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CAPITOLO 30

La luce del giorno si diffuse gradualmente nella stanza e ben presto brillò. Il bagliore del sole inondò i muri e un raggio caldo mi colpì prima le spalle, per poi scendere lentamente sulla mia schiena nuda e sulle braccia strette attorno al cuscino.

La bufera era passata. Le grandi nuvole della notte, dopo aver rovesciato il loro carico di neve, si erano dissolte e il nuovo giorno era da un po' spuntato, su quel paesaggio avvolto di bianco. Attirata da quel dolce tepore, rivolsi il capo alla finestra e una luce accecante mi colpì gli occhi, quasi volesse completamente svegliarmi per l'ora tarda e costringermi ad alzarmi dal letto. Le mie palpebre si mossero pigre e indecise, consentendo agli occhi e alla mente di intuire dove fossi e riportandomi alla realtà. Mi sedetti sul letto ancora assonnata, guardandomi intorno. Coprendomi con le coperte, per non sentire il freddo che si stava diffondendo sul mio corpo ancora nudo e mi passai una mano tra i capelli, tirandoli indietro, sospirando. Accanto al cuscino un foglio piegato attirò la mia attenzione. Lo aprii per leggerlo e la calligrafia riportò immediatamente a galla i ricordi della notte passata.

"Potrei stare ore a guardarti mentre stai dormendo... Le strade sono libere, vado al casale. Ci vediamo più tardi"

M

Non mi ero neppure accorta che si era alzato, tanto dormivo serena... Avevo addosso ancora il suo profumo e quella strana agitazione che mi coglieva ogni volta che pensavo a lui. Nel silenzio della stanza, ovunque riecheggiavano tracce di lui e mi lasciai travolgere dal suo pensiero. Posai un mano sul ciondolo, appeso al collo e ripensai alle sue parole...

"Hai aperto il mio cuore e te ne consegno la chiave... Ora è tuo! Fanne di quello che vuoi..."

Un senso opprimente di angoscia, la stessa della notte prima, tornò a galla nei miei pensieri. La stessa che mi aveva spinto a far l'amore con lui e a dimenticare ogni timore, per la paura che avevo avuto di poterlo perdere. Quell'identica angoscia che mi aveva convinto a desiderare di essere parte di lui fino nel profondo dell'anima. Fino in fondo a me stessa.

Ma adesso? - mi chiesi. Che ne sarebbe stato di noi?

Avevo sbagliato... Non avrei dovuto farmi coinvolgere fino a quel punto. Quello che mi portavo dentro non era solo un ricordo. I ricordi prima di essere tali devono essere stati vissuti e questo lo sapevo bene. Non volevo ferirlo in alcun modo... ma così rischiavo di farlo veramente e forse nel modo peggiore...

Mi lasciai cadere sul letto, a faccia in su e fissai il soffitto. La mia mente ricominciò a immobilizzare i miei sentimenti. Il panico ritornò a riempirmi la testa con mille ipotesi, costringendomi a riflettere sulle conseguenze a cui avrebbe potuto portare il mio rapporto con Marco. Il mio sguardo tornò ad incupirsi e un'ombra di nuovo ricoprì i miei occhi. Il mio cuore cadde a pezzi, torturata com'ero dai sensi di colpa.

Mi alzai rassegnata ed entrai in bagno a farmi una doccia, quindi scesi di sotto.

Gli dovevo parlare... non potevo più rimandare...

Margherita, col giaccone imbottito addosso e un paio di scarponi ai piedi, stava per uscire.

"Buon giorno tesoro! Hai dormito bene?"

"Sì... non riuscivo ad alzarmi, tanto ci stavo bene!" ripensai di nuovo ai momenti che avevo passato con Marco e un po' mi sentii in colpa con lei.

"Oh... non darti pensiero! Sei ancora in vacanza!" mi tranquillizzò, "Marco è andato via presto stamane" continuò, "Le strade sono sgombre e ha voluto tornare immediatamente da Giulia. Che caro ragazzo! Verrà ancora però... Ha promesso di aiutare Luigi a tagliare i rami rotti dal ghiaccio di stanotte... anzi dovrebbe arrivare da un momento all'altro. Puoi aspettarlo tu, cara? Dovrei andare a cercare gli attrezzi che gli servono nel magazzino..."

Marco lì? A momenti? Avrei voluto più tempo per organizzare meglio le idee...

"Va bene! Non preoccuparti. Va pure" forse era meglio così. Ed era meglio rimanere soli.

Mi baciò amorevolmente, ricordandomi di mangiare qualcosa ed uscì. Guardai l'orologio della cucina appeso al muro e mi accorsi di quanto avevo poltrito realmente. Segnava le due del pomeriggio! Non avevo fame... solo nervosismo.

Il citofono che suonava mi fece sobbalzare.

Marco!

Pigiai per aprire il cancello, indossai il piumino e le scarpe speditamente ed uscii ad aspettarlo per non farlo entrare in casa. Non volevo che Margherita o Luigi entrassero all'improvviso e ascoltassero i nostri discorsi.

Quando uscii Marco aveva già percorso buona parte del vialetto che Luigi aveva sgombrato dalla neve, con le mani infilate nelle tasche del giaccone marrone e un berrettino di lana grigio in testa. Non potei trattenermi dal pensare che i berretti gli donavano molto... come del resto gli donava tutto...

Appena mi vide si illuminò in un sorriso meraviglioso.

"Ehi... Lizzy! Buongiorno! Non pensavo fossi già in piedi così presto stamani" come al solito provava a stuzzicarmi.

Non diedi troppo peso alla sua provocazione e lo afferrai immediatamente per una mano trascinandolo verso l'angolo della casa più nascosto e appoggiandomi con le spalle al muro per cercare di nascondermi alla possibile vista di Luigi o di Margherita.

"Mmm... Devo venire più spesso... Decisamente!" ammiccò malizioso avvicinandosi per baciarmi.

Con una mano lo bloccai allontanandolo e lui mi guardò confuso.

"Non scherzare, per favore! Ho bisogno di parlarti..." gli dissi fissandolo.

Alzò le sopracciglia sorridente.

"Di cosa?"

"Di stanotte, Marco... Insomma... ne dovremmo discutere"  alzai gli occhi al cielo incrociando le braccia.

"Oh... di stanotte" ridisse intuendo dove volevo andare a parare, "Beh... sì... ha fatto molti danni, in effetti" che stava dicendo?  "Più che la neve, il ghiaccio... Ha spaccato molti rami..." guardò intorno scuotendo la testa, con le mani di nuovo in tasca, alludendo al giardino di Casa Fiorita.

Lo colpii su un braccio un po' irritata. Mi stava rendendo le cose ancora più difficili facendo finta di non capire.

"Piantala, Marco! Lo sai bene di cosa parlo!" gli dissi alzando un po' la voce.

"Ok... sarò serio, lo prometto!" alzò una mano arrendevole sospirando, "Che cosa c'è da discutere?"

Assunsi un'aria responsabile e iniziai.

"Marco..." non sapevo da dove cominciare e guardai a terra per trovare le parole più adatte.

"Che c'è?" domandò ridendo, "Non può essere tanto grave... Abbiamo trascorso una notte meravigliosa insieme e alla fine l'abbiamo conclusa anche meglio. Non c'è niente da discutere, Lizzy. Niente..."

Alzai i miei occhi nei suoi, "Non credo che avrebbe dovuto succedere... ecco. Beh... sì, insomma... forse dovremmo fare un passo indietro..." mi costava dirlo, "E' successo troppo in fretta..."

"Un passo indietro..." ripeté cambiando espressione.

"Ci siamo solo lasciati sfuggire di mano la situazione..." ero tesa ed evitavo di incrociare il suo sguardo, ma dovevo continuare.

"Addirittura..." mi studiò tentando di apparire ironico, "Beh... dovremmo lasciarci sfuggire di mano la situazione più spesso, allora"

"Marco! Sono seria!"

"Ok... ok... Scusami!" si obbligò a seguire il mio discorso, mantenendo la calma.

"Forse è stato il momento particolare... non lo so cosa è stato, ma non doveva succedere..."

"Fammi capire... Come puoi dire una cosa simile? In una coppia è normale... quando un ragazzo e una ragazza..." la sua voce era irritata. Lo sentivo.

"Noi non siamo una coppia, Marco!" lo fermai.

"E cosa siamo allora?"

Strinsi di più le braccia al petto senza ribattere oltre e guardai lontano, oltre le sue spalle.

"Stiamo insieme, giusto?" quella domanda ansiosa di conoscere la risposta non mi fermò, "Lizzy! Guardami!"

"Non ti ho mai detto di sì, Marco..." feci a mezza voce. Sapevo gli stavo facendo del male dicendogli quelle cose. Ma rischiavo di fargliene di più se non avessimo fatto un passo indietro. E quella era la via più facile, per costringerlo a farlo. Almeno... così speravo...

La sua espressione divenne cupa.

"Non c'era bisogno che lo dicessi... Io... Insomma tu... stanotte... noi due..." con le braccia sui fianchi non riusciva più a concludere un discorso per il nervosismo che aveva dentro, "Credevo non ci fosse bisogno di..."

Non lo lasciai continuare, "Senti... Ci siamo divertiti. Siamo adulti... Può succedere..."

Ma allora sei proprio stronza! – mi rimproverò quell'insolente della mia coscienza che era rimasta silenziosa sino ad allora. Devi dirgli la verità! Non puoi cavartela così! Vuoi allontanarlo? Bene! Digliela!

"Ti ho consegnato la chiave del mio cuore dicendoti che avresti potuto farne quello che volevi, ma questo non significa che... che potevi calpestarlo!" la rabbia stava salendo in lui, non riusciva a trattenerla ed aveva ragione.

"Marco... Tu non sai tante cose di me..."digliele! mi ordinò di nuovo la mia mente.

I muscoli della sua mascella si tesero. I suoi occhi bloccarono i miei, severi.

"Non mi importa!"

"Ma c'è una cosa che..." un nodo penoso si bloccò nella gola, "Insomma... C'è una cosa che non ti ho detto..."

I suoi occhi mi inchiodarono al muro. Distolsi lo sguardo.

"E' da un po' che te la voglio dire, ma... Forse cambierà le cose..."

"Allora non dirmela! Non la voglio sapere!

"Ma riguarda me, Marco. Il mio passato! E non so sinceramente se continuerai a rimanere dello stesso parere quando la saprai..." confessai distrutta dal pensiero portandomi una mano al petto.

"Non mi importa niente di quello che è passato. Voglio vivere il presente e voglio viverlo con te" il tormento che gli ricopriva il viso mi fece male, "Non m'importa, Lizzy! Davvero!"

Nel profondo dei suoi occhi colsi un velo di angoscia. Non ce la feci a continuare. Lui incrociò per un attimo le braccia sul petto riflettendo.

"Marco... Non siamo destinati, è questa la verità. Dobbiamo fermarci"

"Fermarci..." ridisse.

"Dovremmo farlo, Marco..." quella era la scappatoia più facile per me. Aveva ragione la mia coscienza. Ma se non potevo dirgli la verità, allora quella era la strada più semplice da seguire. Fermare tutto lì... Adesso...

Anche se era la più dolorosa... pensai con afflizione, guardandolo.

"Sai cosa penso..."

Prima che potessi continuare, mi trovai costretta tra la casa, alle mie spalle e Marco di fronte a me, che mi chiudeva ogni via d'uscita appoggiandosi al muro con entrambe le mani. Mi spaventai da subito. Non lo avevo mai visto così infiammato in viso.

"Marco, ti prego..." cercai di togliermi da quella morsa, provando a liberarmi con le braccia. Non servì a molto.

Lui si fece ancora più vicino, tanto che sentivo il suo respiro addosso e il suo profumo, che metteva in crisi la mia razionalità.

"Penso che hai solo paura!"

Ingoiai a fatica la saliva. I suoi occhi infuriati non lasciarono liberi i miei.

"Che siamo fatti l'uno per l'altra, invece. Che tu lo voglia o no..." continuò, "Che non possiamo fare a meno di stare insieme... Che ieri notte è stata la più bella notte di tutta la mia vita. E se, in questo momento, dovessi seguire la voglia che ho di te..."

Non replicai.

"Vorrei trascinarti nel capanno degli attrezzi per strapparti i vestiti di dosso..." il suo respiro soffiò rauco sul mio viso, "... E baciare gli angoli del tuo corpo che ho dimenticato di baciare la notte scorsa..." faticavo a mantenere la concentrazione, ma non potevo arrendermi "... fino a fare l'amore con te, senza preoccuparmi di dove siamo..." le sue labbra sfiorarono con struggimento l'angolo della mia bocca facendomi venire la pelle d'oca, "Fino a perderci come abbiamo fatto stanotte..." bisbigliò pieno di desiderio a un millimetro dalle mie labbra... "E senza pensare a niente... Tantomeno che dobbiamo fermarci" si scansò per guardarmi negli occhi, "O che non siamo destinati..." si morse un labbro per reprimere il desiderio che si era acceso in lui e che aveva spiazzato me, "Ma questo... immagino, non dovrei pensarlo..."

Deglutii di nuovo a fatica... Mi mancava il fiato.

"Giusto" dissi a malapena schiarendo la voce.

Avevo dimenticato quello che volevo dirgli. Rischiarai di nuovo la voce, incapace di replicare. Ormai mi sentivo sconfitta e lui se ne accorse. Mi guardò le labbra come solo sapeva fare lui e mi sentii persa, desiderando ardentemente che decidesse di baciarmi. Ogni fibra del mio corpo era ormai scossa da un desiderio irrefrenabile.

"Sarà meglio che tu risponda..." disse inaspettatamente sorprendendomi. Si allontanò da me senza fretta e mi studiò.

Ero confusa, scombussolata. Il respiro corto. Una voglia incontenibile delle sue labbra... di lui, "Ti sta chiamando" proseguì.

Solo allora mi accorsi di Margherita. Non mi ero minimamente resa conto che mi stava cercando.

Marco rimise la mani in tasca con fare disinvolto, non mollando il mio sguardo. Fissò il mio petto alzarsi e abbassarsi velocemente per l'agitazione, ma non aggiunse altro. Il suo sguardo su di me bruciava ancora di desiderio.

"Ci vediamo dopo..." si costrinse a dire.

Mi voltò le spalle e raggiunse Luigi, lasciandomi sola col tumulto interiore che era riuscito a provocarmi.

Uscii allo scoperto ed entrai in casa, disorientata, dietro Margherita. Ogni singola parte di me tremava per l'eccitazione che mi aveva scatenato.

"Sono qui!" dissi a voce alta respirando profondamente.

Dovevo cercare di calmarmi. Non volevo Margherita mi facesse domande.

E forse dovevo smetterla io di farmele... Una volta per tutte...

La giornata proseguì. Marco e Luigi lavorarono in giardino fino a sera, senza interruzione. Io li guardavo, con un peso sullo stomaco che avrei voluto togliermi senza sapere come. Rapita dalla sua figura che mi straziava l'anima e che desideravo più di ogni altra cosa. Proprio come lui desiderava me. Che accendeva in me pensieri, che non riuscivo a controllare.

Non potevamo più fermarci, aveva ragione lui. Eravamo andati troppo oltre.

Arrivò in fretta, come sempre il tempo di salutarci. Scambiati i convenevoli di rito con Margherita e Luigi, Marco fu pronto per andare ed io decisi di accompagnarlo alla macchina.

Volevo stare sola con lui... ancora.

"Senti... torno a Siena domani. Riporto Giulia a casa. I miei tornano tra qualche giorno e vado a prenderli a Civitavecchia, all'arrivo..." sembrava aver dimenticato la discussione di prima.

"D'accordo..."

Con le mani in tasca scalciò un sasso, rinunciando a dire altro. Era arrabbiato, lo sentivo.

"Marco... ho bisogno di rimettere a posto tante cose dentro di me..." desideravo che lo sapesse. Ed era vero... non capivo più nulla. Avevo bisogno di un periodo per capire...

Mi fissò, intenzionato ad aggiungere qualcosa, ma poi cambiò idea di nuovo.

Dio! Quelle labbra così perfette...  Come avevo potuto convincermi a volerci rinunciare?

"Ti chiamo domani, se per te va bene"

"Sì... Mi fa piacere. Va bene..." sembrò contento l'avessi detto. Sospirò. Le fossette che mi piacevano tanto tornarono a disegnarsi sul suo viso.

"Cerca di dormire stanotte... Non fare brutti pensieri"

"Cercherò..." rimasi intrappolata nell'azzurro dei suoi occhi, "Marco..." non sapevo nemmeno io bene cosa era meglio dire in quel momento.

Lui si avvicinò senza preavviso. Cercò la mia mano e le sue dita si intrecciarono alle mie.

"Non dire niente. E' il destino che ha scelto per noi, Elisabeth. Anche se non lo credi possibile... Non possiamo farci niente" sussurrò. Poggiò il palmo della mano sulla mia guancia e, chiudendo gli occhi, mi abbandonai a quel dolce contatto che dava ossigeno al mio cuore.

Chinò il capo e la sua bocca trovò la mia. Il fuoco delle sue labbra sulle mie mi tolse il respiro. Con struggimento toccai il suo viso, rispondendo a quel bacio con la stessa intensità.

Non ne potevo fare a meno. Aveva ragione lui... Non potevamo fare a meno di stare insieme. Era scritto davvero nel destino.

Il sapore delle sue labbra si incollò alle mie. E sarebbe stato impossibile cancellarlo.

Non sapevo se me ne sarei pentita, ma al momento non volevo più pensarci...

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