CAPITOLO 6
Anche la mattina dopo spuntò il sole. Le poche nuvole che si muovevano in cielo si spostavano rispettose al suo avvicinarsi, facendogli spazio. Un vento leggero muoveva gli alberi e nel complesso la giornata sembrava promettere di essere buona fino a sera. Il viaggio in corriera mi sembrò inspiegabilmente più corto del giorno prima, forse per la voglia che stranamente avevo di raggiungere l'università, nonostante la recente esperienza stressante. E così, senza quasi pensarci, mi ritrovai subito in città.
Mi sorpresi vedendo Emma ad aspettarmi al capolinea. E mi sorpresi ancor più di non essere spazientita dalla sua presenza, come invece mi era accaduto la sera avanti. La notte evidentemente aveva rimesso a posto i sentimenti che mi avevano colto. E di questo non potevo che esserne sollevata.
Seppure fosse mattino presto, Emma era già pronta a raccontarmi le ultime novità, col suo inseparabile entusiasmo e col suo solito sorriso coinvolgente.
Raggiungemmo la facoltà con calma, fermandoci di tanto in tanto a commentare le vetrine di alcuni negozi di abbigliamento, confrontandoci sui nostri gusti.
Era strano... Per la prima volta mi sentivo spensierata come gli altri!
Salutati alcuni amici di Emma, mi preparai a seguire con lei la prima lezione. L'aula non mi intimoriva come era successo inizialmente, aveva già un'aria più familiare adesso e mi dava un senso di fiducia.
La mattinata passò così, senza problemi. Mi ero ormai abituata alla routine degli insegnamenti che si succedevano e sapevo riconoscere molti dei volti degli studenti che incontravo. I loro nomi faticavano ancora a fissarsi nella mia mente, ma non me ne facevo un problema. Ero troppo presa dalle aule che cambiavo continuamente per prestargli attenzione.
Presto venne l'ora di pranzare e ci ritrovammo ad attraversare la soglia de La casa degli studenti. La sala era quasi piena dato il nostro ritardo, ma trovammo ugualmente due posti liberi vicini. Il rumore ovattato delle voci rendeva difficile chiacchierare e così, nel mio silenzio forzato, qualcosa mi turbò improvvisamente la mente...
Inaspettatamente sentii un brivido scendermi lungo la schiena e diventare un fremito allo stomaco al pensiero di incrociare ancora il suo sguardo. Lanciai un'occhiata furtiva al tavolo dove eravamo seduti il giorno prima e non riuscii a trattenere l'agitazione. Con convinzione passai al vaglio il resto del locale, prevedendo di trovarlo seduto da qualche altra parte, ma di Marco non c'era segno.
Un senso di ansia mi impedì di distrarmi dal suo pensiero. Non riuscivo a capire quello che mi stava succedendo. Niente mi aveva mai messo così in apprensione.
Emma mi rivolse un paio di domande, a cui cercai di rispondere con naturalezza, senza seguirne il senso. Mi sentivo stranamente nervosa e non riuscivo a farne a meno. Continuavo a riflettere sullo scontro verbale che avevo avuto con lui e che, di sicuro, avrebbe avuto un seguito se ci fossimo di nuovo trovati faccia a faccia. Era un pensiero fisso. Non mi andava un'altra giornata come quella precedente. Eppure, allo stesso tempo, ero pronta a fronteggiarlo ancora, a rimetterlo al suo posto...
Tony arrivò come sempre e, dopo aver baciato teneramente Emma, mi salutò calorosamente. I loro discorsi faticavano a farsi strada nella mia mente: nonostante ci provassi, non riuscivo a concentrarmi. Era come se il timore di incontrarlo si mescolasse a un'ingiustificabile voglia che accadesse. Aveva avuto lui l'ultima parola e questo mi disturbava. Era inutile negarlo. Nessuno mi aveva mai messo a tacere.
L'ultimo filo di ansia svanì al rintocco delle campane di San Giuseppe, che ci ricordavano l'approssimarsi dell'inizio delle lezioni del pomeriggio. Emma e Tony si incamminarono verso l'uscita e io li seguii svogliata.
"Allora... non vuoi proprio venire, Elisabeth? mi disse Emma col viso imbronciato.
Cercai di mascherare la mia sorpresa, quando realizzai che quel pomeriggio non si sarebbe fermata a lezione per studiare un po'. Avevo completamente cancellato la sua conversazione di poco prima con Tony. Lui aveva un esame quel semestre e voleva provare a prepararsi insieme a lei. Fingendo una disinvoltura confusa, declinai l'invito e la salutai ancora più delusa promettendo di rivederci il giorno dopo.
Non avevo più voglia di andare a lezione.
Mancava ancora un po' di tempo alla prima corriera disponibile e così decisi di approfittare di quel tempo libero, per cercare una libreria vicina e provare a distrarmi un po'. I libri mi piacevano. Mi portavano lontano con la mente e questo mi aveva aiutato a sfuggire dai momenti più difficili della mia vita e ne ero rimasta legata. Imboccai quindi la strada per la libreria che mi avevano indicato, certa della mia decisione. Trovarla non fu un problema: occupava parte del pian terreno di uno stabile ed aveva due grandi vetrine abbellite di volumi, ben visibili anche da lontano.
Appena gli fui di fronte mi passai le dita tra i capelli, facendo alcuni respiri profondi e cercando di non pensare più a lui, spinsi la pesante porta a vetri che faceva da ingresso ed entrai. Non appena varcai la soglia i pendagli appesi sopra, suonarono armoniosamente. Il locale era veramente grande, diviso in settori a seconda degli argomenti. Vistose scritte suggerivano alla clientela come muoversi tra gli scaffali pieni di libri e di tanto in tanto alcune poltroncine di plastica colorata invitavano a sostare per consultarli. Ce n'era per tutti i gusti: narrativa, saggistica, libri per bambini, libri di viaggi, manuali... insomma avrei avuto proprio di che passare il tempo!
Una signorina minuta, dai capelli corti, lisci, color mogano, mi passò davanti sorridendomi appena, con una pila di libri tutti uguali tra le braccia che posò sul bancone accanto alla cassa. Prontamente passò la copertina davanti al lettore dei prezzi, che suonò un timido "bip" stampandone un'etichetta adesiva, che vi appose con visibile confidenza. Quindi ripartì con la pila di volumi e la sistemò a terra, in mezzo ad uno dei corridoi creati dagli scaffali. Continuò per un po' il suo lavoro allo stesso modo, riempiendo in breve tempo gli spazi della libreria, a suo avviso, troppo vuoti.
Mi aggiravo per quel locale come rapita dai titoli che mi scorrevano davanti colmandomi la mente. Mi avvicinai al settore "Classici" che erano i miei preferiti e ne presi uno a caso per sfogliarlo: "Anna Karenina". Mi piaceva quel romanzo, lo avevo letto già tante volte, eppure non riusciva a stancarmi. Totalmente presa ancora una volta dalle sue pagine, voltai distratta lo sguardo, cercando l'angolo della lettura. Desideravo sedermi e sprofondare ancora nei suoi passi più belli, quando sentii di botto affluirmi il sangue alle tempie e un calore diffondersi da capo a piedi. Un senso di disagio mi assalì bruscamente e mi fece abbassare la testa per nascondermi nei lunghi capelli.
Lui era lì! Non potevo incontrarlo! Non lì. Assolutamente!
Ma se non aspettavi altro! mi disse la solita vocina insidiosa nella testa. Volevi avere tu, l'ultima parola. Bene! Affrontalo allora!
Lo tenni d'occhio tra le ciocche che si spartivano. Stava leggendo concentrato un alto volume, dalla copertina rigida. Non ricordavo fosse così alto. O forse era il fisico longilineo a renderlo più slanciato. Indossava un paio di jeans chiari e un giubbotto blu cerato da cui spuntava una maglia bianca. A quella vista avvertii il rossore delle mie guance, infiammate incomprensibilmente per l'agitazione.
Magari lo affronto un'altra volta... mi convinsi nonostante tutto.
Chiusi il libro, lo riposi sullo scaffale che avevo di fronte e mi voltai. Desideravo ardentemente uscire al più presto di nascosto. Gli gettai un'ultima occhiata furtiva, per sincerarmi che non mi avesse notato. Stava ancora scorrendo le pagine del libro, assorto... Accelerai il passo, quando inavvertitamente il mio piede inciampò su una pila di libri sistemata poco prima dalla commessa. Questi si abbatterono a terra fragorosamente, sparpagliandosi sul pavimento di moquette rossa.
Merda! imprecai con la mente.
Per un istante rimasi ferma immobile, guardandomi intorno imbarazzata. Avevo gli occhi dei presenti nel mio angolo lettura puntati addosso. Cercai di non badarci troppo e facendomi coraggio mi chinai a raccoglierli. In quel momento attirato dal rumore, Marco si sporse da uno dei corridoi, distogliendo lo sguardo dal suo libro e accortosi dell'accaduto si precipitò al mio fianco, aiutandomi ad impilarli. Tenni per qualche istante gli occhi fissi sul libri, poi lo guardai. Il suo volto era amichevole, con un sorriso meraviglioso disegnato sulle labbra. Non pareva ricordare il diverbio del giorno prima.
"Grazie" dissi.
"Prego" rispose con una voce bassa e calda.
Credevo ce l'avrebbe avuta con me per come gli avevo parlato ed invece si comportava senza alcun rancore. I suoi occhi per un breve istante sfiorarono i miei, facendoli abbassare immediatamente. Un brivido mi percorse. Le gambe si fecero incerte quando mi rialzai. Quell'attimo mi parve lunghissimo...
La ragazza dai capelli color mogano arrivò prontamente di lì a poco sbraitando. Marco di fronte a me si voltò. Aggrottò le sopracciglia facendosi serio e si rivolse a lei, con tono di rimprovero:
"Ehi... Carmen! Ma dove hai messo i libri?! C'è mancato poco che cadessi. Sta' più attenta, santo cielo! Potevo farmi male!"
"Marco!... Non sapevo che fossi qui..." si sistemò subito la maglietta, nervosa, contenendo la voce e lanciandogli uno sguardo emozionato, "Mi dispiace sinceramente... Io credevo che... insomma... oh... Marco posso fare qualcosa?" piagnucolò. La sua irritazione per l'accaduto si era mutata in autentico rincrescimento.
Vedendo il suo disagio, Marco, inaspettatamente, addolcì i tratti del viso sorridendole e sfoderando tutto il suo carisma.
"In fondo non è successo niente" cercò di tranquillizzarla, "Poteva andare peggio"
Carmen si portò agitata una mano ai capelli, aggiustandoseli, quasi temesse di non essere a posto ai suoi occhi.
"Sono così mortificata, credimi. Se c'è qualcosa che posso fare? Io... " pronunciò la frase in maniera sdolcinata.
"Sta tranquilla..." rispose Marco con gentilezza, "Non importa..." in lei si accese un lampo di speranza. Come se avesse avuto un'ispirazione improvvisa.
"Facciamo così... Io smonto alle sei... Potrei offrirti un aperitivo, se ti va. Per farmi perdonare insomma..." era elettrizzata dall'idea che le era balenata per la testa. Non poteva nasconderlo.
Spalancai gli occhi, attonita. Marco mi fissò quasi indeciso, prima di risponderle.
"Perchè no..." si portò le mani in tasca dei jeans, "Devo controllare i miei impegni prima, ma direi che si può fare"
"Perfetto! Mi fai sapere l'ora? Il mio numero ce l'hai ancora? Non è cambiato..." esclamò eccitata, "Dall'ultima volta, intendo" puntualizzò seducente toccandogli un braccio con un risolino d'intesa.
Oddio! Cavoli, era pietosa!
Guardavo entrambi, incredula che ci si potesse comportare in un modo talmente ridicolo. Marco si portò una mano tra i capelli, massaggiandosi la testa, con un ghigno sul viso. Non volevo pensare a cosa andasse la sua mente perversa.
Schifoso! Era solo un porco!
In quel momento osservò la mia espressione nauseata, rimanendone sorpreso. Scossi la testa con disapprovazione e mi affrettai a raggiungere l'uscita. Carmen non mi notò nemmeno quando le passai accanto, incantata com'era a fissare Marco. Solo lui se ne accorse.
"Bene! Sarà meglio che vada..." battè i palmi delle mani insieme, come se avesse concluso un affare, "Ho parecchio da fare" continuò frettolosamente seguendomi.
"Ci vediamo allora... Marco!" gli gridò dietro, "Chiamami! Mi raccomando!"
Alzai gli occhi al cielo schifata. Ero letteralmente sbalordita dalla scena a cui avevo assistito. Il fascino che riusciva a suscitare era eccessivo, nonostante la bella presenza lo favorisse! Non contava solo l'aspetto esteriore nella vita e lui... beh, aveva una sfacciataggine insopportabile. E ne approfittava per giunta, consapevole di poterlo fare.
Attraversai la strada, allungando le distanze, convinta ormai di non essere per lui a portata di mano, quando Marco mi si affiancò.
"Incontrarsi una volta è un caso, ma la seconda è destino, Lizzy" frenai di botto la mia andatura.
Ancora quel nome! Mi voltai di scatto.
"La vuoi finire di chiamarmi in quel modo? Mi da i nervi" rise alla mia espressione irritata, "E comunque non ce n'era bisogno, Marco. So cavarmela benissimo anche da sola" gli dissi fredda riferendomi al suo intervento e riprendendo a camminare.
Continuò a seguirmi.
"Non ne dubito! Ma vedi... volevo che ti sentissi in obbligo..." con le mani in tasca, continuando a camminarmi a fianco, si avvicinò al mio orecchio tanto da farmi percepire il suo respiro, sussurrandomi, "... con me!"
Mi arrestai di botto. Lo puntai severa e lui mi fece l'occhiolino. Mi studiò per un istante, poi fece un grande risata. Ero senza parole, sbigottita per la sua insistente presunzione. E la rabbia tornò a salirmi in gola.
"Se ti avvicini un'altra volta, giuro che ti cavo gli occhi, Marco!" ringhiai tra i denti decisa ad andarmene, "E sto parlando sul serio!"
"Andiamo, dai! Stavo scherzando..." studiò la mia aria contrita con espressione ironica, camminando all'indietro per continuare a tenere gli occhi su di me.
"Tu non ti arrendi mai, vero?" gli dissi seguendo il marciapiedi. Il nervosismo che già conoscevo controllava la mia voce. Era inutile: con lui non poteva finire diversamente.
"Volevo solo offrirti un Bubble tea!" pronunciò la frase come se non potessi rifiutare, "Non c'è niente di male"
Mi fermai di nuovo, senza scompormi. Nella testa mi riecheggiarono le parole di Tony: "non ti lascerà andare tanto facilmente... Due settimane, tre al massimo...".
Se lo poteva scordare! Scossi la testa a quel pensiero. Non sarebbe mai successo...
Lo inchiodai minacciosa. Sul suo volto comparve un'aria meravigliata.
"Ok... chiariamo subito una cosa, Marco... Non ho intenzione di venire a letto con te. Né di sbavare per te come fanno tutte quelle oche che ti girano attorno. Quindi risparmiati la scena con me. Tanto non attacca... E poi non mi piace il Bubble tea!" l'irritazione aveva preso ormai la padronanza delle mie parole, che pronunciavo senza accorgermi di ciò che stavo dicendo.
Ripresi a camminare e lui mi saltellò accanto.
"Voglio solo offrirti da bere, quello che vuoi..."
"Ho da fare"
"Non è vero! Scommetto che stai tornando a casa, invece..." non risposi, attraversando di nuovo al semaforo e Marco mi tallonò, "E dai... solo il tempo di un caffè"
Mi arrestai ancora.
"Non mi interessi, Marco..." mi avvicinai a lui, stringendo i pugni per l'irritazione e lo puntai negli occhi con disprezzo, "Rassegnati! Cercati qualcun'altra e lasciami in pace! Le occasioni non ti mancano, a quanto ho visto..."
I suoi occhi a quel punto lampeggiarono nei miei.
"Dì un po'..." disse alzando un sopracciglio, "Sei così simpatica con tutti o devo considerarmi un privilegiato?!"
"Mi fai solo pena, Marco!" sostenni il suo sguardo, senza lasciarmi impaurire.
Lui abbassò gli occhi sulle mie labbra e tornò a guardarmi.
"Dio, Lizzy, mi farai impazzire... Ho capito il concetto. Possiamo almeno tentare di essere amici?" chiese inaspettatamente sconfitto, "Solo amici. Hai la mia parola!" alzò la mano aperta, quasi stesse facendo un giuramento, "Nessun secondo fine. Sul serio... Ti prometto che farò il buono. Voglio solo offrirti un caffè..."
"Perchè? Perché ti interessa tanto?"
Lui si sfregò il naso e ci pensò su.
"Non lo so il perchè... va bene!" esclamò, "Cristo santo! Non ci deve essere sempre un perché per tutto!" si disse per convincersene, "E' che mi va che diventiamo amici"
"Non ti è venuto in mente che non me ne freghi niente? Non mi interessa..." Marco chinò il capo, abbattuto.
"D'accordo..." disse quasi a se stesso, "Senti..." tacque un attimo vagando lo sguardo intorno. Indeciso su cos'altro dire per convincermi, "Non ho intenzione di venire a letto con te. Oddio, non che mi dispiacerebbe, per la verità..." commentò accennando il suo sorriso più provocante.
Lo fulminai all'istante.
"Ok, scherzavo" alzò le mani, "Non mi azzarderò nemmeno a pensarlo, va bene?" fece ricomponendosi, "Voglio solo frequentarti. Come faccio con Tony... o con Emma. Insomma... cosa ti costa?"
Un gruppo di ragazzi ci passò accanto, vociando chiassosamente.
Non mi andava di ficcarmi in nessuna amicizia del cavolo con lui!
"In fondo ti chiedo solo di prendere un caffè con me... Che ti costa dirmi di sì? Da amici... nient'altro" mi guardò con aria stranamente infantile, "Per favore" fece un cenno col capo indicando il bar che avevamo accanto.
Non mi ero nemmeno resa conto di averlo raggiunto. Esitai un momento di fronte alla sua espressione ingenua. Mi sentii all'improvviso confusa.
Io non potevo essere confusa! Non era assolutamente una cosa che mi si addiceva, mi disse di nuovo una vocina nella testa.
Il suo volto si accese fiducioso.
"Solo un caffè..." ripeté ancora.
Un caffè? ... Significava davvero solo questo? Era veramente sincero?
Si avvicinò all'entrata e raggiuntala aprì la porta, tenendomela aperta, sicuro che lo avrei seguito. Rimasi ferma a guardarlo e i miei propositi cominciarono a vacillare.
In fondo non c'era niente di compromettente in un caffè... E poi... sapevo tenerlo a bada
I suoi occhi non si staccarono dai miei.
E va bene. Solo un caffè , decisi rassegnata. Almeno mi avrebbe lasciata in pace dopo...
Feci un passo nella sua direzione, abbassando il capo per non alimentare la sua soddisfazione e capita la mia resa s'illuminò...
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