CAPITOLO 3
Era un ragazzo dai capelli lisci, castani, corti. Con la fronte scoperta. Alto. Magro. Di bell'aspetto.
"Ridammela subito!" esclamò Emma imbronciata fingendosi offesa, "Mi dà fastidio che qualcuno metta le mani nel mio piatto! Non è educato! E non mi piace, lo sai!"
"Lasciala stare, Marco. Diventa nervosa all'ora di pranzo" si intromise Tony, "Dev'essere la mancanza di zuccheri"
Lei lo colpì al braccio, guardandolo in cagnesco.
"Dovresti difendermi, Tony!"
"Che c'è? E' vero" disse lui rubandole un'altra patatina, "Diventi nervosa all'ora di pranzo"
"Non toccare il mio piatto, Tony!" gli sbraitò rabbiosa, "Vale anche per te. Se vuoi le patatine, vattele a prendere, ma non... toccare... il mio piatto!" scandì le parole irritata, perché il concetto fosse chiaro.
Tony l'attirò per la maglia, stampandogli un altro bacio sulla bocca e impedendogli di continuare.
"Stiamo scherzando, Emma"
"Uno scherzo è quando si ride in due, Tony e io non sto affatto ridendo, mi pare"
Tony la guardò rapito e la baciò ancora. La rabbia di Emma si dissolse a poco a poco. E ancora una volta mi sentii a disagio. Cercai di guardare da un'altra parte.
Marco li osservò per un po' divertito, per spostare poi i suoi occhi azzurri nei miei. Aveva un'espressione così persistente che mi scombussolò subito, facendomi pentire, per un attimo, per avergli rivolto lo sguardo.
Distolsi gli occhi all'istante, ma non così in fretta da non notare che si era tolto il giubbotto di pelle marrone e l'aveva appeso alla spalliera della sedia. Aveva le maniche della maglia grigia arrotolate fino al gomito e quello che ne spuntava era muscoloso e massiccio.
"Tu non mangi?" gli chiese Emma notando che aveva solo una lattina di coca cola tra le mani. L'irritazione di poco prima era miracolosamente scomparsa.
"Ho preso qualcosa prima con Dario" si appoggiò all'indietro e allungò le gambe sotto il tavolo, per squadrarmi meglio e mettendomi in agitazione. Intuivo mi avrebbe rivolto la parola a breve.
"Ehi..." lo richiamò d'un tratto Tony a voce bassa, distraendolo. Alzò il mento in direzione di una bionda prosperosa che veniva verso di noi e guardò il piatto, fingendo di non averla notata, "C'è Jessica" fece tra i denti.
Marco le rivolse appena lo sguardo, poi cominciò a bere con indifferenza.
Lo sbirciai solo un istante e mi accorsi che continuava a fissare Tony, senza prestarle attenzione.
"Ho bisogno di parlarti, Marco!" esclamò lei vistosamente contrariata quando gli fu accanto.
Di proposito evitammo tutti di guardarla, a disagio.
"Non ora! Sono insieme a degli amici" rispose lui con noncuranza gettandole un'occhiata di sfuggita, "Adesso non posso"
Lei indietreggiò per guardarlo meglio, incrociando le braccia sul petto. Decisa ad andare fino in fondo.
"Mi devi una spiegazione, Marco! Chi era quella? Ti ho visto... La stavi baciando!" la sua voce uscì stridula nel dirlo e i suoi occhi si riempirono di rabbia.
Marco la fissò sprezzante, "Io non ti devo proprio un bel niente, Jessica. Non sono affari tuoi"
"Lo dici tu che non sono affari miei! Credevo che avessimo una storia, Marco! Ho il diritto di saperlo!"
Il vociare della gente intorno gradualmente si zittì, per ascoltare il loro diverbio. Marco continuò a rimanere seduto. Impassibile. Prese di nuovo la lattina e bevve un altro sorso prima di parlare.
"Non è un problema mio, Jessica"
Lei ci guardò incredula.
"Invece è un problema tuo, Marco! Voglio sapere chi è!" urlò isterica.
Marco gettò indietro la sedia all'istante e si alzò in piedi.
"Te lo dirò solo una volta, Jessica!" la fissò sdegnoso, "Non ti ho mai promesso niente. Non prometto mai niente a nessuna di voi" tenne gli occhi puntati su di lei nel dirlo, ignorando la sua espressione improvvisamente delusa e ferita, "Quindi vedi di darti una calmata, prima che perda la pazienza"
Il silenzio intorno divenne assordante.
Ma chi diavolo si credeva di essere? non potei fare a meno di pensare.
Gli occhi dei presenti si posarono su di lei.
"E questo che significa? Io... non... Io..." guardò Marco sperando di non aver inteso, poi spostò i suoi occhi sui presenti indietreggiando di un passo. Un brulichio di irritazione iniziò a salirmi dallo stomaco alla vista della sua espressione avvilita.
"Vattene, Jessica. Ti stai rendendo ridicola" le intimò alzando il mento ad indicarle l'uscita.
Lei si guardò intorno con aria smarrita.
"Non ti importa niente di me? È questo che mi stai dicendo? Non ti importa?" la sua voce era roca.
Marco non rispose. Si sedette di nuovo e finì di bere. Gli occhi di lei si riempirono di pianto.
"Mi hai illusa solo per portarmi a letto! È questo che hai fatto!" gridò convulsa. Marco restò in silenzio, "Spero che tu possa soffrire quanto stai facendo soffrire me. Ti odio, Marco! Ti odio!" piangendo a dirotto, girò su se stessa e corse fuori coprendosi il viso con le mani per nascondere la vergogna, tra la commiserazione dei presenti, compresa la nostra.
Chiusi la bocca di scatto a quella scena, mentre il vociare della gente intorno riprendeva. Come se fosse stato normale assistere a quella scena. Come se in qualche modo se lo aspettassero tutti. Un nervosismo incontrollabile mi formicolò sotto la pelle.
Ma come aveva potuto trattarla in quel modo?
Alzai lo sguardo su di lui indignata e notai che mi stava esaminando con una smorfia di compiacimento sulle labbra. Quasi fosse orgoglioso, di fronte agli altri, del potere che aveva avuto su di lei.
Sentivo i suoi occhi scivolarmi addosso, mentre si passava disinvolto una mano tra i capelli sulla testa. Scrutando ogni parte di me con sfacciato interessamento. Mi sorrise sicuro di sé e agli angoli delle suo sorriso inaspettatamente spuntarono due ammiccanti fossette.
Continuai a fissarlo senza lasciarmi intimidire.
"Ti devi dare una regolata, Marco. Non puoi continuare a trattarle a quel modo..." lo ammonì Tony. Quindi non era neppure la prima volta, come sospettavo! Complimenti! mi ripetei trasformando l'irritazione di poco prima in rabbia, "Hai venticinque anni ormai. Quanti cuori devi ancora spezzare?" continuò.
"Lo sai come la penso al riguardo. Non sono fatto per le relazioni stabili. Almeno non per il momento..."
"Sei un egoista, Marco!" lo rimproverò Emma, "Non puoi calpestare i sentimenti degli altri, come se non ti importasse niente. Non si meritano di essere cacciate a quel modo solo perché hanno avuto la sventura di innamorarsi di te"
"Che dovrei fare secondo te? Tenere in piedi una relazione che non mi interessa? Dimmelo!"
"Magari potresti evitare di portartele a letto, tanto per cominciare" Emma spalancò gli occhi con disprezzo rivolgendosi a lui.
"Non le costringo io a venirci! Mi stanno addosso continuamente, lo sai. Gli do solo quello che vogliono"
"Quello che credi che vogliano!" lo corresse, "Per le donne non è mai una questione di sesso e basta. Ricordatelo!"
Marco alzò le spalle, "Non mi sento in colpa"
"Perchè non ti trovi una ragazza fissa? Non è una cosa così terribile. E poi ci sarà pure una tra loro che ti interessa di più delle altre" s'intromise di nuovo Tony addentando un boccone del suo hamburger, "Provaci almeno"
"Stai scherzando, spero. Una tra loro? Ma le hai viste? Non ce n'è una che non sia vuota... Non ci penso neanche"
"Perchè continui a frequentarle allora, se sono vuote? Io proprio non capisco..." continuò Emma.
"Ci sanno fare..." rispose con noncuranza stringendosi nelle spalle.
"Sei disgustoso, Marco! Ma non riesci a pensare ad altro?!" Emma scosse la testa con ribrezzo di fronte alla sua risata.
Non ce la feci più a trattenermi.
"Fammi capire..." mi voltai verso di lui con aria di sfida, "Quindi tu ti permetti di trattarle come pezze da piedi solo perché una volta soddisfatti i tuoi istinti da troglodita, non ti servono più?"
"Non le tratto come pezze da piedi. Sono solo onesto" replicò gratificato.
"Le strade sono piene di donne a buon mercato. Perché non te ne trovi una e le lasci in pace?"
"Non è la stessa cosa"
Ma che razza di presuntuoso, arrogante, insolente, borioso...!
"Non sprecare il tuo tempo con lui Elisabeth, dammi retta" si intromise Emma seria, rivolgendosi a me, "Ha il difetto di ritenere le ragazze solo un passatempo, come hai ben capito. Ti farebbe solo soffrire, credimi!"
"Non ho intenzione di sprecare il mio tempo, sta tranquilla" replicai acida.
"Con me non è mai tempo sprecato!" un sorriso malizioso si allargò sul suo viso quando si voltò verso di me.
Sospirai con indifferenza, puntandolo fisso.
"Marco, giusto?" dissi sprezzante con un sorriso finto sulle labbra.
Lui annuì piegando le labbra in modo da far ricomparire sulle guance le sue fossette provocanti. Compiaciuto che lo avessi chiamato per nome.
"Promette bene... Sono già nei tuoi pensieri..." si morse un labbro in modo seducente nel dirlo.
Idiota! non potei fare a meno di pensare.
"Vedi... si da il caso che quando dico che non ho intenzione di sprecare il mio tempo, è perché tu non sei affatto il mio genere. Non mi sognerei mai di avvicinare un pallone gonfiato come te..."
Emma e Tony si guardarono all'istante lasciando la forchetta a mezz'aria.
"Di solito è l'invidia che fa parlare in questo modo..."
"O la pietà!"
"Fossi in te non ne sarei così convinta"
"Puoi anche smetterla di fare l'idiota, per quanto mi riguarda... Ci guadagneresti..."
Lui riprese a ridere.
"Non credevo di piacerti fino a questo punto. Ci siamo appena visti... Di solito mi ci vuole più tempo per attrarre una ragazza"
Lo guardai indignata, "Non mi interessano le cose di seconda mano!"
Marco sembrò sorprendersi appena, per quella frase fastidiosamente irriverente. Rimase un istante in silenzio. Sul volto ancora l'ombra di un vago sorriso.
"Elisabeth, giusto?" continuò poi, voltandosi completamente verso di me. Cercai di ignorarlo in un primo momento, addentando il mio toast con disinteresse, ma quando percepii il suo sguardo insistente mi voltai a fissarlo di nuovo, sostenendolo con strafottenza, "Un'amica di Emma suppongo..."
"Non sono affari tuoi" gli risposi scontrosa.
"Però... Con un bel caratterino a quanto vedo. Mi piace... Sarà più divertente..." non gli diedi soddisfazione e rimasi a guardarlo con un'aria di sufficienza.
Con un gomito appoggiato al tavolo mi esaminò da vicino. I suoi occhi azzurri erano insospettabilmente profondi. Abbassai i miei sul mio piatto con un'espressione di disgusto.
"Beh... vedi Elisabeth, un ragazzo non è mai di seconda mano. Se mai ha solo... più esperienza degli altri. Non so se m'intendi?" pronunciò la frase in maniera provocante, sicuro di mettermi in imbarazzo.
Lo fissai di nuovo nauseata.
"Le persone sagge se mai hanno più esperienza degli altri. Ragionare solo col cazzo non è affatto indice di saggezza" ci mancò poco che Tony non si strozzò con un boccone a quella frase.
Mi dovevo trattenere. Rischiavo di esagerare e di far trasparire la parlata volgare e irriverente che mi aveva sempre connotato e decisamente non era quello che volevo, "Al contrario..." tutta la rabbia che avevo in corpo si era concentrata su quelle ultime due parole.
Con la coda dell'occhio vidi Emma bere un sorso d'acqua per riprendersi da quello che avevo appena detto.
"Sei nei guai, amico" commentò Tony immischiandosi.
Non mi sfuggì l'occhiata d'intesa che si scambiò con Emma. Gli occhi di Marco si incatenarono ai miei e un brivido inaspettato mi formicolò sotto la pelle.
"Che progetti hai per il week-end, Lizzy" mi chiese sicuro di sé.
D'un tratto le sue parole mi risuonarono nella testa. Invadenti. Indiscrete... provocatorie.
"Lasciala stare, Marco. Ti sei divertito abbastanza! Non riuscirai a metterla in imbarazzo. Lei non è come le altre..." gli suggerì Emma intervenendo nel nostro battibecco.
Non riuscii a trattenermi e alzando gli occhi, ridotti a fessure per l'irritazione, glieli puntai addosso.
"Solo i miei amici potrebbero chiamarmi così!" esclamai seccata, "E non ricordo che tu lo sia"
Il modo in cui lo avevo gelato con lo sguardo sembrò divertirlo e questo mi mandò in collera ancora di più.
"Allora ti chiamerò Lizzy" concluse scrollando le spalle, "Sono sicuro che lo diventeremo"
Lo fulminai.
"Ne dubito!"
Lui ridacchiò a quella frase, strizzandomi l'occhio.
"Mai dire mai!"
Incrociai le braccia, appoggiandomi alla spalliera della sedia, sempre più infuriata.
"Mettiamola in questo modo: non sono solita avere cretini per amici. Quindi direi che la possibilità che tu lo diventi è... vediamo..." alzai gli occhi al soffitto fingendo di pensare, "... pari a zero?"
La sua espressione sorridente non mutò. Il suo sguardo si posò per un lungo istante sulle mie labbra, prima di tornare ai miei occhi. Una fitta mi strinse lo stomaco.
"Potresti fare un'eccezione"
"Bene! Quindi stai dicendo che riconosci di essere un cretino. Sono contenta che anche tu lo sappia... Sai cosa penso..."
"Che cosa?" aveva un'espressione sorniona sul viso che proprio non sopportavo.
Un pugno ben assestato sul naso... Avrei saputo darglielo... Se avessi agito di sorpresa, non lo avrebbe neppure schivato...
"Che la tua è solo finzione. In realtà hai solo paura..." risposi invece.
"Addirittura..." la sua mascella si tese, "E di cosa? Sentiamo..."
Una collera incontrollabile mi salì alla gola esplodendo fuori.
"Di innamorarti veramente di qualcuno e di non essere all'altezza. Hai il terrore di non essere ricambiato. Di non poter controllare la situazione e magari di essere lasciato... E di soffrire per questo..." feci tutto d'un fiato, "Tu non vali niente, Marco... niente. Non hai il coraggio di rischiare... E tutto questo ti serve solo per nascondere le tue debolezze e non far vedere agli altri quanto in realtà sei fragile. Solo per questo..."
Un silenzio imbarazzato si posò tra di noi. Emma e Tony ci inchiodarono increduli, a bocca aperta.
Se soltanto avessi avuto più tatto non gli avrei parlato a quel modo, me ne rendevo conto. Ma non mi importava di offendere le persone.
Marco mi guardò con pena. Improvvisamente a corto di parole. La sua aria spavalda scomparve improvvisamente. Mandò giù la saliva a stento e catturò i miei occhi. Restammo incatenati per un lungo attimo, senza comprenderne la ragione. Mi morsi un labbro per la rabbia e Marco seguì quel gesto con una strana espressione.
"Wow..." fece Emma seguendo la scena con la forchetta di nuovo a mezz'aria, "Direi che Elisabeth non è proprio come le tue amiche!"
"No... Non lo è davvero..." aggiunse Tony allibito.
Un tizio lo chiamò dal fondo della sala, prima di andarsene e Marco gli fece un cenno d'intesa con la testa. Mi studiò un'ultima volta. Poi, senza dire altro, prese il giubbotto che aveva appeso allo schienale della sedia e lo indossò. Si abbassò, avvicinandosi al mio orecchio, "Tu non sai un bel niente di me. Niente!" il suo respiro mi soffiò sul viso e un brivido lo accompagnò.
Mi passò alle spalle e fece il giro del tavolo. Raggiunse Emma e si chinò a baciarla sulla guancia.
"Ci vediamo in giro..." la salutò tenendo gli occhi bassi.
Mi sentivo le guance in fiamme.
Si diresse verso l'uscita, prendendo dal taschino del giubbotto una sigaretta che accese con fare nervoso. Tre ragazze lo salutarono ridacchiando, incrociandolo sulla porta e lui rispose loro con un sorriso tirato.
Si voltò un'ultima volta prima di uscire e non mollò il mio sguardo.
Avevo il fiato corto e non me ne ero resa conto. Un perfetto sconosciuto era riuscito a provocarmi fino a quel punto. Fino a costringermi a perdere il controllo.
Guardai Emma e la sua aria pensierosa.
Cercai di non mostrare troppo il mio turbamento, ma rimasi seduta pietrificata...
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro