CAPITOLO 23
Le settimane seguenti volarono. Quasi tutti i giorni cercavo di passarli con Marco e lui con me. Per lo più Emma e Tony si dileguavano per lasciarci da soli. Intuivano i sentimenti che provavamo l'uno per l'altra e desideravano veramente vederci insieme, in una maniera più profonda.
Venne a prendermi ogni mattina e mi riaccompagnò ogni sera, mi portò al bar, a passeggiare per Piazza del Campo, ai suoi allenamenti di pallavolo... Insomma non riuscivamo a stare lontani. A volte mi dicevo che era impossibile che mi fossi legata a qualcuno fino a quel punto. Che avessi lasciato che qualcuno si legasse a me allo stesso modo. Ma poi bastava un suo sguardo per convincermi che era tutto vero. Che nonostante avessi resistito era successo lo stesso.
Ci tenevamo per mano, ma niente di più. Marco rispettava il mio volergli essere soltanto amica, anche se qualche volta la sua vicinanza rendeva questa mia volontà non più così ferma come all'inizio. Quando non ridevamo fino alle lacrime, ci inseguivamo come due bambini, o ce ne stavamo seduti abbracciati sugli scalini dell'università a parlare. Marco non prendeva in considerazione più alcuna ragazza gli facesse gli occhi dolci, come se adesso non gliene importasse più niente. Sapevo che gli altri ci studiavano, lo vedevo dalle loro occhiate. Era strano vedere Marco, per così tanto tempo, accanto ad una ragazza, amico di una ragazza.
Non ci importava. Volevamo stare insieme e basta.
Le lezioni si interruppero di lì a poco per la pausa natalizia e ci saremmo dovuti, tutti, separare per un po'. Nell'aria si respirava ormai una grande eccitazione, ma io provavo solo una forte sofferenza per il distacco che mi aspettava.
Emma e Tony sarebbero partiti quella sera stessa per tornare a casa dalle loro rispettive famiglie. E Marco sarebbe andato in crociera fino a Capodanno coi suoi. A me non restava che rimanere a Casa Fiorita con Margherita e Luigi. Non sarei tornata dagli Esposito: mi conveniva non farmi troppo vedere da quelle parti. Non sarebbero venuti loro a trovarmi, ma la cosa non mi interessava molto. Non mi erano mancati affatto in tutto quel tempo e, anche se non li avessi più incontrati, sinceramente, mi stava bene.
Ad ogni modo non era una gran festa per me il Natale, pensai. Probabilmente non lo era mai stata. Ma quella volta era addirittura la peggior festa di tutta la mia vita.
All'uscita dall'università ci dovemmo congedare. Erano ormai rimasti pochi studenti in giro e quel deserto mi infondeva un senso di logorante tristezza.
Salutai Emma e Tony con dispiacere.
"Ci vediamo presto, Emma" le partenze mi facevano sempre lo stesso effetto. Mi sembravano dover essere per sempre e come tali le vivevo, con intensità.
"Ti chiamerò tutte le sere!" promise. Mi abbracciò forte stringendomi a sé.
"Ci conto" risposi.
Poi rivolgendomi a Tony cercai di assumere un sorriso e gettandogli le braccia al collo gli augurai buon Natale.
"Buon Natale a te, Elisabeth!" mi accarezzò la schiena e avvertii che anche lui era dispiaciuto per la partenza.
Anche Marco scambiò con loro i saluti, scherzosamente, come era nel suo carattere.
"Mi raccomando ragazzi! Non mangiate troppo!" afferrò la mano di Tony con slancio e la strinse. Poi abbracciò Emma e la baciò sulla guancia.
Ci scambiammo un'ultima occhiata e ognuno proseguì il proprio cammino.
Marco mi accompagnò a casa, come tutti i giorni, e anche noi, una volta arrivati, ci dovemmo salutare. Quello era il momento più penoso per me. Non avrei voluto che se ne andasse e lasciarlo per tanto tempo. Almeno così mi pareva... troppo tempo. Sarebbe stata per me un'eternità
"Mi mancherai..." mi disse davanti al cancello di Casa Fiorita. Il cielo bianco e l'aria trasparente erano colmi di gelo. Quel gelo mi scorreva nelle vene, arrivando sino al cuore. Non potevo arrestarlo. Era più forte di me.
"Non ti mancherò" provai a scherzare, "Sarai troppo impegnato a rincorrere ragazze" distolsi lo sguardo da lui nel concludere la frase. Faticavo a parlare senza guardarlo, ma nello stesso tempo sentivo di non riuscire a farlo senza patire e non volevo.
Dovevo lasciarlo andare... Tutto quello che avevamo costruito insieme, come ero riuscita a stare in quell'ultimo periodo, se ne andava con lui e forse non sarebbe mai più stato così meraviglioso. Era questo quello che temevo.
Lui mi sollevò il mento, costringendomi a puntare i miei occhi nei suoi.
"Non rincorrerò alcuna ragazza, invece... Non cambierà niente!" aveva letto nel mio pensiero, "Non ci devi neanche pensare!" promise fissando le mie labbra.
Trattenni l'aria dentro, nel tentativo di fermare la voglia incontrollabile di baciarlo che mi prese in quell'istante. Non mi ero mai sentita così vulnerabile. Eppure era lui adesso ad avere il controllo delle mie emozioni e io non potevo che rassegnarmi a quella verità.
Tentai di resistere a quella pazzia e chinai nuovamente il viso.
"Vieni qui" lui spalancò le braccia invitandomi ad abbracciarlo, "Sta' tranquilla! Considerala una pausa. Una boccata di ossigeno... A volte so essere asfissiante..." ridacchiò nervoso cercando di farmi sorridere.
Le mie parole si bloccarono. Erano rimaste intrappolate nella gola e non uscirono. Appoggiai la mia guancia sulla sua spalla e gli circondai la vita con le braccia, chiudendo gli occhi. Nascondendo il viso nell'incavo del suo collo, per respirare ancora il profumo della sua pelle e lasciarmi avvolgere dal suo calore. Il suo respiro si unì al mio. Lui mi baciò tenero sulla fronte e il suo fiato mosse i miei capelli quando sospirò.
Avrei voluto restare tra le sue braccia per sempre. Non potevo più fare a meno di lui. Era stato complicato ammetterlo a me stessa, ma Marco era diventato una parte importante della mia vita. E se amare significava questo... Desiderare qualcuno fino a quel punto... beh... allora lo amavo anch'io. E qualsiasi fosse stato il motivo che mi aveva spinto a tenerlo lontano da me, sentivo che adesso non contava più e non volevo più vivere senza di lui.
Mi distaccai da lui, per guardarlo in volto. Sorrideva, ma i suoi occhi tradivano tristezza. Mi sfiorò una guancia in una dolce carezza e avvertii il mio cuore battere insistente nel mio petto. Lui mi aveva insegnato che cosa significava amare, infondendomi il coraggio per fare altrettanto. Speravo mi chiedesse se avevo cambiato idea su di noi, perché gli avrei risposto di sì. Mille volte sì!
Ma non fu così...
Piccole gocce di pioggia, miste a neve, iniziarono a cadere dal cielo. Una pioggerella leggera, appena accennata che ricopriva l'aria, sbiadendola.
"Voglio che tu mi faccia una promessa, Lizzy" mi domandò guardandomi negli occhi.
"Cosa?" mandai giù la saliva a fatica.
"Voglio che ripensi a quello che ti ho detto tempo fa..."
Reclinai il capo. Sapevo a cosa si riferiva. E non avevo bisogno di pensarci ancora. Ormai sapevo quello che volevo...
Alzai il volto, "Marco... Io ci ho già pensato e..."
"Non dire niente, ti prego..." m'interruppe subito, " Non adesso. Lasciami partire con la speranza che ci penserai di nuovo..."
Quelle parole mi bruciarono dentro. Sapevo che condensavano un dolore di cui ero io la causa.
Non eravamo più gli stessi. Era tutto cambiato dalla prima volta che ci eravamo conosciuti. Sentii una fitta al cuore e rimasi senza fiato a quel pensiero. Avrei potuto dirgli che non era più quello che volevo, rimanere amici... Che mi ero sbagliata a pretenderlo e lui si sarebbe rianimato subito. Ne ero sicura!
Ma, dentro di me, qualcosa mi convinse di nuovo che non sarebbe stata la cosa giusta da fare in quel momento. Forse c'era un motivo al fatto che non mi aveva lasciato continuare a parlare. Forse il destino non aveva scelto quella strada per noi. E forse era vero: dovevo pensarci ancora. Lontano da lui. Sola con me stessa...
C'erano troppi forse che ancora ci dividevano.
Sorrisi soffocando i miei tormenti e lo strinsi di nuovo. Restammo così a lungo, l'uno di fronte all'altra, abbracciati. Incapaci di dividerci. Desiderosi entrambi di essere l'uno la parte dell'altra, ma senza trovare il coraggio di farlo veramente. Poi fu preso da un ultimo pensiero.
"Quasi dimenticavo la cosa più importante" fece d'un tratto.
Si staccò da me. Andò verso la macchina che avevamo alle spalle. Aprì la portiera e prese una pacchetto, avvolto in una carta argentata, con un fiocco rosso, "Tieni!" disse porgendomelo.
"Avevamo detto niente regali, Marco. Io non ho niente per te" risposi avvilita per non averci pensato anch'io.
"Non è proprio un regalo di Natale" storse il naso, "E' una cosa che volevo darti già da un po'... e che vorrei ti facesse pensare a me... Aprilo, coraggio!"
Non sapevo che dire. Lo scartai esitante e i miei occhi presero a pungere per le lacrime, non appena ne scoprii il contenuto.
"Marco!"
C'era un libro sotto quella carta: Cime Tempestose. Se ne era ricordato. Ne avevo parlato la prima volta che avevamo preso un caffè insieme. Ero già nei suoi pensieri da allora!
Lui si mise le mani in tasca, contento della reazione che leggeva nei miei occhi.
Nessuno mi aveva mai fatto un regalo così bello. Nessuno si era mai preoccupato di me, fino a quel punto. Fino a volermi rendere in qualche modo felice. Soltanto perché mi voleva bene... Mi voleva bene veramente...
"Spero che ti faccia piacere..." disse titubante.
Ero incapace di staccare i miei occhi dai suoi. Come lui dai miei...
"Così, adesso, scoprirai..." si interruppe. Un pensiero parve ronzargli per la testa.
Mi morsi un labbro cercando di reprimere in me la voglia che avevo di nuovo di baciarlo. Di lasciarmi ancora travolgere da quelle emozioni che non avevo dimenticato. Che mi avevano sconvolto i sensi e che ci avevano, nonostante tutto, unito indissolubilmente.
Marco rimase sospeso nei miei occhi. Inaspettatamente qualcosa mutò in lui, "... Come va a finire..." concluse a stento con un sussurro.
Parlare mi era difficile. E così pareva a lui. Ero solo capace di fissare l'azzurro dei suoi occhi e di perdermi in quella profondità. Come lui si perdeva nei miei.
L'affetto che provai per lui triplicò. Anche lui si accorse che qualcosa stava cambiando dentro di me.
Una luce di speranza gli si posò sul viso. Deglutì ancora, guardando le mie labbra e si avvicinò di un passo.
"Al diavolo!" lo sentii dire.
Prese delicatamente il mio viso tra le mani e lo avvicinò al suo. Si chinò e mi baciò. La sua bocca si unì alla mia, esaudendo un desiderio comune. Morbida, calda, come me la rammentavo. Con la mano libera, gli accarezzai i capelli e le sue scesero lungo la mia schiena, arrivando sino ai fianchi. Mi cinse la vita e mi accostò a sé. Mi alzai sulle punte dei piedi per essergli più vicina. Le sue labbra si aprirono di più sulle mie, mentre quel bacio diventava sempre più profondo. Marco mi sollevò da terra e mi tenne stretta a sé. E di nuovo provai un vuoto allo stomaco, lo stesso che già conoscevo. Una voglia incontrollabile di sciogliermi in lui, come lui in me.
Ci staccammo a fatica e mi posò a terra. Le mie braccia rimasero ancora attaccate al suo collo. I nostri occhi incatenati. Sorpresi per quell'attimo che ci aveva sconvolto.
Solo allora la mia mente riprese a funzionare lentamente, ma non mi rimproverò più di nulla. Marco, con le mani ancora sui miei fianchi mi fissò, incerto. Capì che questa volta non lo avrei respinto. Non mi sarei opposta a quello che stava nascendo tra di noi e si rilassò. Non volevamo che quel momento finisse lì. Che l'intensità di quell'istante fosse relegata a un attimo. Eppure non trovavamo entrambi il coraggio di confessarcelo apertamente. Per timore di sentircelo dire.
Cercai di imprimermi nella mente il suo viso così... Per i giorni pesanti che avrei dovuto affrontare lontano da lui. Adesso avevo un motivo in più per esserlo.
Dovevo andare, ormai... Lo aspettavano, lo sapevo. Ed era una tortura troppo grande restare ancora.
"Sarà meglio che vada, o non ti lascerò più partire..." dissi per rompere quel silenzio imbarazzato, cercando di sorridere.
Lui annuì e si concentrò a guardare i suoi piedi, riportando le mani in tasca.
"Sì... d'accordo"
Mi avviai verso casa e lui mi seguì, senza parlare. Cercò un'ultima volta la mia mano e la tenne stretta. Quindi aprì per me il cancello. Mi guardò entrare, ma senza mollarmi. Temeva quel distacco e lo temevo io. Varcai il cancello. La distanza a poco a poco ci costrinse a separarci. Non sapevamo cosa sarebbe successo adesso tra di noi. Avevamo entrambi il cuore pieno di emozioni e la mente colma di domande. Ma nessuno dei due disse nulla.
Alzai lo sguardo e lo fissai con afflizione. Avevo ancora sulle labbra il sapore di lui. Addosso quel brivido che mi sarebbe servito per andare avanti, i giorni che saremmo dovuti stare distanti.
Marco mi lasciò entrare. Guardò la macchina e poi di nuovo me. Sapeva di dover partire, eppure non voleva, per timore di fermare tutto lì di nuovo.
Poi chinò gli occhi e si allontanò. Regalandomi un ultimo sorriso...
Un'ultima volta...
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