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CAPITOLO 33

La mattinata fu pesantissima quel giorno. Non riuscivo a togliermi dalla mente l'immagine di Marco. Quell'ultima immagine, che mi feriva l'anima e che mi straziava il cuore. Non volevo provare più nulla per lui, eppure per quanti sforzi facessi, lui era prepotentemente nei miei pensieri, ostinato a rimanerci. Dopo le prime due lezioni uscii nel corridoio, decisa a tornare a casa. Non serviva a niente rimanere. Non riuscivo a concentrarmi su altro. Non ne potevo più. Ero distrutta...

Una voce d'un tratto mi obbligò a voltarmi.

"Ehi... Elisabeth..." Stefano con aria interrogativa mi raggiunse nel corridoio correndo, con un sorriso fin troppo esultante stampato in faccia,  "Non ti ho più vista a lezione?"

Ripresi a camminare, esausta, e lui mi accompagnò.

"Ho cambiato piano di studi" risposi sbrigativamente. Non mi andava di tenere conversazione.

"Oh..." esclamò sorpreso, "Mi dispiace. Mi piaceva l'idea di averti nel mio corso"

Che cavolo aveva da sorridere a quel modo?

Aggrottai la fronte e i suoi occhi verdi si spalancarono, confusi. Le sue parole mi infastidirono per il significato che nascondevano.

Un altro maschio egoista, a cui interessava solo una cosa! Senza preoccuparsi minimamente dei sentimenti di chi aveva davanti. Dei miei sentimenti!!!

Ma a lui che cosa importava, in fondo? L'importante era raggiungere il suo scopo...

Non gli riposi neanche continuando a camminare.

"Vai a lezione adesso?" continuò imperterrito, "Posso accompagnarti, se ti fa piacere? Che lezione segui?"

Ma se ne voleva andare? Certo che non mi faceva piacere! Cosa voleva? Che glielo dicessi in faccia?

"Sto tornando a casa... Oggi non è giornata" volevo terminare lì la conversazione.

"Oh... non ti senti bene? Spero niente di grave! C'è in giro una brutta influenza, ho sentito"

Non ti ho detto che non mi sento bene! Ma allora sei ottuso! Gli avevo risposto troppo educatamente! Non aveva capito! Dovevo essere più diretta!

Lo fissai scocciata, "Stefano, oggi non è proprio giornata!" ripetei gelandolo con lo sguardo.

Volevo andarmene da quel luogo al più presto. Da lui e dalle sue stupide e inutili domande. Stefano mi guardò dubbioso.

"Posso comunque accompagnarti se vuoi... Ho la macchina. Sono venuto solo per scambiare dei libri, non mi fermo a lezione neanch'io, oggi" disse con gentilezza.

Ancora! Mi stava dando il tormento! Che dovevo fare: mandarlo esplicitamente al diavolo?!

Mi arrestai, prima di scendere al piano di sotto e lo fissai truce. Ma in quel momento la mia attenzione fu catturata da Marco che ci fissava impietrito in fondo alle scale. Con un'espressione risentita sul volto, che non potevo assolutamente accettare da lui. Non ebbi più dubbi.

"Ma sì... perché no?..." gli risposi d'improvviso sorridente.

Stefano spalancò gli occhi, sorpreso e allo stesso tempo soddisfatto. Il suo viso si illuminò.

"E' fantastico" esclamò esultante, "Fantastico!"

Scendemmo le scale e mi incamminai verso l'atrio. Passai accanto a Marco senza alzare lo sguardo verso di lui e proseguii.

"Dove hai la macchina?" domandai a Stefano fingendomi interessata alla sua risposta.

Desideravo che Marco sentisse. L'avevo detto apposta, alzando un po' la voce.

"Nel parcheggio sul retro. Non è lontana..."

Marco mi raggiunse alle spalle, nel momento stesso in cui arrivò anche Emma. Non lo degnai di uno sguardo.

"Ehi... Che ci fai qui? Credevo avessi lezione" mi disse lei a bruciapelo, "Dove stai andando?" - gettò un'occhiata a Stefano con aria inquisitoria e poi a Marco, in piedi accanto a lei. Intuiva che stavo per fare qualcosa che non le sarebbe piaciuto, ma sinceramente non mi importava.

"Vado a casa, Emma. Stefano mi accompagna..." ero sicura che quelle parole avrebbero provocato Marco. Era quello che desideravo di più in quel momento! Tutta l'attenzione di lui si concentrò su Stefano e una tensione palpabile si respirò nell'aria. Come se ci fosse in lui una furia compressa, a fatica trattenuta. Per un attimo temetti che Stefano stesse rischiando molto e la stessa impressione parve avere lui, che in imbarazzo decise di aspettarmi fuori.

"Ti aspetto fuori, Elisabeth... sì... fuori"

"Ti raggiungo subito, Ste" lui si voltò a studiarmi sbalordito per quella confidenza ed io gli lanciai un sorriso eccessivo. Sentii gli occhi infuriati di Marco posarsi all'istante su di me e ne fui terribilmente felice. Non contenta continuai

Sospirai guardando Stefano languidamente, mentre si allontanava.

"E' stato così carino ad offrirmi un passaggio!" feci intenzionalmente imbambolata, "Per fortuna esistono ancora ragazzi come lui..."

"Elisabeth! Questa non è la strada giusta da seguire" ignorai il rimprovero di Emma e continuai ad infierire su Marco.

"Ne approfitteremo per studiare un po' insieme, penso. Lo sapevi che lui ha già dato Antropologia?" mentii tentando di apparire spontanea. Emma mi guardò grave, poi guardò Marco che nel frattempo, si era spostato al mio fianco.

"Non lo fare, Elisabeth! Dammi retta" mi suggerì lei con evidente preoccupazione.

"Non sono affari tuoi, Emma!" le risposi subito scontrosa.

Avevo bisogno che lei capisse. Volevo andarmene e volevo che Marco si rassegnasse a lasciarmi in pace. Lo odiavo troppo per il male che mi aveva fatto. E desideravo farlo star male, come lui aveva fatto star male me.

"Passeremo il pomeriggio insieme" proseguii, "Stefano mi ha fatto tornare il buon umore" sospirai trasognata.

"Non è così che risolvi le cose, Elisbeth" era evidente che non approvava.

"Non c'è niente da risolvere, Emma. Ormai ho deciso"

Nessuna cosa mi avrebbe fermato, ormai.

"Va bene... come vuoi..." rispose con uno sguardo severo, "Ma poi non dirmi che non te l'avevo detto"

"Cosa?!" fece Marco furioso avanzando di un passo e impedendomi di replicare oltre, "E tu la lasci andare?!"

"Sono io che decido!" gli sbraitai contro, "Non è lei che mi lascia andare!"

"Marco! È meglio lasciar stare. Credimi..." le suggerì Emma intromettendosi, "Non è il momento di farla ragionare. Non è in grado di farlo adesso"

Lui la guardò con sdegno, poi mi prese un polso e mi trascinò con foga in un angolo, con la mascella contratta dalla collera.

"Non puoi farlo, Lizzy!" mi intimò rabbioso.

Mi liberai dalla sua morsa.

"Non sono cose che ti riguardano, Marco!"

"Lo sono invece... Non ti lascio portare a casa uno... uno di cui non conosci altro che il nome"

"E a te che te ne importa? Eh? Anche di te conosco solo il nome, ma non mi pare questo ti abbia preoccupato o fermato dal fare sesso con me" gli inveii addosso.

Con la coda dell'occhio vidi Emma portarsi una mano alla bocca, ma evitai di rivolgerle lo sguardo. Non le avevo ancora raccontato quel particolare e di certo saperlo in quel modo le aveva fatto un certo effetto.

"Il nostro non è stato solo sesso... lo sai" rispose avvilito con le mani ai fianchi, "E non ho iniziato io se vogliamo puntualizzare..."

Che stronzo! Adesso ero io la responsabile! Era colpa mia! Lui non avrebbe mai osato... Certo!

"Non attacca, Marco. Ti sei divertito?" non permisi ribattesse, "Bene! Così adesso mi lascerai in pace! Di solito ti comporti in questo modo, giusto?"

"Non volevo divertirmi... Cos'altro devo fare per farmi ascoltare da te, Lizzy? Dimmelo!"

"Non è una cosa che mi preoccupa, Marco!" lui chiuse gli occhi quasi a trattenere un impulso.

"Ti chiedo di non andare con lui. Te lo chiedo per favore. Puoi almeno farmi questo?"

"Io non devo farti alcun favore! Tu non puoi chiedermi proprio un bel niente, Marco. Niente! Va bene!" gli gridai contro, colpendolo con le mani sul petto.

Lui mi afferrò i polsi e li strinse con forza. 

"E invece no! No, che non va bene! Picchiami, insultami, prendimi a schiaffi, se vuoi..." mi urlò in faccia. La rabbia disperata che aveva in corpo bruciava sulla mia pelle, "Ma non dirmi che questo è l'unico modo per punirmi, per qualcosa che non ho fatto!!!" tentati di liberarmi dalla sua stretta, ma fu tutto inutile, "Che non ho fatto, Lizzy!!!"

Le sue dita erano conficcate nella mia carne. Mi fermavano il sangue. I suoi occhi erano rossi di rabbia. Non lo avevo mai visto in quello stato. Sentivo dentro di me che non mi avrebbe picchiato, ma lo stesso ne ebbi paura.

"Lasciami!!!!" gli gridai in faccia, "Mi stai facendo male!"

A quelle parole, Marco mi lasciò andare subito. Quasi si fosse reso conto solo allora di quel gesto ed alzò le mani mortificato.

Gli diedi una spallata e lo oltrepassai, senza lasciargli aggiungere altro.

Stefano appena fuori della grande porta a vetri, mi aspettava con le mani in tasca.

"Tutto bene?" disse non appena gli fui accanto.

"Sì. Possiamo andare" gli presi il braccio, intrecciandolo al mio, cercando di calmare il respiro affannoso che avevo addosso. Ero fuori di me. Mi aggiustai i capelli con una mano dietro alle orecchie e cominciai a camminare insieme a lui.

Marco corse fuori in un ultimo tentativo di fermarmi, ma poi si fermò. Posò il suo sguardo infuriato su di lui, per poi spostarlo su di me trasformandolo in apprensivo e si rassegnò.

Stefano sfoderò un ampio sorriso, spargendo intorno saluti, orgoglioso di avermi di fianco. Io lo seguii incapace di gioire, con una sofferenza addosso indescrivibile. E con la prepotenza di Marco ancora sui miei polsi. Lo seguii fino alla macchina quasi fossi stata un automa.

"E' quella blu cobalto" mi disse sorprendendomi.

I fari si accesero due volte quando premette la chiave e le serrature scattarono. Aprii la portiera del passeggero e salii. Mi portò dritto a casa seguendo le mie indicazioni e rispettando il limite di velocità. Parcheggiò, accanto al cancello e mi rivolse la parola. Non avevamo parlato molto nel tragitto e per la verità non ricordavo neppure di quale argomento, tuttavia pareva soddisfatto e, francamente, non mi spiegavo bene per cosa.

"Ci sarai a lezione domani!" mi chiese sorridendo.

Domani... il pensiero mi spaventò. Neppure sapevo se sarei arrivata a domani. Forse sarei morta prima di crepacuore!

"Forse..." risposi apatica.

"Be'... io ti aspetto... Se non ti scoccia. Arrivi per le otto, giusto?" continuò sperando in una approvazione.

"Non lo so... E non importa, davvero..." dissi smorzando le sue intenzioni e aprendo la portiera per uscire, "Grazie del passaggio Stefano" esclamai da fuori, abbassandomi verso il finestrino aperto per vederlo.

"E' stato un piacere, Elisabeth! Beh, allora... quando vuoi..." sfoderò un sorriso malizioso, strizzandomi l'occhio.

Non gli diedi alcuna soddisfazione: lo salutai impassibile e presi il viale di casa ancora una volta straziata. Ero pronta ad una nuova notte insonne a cercare di sfogare la mia rabbia, tormentata... Con la volontà di distruggere Marco nella mia mente, ma soprattutto nel mio cuore...



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