Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

CAPITOLO 34

Non incontrai Marco davanti casa la mattina dopo, come invece temevo. Come avrebbe potuto esserci del resto? L'avevo rifiutato, umiliato... ferito. Anch'io lo avevo fatto...

Mi sentivo un verme, a mente fredda!

Non avrei dovuto comportarmi in quel modo. Mi ero tormentata tutta la notte riflettendoci sopra. Avevo esagerato, ma non ci stavo più con la testa. La rabbia che avevo dentro mi aveva impedito di ragionare ed avevo agito d'impulso. Senza pensarci. Ripetermelo non mi faceva star meglio, comunque. Serviva solo a farmi sentire peggio.

Emma mi aspettava fuori dell'entrata dell'università quando arrivai, ansiosa di parlarmi. Finsi di non averla notata da subito, ma lei, appena mi vide, mi camminò incontro con un'aria severa in volto.

"Ma ti rendi conto del casino che stai combinando, Elisabeth?!" esplose subito senza nemmeno salutarmi, "Che ti è saltato in mente di andartene con Stefano, ieri?"

"Buon giorno anche a te, Emma" replicai cercando di mantenere la calma. Non mi servivano le sue ramanzine, mi sentivo già abbastanza in colpa di mio.

Lei mi fissò irritata e continuò, come se non avessi aperto bocca.

"E perché poi non mi hai risposto ieri sera? Avevo bisogno di parlarti!" si portò le mani ai fianchi rimproverandomi.

"Avevo il cellulare scarico... Si dev'essere spento" finsi, alzando le spalle e intrecciando le braccia. Lo avevo spento volutamente. Non volevo parlare con nessuno, tantomeno con lei.

"Non prendermi in giro, Elisabeth. Lo so perfettamente che lo hai chiuso di proposito!" ok, l'aveva capito. E perciò?

"Può darsi. E allora?!" mi rivolsi a lei scontrosa, "Non mi andava di parlare, va bene?"

Mi intrufolai dentro non appena uno studente aprì la porta a vetri, rinunciando a prestarle altra attenzione.

"Tony ha trascorso la notte a cercare Marco... Ha passato come il riso tutti i bar della città per trovarlo!" mi urlò alle spalle facendomi fermare.

Tornai indietro.

"Non mi importa un bel niente di Marco. Puoi anche risparmiarti il fiato, per quanto mi riguarda" ribattei irata.

Lei sospirò, intrecciò le braccia e la sua voce divenne cupa, mentre continuava.

"Lo ha trovato fuori di una bettola ubriaco fradicio, nel mezzo di una rissa con due ecuadoregni... E' intervenuta la polizia prima che Tony riuscisse a fermarlo..."

"Non mi interessa quello che fa, Emma!" finsi disinteresse, ma in realtà mi sentii l'unica reale responsabile. E la cosa mi inquietò alquanto.

"Elisabeth! Ha passato la notte in cella! Suo padre non lo ha tirato fuori fino a stamattina! E' distrutto, lo capisci!"

"E sarebbe mia la colpa, Emma? E' questo che stai cercando di dirmi? E' grande a sufficienza per decidere della sua vita... Non me ne frega un bel niente di come lo fa! Può anche finire in carcere e restarci, per quanto mi riguarda... Per me non esiste più!" le dissi bruscamente.

"Non puoi pensarlo veramente, Elisabeth! Dagli un'altra possibilità almeno! Vuole spiegarti... Bene! Lascia che lo faccia almeno!" mi supplicò, "Perché non vuoi?"

La guardai con le lacrime agli occhi per la tempesta di emozioni contrastanti, che mi investiva in quel momento, soffocandomi.

"Ho passato tutta la vita a soffrire, Emma! Lui mi ha ferito nei sentimenti più profondi. Cominciavo a fidarmi... ad innamorarmi di lui... ed invece lui...mi ha mentito! Mi ha usata, tradita, umiliata... Non riuscirò mai a perdonarlo... Non voglio più soffrire... mai più!" la mia voce tremava.

"Perché non riesci a capire che non è così, Elisabeth? Lui non ti ha usato! Io gli credo! Ingigantisci le cose... Non sarebbe finito in cella, se non gliene importasse di te. Ascolta le sue spiegazioni prima di decidere che va condannato!" continuò lei severa, "Parlagli, santo Dio!"

"Per sentire cosa? Altre bugie? No, grazie. Non mi interessa" risposi fredda, "E poi poteva dirmi subito la verità! Non l'ha fatto, Emma. Perché?" non rispose, "Perché non c'è altra verità: mi ha tradito, ecco quello che ha fatto!"

"Sì, perché tu gli hai dato la possibilità di spiegarsi! Di dirti la verità, infatti!" un po' aveva ragione in effetti, "Forse dovreste chiarirvi con più calma..." proseguì, "Le cose non sono sempre come appaiono. Guardalo negli occhi, Elisabeth. Gli si legge in faccia che è innamorato pazzo di te. Spiegatevi! Se poi non ti convince fa quello che ritieni più giusto, ma non giudicare affrettatamente come stai facendo!" mi urlò in faccia.

"Emma... io... io non sto giudicando affrettatamente... Io..." i miei occhi si riempirono ancora una volta di lacrime. Lo vidi tra le braccia di quella ragazza e poi lo immaginai ubriaco al bar, a punirsi per quel gesto. Il mondo all'improvviso crollò a pezzi. Chiusi le palpebre, e mi portai una mano alla fronte distrutta nell'orgoglio. Annientata dal rimorso.

"Mi ha fatto male, Emma!" dissi tra le lacrime, "Non ce la faccio più..."

Emma si avvicinò e posò le sue mani sulle mie spalle per invitarmi a fissarla. Sentiva che qualcosa stava mutando in me.

"Non era quello che voleva. L'ho visto nel suo sguardo. Credimi Elisabeth!".

Non risposi, ma le sue parole mi sconvolsero la coscienza e sentii dentro di me rimescolarsi qualcosa e modificare i sentimenti che provavo per lui ultimamente. Ci abbracciammo e scoppiai in un pianto liberatorio.

"Non ho mai avuto qualcuno che mi volesse bene veramente nella mia vita... mai. Ho costruito un guscio intorno a me... e ora che ho lasciato che qualcuno entrasse..." i miei singhiozzi la fecero trasalire. Mi strinse ancora più forte tra le sue braccia e condivise quel momento con me.

"Parlargli, Elisabeth" disse con voce rotta, "Ne avete bisogno entrambi"

Stranamente sentivo che era sincera e che comprendeva il mio stato d'animo. Forse aveva ragione. Forse stavo sbagliando tutto... Non potevamo continuare a ferirci a quel modo.

Il mio cuore alla fine cedette. Mi staccai da quell'abbraccio e la guardai negli occhi, asciugandomi le lacrime con una mano e tirando su col naso.

"E va bene gli parlerò..." dissi, "Ma non aspettarti che torni tutto come prima. Non lascerò che mi ferisca ancora... Mi ha fatto soffrire troppo"

Il suo volto si distese in un grande sorriso, finalmente sollevato.

"Questo basta già... Al resto ci penseremo poi"

Ci dividemmo per seguire le rispettive lezioni, promettendoci di incontrarci di nuovo per pranzo.

Ero ancora incredula di aver ceduto, ma il pensiero di Marco che si faceva del male a causa mia non mi dava pace e ora desideravo che ritornasse in sé e ci lasciassimo civilmente.

Seguii i miei pensieri tutta la mattina e presto mi ritrovai con Emma alla Casa degli studenti. Sapevo che Marco non si sarebbe fatto vedere per tutto il giorno e accettai di sedermi al tavolo con lei. Tony arrivò come sempre dopo poco e l'occhiata che mi lanciò era così mordace, che non ce la feci a sopportarla. Si sedette accanto ad Emma, senza nemmeno salutarmi o rivolgermi la parola.

"Come va Marco? Si è ripreso?" gli chiese lei preoccupata.

"No, che non si è ripreso. E' uno straccio... Ma non credo che importi a nessun altro escluso te a questo tavolo!" mi guardò folgorandomi con lo sguardo e mi sentii profondamente a disagio.

"Tony, non essere così duro con Elisabeth! Gli parlerà... Lo ha promesso. Vedrai che le cose si aggiusteranno... Hanno solo bisogno di chiarirsi" gli disse cercando di difendermi davanti alla sua irritazione.

Non servì a molto, "Hai una vaga idea di come si sente? Eh?" mi chiese lui con arroganza, "Ha completamente perso la testa... Io non so come hai potuto... Come fai a..." mi guardava a testa alta, dritto negli occhi. Non concluse la frase come se volesse dire troppe cose, ma non sapesse da dove cominciare. Gettò il tovagliolo con forza contro il tavolo, scuotendo la testa e abbassando lo sguardo. Si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia e mi fissò ancora furente.

Non mi lasciai intimidire.

"E tu hai una vaga idea di come mi sento io dopo quello che mi ha fatto?!" replicai sprezzante sostenendo il suo sguardo, "Glielo hai chiesto almeno quello che mi ha fatto? Eh, Tony? Glielo hai chiesto?"

Mi morsi un labbro per trattenere la rabbia e lui mi fissò bieco, pronto a ribattere.

"Ehi... ehi... calma ragazzi!" si intromise Emma, "Non peggioriamo oltre le cose, va bene? Quello che è stato lo sistemeranno loro, Tony... Noi non possiamo fare altro!" gli disse cercando di rasserenare gli animi.

Avevo un tremore addosso indescrivibile. Tra di noi calò un silenzio pesante. Nessuno volle più aggiungere altro, ma dentro di me la collera che provavo urlò con forza.

Ora era lui la vittima! Certo, tra uomini ci si sostiene... Non ne parliamo tra amici!

Se avesse saputo da me, che razza di miserabile teneva così nelle sue grazie, chissà se avrebbe continuato a difenderlo!

La furia aveva sostituito un'altra volta la compassione.

Vaffanculo lui e il suo caro amico! Erano della stessa pasta!

Persa in quelle considerazioni non mi accorsi nemmeno dell'ora tarda, se non quando cominciai a notare che gli altri intorno cominciarono a lasciare i tavoli. Presi lo zaino e passai le cinghie sulla spalla, pronta ad andarmene.

"Posso dire a Marco che ti può trovare qui domani?" mi chiese Emma prima che mi allontanassi.

Ormai avevo dato la mia parola. Anche se me la sarei rimangiata di nuovo.

Annuii soltanto e mi voltai.

"Ci vediamo, Emma!" non salutai Tony, non lo meritava.

In quel momento qualcuno mi si fermò accanto.

"Elisabeth? Ciao..."

Mi voltai, alzando lo sguardo verso quella voce esitante.

Di nuovo! Ma era un incubo!

"Stefano!" avrei voluto sprofondare. Mi ero completamente dimenticata che esistesse anche lui e sapevo che Tony non avrebbe approvato la sua presenza al pari di Marco. Non volevo assolutamente dargli altro legno da ardere.

"Ti posso parlare un minuto?"

"Veramente stavo per andare a lezione. Sono già in ritardo" racimolai velocemente le mie ultime cose senza prestargli attenzione.

"Non ci metterò molto... E' importante" mi parlava in evidente agitazione.

Mi spostai a malincuore un po' dal nostro tavolo, per ascoltare quello che aveva da dirmi.

"Che c'è?" gli domandai scocciata.

"Verresti a mangiare con me stasera? Si tratterebbe di una spaghettata... niente di troppo formale" spalancai gli occhi.

Ma era impazzito? Certo che no! Come gli era venuta un'idea simile?

"Non penso sia una buona idea, Stefano!"

"Beh... non saremmo noi due soli... Non che mi dispiacerebbe, ma... c'è un mio amico che ha un appuntamento... Il suo primo appuntamento ed è molto timido... Insomma... non se la sente di affrontarlo da solo... Si sentirebbe più tranquillo se lo accompagnassi io e da solo, sinceramente, mi sembrerebbe di reggere il moccolo" parlava senza interruzioni e io lo guardavo con gli occhi sgranati e la bocca aperta, investita dalle sue spiegazioni.

Ma che diamine stava dicendo? Avevo altro a cui pensare, che al suo amico o cosa diavolo era!

Tentai di recuperare la normalità nonostante tutto e tirai un lungo respiro.

"Ti ringrazio di aver pensato a me, ma proprio non posso, Stefano" gli dissi con finta gentilezza.

"Ma è il mio migliore amico! Si tratterebbe solo di una serata. E sarebbe un favore davvero grande per me".

Perchè doveva continuare a torturarmi?

Guardai Emma che con sguardo, apparentemente assente, scrutava la sala che si stava svuotando, per non condizionare la mia decisione. Intrecciai le braccia e provai ad essere chiara il più possibile.

"Non ho intenzione di uscire con te Stefano... Lo capisci questo?"

"Oh, no... Non sarebbe un appuntamento tra noi... Te lo assicuro" promise, "Sarebbe solo un favore..." aveva un'espressione delusa sul volto, che proprio non era riuscito a nascondere. E che in fondo mi inteneriva. Era l'ultima cosa che volevo, sentirmi in colpa anche con lui. Mi stavo già tormentando fin troppo.

Un favore... mi ridissi con la mente.

Stefano era stato gentile con me. Un favore, pensai, glielo potevo anche fare.

Ma perché riuscivano sempre tutti a farmi fare quello che volevano? – mi chiesi esasperata.

"E va bene! Ma solo per stavolta. Finisco le lezioni alle sei"

"Grazie Elisabeth!" il suo viso ritrovò vita all'istante, "Grazie infinite! Le sei va benissimo. Ci dobbiamo vedere alle sette alla Foglia d'oro... così abbiamo tutto il tempo di arrivarci"

Non sapevo dove fosse la Foglia d'oro. Fu lui a dirmelo...

"E' a Piazza del Campo. Lì vicino. Ti posso aspettare all'uscita se preferisci? Ci possiamo andare insieme" puntualizzò captando il mio disorientamento, "Anzi..." tirò fuori il cellulare dal suo zaino, "Se mi dai il tuo numero di telefono ti faccio uno squillo, così ti resta il mio. Nel caso non lo avessi messo in rubrica..." certo che non lo avevo messo in rubrica! Neanche ricordavo me lo avesse già dato! "Se non ci sono ancora, chiamami. Dovrei esserci, ma non si sa mai..."

Pure!

Non poteva essere così agitato. Non era un appuntamento. Ero stata chiara in questo. Senza rifletterci più di tanto gli dettai il numero e un secondo dopo il mio cellulare mi squillò nella tasca dei jeans. Non lo estrassi nemmeno.

"Ok... Ci vediamo all'uscita"

"Perfetto! A dopo allora..." indietreggiò inciampando in una sedia lasciata fuori posto, ma senza cadere e si avviò raggiante verso l'uscita, "Ci vediamo all'uscita..." ridisse tra sé, "All'uscita..."

Se lo avesse detto ancora una volta avrei rinunciato alla sua folgorante serata...

Tony mi passò davanti spostandomi con una spallata senza guardarmi ed Emma mi si fece accanto, prendendomi sottobraccio, sospirando e conducendomi fuori.

"Elisabeth... tu sei completamente autolesionista!" esclamò.

"Che ho fatto!" le chiesi stupita.

"Marco andrà un'altra volta di matto quando lo saprà!" puntualizzò.

"E chi vuoi che glielo dica?" le chiesi ingenuamente. Sapevo che lei non lo avrebbe fatto.

Lei si fermò e mi guardò, rassegnata, scuotendo la testa e solo allora nella mia mente si disegnò netta l'immagine... di Tony!


Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro