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CAPITOLO 26

Mancavano ancora due ore all'appuntamento e mi sentivo agitata, nervosa, inquieta... non c'ero con la testa, insomma.

A ripensarci meglio adesso, non mi sembrava nemmeno più una buona idea averlo invitato a trascorrere il capodanno con noi.

Diciamocelo... in casa, con Margherita e Luigi come sola compagnia. Lui che ne veniva da una crociera, che si era sempre divertito?! Doveva essergli sembrata un'idea... triste... molto triste!

E' solo che... volevo stare con lui e non mi era preoccupata del come o del luogo. Volevo solo che fossimo insieme... Non avevo pensato troppo al resto.

Aiutai Margherita con la preparazione del cenone tutto il giorno per cercare di calmarmi e non pensarci, ma il risultato sperato non era arrivato. La mia mente tornava imperterrita alla serata che mi attendeva e non potevo sviarla.

E adesso... scegliere cosa indossare, era impossibile...

Guardai il letto cosparso di gonne, pantaloni e maglie con una certa frustrazione e una irrequietezza crescente. L'armadio ormai era vuoto. Non mi andava più bene niente. Nulla sembrava più adatto.

Che cosa mi metto? Che cosa? - mi chiesi per l'ennesima volta.

Dovevo decidermi una buona volta.

Gonna o pantaloni? - pensai ancora. Sembrava un dilemma impossibile da risolvere. D'istinto mi rosicchiai un'unghia, senza averne coscienza.

Basta! Era inutile: non riuscivo a scegliere.

Lasciai per un momento tutto così come si trovava e decisi di fare una doccia per cercare di rilassarmi, sperando tornasse la calma a consigliarmi. Il getto dell'acqua calda che scorreva delicatamente sulle mie spalle, parve assolvere il suo compito. Restai a lungo così, avvertendo con piacere il rilassamento tanto desiderato dei miei muscoli, ma soprattutto della mia mente. Cercai di non pensare che Marco sarebbe arrivato di lì a poco, per non dover annullare quella distensione e mi lasciai coccolare dall'acqua tiepida, che sfiorava la mia pelle, ancora un po'.

Finita la doccia non avevo più scuse per perdere tempo. Mi asciugai i capelli e ritornai all'abbigliamento adatto alla serata. Chiusi gli occhi e respirai profondamente, quindi afferrai il tubino nero di maglina a maniche lunghe e lo issai con le mani, davanti a me, sospirando.

Certo che corto era corto...  meditai mordendomi un labbro.

L'avevo comprato di recente con Emma. Non sapevo nemmeno bene il perché, ma alla fine mi aveva convinto. Pensavo sarebbe stata una compera inutile ed invece...

Forse...

Probabilmente non avrei avuto altre occasioni per indossarlo.

Mi guardai allo specchio e studiai la mia figura attentamente, dopo averlo indossato. Non era male... Non pareva nemmeno più così corto a vederlo nell'insieme...

La scollatura rotonda e bordata di pizzo, non era neppure troppo audace come mi era sembrata in un primo momento.

Cercai le scarpe nere col tacco non troppo alto che avevo comprato insieme al vestito e le indossai, dopo aver messo i collant scuri.

Tornai a studiarmi... Raccolsi i capelli sulla nuca e li avvolsi su se stessi, appuntandoli con le forcine, lasciando solo un paio di ciocche a scendere sul collo scoperto.

Mancava un po' di trucco, ma sì... poteva andar bene.

Comunque me lo dovevo far venire bene per forza! - mi dissi sicura. Non avevo più la forza mentale di rimettere tutto in discussione un'altra volta.

Tirai un sospiro di sollievo per aver risolto la questione e rimisi a posto la stanza, per poterla rendere presentabile e vivibile almeno a me stessa.

Il tempo trascorse più in fretta delle altre volte... Succedeva sempre così quando si avevano mille cose da fare, quasi volesse farci uno sgarro e lo facesse apposta.

Stavo finendo di passare un filo di rossetto ambrato sulle labbra, quando sentii lo scricchiolio lento delle ruote di una macchina, che si muovevano sulla ghiaia del vialetto. Immediatamente volai alla finestra e vidi la smart di Marco finire di percorrerlo e fermarsi, poco distante dalla porta d'ingresso.

Luigi, dalla parte opposta, stava richiudendo il cancello aperto per farlo entrare e il calore del suo fiato a contatto con l'aria gelida della sera ormai inoltrata, creava, condensandosi, un alone di fumo bianco intorno al suo viso.

Il cuore accelerò velocemente ed arretrai nervosa, aggiustandomi l'abitino sui fianchi. Tornai allo specchio in preda all'iperventilazione.

"Va tutto bene... calmati! Che sarà mai?" mi ripetei obbligandomi a sorridere. Quello che si disegnò sul mio volto però, non assomigliava affatto ad un sorriso. Sbuffai avvilita e provai a respirare con più tranquillità possibile.

Il suono del campanello della porta d'ingresso accese in contemporanea una fitta acuta nel mio petto. Mi voltai verso la porta e restai immobile... in ascolto. Con le mani strette nelle mani. Dal basso mi giunse la voce calorosa di Margherita che apriva e quella calda di Marco che la salutava, entrando.

"Elisabeth! C'è Marco, tesoro..." gridò per informarmi del suo arrivo.

"Scendo subito!" espirai a fondo, riacquistando una certa padronanza di me stessa e mi preparai a scendere.

D'accordo... Sono pronta! - sorrisi tesa un'ultima volta, con in realtà un'espressione da ebete sulla faccia. Mi illusi, comunque, di esserlo davvero ed uscii dalla stanza.

In fondo alle scale Marco stava armeggiando con il cellulare, intento a scrivere un messaggio, con l'aria concentrata. I pantaloni scuri e il pullover nero, da cui usciva il colletto bianco della camicia appena sbottonata, rendevano la sua figura, slanciata e muscolosa, più alta del solito. Sfiorai con le dita il corrimano e inizia a scendere. Ad ogni scalino il profumo del suo dopobarba mi arrivava più intensamente, facendomi girare la testa...

Lui alzò lo sguardo dal cellulare con noncuranza e lo puntò su di me, per ritornare subito al suo messaggio, come se non mi avesse notato...

Ma quasi istantaneamente si rivoltò e deglutì, inchiodandomi con i suoi occhi azzurri. La sua mano si fermò di pigiare tasti all'istante. Restò sospesa, quasi fosse d'improvviso caduto in trance.

I suoi capelli bagnati di gel, lo rendevano assolutamente affascinante e per un secondo rischiai di perdere l'espressione seria, che a fatica avevo dipinto di proposito sul viso.

"Non dire niente, per favore! Sei in ritardo!" gli dissi corrugando la fronte.

Non rispose subito e per un attimo temetti di aver esagerato di nuovo. Ma i mie timori si dissolsero rapidamente.

"E tu sei bellissima!" non potevo credere che mi fissasse con quella intensità e che lo avesse detto.

Mi porse la mano aiutandomi a scendere gli ultimi gradini e non riuscii più a trattenere un sorriso.

"Non sei in ritardo... stavo scherzando!"

Con imbarazzo, si avvicinò alle mie labbra e quasi di sfuggita vi posò  un tenero bacio. Aveva perso l'uso della parola. Sospeso... intento com'era a guardarmi.

"Ragazzi! Accomodatevi pure..." l'invito di Margherita, giunta dalla cucina con un piatto di portata tra le mani, ruppe l'esitazione e ci riportò alla serata che stava cominciando.

Marco, accanto a me, mi passò un braccio in vita e posò una mano dolcemente sul mio fianco. La lasciò scivolare e mi avvicinò a sé. Un tremito mi percorse la schiena al tocco leggero delle sue dita. Mi guidò a tavola e non potei fare a meno di avvertire il calore di quel contatto attraversarmi i vestiti ed arrivare sino alla pelle. Tentai di ignorarlo e presi posto accanto a lui, questa volta. Decisa a trascorrere la serata più bella della mia vita e non pensare più a nulla.

Mi sentivo raggiante... Ogni volta che mi voltavo verso di lui, non potevo non accorgermi che mi guardava con un'espressione particolare negli occhi, che mi metteva i brividi. Per una sera, per quella sera, volevo sentirmi così... desiderata... Desiderata da lui.

Il momento del brindisi arrivò.

"Tre... due... uno... buon anno!" le nostre voci, tutte insieme, sovrastarono quelle della televisione accesa. Il tappo della bottiglia balzò in aria e una cascata di spumante ne uscì spumeggiando, inondando la tavola e riempiendo i bicchieri. Ci alzammo e scambiai baci e abbracci con Margherita e Luigi, mentre Marco stringeva loro le mani. Poi fu il nostro momento e ci ritrovammo uno di fronte all'altra.

"Buon anno, Lizzy!" l'occhiata con cui seguì le sue parole mi mise a disagio.

"Buon anno, Marco!" mi prese la mano e intrecciò le sue dita alle mie. Si avvicinò. Incurante degli altri che ci osservavano e mi baciò di nuovo sulla bocca, senza chiedere il permesso. Soffermandosi sulle mie labbra più del dovuto. I nostri occhi si incatenarono. La stanza si vuotò in quell'istante. C'eravamo solo noi.

Margherita ci sorrise, rallegrata da quella nostra vicinanza inattesa, ma Luigi distolse lo sguardo per nascondere l'imbarazzo e si avvicinò alla finestra per guardare fuori. Mise le mani aperte accanto agli occhi, per creare una barriera, nasconderli alla luce della stanza e guardare meglio fuori.

"Mi pigliasse un còrpo!" esclamò tutto d'un tratto.

"Cosa?" chiese subito Margherita.

"Fuori... Guarda fuori" rispose lui con preoccupazione.

Immediatamente ci precipitammo anche noi alla finestra... Una distesa di neve, soffice e bianchissima, ricopriva ogni cosa. I vetri della smart non si distinguevano più, così come il vialetto dal quale era arrivata. Gli alberi erano completamente innevati, i loro rami brillavano alla luce fioca dei lampioni. I più lontani s'intravedevano appena tra i fiocchi che continuavano a cadere fitti, lievi e silenziosi, senza sosta. La loro pareva una danza ordinata, interrotta a volte da folate di vento improvvise e vorticose, che duravano qualche secondo.

Era uno spettacolo da togliere il fiato!

"O santo cielo!" esclamò Margherita allarmata, "Ci sarà mezzo metro di neve. Come abbiamo fatto a non accorgercene?" proseguì sorpresa.

"Mi auguro tu abbia le catene a bordo" fece Luigi rivolgendosi a Marco, "Non riuscirai a muoverti tanto facilmente senza..."

"Purtroppo no. Non immaginavo nevicasse così tanto..."

Puntai gli occhi al cielo, che lento e silenzioso calava giù. Ricadendo leggero tutto intorno.

"Unn-è aria pe' andà a-'asa, allora Marco!" Luigi mosse la testa in segno di negazione, senza staccare gli occhi dal vetro, continuando il discorso lasciato in sospeso.

"Luigi ha ragione... Ti conviene rimanere a dormire qui stanotte, altrimenti rischi di rimanere per strada!" suggerì Margherita sostenendo le tesi del marito.

La mano di Marco, ancora al mio fianco, mi accarezzò in vita in quello stesso istante. Non mi voltai a guardarlo, né lo fece lui. Continuò ad accarezzarmi delicatamente senza rivolgersi a me.

"Non vorrei recare troppo disturbo... E poi dovrei sentire Giulia... Rimarrebbe sola e francamente... non so..." parlò con calma rispondendo a Margherita e mi chiesi se avesse una minima idea di quello che stava provocando in me. Incrociai le braccia al petto, implorando la ragione di tornare in me. E decisa a rimanere indifferente.

"Per noi non c'è problema, ti assicuro.... Abbiamo le stanze vuote, a parte quella di Elisabeth. Puoi stare in una delle stanze al piano di sopra..." al piano di sopra! Sul mio stesso piano!? Un pensiero mi turbò improvvisamente. Qualcosa a cui non avevo ancora pensato, ma che pareva non volersene andare dalla mia mente, "... ma chiama Giulia, assolutamente! Povera piccola... Si sentirà persa da sola in quella casa!" la materna preoccupazione di Margherita si era fatta sentire, come sempre.

Marco si scostò e chiusi un istante gli occhi per riprendermi. Si allontanò un po' da noi, per chiamare Giulia. Non riuscivo ad intendere cosa stessero dicendo, ma vidi il suo viso distendersi e sorridere.

"Posso fermarmi... La metterei in apprensione di più a partire ora, con questa bufera in atto. Con il giorno sarà più facile giudicare la situazione... La raggiungerò domani" disse ritornando.

Il tono della sua voce rivelava una nota di eccitazione al pensiero di rimanere ancora a Casa Fiorita, la stessa che mascheravano i miei occhi, mentre lo seguivo parlare. E che faticavo ad ammettere.

"Sono più tranquilla anch'io!" gli disse Margherita stringendogli dolcemente un braccio, "Vado a risistemare la cucina, così ti faccio vedere la stanza". Luigi la seguì.

Respirai a fondo, cacciando fuori l'agitazione che avevo addosso, ma senza riuscirci. Io e Marco ci guardammo senza dir altro. Non era la neve che mi impensieriva. Era un'altra la cosa che lo faceva. Marco sarebbe stato sul mio stesso piano, avrebbe dormito a pochi passi da me. E saremmo stati soli visto che Margherita e Luigi avevano la stanza al piano di sotto...

Che vuoi che succeda? - mi dissi – Non succederà niente. Marco manterrà le giuste distanze.

Il mio sguardo si posò incontrollato sui muscoli del suo torace, che si tendevano sotto il maglione e la sua camicia appena sbottonata sotto il collo, d'improvviso mi sembrò troppo aperta.

Oddio!

Distolsi subito lo sguardo. Non dovevo pensarci! Dovevo smetterla immediatamente!

In quel momento Marco parve perplesso e mi guardò in maniera strana. I battiti del mio cuore impazzirono.

Non sarebbe successo niente – mi dissi ancora - Marco non sarebbe andato oltre.

Ma non era di lui che avrei dovuto preoccuparmi. L'adrenalina che avevo addosso rischiava di mettere me in difficoltà... In reale difficoltà...



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