiorarle il tessuto degli slip e provocando in lei ansimi ritmati e violenti.
Daniel si compiacque del buon esito delle proprie azioni essendo ormai certo di essere sulla buona strada per vincerla definitivamente, così sfilò la mano da sotto il vestito, spezzandole il respiro in gola di colpo, e poi le lasciò i polsi rigirandola in modo da poter leggere la lussuria fiammeggiare in quegli occhi verdi.
«Sei così sicuro che la mia sia stata una rinuncia piuttosto che un avversione? Voglio illuminarti, Daniel Russo: non credo che potrei essere mai attratta da un essere spregevole come te, ma se proprio non riesci a fartene una ragione, posso farti provare il mio ginocchio, visto che il piede non ti è bastato!» ribatté salace Alice.
«Oh, mi piacerebbe provare ogni parte del tuo corpo, ma… ogni cosa a suo tempo», disse afferrandole il viso dalla mandibola e portando con violenza le sue labbra su quelle della ragazza.
Mentre la lingua di Daniel invadeva voracemente la bocca di Alice, incontrando dapprima una ferma resistenza, l'uomo si sentiva sempre più inchiodato a lei iniziando ad avvertirne lentamente, un cedimento, quasi una resa a quell'attacco che le aveva inferto. Le loro lingue iniziarono a intrecciarsi finché un dolore acuto ai genitali non riportò violentemente Daniel alla realtà.
Mentre la vista gli si annebbiava leggermente a causa del colpo e si piegava tra gli spasmi, vide Alice ricomporsi e, sghignazzando, allontanarsi soddisfatta.
«Davvero pensavi che sarei caduta fra le tue braccia? Povero illuso, sono passati i bei tempi in cui tu e mio fratello godevate a prendervi gioco di me. Buona serata amico mio! E cerca di starmi lontano o sarò costretto a denunciarti alle autorità. Anzi… a pensarci bene, mi basterebbe parlarne al mio fidanzato che credo possa rivelarsi molto più efficace nel farti comprendere quanto in alto dovresti saltare per raggiungere la sottoscritta», proferì sarcastica prima di allontanarsi.
Daniel la vide andar via e, annaspando per il dolore si guardò attorno alla ricerca di una sedia per riprendersi dal colpo.
«Daniel? Daniel Russo?» domandò una voce sensuale alle sue spalle.
Daniel, ancora dolorante, si voltò e vide una donna dai lunghi capelli biondi e ondulati, il fisico mozzafiato, fasciato in un lungo abito blu notte, e la pelle diafana da dea.
«Mi scusi, ci conosciamo?» chiese l'uomo osservandola con meraviglia, cercando di ricomporsi.
«Oh, tu non puoi ricordarti di me. Vediamo… sarò stata la numero cento e qualcosa, o forse di più? Non so quante scopate ti sei fatto tra i sedici e i diciott'anni, scusami», disse salace la donna avvicinandosi e poi sedendosi accanto a lui.
Daniel continuava a studiarne i lineamenti, sperando di ricordarsi, ma il dolore e la superficialità dei suoi rapporti con il genere femminile gli impedivano di attribuire a quella donna un ricordo ben definito.
«Potresti illuminarmi!» ammiccò.
«Vorrei, ma non credo che mio marito approverebbe. Tuttavia, potrei fare uno strappo alla finta morale da moglie virtuosa che mi sono cucita addosso per tutti questi anni e concederti un assaggio della giovinezza in ricordo dei vecchi tempi», continuò la donna leccandosi le labbra.
«Uhm, interessante», ribatté Daniel.
«Dammi il nome dell'albergo dove alloggi e...» incalzò lei.
Daniel la zittì subito e poi le si avvicinò all'orecchio sussurrandole: «Tra venti minuti, nella serra, alle spalle della villa».
Dopo aver dato appuntamento a quella donna misteriosa si alzò, compiaciuto, pensando che tutto sommato la serata potesse ancora essere interessante, e si diresse nuovamente verso la piscina, ma fu fermato da Riccardo, appena sopraggiunto.
«Daniel!» lo chiamò l'amico.
Questa volta, però, l'uomo ebbe un sussulto, ma quando vide il proprio amico avvicinarsi per salutarlo si rilassò.
«Bello scherzo mi hai giocato! Credevo fosse una cena di famiglia, non una festa. Ho dovuto lasciare il vino che avevo comprato, all'ingresso, credo che me lo riporterò in albergo», brontolò Daniel.
«Hai ragione, ma ho la testa altrove in questi giorni, comunque, vieni dai, ti faccio conoscere un po' di gente», disse Riccardo dandogli una pacca sulla spalla e accompagnandolo nel porticato.
Mentre camminavano e salutavano gli ospiti, Daniel scorse Alice e Alex che amoreggiavano al chiaro di luna e sentì la bile risalirgli in bocca. Poi, a un tratto si ricordò dell'appuntamento con la donna misteriosa.
«Oh, amico mio, devo lasciarti qualche istante. Sai, devo sbrigare una faccenda piuttosto urgente!» cercò di spiegare.
«Non mi dire che hai adocchiato qualcuna anche qui?» domandò Riccardo curioso.
«Diciamo...» ammiccò.
«Allora va pure, il "dovere" ti chiama», ghignò Riccardo, congedandosi da lui.
Daniel raggiunse la serra, ma vi trovò Alice, seduta su una delle panchine in ferro battuto, con le ginocchia tirate al petto e un lato del viso poggiato su di esse, che singhiozzava flebilmente. La luce fioca proveniente dalle vetrate, le illuminava la parte di viso non nascosta, conferendole un aspetto etereo e Daniel ebbe un sussulto nel vederla, così, avanzò cercando di non disturbarla, mentre il cuore gli galoppava già nel petto per l'eccitazione e l'emozione.
Quando schiacciò un ammasso di foglie secche, che al buio non aveva visto, Alice drizzò la schiena e fissando nella sua direzione domandò con la voce rotta dal pianto chi ci fosse.
Daniel si fece avanti e lei balzò subito in piedi asciugandosi il viso con i dorsi delle mani.
«Perché sei qui? Perché, dopo quindici anni, sei tornato a torturarmi? Cosa vuoi da me?» chiese singhiozzando.
L'uomo scosse la testa esasperato.
«Perché ti riesce così difficile credere che sia qui per te?» domandò.
«E me lo chiedi? Tu e mio fratello mi avete rovinato l'adolescenza, mi ci è voluto tanto lavoro per costruirmi un'immagine diversa da quella che mi avevate cucito addosso voi», gemette.
«E con tutta la tua intelligenza, non hai mai capito perché dessi tanta corda a tuo fratello, vero? Ancora non capisci?» ribatté lascivo avvicinandosi.
«Cosa vuoi?» ringhiò irritata e poi voltò lo sguardo altrove, come se non fosse più in grado di sostenere quello di Daniel.
«Ti ho sempre desiderata, ma eri la sorella del mio migliore amico, ed eri un po' anche la mia. Ma per quanto mi sforzassi di vederti come tale, non riuscivo a toglierti dalla mia testa e ti immaginavo nuda tra le mie braccia, così giocavo con te come faceva tuo fratello, sperando che mi sarebbe passata. Poi, dopo tutti questi anni, ti ho rivista e il desiderio di te è tornato prepotente a saturare la mia mente e ora, l'unica cosa che vorrei è poter sprofondare dentro di te e trovare me stesso», di quelle parole che credeva essere state partorite dal suo lato diabolico e adulatore, restò colpito persino lui stesso.
Alice lo fissò per qualche istante con la bocca dischiusa come di chi vorrebbe dire la sua o ricevere quello che desidera.
Daniel fece un altro passo fino a lei e la prese prontamente per i fianchi, approfittando di quel momento di smarrimento da parte della ragazza, poi la trascinò contro il tavolo dove erano posizionati i vasi e gli attrezzi da giardinaggio, la sollevò per le natiche e la fece sedere, alzandole il vestito e posizionandosi, infine, tra le sue gambe.
Alice fremeva di eccitazione e Daniel consapevole le afferrò il viso e la baciò con passione, mentre lei, in risposta, gli annodò le braccia dietro il collo schiacciandosi contro il suo petto.
Quando fu certo di averla finalmente sottomessa al proprio volere, si staccò da lei e le domandò, azzardando un comportamento riguardoso verso la ragazza che ansimava: «Sei sicura di volerlo?»
Alice annuì con la testa e si avventò sulla bocca di Daniel facendo poi scivolare una mano sulla cerniera dei pantaloni di lui.
In quel momento, Daniel si ricordò delle fantasie generate dalla sua mente poco prima, quando l'aveva vista in piscina, e si staccò nuovamente da lei, lasciandola spiazzata.
«Che fai?» domandò lei, annaspando.
«Voglio darti ciò che meriti, ciò che aneli: un assaggio di quello di cui hai davvero bisogno e che solo io posso darti».
La tirò giù dal tavolo e la fece voltare bruscamente ordinandole di flettersi in avanti. I raggi opalescenti della luna rendevano la pelle della schiena di Alice, traslucida; messa in quella posizione, Daniel poteva finalmente bearsi della visione dei suoi muscoli che si contraevano, sublimando e cercando il piacere. A quel punto, con la mente ottenebrata dalla lussuria, Daniel prese la coda di Alice, se l'annodò alla mano strattonandola, costringendo la ragazza a tenere la testa reclinanta all'indietro e poi, dopo averle sollevato il vestito e scostata la striscia di stoffa degli slip, si spinse dentro di lei con movimenti energici.
Ma proprio quando entrambi erano ormai all'apice del piacere, udirono dei rumori provenienti dal fondo della serra e subito dovettero dividersi.
«Oh mio Dio! Chi è? E se fosse Alex? Devo andare Daniel e ti prego, va via, è tutto sbagliato!» disse disperata mentre si ricomponeva fuggendo e lasciandolo solo.
Daniel frustrato, con un gesto di rabbia gettò per terra tutti i vasi vuoti che c'erano sul tavolo.
«Maledizione!» ringhiò.
«Ma bene, alla fine, la mia amica così virtuosa, così… come dire? Imperturbabile, ecco. Insomma, la nostra Alice non è poi così senza macchia come vorrebbe fare intendere agli altri. Non ti ha dimenticato, d'altra parte, chi può dimenticare uno come Daniel Russo?!» disse la donna misteriosa, comparendo improvvisamente e battendo le mani contare teatrale.
«Non è come sembra. L'ho irretita io, volevo solo divertirmi con lei», tentò di spiegare per non compromettere la ragazza.
«Ma guardati. Che carino che sei, stai ammettendo di essere un Don Giovanni incallito e che il tuo obiettivo è solo quello di macchiare la virtù delle giovani donne. Stucchevole, davvero stucchevole. Vorresti farmi credere che lei non fosse consenziente? Non mi è parso di sentire urla strazianti o invocazioni d'aiuto da parte sua, eppure sono stata a osservarvi per un bel po'», incalzò sempre più mordace la donna.
«Cosa vuoi? Chi sei?» abbaiò Daniel.
«Curioso che tu mi faccia la stessa domanda che lei ha fatto a te poco fa», disse la donna girandogli intorno e osservandolo.
«Allora?» ribatté spazientito.
«Diciamo che voglio finire ciò che hai iniziato con lei, ma a modo mio», ammiccò prima di spingerlo contro il tavolo.
«Se dici che è amica tua, perché le fai questo?» domandò Daniel.
«Perché tu sei la mia occasione. Diciamo che mi sei piovuto dal cielo nel momento in cui ne avevo più bisogno», disse infilando una mano nei pantaloni ancora aperti di Daniel.
«Allora devo dedurre che il maritino non sia in grado di soddisfare le esigenze di una donna come te...», ma nel pronunciare quelle parole la vide scivolare dapprima sulle ginocchia e poi con un gesto veloce avventarsi sulla sua eccitazione.
Daniel la lasciò fare perdendosi nell'oscuro abisso di quell'amplesso interrotto poco prima e dimenticandosi temporaneamente di tutto ciò che era accaduto.
«Wow, sei stravolto! Poi voglio sapere chi è la fortunata, anzi no, lo voglio scoprire da solo. Le donne che passano per le tue mani hanno una sorta di marchio di fabbrica...», disse Riccardo rivolto a Daniel, mentre sfilavano tra parenti e amici.
«Vediamo se ti è rimasto qualcosa dei tempi andati», ghignò Daniel.
«Ah, eccola finalmente! Era l'unica persona che avrei dovuto presentarti a inizio serata, ma sono riuscito a trovarla solo ora. Ti presento mia moglie Isabella!» disse con tono fiero.
«Tesoro, ma dov'eri finita?» domandò.
Quando Isabella si voltò e suoi occhi incrociarono quelli di Daniel, sulla sua bocca si dipinse un ghigno mefistofelico. L'uomo comprese, a quel punto, di aver tradito il proprio amico e di essere stato vittima lui stesso di un gioco perverso ordito proprio da Isabella.
«Carlotta mi ha rigurgitato la pappa sul vestito e sono dovuta correre a cambiarmi. Ci sono momenti in cui rimpiango quando bastava attaccarla al seno per nutrirla. Ora è tutto così più complicato e lei è umorale», disse tentando di farsi compatire dai presenti.
Daniel la osservava e pensava a quanto meschina fosse quella donna e al possibile scopo che voleva raggiungere.
«Daniel, ti ricordi di Isabella? È una delle più care amiche di mia sorella, sin dai tempi del liceo, e credo abbiate avuto un flirt voi due, o mi confondo con le altre decine di tue conquiste?» disse Riccardo lievemente piccato, come se volesse colpire entrambi.
A l'uomo andò di traverso un sorso di vino e iniziò a tossire imbarazzato.
«A-ah, dicevo di averla già vista da qualche parte», dichiarò tentando di non tradirsi.
«Credo di essere stata piuttosto uno dei tanti "ripieghi" visto che la preda preferita non era al momento disponibile!» alluse Isabella fissando Daniel.
«Dunque non mi sbagliavo. Ho sempre avuto la sensazione che anche uno scapestrato come te, in fondo, nascondesse un amore segreto, magari irraggiungibile», asserì sorpreso Riccardo.
«Non avevo alcun amore segreto. D'altra parte, nessuna donna poteva resistermi, perché avrei dovuto impegnarmi seriamente con una sola. Tuttavia, sono consapevole di aver spezzato molti cuori e di aver creato false aspettative, così come credo che molte delle mie vecchie fiamme abbia dovuto "accontentarsi". Non è il tuo caso, cara Isabella, tu sì che hai saputo scegliere il migliore sul mercato», ribatté salace Daniel, «Ora, se volete scusarmi, credo sia arrivato il momento di ritirarmi, domani mattina ho un incontro importante con un cliente», disse prima di congedarsi.
«Aspetta Dan, non potresti restare per il buffet?» disse Riccardo.
«Ti ringrazio, amico mio, ma credimi, pensavo di trovarmi a una cena di famiglia, ultimamente sono particolarmente idiosincratico nei confronti delle feste», sorrise amaramente Daniel, dando una pacca sulla spalla dell'amico che tentava invano di trattenerlo.
«Oh, Daniel, permettimi almeno di invitarti a pranzo domani e ti prometto che troverai il tuo sformato», disse Giulia Paladino intervenendo.
Daniel guardò la madre di Riccardo e sorrise annuendo.
«D'accordo, allora a domani», disse e poi scomparve nel salone.
Erano le undici e mezza quando arrivò davanti al suo albergo stanco per la giornata impegnativa e per la lunga passeggiata. Uscito da Villa Paladino, aveva deciso, infatti, di tornare a piedi per riflettere su quanto era accaduto quella sera ed effettivamente, durante quella lunga camminata si era reso conto di come, stranamente, i suoi propositi ludici verso Alice fossero passati, improvvisamente, in secondo piano tanto che sarebbe partito in quel momento stesso, se l'appuntamento con il legale rappresentante di un'altro dei soci fondatori del progetto Congo non lo avesse inchiodato a quel luogo per almeno altre ventiquattr'ore.
Alla reception trovò un ragazzo mezzo assonnato che se ne stava con lo sguardo vacuo sul display del proprio smartphone.
«Buonasera», disse Daniel entrando e proseguendo verso l'ascensore.
«Buonasera signore», rispose il ragazzo balzando in piedi.
Mentre aspettava l'arrivo dell'ascensore, si sentì chiamare e nel voltarsi la vide.
Alice comparve all'ingresso, come un fantasma: nulla del vestito, del trucco e dell'acconciatura era rimasto, ma solo una ragazza pallida e stravolta, con indosso il vestitino a fiori della mattina e che per Daniel era molto più sexy di quello rosso della festa.
Daniel le andò incontro e lei quasi gli cadde fra le braccia.
«Alice, che ci fai qui?» le chiese mentre un guizzo di felicità faceva capolino nella sua anima inquieta.
«Ho bisogno di parlarti», disse con voce tremante.
«Vieni, parliamone qui, c'è un salottino molto accogliente», le indicò una parte della grande hall più appartata e arredata con dei divanetti in stile retrò.
«No, dobbiamo andare in camera tua!» ingiunse.
Daniel si sforzò di sembrare una persona morigerata.
«Ne sei sicura?» chiese.
«Sì!» rispose avvampando.
«Perfetto, andiamo in ascensore», disse facendole strada.
Quando arrivarono al piano, Alice lo seguì in silenzio come un'ombra, come se si stesse preparando spiritualmente a qualcosa.
Daniel fece scorrere la chiave elettronica sul lettore ottico collegato alla maniglia e fece scattare la serratura della porta.
Subito la stanza fu illuminata da minuscole lampadine a led incastrate nel controsoffitto e Daniel, abbandonata la giacca sulla poltroncina davanti alla scrivania, si sfilò le scarpe e iniziò a sbottonarsi la camicia, incurante della presenza di Alice.
«Daniel!» sibilò Alice rimasta ferma nel piccolo ingresso.
«Dimmi?» rispose l'uomo sfilandosi la camicia e lanciandola sul letto.
«Cosa fai?» chiese ancora.
«Non credo che il ristorante dell'albergo sia aperto a quest'ora, ma per fortuna stamattina avevo comprato un enorme pacco di biscotti. Quindi intendevo liberarmi di questi vestiti, con il tuo permesso, e mettermi a mangiare quei biscotti, perché ho una fame da lupi», rispose tranquillo mentre si liberava anche dei pantaloni.
«Ti piacciono ancora i taralli al latte del panificio in piazza Verdi?» disse Alice rianimandosi improvvisamente.
«Scherzi? Me li sogno ancora la notte. Mi sono fatto una bella scorta per il viaggio. Ne vuoi una?» disse porgendole un biscotto.
Alice lasciò sulla poltroncina lo zainetto che aveva sulle spalle e si sedette sul letto prendendo il biscotto.
«Di cosa volevi parlarmi?» domandò Daniel.
Alice cercò di mandare giù un boccone troppo grosso e per un pelo non si soffocò vedendolo rimettersi in piedi, vestito solo con un paio di slip firmati e con un fisico curato.
«Di ciò che è successo nella serra», rispose distogliendo lo sguardo.
«Mi hai detto di andare via e dimenticare l'accaduto, dunque stavo riflettendo su come fare per mettere in atto questa "strategia" la quale, francamente, se me lo permetti, mi sembra faccia acqua da tutte le parti. Quindi mi sono chiesto: "O la piccola Alice è diventata una ninfomane o la piccola Alice ha capito che il Silvester Stallone dei poveri non fa per lei". Cosa sei?» domandò sarcastico mentre camminava su e giù per la stanza, mezzo nudo, mangiando biscotti.
«Io, insomma, non lo so cosa mi sia preso. Non è stato un comportamento razionale il mio e ti chiedo scusa», tentò di giustificarsi.
«Quindi, a questo punto, dovrei credere che sia stato tutto un equivoco, vero? Ti aspetti anche che io ci creda e che me ne torni a Milano come se nulla fosse, vero? Uhm, interessante. Lascia che ti ricordi una cosa: fino a prova contraria, quello che prende senza chiedere il permesso è il sottoscritto. Mi pare di avertelo dimostrato sia stamattina che nel salone di casa tua. Tuttavia, prima di spingermi oltre, ho bisogno del consenso della mia vittima. Non so se sono stato abbastanza chiaro», disse sempre più sarcastico.
«Pensa ciò che vuoi. Ora devo andare», ribatté Alice rimettendosi in piedi, pronta ad andarsene.
«E se ti dicessi che io so esattamente perché sei qui? Se ti svelassi il tuo segreto?» ammiccò sbarrandole il passaggio.
«Sono stanca dei giochi, lasciami passare», ordinò Alice.
«Giochi? Sei sicura di non voler giocare? Sei sicura di non essere venuta qui per cercare qualcuno che sia in grado, finalmente, di tenerti testa, qualcuno che ti domini? Andiamo Alice, ti conosco da una vita, non credo che quel bell'imbusto al sapore di aminoacidi e anabolizzanti conservi in sé ancora qualcosa di vagamente simile al maschio alfa», disse avvicinandosi pericolosamente a lei.
«Smettila, non sai niente di me e del mio rapporto con Alex! Sparisci per quindici anni, dopo avermi reso la vita un inferno, e ritorni convinto di sapere cosa sia meglio per me?! Ma davvero? Sai che c'è, ho sbagliato a venire qui, ho sbagliato a credere che… Lascia perdere», ringhiò Alice mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
«Allora perché tremi? Perché sei qui? Perché non combatti per uscire da qui ma te ne stai immobile davanti a me come una donna che vuole essere esattamente nel posto dove si trova con l'uomo che le è davanti?» disse e senza lasciare che lei proferisse più alcuna parola, la spinse fino al letto e poi ce la fece cadere sopra.
Alice annaspava e non riusciva più a dire nulla, mentre Daniel era già sopra di lei, all'opera per liberarla da quel vestito.
Quando rimase solo con il reggiseno e gli slip, fremeva e lui si compiaceva di quella reazione eccitandosi ancora di più.
A quel punto, Daniel scese dal letto e la osservò mentre era distesa e in attesa, bramando un piacere che solo lui le avrebbe potuto regalare.
«Allora, vuoi ancora che dimentichiamo tutto?» domandò lascivo.
Alice lo osservò e nel suo sguardo Daniel vide chiaramente il baluginare di un guizzo di lussuria. A quel punto, le sfilò gli slip e le ordinò di togliersi anche il reggiseno e lei obbedì, come se non aspettasse altro, poi la fece scivolare lungo il materasso afferrandola per le caviglie e tirandola fino a sé.
Daniel restò immobile, in piedi davanti a lei che era seduta sul bordo del letto e lo osservava dal basso leccandosi le labbra. Improvvisamente, Alice si aggrappò ai fianchi dell'uomo e gli sfilò gli slip liberando la sua eccitazione, ma quando provò ad avventarsi su di lui, Daniel la sollevò dal letto e la portò nel bagno.
«Perché?» mugugnò Alice.
«Non così. Non con te. Entra nella doccia!» le ordinò.
Una volta entrati entrambi nella cabina e chiusa la grande vetrata, Daniel aprì il rubinetto dell'acqua calda e una cascata prese a scivolare sui loro corpi. L'uomo la fece voltare di spalle e Alice piantò i palmi sulle mattonelle bianche, piegandosi lievemente in avanti. Mentre l'acqua calda li avvolgeva, Daniel le prese i fianchi e affondò dentro di lei con spinte via via più violente, ma prima di raggiungere l'apice dell'amplesso, la fece voltare nuovamente e la sollevò per le natiche finendo ciò che aveva iniziato.
«Voglio vedere la tua faccia mentre ti perdi nel piacere», le sussurrò nell'orecchio mentre la sosteneva, affondando dentro di lei e attendendo pazientemente, trattenendosi, affinché si liberassero assieme.
Alice si aggrappò alle spalle vigorose di Daniel intrecciandogli le gambe intorno al busto e liberando dalla propria gola un ultimo e forte gemito di piacere, poi lasciò che lui la facesse scivolare in piedi sostenendola per non lasciarla cadere. I loro occhi si incrociarono e Daniel, ripresosi, le afferrò il viso con una mano e la baciò con passione spingendola ancora una volta contro la parete bagnata. Alice, ancora in preda agli spasmi rispose a quel bacio con altrettanto trasporto, ansimando nella bocca di Daniel e lasciando che lui la prendesse nuovamente.
Alle sei del mattino, Alice si svegliò sul petto di Daniel che dormiva ancora profondamente, stringendola a sé. La donna, elettrizzata e compiaciuta da quell'esperienza, cercò di svincolarsi da quella presa per sgattaiolare via, ma Daniel le afferrò un polso prima che riuscisse ad alzarsi dal letto.
«Dove vai?»
«Devo andare a casa a cambiarmi, alle dieci devo andare in sartoria da mamma per la prova dell'abito», disse.
«Quale abito?» domandò Daniel mettendosi seduto e fissandola crucciato.
«Quello da sposa!» disse tranquilla.
«Ma… insomma...» fece Daniel allibito.
«Ah! Davvero? Cosa credevi, che dopo una botta di sesso avrei mandato a monte un matrimonio basato sul rispetto reciproco. Mi sono concessa una sorta di "addio al nubilato in privato", solo che non ho dovuto pagare per vedere, ma ho potuto godere a pieno del regalo che mi sono fatta!» disse salace.
Si alzò e raccolse i suoi vestiti con una naturalezza disarmante, mentre Daniel la osservava senza riuscire a proferire parola. Quanto si era sbagliato sul conto di quella donna? Possibile che in tutti quegli anni fosse maturato in lei uno spirito così dissoluto e radicalmente opposto alla morigeratezza di cui sembrava l'incarnazione?
«Ci vediamo a pranzo da mamma, vero?» disse Alice prima di uscire dalla stanza.
«Credo di sì», rispose ancora incredulo.
«Bene, a dopo, allora» lo salutò sparendo.
Daniel risprofondò nel letto e si mise a pensare. Cercò di analizzare ogni dettaglio dal loro primo incontro, la mattina precedente, a quello nella serra, fino a ciò che era accaduto quella notte. Si soffermò sul momento in cui l'aveva trovata nella serra e a quanto gli fosse sembrata avvinta da qualcosa - qualcosa o qualcuno che aveva pensato per un istante essere proprio lui - di come si fosse lasciata prendere senza opporre la minima resistenza fisica, proprio come quella notte, usando solo parole taglienti per svincolarsi, come nel tentativo di giustificare a sé stessa la propria resa.
«Era nella serra perché stava combattendo i suoi demoni interiori, ha cercato di allontanarmi ma sapeva di essere già vinta dal desiderio, poi, quando siamo stati interrotti da Isabella, la sua anima non ha retto, l'ha richiamata all'ordine ed è fuggita. Ma stanotte? Stanotte è venuta da me apposta. Non voleva chiarire nulla, non voleva chiudere i conti, sbattendomi in faccia la sua morale, voleva, anzi no, bramava famelica che io la facessi mia. E quegli occhi pieni di lacrime, supplichi di liberarla dai suoi tormenti? Come può una persona tanto fredda e calcolatrice essere celata tanto bene dietro un vestito da agnello sacrificale? E se fosse tutta una finzione? Se quello che le ho fatto l'avesse temprata e resa un'edonista? No, Alice non sarebbe mai potuta diventare così, ci deve essere qualcosa sotto e io devo scoprirlo», si disse.
Daniel scattò in piedi e si diresse verso il bagno per rinfrescarsi, era ancora presto e pensò che avrebbe potuto andare a fare una corsa per rifocillare la propria mente, ma improvvisamente bussarono alla sua porta.
L'uomo pensò e sperò che fosse nuovamente Alice, ma quando aprì si ritrovò davanti Isabella sconvolta.
«Cosa ci fai qui, a quest'ora? Hai una famiglia, dei figli da accudire, non dovresti essere qui, da me!» tuonò.
«Lasciami entrare, ti prego, sono distrutta», lo supplicò.
Daniel si fece da parte e la lasciò entrare in camera sua.
«Era alla festa! Ha portato quella puttana a una festa di famiglia. Davanti a tutti, mi ha fatto questo davanti a tutti i nostri amici e parenti. Guardami! Mi sono sottoposta a rigide diete e allenamenti durissimi per ritrovare la forma perfetta, dopo due gravidanze. Per chi credi che l'abbia fatto? Sono tanto orribile? Perché sta ancora con me se gli faccio così schifo? Dimmelo!» mugolò disperata.
«Ma cosa stai farneticando?» domandò Daniel annodandosi un asciugamano intorno alla vita.
«Parlo di come il tuo amico tratta sua moglie. Ha un'amante, ne ho le prove, e ieri sera quella donna era alla festa», spiegò livida di rabbia.
«Riccardo ha un'amante? Ma sei impazzita? Lui pende dalle tue labbra, proprio ieri mattina mi ha detto di essere l'uomo più fortunato della Terra perché ha te. Stai scherzando?» ribatté incredulo.
«A quanto pare, ha imparato bene dal suo maestro. Comunque, non è la prima, sai? L'ho fatto seguire da un detective che usiamo in studio, ha scattato delle foto e… Come ha potuto?» disse scoppiando in lacrime.
«Non so che dire, non mi ha mai parlato di nulla. Non ci vedevamo da molto, ma siamo sempre rimasti in contatto», spiegò Daniel scuotendo il capo e massaggiandosi il mento ispido.
«Mi dispiace Isabella, davvero. Proverò a parlare con lui, se vuoi», continuò sedendosi accanto a lei sul letto e cercando di confortarla.
Daniel era scioccato da tutta quella situazione e si rese conto di quanto poco conoscesse i componenti di quella che, un tempo, riteneva la propria famiglia.
Isabella si asciugò le lacrime, fissandolo e Daniel non poté fare altrimenti.
«Mi dispiace se hai sofferto a causa mia e mi dispiace per ciò che ti sta capitando», disse meravigliandosi di sé stesso.
«Oh, lascia stare, con te, me la sono andata a cercare. Non è mai nascosto la tua vera indole e i tuoi fini. Certo, quale fra tutte le donne che hai avuto non ha coltivato segretamente la piccola speranza di essere quella che ti avrebbe vinto definitivamente? Bene, io ero una fra quelle, ma si cresce e si mettono radici più profonde. Ho davvero creduto nella mia unione con Riccardo, ma ora… non sono più sicura di nulla e ho paura di me stessa, in questo momento. Poi, tu sei tornato e...», sospirò continuando a fissarlo.
Daniel le asciugò le lacrime con una mano e lei gli si avvicinò pericolosamente.
Avrebbe voluto resisterle, ma Isabella era sempre stata una donna orgogliosa e determinata, una donna che prendeva e non elemosinava - troppo simile a lui. In un attimo, se la ritrovò a cavalcioni su di lui.
«È tutto sbagliato. Isabella, tu non sei come Riccardo, tu devi tornare...», ma mentre tentava di riportarla alla ragione, fu travolto dall'eccitazione che quella donna aveva appena innescato.
No, non poteva cambiare il suo modo di vivere dall'oggi al domani, perché Daniel Russo, viveva e si nutriva di quel piacere effimero, al punto da non saziarsi mai.
Isabella era una donna bellissima, sensuale, intelligente… Sì, particolarmente intelligente, e scaltra, e lo avrebbe scoperto molto presto.
Alle dieci, era seduto a un tavolino del Bar Centrale in piazza del Duomo e, da sotto uno degli ampi ombrelloni bianchi sistemati per riparare i clienti dal sole, osservava la gente che attraversava la piazza davanti a lui.
«Buongiorno avvocato!» disse una voce femminile fin troppo familiare.
Quando Daniel si voltò per vedere chi fosse si trovò davanti proprio Isabella in veste formale che, calatasi una nuova maschera sul viso, era pronta a scoprire i piani orditi dal suo rappresentato ai danni di un'altra società appaltatrice in gara per la costruzione dell'ospedale in Congo.
«Isabella?» disse meravigliato Daniel sfilandosi gli occhiali da sole.
«Avvocato De Michele, prego. D'altra parte non potevo mica pretendere che ti ricordassi il mio cognome visto che fino a qualche ora fa non ricordavi nemmeno chi fossi. Detto questo, avrei una certa urgenza di terminare questo incontro», proferì distaccata.
Daniel si ricompose e prese una cartellina porta documenti dalla sua borsa professionale e la posò sul tavolino.
«La gara deve essere vinta da noi, mi pare chiaro!» asserì con tono imperativo.
Daniel alzò gli occhi con aria interrogativa.
«Francamente, il tuo rappresentato sarebbe pronto a stringere un accordo con l'altra società appaltatrice, ma per noi non sarebbe un'alternativa proficua», disse Isabella accavallando le gambe, lasciando intravedere dallo spacco generoso della gonna l'elastico in pizzo delle calze leggere.
«Cosa intendi?» chiese Daniel gettandosi con la schiena sulla spalliera della sua sedia e prendendo un sorso di tè dal proprio bicchiere.
«Hai idea di chi sia a capo del progetto nella concorrente?» domandò Isabella sarcastica.
«No, e onestamente nemmeno mi interessa», ribatté indispettito, inforcando nuovamente gli occhiali da sole.
«Ebbene, non ricordi il sogno da bambina della nostra comune amica? La nostra piccola sognatrice…» continuò Isabella.
«Cosa stai dicendo?» ribatté Daniel sempre più infastidito dal tono di quella donna.
«L'Ingegner Alice Paladino! Dunque, conoscendo la caparbietà della mia cognatina, riuscirà a raggirare il buon animo del tuo rappresentato a favore di questa cordata che non deve prendere vita, per nessuna ragione!» ringhiò tra i denti Isabella sporgendosi verso Daniel e lasciando che il suo collega potesse vedere la profonda scollatura del suo vestito.
A quel punto, indignato, Daniel si avvicinò a Isabella e le afferrò un polso stringendoglielo forte.
«Chissà perché ho la netta sensazione che quella di stamattina sia stata una messa in scena. Cosa vuoi davvero da me?» le ringhiò contro.
Daniel iniziava a sospettare che quello di Isabella fosse tutto parte di un piano ordito ai danni della famiglia di Riccardo, di ogni suo singolo componente. Anche la storia del tradimento iniziava a non stare più in piedi. E se sapesse del suo di piano verso Alice?
«Davvero non ci arrivi, tesoro?» rispose con un sorriso tirato e uno sguardo lascivo, «Da quello che ho visto, hai un valido ascendente sulla piccola Paladino. Prima nella serra, poi in albergo… Non voglio illuderti, ma la ragazza sa il fatto suo, non è più la verginella che conoscevi, credimi. Onestamente, puoi farci quello che vuoi, ma tienila lontana dalla nostra società e dall'accordo», gli intimò Isabella.
«Ma che stai farneticando? Cosa dovrei fare?» ringhiò.
«Facci ciò che vuoi, divertiti, come hai sempre fatto, non penso di doverti suggerire come fare», disse Isabella salace.
«E tu cosa ne ricavi? Perché avverto nella tua voce e nei tuoi propositi una punta di astio e una voglia di riscatto? Come puoi tagliarla fuori da un progetto che l'ha accompagnata per tutta la vita?» domandò Daniel.
«Quella piccola strega intrigante non ha mai visto di buon occhio la mia unione con suo fratello, ha cercato in tutti i modi di ostacolarci. Lei ha sempre avuto tutto ciò che desiderava dalla vita e, con il suo modo di fare, io apparivo sempre come l'amica di Alice, la seconda in tutto, la seconda scelta, persino ora che sei tornato, riscoprendo il tuo capriccio. Dimmi Daniel, che sia davvero solo un capriccio o piuttosto hai finalmente trovato il coraggio di guardare in faccia i tuoi veri sentimenti?» alluse piccata.
Daniel le lasciò il polso e risprofondò nella sedia guardando altrove, inquieto e arrabbiato.
«Non voglio prendere parte ai tuoi piani, perché non li condivido affatto, parlerò con il mio assistito e troveremo una soluzione proficua per tutti», proferì Daniel infilando i documenti in borsa, pronto ad andare via.
«Ma non ti sei sentito anche tu un miserabile spettatore della loro ostentata vita da famiglia meravigliosa? Non hai mai desiderato avere ciò che avevano loro? Non ti sei mai domandato perché loro potessero avere tutto e a noi fossero destinate le briciole, posti in prima fila per vedere la loro saga familiare?» continuò Isabella afferrandogli la mano.
«Isabella, quella famiglia l'hai scelta tu, consapevolmente. Non puoi fare loro una colpa di ciò che hanno. A quanto ne so, Alice ha combattuto per arrivare dov'è ora e anche Riccardo è un gran lavoratore. Persino la loro madre, che potrebbe stare a casa e vivere negli agi continua a portare avanti la sua sartoria. Non mi venire a raccontare queste stronzate!» la ammonì Daniel.
«Aspetta, maledizione, tu mi servi! Non puoi immaginare cosa mi abbiano fatto passare in questi anni. È vero, ho scelto io di entrare in quella famiglia, ma a che prezzo? Volevo avere anche io una possibilità e amavo Riccardo. Quando ci siamo sposati ero felicissima, credevo che la mia vita fosse finalmente a un punto di svolta, ma mi hanno sempre fatta sentire come un'arrampicatrice...»
«E non lo sei? Andiamo, ti sei fatta mettere incinta da Riccardo per avere il biglietto d'ingresso assicurato! Nessun bambino nasce dopo quattro mesi di matrimonio e nessun matrimonio viene organizzato in una manciata di settimane, solo perché i fidanzati non vedono l'ora di trascorrere la loro vita assieme. Non siete mica Romeo e Giulietta, tanto più che la loro storia finisce proprio male. Hai avuto la tua chance, ora goditela senza cercare inutili rivalse. È normale che una famiglia unita come la loro non ti vedrà mai di buon occhio per come ti comporti alla luce del sole», continuò Daniel sempre più insofferente.
«Mio marito mi ha tradita diverse volte, ha portato la sua puttana alla festa svergognandomi davanti a tutti per l'ennesima volta. E ora torni tu e, ancora una volta, è Alice ad essere al centro della scena. Non vuoi giocare con lei, vero? I tuoi fini sono diversi, vero? È successo qualcosa?» domandò incuriosita.
«Non devo spiegarti nulla, anche perché a quanto pare sai già ogni cosa. Ci siamo divertiti entrambi, basta. Non sono comunque fatti tuoi...» ma mentre pronunciava quelle parole, un pensiero orribile gli attraversò la mente e il ghigno mefistofelico sulle labbra rosse di Isabella furono una conferma dei suoi timori.
«Ho abbastanza prove per mandare a monte il suo matrimonio e farti rompere qualsiasi legame con la famiglia Paladino. In un colpo solo, hai irretito una promessa sposa e tradito il tuo migliore amico», disse compiaciuta.
«Non ti ho violentata, sei venuta spontaneamente da me», si giustificò Daniel.
«Andiamo, tesoro, tutti conoscono la tua vera indole, o dovremmo chiamarla vocazione? Insomma, io racconterei a mio marito la sacrosanta verità, ossia che vedendo la sua amante alla festa ero depressa e tu, ti sei offerto di consolarmi. Saremmo in pareggio, dopotutto!» ghignò, «Ma chi crederebbe alla tua di versione?» continuò salace.
Daniel ricadde sulla sedia e si mise a fissarla torvo. Quella donna diabolica aveva calcolato ogni cosa.
«Ti va di darmi una mano? È il destino che ci ha fatti incontrare e se vuoi potremmo fare in modo che questo nostro sodalizio continui», ammiccò.
Daniel doveva pensare velocemente a un modo per tirarsi fuori da quella situazione, ma c'era poco tempo, così accettò di buon grado di prendere parte al piano di Isabella, ripromettendosi però di farla pagare a quella donna.
Arrivò a Villa Paladino per il pranzo ma a parte lui nessun altro della famiglia era ancora presente, così si mise a girovagare per la casa, quando fu intercettato da Riccardo, appena sopraggiunto.
«Fratello, che bello averti qui. Vieni, mentre aspettiamo il resto della famiglia, mi piacerebbe parlare un po' con te», disse.
Daniel avrebbe voluto raccontare all'amico ogni cosa, ma il dubbio che le parole di Isabella fossero vere lo frenarono. In fondo, ciò che quella donna rimproverava alla famiglia Paladino, lui lo aveva provato a sua volta sulla propria pelle.
«Andiamo in giardino, ti ricordi il nostro posto segreto, dove ci nascondevamo per fumare le canne? Sai, ogni tanto ci torno e penso a quanto sarebbe tutto diverso se potessimo ritornare a quei tempi, magari, se tu fossi rimasto qui, non avrei fatto molti errori», confessò dimesso.
«Ah, sei sicuro che non ne avresti fatti di più gravi?» ironizzò Daniel.
«Sai, credevo di amare Isabella, credevo anche che insieme saremmo stati una coppia meravigliosa, ma più passa il tempo, più mi rendo conto che siamo così diversi e credo di aver sbagliato a sposarla, ma lei aspettava Piergiulio e io ero così stressato dal lavoro in studio e dalle responsabilità che mio padre mi aveva lasciato, così ho pensato solo ad avere accanto una persona in grado di aiutarmi a sostenere tutto quel carico, poi ero eccitato dall'idea di avere un figlio e lei era così bella e sensuale. Ma ora… insomma, credo di aver davvero incontrato l'amore della mia vita, solo che ci sono i bambini e non so come dirlo a Isabella», raccontò Riccardo avvilito.
«Amico mio, cosa vuoi che ti dica? Non siamo più ragazzini e tu meriti di vivere una vita serena con la donna che ami davvero, non puoi stare con tua moglie se non la ami più anche perché poi si innescherebbero meccanismi di rivalsa continui che soffocherebbero anche la vita dei vostri figli», proferì salomonico Daniel.
«Ma io mi sento molto legato a lei. Ho conosciuto Rebecca durante un corso di formazione ed è stato amore a prima vista, è stata la prima volta che ho tradito mia moglie, ma più passava il tempo, più mi rendevo conto che la mia non era una semplice infatuazione. Capisci? Mi sento un vigliacco nei confronti di Isabella, ma così non posso più andare avanti, nessuno di noi due merita tanto dolore.»
La confessione di Riccardo lasciò Daniel basito permettendogli di comprendere quante falsità gli avesse raccontato quella donna orribile di cui il suo amico aveva tanta pena.
E non poté non domandarsi se anche le cose che gli aveva raccontato sul conto di Alice non fossero delle bugie.
«Devo chiederti scusa», risprese Riccardo, fissando il vuoto.
«E di che?» chiese Daniel.
«Quando sei venuto in studio mi è scattato qualcosa che non saprei descrivere. Insomma, temevo che un incontro con Alice avrebbe complicato la sua situazione. In questo momento, il suo equilibrio emotivo è molto precario e temevo che il rivederti avrebbe riaperto vecchie ferite. Per fortuna, sembra che sia nuovamente certa di sposarsi, ma fino a qualche settimana fa, voleva mandare a monte ogni cosa», raccontò Riccardo.
«Cosa avrei dovuto farle?» domandò Daniel sentendosi in colpa.
«Ha scoperto che Alex ha avuto una breve relazione nel periodo in cui si erano presi una pausa di riflessione. Hanno parlato molto, si sono chiariti e sembra che ora le cose vadano davvero meglio. Alex, poi, è diventato molto protettivo nei suoi confronti - fin troppo direi -, soprattutto dopo che hanno scoperto di non poter concepire dei figli se non tentando con la fecondazione assistita. Onestamente, Alex ha cercato di incoraggiarla a sottoporsi alle cure necessarie, ma dopo quel tradimento Alice è diventata così sospettosa e ansiosa che ora come ora ogni tentativo andrebbe fallito. Per fortuna, pare che questi giorni a Borgo Piccolo, i preparativi e la scelta dell'abito le abbiano fatto vedere le cose nella giusta prospettiva. Alex mi sembra una brava persona, in fin dei conti, tutti possiamo avere delle cadute, l'importante è riprenderci e lui ama moltissimo Alice», disse Riccardo.
«Non è abbastanza per lei, non può renderla felice», sibilò Daniel come se stesse esprimendo ad alta voce un pensiero.
«Cosa?» chiese Riccardo.
«Niente, niente. Solo che, amico mio, mi hai gettato addosso una serie di casini indicibili. Insomma, da queste parti avete una vita elettrizzante, a quanto pare», cercò di smorzare l'atmosfera.
Riccardo lo fissò e poi scoppiò a ridere annuendo.
«Vado a prendere i bambini e torno subito», disse Riccardo alzandosi.
«Ok!» rispose.
Mentre il suo amico era via, Daniel ritornò a girovagare per il giardino ritrovandosi nuovamente davanti alla serra. La testa era affollata da mille pensieri, ma uno lo torturava maggiormente: i veri sentimenti di Alice.
"Ma che m'importa, dopotutto, domani sarò a Milano e il mio obiettivo era divertirmi con lei", si ripetè.
Mentre però passava davanti alla serra udì delle voci e la curiosità lo portò a entrare e nascondersi fra le piante. Poté vedere così Isabella e Alex che litigavano animatamente per qualcosa. Daniel, insospettito, tentò di avvicinarsi per udire meglio.
«Cosa vuoi ancora da me? Tra noi è finita, lo sai. Sto per sposarla e ho giurato a me stesso che non l'avrei più fatta soffrire, è già abbastanza provata per via dei bambini e della gara. Non voglio perderla», abbaiò Alex.
«Avresti dovuto pensarci prima!», disse Isabella gettandogli in faccia dei fogli.
«Cosa sono questi?» disse Alex raccogliendo i fogli dal pavimento.
«Leggi!»
Daniel era sconvolto, ma doveva capire cosa stesse accadendo.
«Cristo! Cosa significa?» domandò terrorizzato Alex.
«Che tra sette mesi diventerai padre! Da lei non avrai mai figli, ma da me sì» ghignò Isabella.
«Ma non può essere, io...»
«Devo ricordarti come lo abbiamo concepito? Mio marito non mi tocca da quando ha quella puttana, e tu eri troppo ubriaco per pensare a metterti un dannato preservativo, quindi...» spiegò mordace Isabella.
Alex si accasciò sulla panchina alle sue spalle infilando le mani tra i capelli, disperato.
«Devi abortire! Insomma fa qualcosa. Io amo Alice e voglio sposarla. Ho sbagliato, ne sono consapevole, ma non può finire così. Voglio che sia lei la madre dei miei figli», mugolò Alex.
«Smettila di frignare, non ho nessuna intenzione di abortire perché tu non vuoi assumerti le tue responsabilità, chi credi perderà più di tutti quando questa storia verrà fuori? Riccardo sarà sempre il "figlio di papà", giustificato e io l'arrampicatrice sociale che verrà rispedita nella fogna dalla quale proviene! Mi toglieranno i miei figli, ti rendi conto?» tuonò Isabella.
«Mi dispiace per te, ma non riconoscerò questo bambino e vorrei che ti dimenticassi di me!» disse Alex prima di andarsene, lasciandola da sola.
Non appena furono soli, Daniel uscì allo scoperto e raggiunse Isabella.
«Complimemti, bella interpretazione. Mi stai sorprendendo ogni istante. Sei davvero una donna dalle mille risorse», disse istrionico Daniel.
«Cosa vuoi?», ringhiò Isabella.
«Sai, non mi stupirebbe affatto se quelle analisi fossero false quanto te», asserì salace.
«Vai al diavolo, Daniel Russo, non hai idea contro chi hai appena deciso di schierarti», ribatté furente.
«Sicuramente, adesso, ho un quadro più completo di quali siano realmente i tuoi piani. Posso assicurarti che io non ho intenzione di aiutarti ad affondare questa famiglia nello scandalo. Mi assumerò le mie responsabilità e per una volta sarò realmente sincero con chi ha davvero fiducia in me», disse Daniel.
«Ah, un Daniel Russo redento non lo crederà mai nessuno», ribatté.
«È probabile, ma voglio potermi guardare allo specchio domattina, mentre tu che farai? Te lo dico io: annegherai nelle tue stesse bugie e assurdi piani per ottenere un riscatto dalla vita che avresti semplicemente dovuto garantirti con le tue uniche forze. Quale sadica soddisfazione provi nel veder soffrire la gente?»
«Me lo chiedi proprio tu? Mi viene da ridere, sai. Lo stesso sadico piacere che provavi tu nel vedere le ragazze concederti la loro verginità per poi gettarle nell'oblio. O vogliamo parlare di quello provato irretendo la sorella del tuo amatissimo amico che hai prima per anni bullizzato? Ci sarebbe da scrivere un manuale sulle tue manie. Ora lasciami passare, devo tornare dalla mia famiglia.»
«Con quale coraggio guardi in faccia i tuoi figli? Io, almeno, ho scelto di non legarmi a nessuna proprio per questo, ma tu eri consapevole, anche quando hai lasciato che quell'idiota di Alex ti mettesse incinta. Cosa speravi di ottenere? Aspetta, ci sono, speravi che lasciasse Alice per te, o sbaglio? In questo modo, avresti preso due piccioni con una fava: ti saresti vendicata di entrambi i fratelli cattivi e avresti avuto nuovamente qualcuno che fingesse di amarti come Riccardo. Ma che amore hai da offrire tu? Tu, sei più malata di me», fece per andarsene ma ebbe un ripensamento, «ti consiglio di iniziare a raccogliere le tue cose», aggiunse per poi uscire dalla serra.
Quando rientrò nella villa era deciso a parlare con Riccardo e poi andarsene ma si ritrovò davanti ad Alice che si rabbuiò non appena lo vide.
«Ciao Medy, hai visto tuo fratello?» chiese e poi si preoccupò di contenere le mille emozioni contrastanti che quella donna provocava in lui: rabbia, eccitazione, desiderio, compassione.
«Sono appena arrivata!» rispose assorta nei propri pensieri.
«Ascolta, facciamo finta che non sia accaduto nulla, domani sarò a Milano e tu potrai continuare la tua vita. Io...», si fermò avvertendo una morsa allo stomaco improvvisa.
Alice lo fissò dapprima perplessa e poi delusa.
«Forse hai ragione, dobbiamo dimenticare tutto, tra tre mesi sarò sposata e questo sarà solo un ricordo», parafrasò.
«Ci siamo divertiti e basta. Senza rancore?» disse Daniel con un filo di rammarico nella voce e la mano tesa verso Alice.
La giovane donna strinse quella mano, titubante.
«Allora perché ho la sensazione che ci stiamo mentendo?» sussurrò lei.
«È solo una sensazione sgradevole, passerà. Quando ti ho vista davanti alla pasticceria ho desiderato tornare ai tempi in cui eri il mio oggetto del de… degli scherzi preferito e in memoria di allora mi ero imposto l'obiettivo di farti mia. Insomma, nulla di meno immorale del solito, trattandosi del sottoscritto. Quanto a te, beh, lo hai detto tu stessa che il tuo obiettivo era solo quello di divertirti ancora una volta prima del matrimonio. Insomma, ognuno di noi ha avuto ciò voleva, vero?», confessò sperando che lei tornasse a odiarlo per quella che era la sua vera natura.
Alice restò per qualche istante senza parole, poi ritrasse la mano e sul suo viso comparve una smorfia di disprezzo che sollevò Daniel.
«Sei davvero uno stronzo, Daniel Russo! Io credevo che...» sentenziò.
«Cosa? Cosa pensavi?» un lampo di speranza lo accese di colpo.
«Che, che fossi cambiato! E invece… Se non avessi promesso a mia madre di pranzare a casa me ne andrei per non stare al tavolo con te», disse.
«Non ti preoccupare, non dovrai stare al tavolo con me. Devo solo parlare con Riccardo e poi tornerò in albergo», asserì.
Mentre si congedava da Alice vide arrivare Riccardo e gli si avvicinò.
«Fratello, ora è il mio turno di essere sincero con te, ho bisogno di parlarti urgentemente!» si affrettò a dire.
Riccardo, sorpreso, rispose: «Ma ci stanno aspettando a tavola».
«Per favore, dammi qualche minuto!» insistette Daniel.
Riccardo annuì e lasciò Piergiulio e Carlotta alla tata e seguì Daniel in giardino, dove quest'ultimo raccontò ogni cosa al suo amico.
«So che mi odi e se non vorrai parlarmi più, ti capirò, ma prima di sparire dovevo avvisarti del pericolo che Isabella costituisce per la vostra famiglia», disse.
Riccardo, confuso e con le lacrime agli occhi alzò lo sguardo e poi si voltò verso Daniel e il suo viso sembrò trasfigurarsi dalla rabbia che culminò con un pugno in piena faccia dell'amico.
«Ti ho sempre trattato come un fratello e mi ripaghi così? Prima mia sorella e poi mia moglie! Se ti avessi lasciato fare ti saresti portato a letto persino mia madre? Vattene, lurido batardo e non farti più vedere!» ringhiò contro Daniel per poi allontanarsi caricando verso il fidanzato della sorella che era sopraggiunto nel frattempo.
Alice ebbe un sussulto quando, senza capire cosa si fossero detti, vide l'aggressione da parte del fratello verso Daniel.
Mentre quest'ultimo cercava di ritornare in casa per andarsene, barcollando a causa del colpo, Riccardo, senza dire una parola e senza preoccuparsi della prestanza fisica di Alex, lo colpì violentemente sul naso e poi gli assestò un altro gancio nel fianco, ma questa volta emise un urlo acuto per il dolore che quel pugno, scontrandosi contro i muscoli tonici e rigidi del ragazzo gli aveva procurato.
«Basta Rick! Che sta succedendo?» urlò Alice gettandosi a fermare il fratello.
«Diglielo tu, se sei un uomo! Parla, figlio di puttana, dille la verità!» gli intimò mentre si teneva la mano fratturata.
«Non ho niente da dire!» asserì Alex mentre si copriva il naso rotto e sanguinante.
«Cosa sta succedendo? Parlate, per carità!» supplicava, isterica, Alice.
«Daniel ha scoperto che Alex e Isabella hanno una storia che va avanti da tempo e che quella puttana di mia moglie aspetta un figlio da lui», abbaiò.
«Ma… che stai… dicendo? Rick, che stai dicendo? Alex e Isabella? No, no, non può essere. Daniel, maledizione!», disse sconvolta Alice rimettendosi in piedi, con le lacrime che le scendevano copiose dagli occhi mentre osservava tutti i presenti senza riuscire a proferire parola. Poi si diresse verso Alex con lo sguardo supplicò come se lo stesse implorando di dirgli una verità differente e meno crudele. Nel frattempo, era sopraggiunta Giulia, che sentendo le urla, era corsa nel salone.
«Cosa sta succedendo?» disse la donna.
«Ah, l'hai fatto alla fine! Ti sei lavato la coscienza distruggendo la serenità di questa famiglia!» esordì Isabella facendo anche lei il suo ingresso e trovandosi davanti a una scena raccapricciante.
Quando la vide, Alice le si scagliò contro iniziando a colpirla ferocemente finché Daniel non la tirò via continuando a stringerla fra le braccia per trattenerla.
«Lasciami! Io l'ammazzo, l'ammazzo e poi ammazzo te!» continuava a urlare Alice tentando di liberarsi dalla presa di Daniel.
«Fai tanto la santarellina quando anche tu ti sei data da fare con Daniel», inveì Isabella cercando di rimettersi in piedi.
«Stai zitta! Non parlare o non rispondo di me. Cosa volevi dimostrare? Perché sei voluta entrare in questa famiglia se ci ordiavi così tanto?» disse Riccardo rivolgendosi alla moglie.
«Tu mi hai disonorata davanti a tutti portando alla festa la tua amante e vieni a parlare a me di morale? Sei un ipocrita, almeno abbi la decenza di stare zitto», ribatté piccata Isabella.
«E questo ti ha autorizzata a scoparti e farti mettere incinta dal fidanzato di mia sorella e poi irretire il mio amico, sperando di coinvolgerlo nei tuoi loschi affari ai danni di mia sorella? Non ti riconosco più, Isabella. Cosa devo pensare? Mi hai mai amato, almeno?» disse Riccardo.
A udire quelle cose, Giulia ebbe un malore cadendo a terra priva di conoscenza.
Dopo che l'ambulanza ebbe portato Giulia in ospedale per degli accertamenti, i fratelli Paladino erano partiti per seguire le sorti della loro madre. Daniel, non avendo altro motivo per restare, decise di ritornare in albergo.
Ma mentre infilava le ultime cose nel trolley trovò la busta con i taralli dolci e, immediatamente, la mente lo riportò a quella notte: rivide Alice seduta sul suo letto che cercava di mandare giù pezzi di biscotti e nel frattempo tentava di sfuggire più da sé stessa che da lui; a come gli era sembrato diverso quel sesso rispetto a tutte le altre volte e, infine, alle parole di lei a Villa Paladino, qualche ora prima. Scoprì di aver desiderato che lei gli confessasse i propri sentimenti e non per potersi compiacere di tale disfatta ai danni di Alice, che andava bene oltre i suoi piani, ma per sentire vibrare ancora una volta la propria anima, come la notte prima quando si era perso dentro di lei.
Purtroppo, non aveva calcolato bene i rischi di quella situazione, e si era ritrovato a fare i conti con una parte di sé che evocava quel bambino alla perenne ricerca di una felicità che tutti avevano, tranne lui. Mollò la sacca porta abiti sul letto e si sedette alla scrivania fissando il vuoto, poi gli occhi ricaddero su una specie di cartellina bianca con il logo dell'albergo che doveva contenere qualche dépliant e il menù del ristorante; allungò la mano e l'aprì trovando al suo interno, tra le altre cose, un blocco di carta, delle buste bianche e una penna tutte con l'intestazione dell'albergo. A un tratto, lì balenò nella mente un'idea e senza pensarci troppo su, iniziò a scrivere.
Cara Alice,
Mi dispiace di essere stato la causa di ciò che è accaduto alla tua famiglia. Forse ha ragione Isabella: non sono poi così dissimile da lei. Ma la vita non è stata facile e mi ha temprato a questo modo. Non cerco il tuo perdono perché, nonostante sia un immorale, riconosco di non poter pretendere nulla del genere tanto da te quanto dal mio amico. Mi auguro che Giulia si riprenda quanto prima e che ognuno di voi possa trovare, in qualche modo, la serenità. A volte, nel gioco si cerca di celare una verità che non abbiamo il coraggio di rivelare nemmeno a noi stessi, perché ci spaventa e non sappiamo come gestire, in quanto troppo differente dal nostro modo di fare abituale. Cosa cerco di dirti? Nulla, probabilmente, che valga la pena che tu sappia. Vorrei invece ringraziarti per avermi regalato l'emozione di sentir battere davvero questo cuore e una felicità che, seppur breve, è molto più appagante del piacere effimero di cui nutro il mio ego.
Buona fortuna Medy.
Tuo Daniel.
Dopo aver scritto quelle parole, prese una busta e ci cacciò dentro la lettera ben piegata, poi vi scrisse il destinatario e si alzò.
Dopo un'ora, era nuovamente davanti a Villa Paladino e sfilata la lettera dalla tasca della giacca la fece scivolare all'interno della buca delle lettere, sistemata accanto al cancello principale, ma prima di risalire sul proprio taxi si avvicinò alle sbarre di ferro, che lo dividevano da quella famiglia e lanciò un ultimo sguardo malinconico verso l'ingresso della casa.
«Alla fine, ogni cosa ha il suo prezzo. La felicità che tanto anelo non è stata concepita per me e forse, a questo punto, ora che ho perso tutto, ora che ho perso lei, non sono più nemmeno sicuro di volerla, perché non sarebbe comunque reale.»
Disse per poi risalire sul taxi che lo avrebbe portato in stazione.
Cosa era capitato in sole quarantotto ore? Tentò di fare un resoconto che gli permettesse di capire, ma per quanto si sforzasse di vedere tutto in maniera distaccata, non poteva restare completamente indifferente al dolore e la distruzione che aveva causato in quella che un tempo considerava la propria famiglia. Non aveva più un amico e nemmeno la donna che capì solo allora di amare da anni e che invece era stato in grado di allontanare per sempre da sé.
Guardò un'ultima volta fuori dal finestrino e poi ritornò a sfogliare il giornale, mentre il treno iniziava lentamente a muoversi, diretto a Bari.
«Che significa?» disse improvvisamente una voce femminile ansimando.
Daniel alzò lentamente gli occhi, quasi temesse che quel sogno prendesse consistenza annientandolo definitivamente, e vide Alice, sconvolta e trafelata come se avesse appena fatto una maratona, proprio davanti a lui che gli sventolava la lettera sotto il naso, mentre con l'altra mano si teneva il fianco.
«Non so di cosa parli! Vai anche tu all'aereoporto?» rispose ostentando un'imperturbabilità quasi innaturale e ritornando a fissare le righe dell'articolo che stava leggendo poco prima e che ora si confondevano tra loro come i suoi pensieri.
«Dimmelo in faccia!» insistette e poi si accomodò accanto a lui.
«Spero tu abbia il biglietto», continuò Daniel sempre algido.
«Sei un vigliacco. Lo sapevo!» sentenziò Alice.
A quel punto, Daniel chiuse bruscamente il giornale e lo mise da parte.
«Cosa vuoi che ti dica?» domandò con il cuore che gli saltava in gola.
«Che mi ami!» rispose Alice.
«Cosa cambierebbe?» ribatté distogliendo lo sguardo da quello di Alice e mettendosi a fissare davanti a sé.
«Potrei dirti che ti amo anch'io, per esempio» incalzò.
«Saresti sincera?» domandò mentre un ghigno gli si disegnava sulle labbra.
«Io, sì e tu?»
«Si può fare! Allora vieni con me a Milano?» domandò Daniel.
«Uhm, si può fare!» parafrasò prima di avventarsi sulla bocca dell'uomo.
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