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CAPITOLO 22

Marco non era lì ad aspettarmi la mattina dopo. L'aria era carica di pioggia quel giorno, ma stranamente avevo con me l'ombrello, nonostante non fossi sicura di riportarlo a casa, visto che non ricordavo mai dove lo avessi lasciato. Il freddo si era fatto pungente e l'aria era sempre più frizzante, ricordando a tutti l'inverno ormai prossimo. Al bordo della strada guardavo lontano in un punto indefinito... 

Non volevo rovinarmi la giornata con i sensi di colpa. Lo avevo fatto già per tutta la notte.

Il mio cellulare all'improvviso squillò. Al nome di Emma sul display, sorrisi e risposi.

"Buongiorno, Elisabeth! Come va oggi? E' passato il mal di testa?" la sua voce squillante mi mise di buon umore.

"Ciao, Emma. Sì... va meglio. Sto aspettando la corriera. Arrivo tra poco" tagliai corto.

"Bene, ti aspetto in aula. Solito posto" poi il suo tono cambiò, "Peccato per ieri sera... Non veniva neanche Marco alla fine... e così abbiamo rimandato ad un'altra volta"

Ecco! Un altro motivo per sentirmi in colpa... Avevo rovinato la serata a tutti...

Sospirai, non lasciando che i sentimenti prendessero un'altra volta il sopravvento.

"Spero che tu ci sia, stavolta..." continuò fiduciosa.

"Senz'altro"

"I particolari li discutiamo più tardi, allora..." si sentiva che era sollevata l'avessi detto. Sospettava che qualcosa di grave fosse successo tra me e Marco, ma non mi domandò nulla in merito.

"Sicuramente" riuscii a dire, "Adesso devo andare, arriva la corriera... Ci vediamo"

"D'accordo. A dopo. Ciao"

Il viaggio in corriera fu veloce o perlomeno così mi sembrò. Scesi e mi guardai intorno, prendendo a camminare. Sul lato opposto della strada un vecchio vestito di stracci osservava i passanti, cercando di vender loro qualche cartoccio di castagne calde. Ultimamente ogni giorno, puntuale sistemava il suo carretto al solito posto. Accendeva il suo braciere e vendeva le sue caldarroste che scaldavano le mani. Mi ero fermata anch'io qualche volta a comprarle. Le rughe del suo viso, bruciato dal sole, nascondevano storie di un passato amaro, custodito accuratamente. Lo si leggeva nei suoi occhi malinconici, scuri, dal colore imprecisabile, che un sorriso gentile tentava di mascherare, senza riuscire a coinvolgerli. E che percepivo dentro me stessa, ogni volta che lo osservavo salutare la gente augurando loro buona giornata. Era come se elemosinasse una parola, solo una parola... un pensiero... Che qualcuno si accorgesse di lui, che rallentasse la sua fretta. Che gli concedesse solo un saluto... un piccolo gesto di affetto. Di quell'affetto, che probabilmente gli era venuto a mancare o che forse non aveva mai avuto, ma di cui aveva bisogno, per continuare a vivere.

Il malessere che provai si fece opprimente, perché in lui, per tanti versi, riconoscevo me stessa.

Osservai il volto di quella città, per me ora tanto familiare e mi chiesi se avevo trovato quello che cercavo proprio lì, tra quei colori, tra quei volti... tra quelle persone.

Già... quello che cercavo...

Un luogo dove avrei voluto restare per sempre, in cui avrei voluto stare bene con me stessa e con gli altri e nel quale avrei voluto sentirmi protetta. Non avevo ancora trovato veramente il coraggio per provare a crederlo. Un peso insopportabile continuava a schiacciarmi, impedendomi di avere fiducia in ciò che realmente ero, in ciò che sentivo nel profondo... Soffocando la mia voglia di essere diversa, di sentirmi normale. Semplicemente normale, non migliore o peggiore degli altri, ma soltanto come gli altri. L'avevo sempre desiderato: una vita come tutti, con una famiglia e una casa banale, dove potessi essere amata e in cui potessi imparare io stessa ad amare.

Amare...  pensai ancora, in fondo era proprio questo il mio tormento più grande. Sarei mai stata in diritto di amare qualcuno? Avrei mai potuto farlo? Lasciando che qualcuno si innamorasse di me? Il mio pensiero andò inevitabilmente a Marco...

Alcune gocce di pioggia mi sfiorarono il viso interrompendo i miei pensieri e di lì a poco dovetti aprire l'ombrello per non bagnarmi. Accanto a me una ragazza correva con il giornale sopra la testa, ottenendo un insufficiente riparo dalla pioggia. Era toccato anche a me fare lo stesso... tante volte... Mi scappò un sorriso al ricordo.

Una coppietta mi camminò, per un po', accanto, abbracciata sotto l'ombrello.

Pensai ancora a Marco e a me, insieme... Non avremmo mai potuto essere felici come il loro volti! Una morsa mi strinse lo stomaco all'idea dello strazio che stava vivendo a causa mia.

La pioggia continuava a picchiettare sull'ombrello, talvolta leggera, talvolta insistente, mentre ai lati della strada sfilavano veloci le vetrine ancora illuminate dei negozietti e dei bar.

Senza quasi accorgermene mi ritrovai di fronte all'università. Emma mi aspettava come sempre in aula, tenendomi un posto. E la giornata continuò, così come succedeva sempre...

Tony ci raggiunse alla Casa degli studenti all'ora di pranzo, col suo solito fare disinvolto, ma Marco non c'era...

"Ehi, ragazze! Siete la più bella visione di questa giornata grigia! Senza ombra di dubbio!" prese posto accanto ad Emma dopo averla baciata, strizzandomi un occhio per gioco.

Emma ridacchiò abbracciandolo.

"Sei solo oggi?" gli domandò a bruciapelo. Avrei voluto fargli la stessa domanda, ma lei mi precedette.

"Sì... Non ho ancora visto Marco, oggi. Non so dove sia" alzò le spalle con noncuranza e addentò una patatina fritta del suo piatto.

Emma mi osservò. Nonostante facessi del mio meglio, non riuscivo a nasconderle la mia delusione in proposito. Il posto vuoto accanto a me mi faceva male, ce l'avevo scritto sul viso.

La sala quel giorno brulicava di ragazzi e i tavoli erano quasi tutti occupati. Lo cercai dappertutto nella speranza di intravederlo da qualche parte, ma senza successo e un nodo mi strinse la gola.

Come potevo pretendere che fosse lì? Gli avevo detto che desideravo solo essergli amica... Che non mi interessava altro... Gli amici non stanno sempre insieme... E poi magari le attenzioni di qualche ragazza lo tenevano lontano... e forse era giusto che fosse così...

Ma le sue promesse...  mi ronzano nella testa senza darmi tregua. Suggerendomi che mi stavo sbagliando. Che non poteva davvero essere...

D'un tratto una voce mi scosse, distogliendomi da quelle considerazioni.

"Posso?" vicino a me Stefano mi guardava col vassoio in mano, chiedendomi il permesso di sedersi al posto libero al mio fianco. I suoi occhi verdi facevano un bel contrasto con la sua pelle chiara. E il maglioncino blu, da cui usciva il colletto a righine azzurre della camicia, gli dava un'aria, tutto sommato, gradevole.

Annuii avvilita e lui si accomodò accanto a me.

"Oggi è strapieno qui. Ciao Emma" fece rivolto a lei. Posò il suo cabaret accanto al mio, togliendo le posate di plastica dall'involucro trasparente e mi guardò raggiante.

Emma gli rispose con un cenno del capo e lo studiò dubbiosa.

"Già" gli dissi soltanto con un finto sorriso.

"A proposito, complimenti per metodologia! Niente male davvero!" ridacchiò, "Non sapevo fossi così in gamba! Spero mi darai ripetizioni una volta o l'altra. In certi esami mi perdo" storse la bocca in una specie di smorfia.

"E' stata solo fortuna" replicai con sufficienza. Non mi andava di intavolare conversazioni inutili in quel momento. E quella era indubbiamente un conversazione inutile!

Dargli ripetizioni una volta o l'altra, riflettei osservando il suo sorriso esageratamente esultante. Non mi frullava neanche per la testa!

Emma, di fronte a me, seguiva la nostra conversazione senza intromettersi. Dovevo proprio sembrare un orso, pensai, ma non ci riuscivo ad essere più espansiva. Era più forte di me...

Mi infastidiva la sua presenza, soprattutto quel giorno.

"Sei seduto al mio posto!" una voce forte ci costrinse a voltarci ed alzare lo sguardo all'unisono. Il mio cuore impazzì i battiti, all'istante.

"Marco!" esclamai. Non riuscii a trattenere la contentezza alla sua vista.

Marco era in piedi alle nostre spalle e ci fissava cupo. Il suo sguardo severo puntò a lungo Stefano. Poi studiò il mio viso. Corrugò la fronte e i muscoli della sua mascella si irrigidirono.

Chinai lo sguardo, sentendomi d'improvviso colpevole.

Stefano mi guardò sorpreso, spalancando gli occhi.

"Non è che sei la sua ragazza, per caso!!!"

"No... no... Siamo solo amici!" precisai subito.

Ma brava! Continua a ricordarglielo! - mi rimproverai, pensando a Marco che ascoltava.

Ingoiai la saliva a stento e abbassai di nuovo gli occhi per non guardare Marco, temendo la sua reazione. Sentii le mie guance avvampare per il disagio che provai e mi toccai nervosamente i capelli.

"E se anche fosse? Ti disturba?!" continuò Marco irritato. Nei suoi occhi c'era una sorta di sfida e allo stesso tempo di minaccia che non passò inosservata. Tony alzò, preoccupato, il viso su di lui e si interruppe di mangiare.

Stefano parve indeciso. Spostò il suo sguardo su Marco che continuava a fissarlo immobile, poi di nuovo su di me. Scrollò la testa e si alzò. Prese il vassoio, mi salutò e si spostò dall'altra parte del locale, dove si era appena liberato un posto.

La tensione parve dissolversi a poco a poco.

Marco si sedette al suo posto e mi sorrise.

"Ciao"

"Ciao" risposi improvvisamente timida. Non sapevo cosa mi avrebbe detto, né come aveva preso quello che era successo tra di noi. E questo mi innervosiva terribilmente.

"Come va oggi, Lizzy?"

"Meglio. A parte la giornata" cercai di scherzare alzando gli occhi al soffitto.

Non sembrava troppo risentito con me – mi dissi – O forse mi sbagliavo?...  mi corressi notando che aveva cambiato espressione. Quel dubbio mi rodeva l'anima.

Tranquillizzati, Elisabeth! - mi ammonii – Lo volevi accanto, no? E allora sii contenta di questo e lascia stare il resto!

"Mi fa piacere..." provò a sorridere.

Eppure volevo la conferma che anche lui stesse bene, "E tu?" azzardai.

Ma allora, te le vai a cercare!  mi rimproverò quella impertinente della mia mente. La zittii immediatamente.

Marco mi fissò indeciso su cosa rispondere e mi pentii per avergli rivolto quella domanda.

Che cosa mi aspettavo che dicesse? Sto molto bene! Grazie per avermelo chiesto... Soprattutto dopo che hai ferito i miei sentimenti e mi fatto sentire una merda? Mi sento come se mi avesse investito un camion con tutto il suo carico, se vuoi proprio saperlo! Spero che sarai soddisfatta, almeno!

Chiusi gli occhi in attesa della sua replica. Che sicuramente non sarebbe stata tanto delicata.

"Le giornate come oggi mi mettono sempre di buon umore" rispose invece.

Mi voltai a guardarlo sorpresa.

"Dopo la pioggia torna sempre il sereno... Almeno così dicono..." continuò, "E se non verrà..." - alzò le spalle, "Continuerà a piovere, ma ne sarà comunque valsa la pena... Di vivere questa giornata intendo"

Non era arrabbiato con me! Dopo tutto quello che gli avevo detto, non lo era!

Non pensai alle sue parole. Mi bastava rivederlo sereno.

Sul mio viso si accese un sorriso splendente. Mi sentivo di nuovo raggiante per la sua presenza che ormai credevo non avrei potuto avere accanto, quel giorno. Non volevo rinunciare a lui. Anche se avessi dovuto tenerlo accanto a me anche solo come amico... ne sarebbe comunque valsa la pena. Saremmo stati ancora insieme... il resto non contava.

"Vuoi favorire?" accennò con la testa al suo piatto di pasta fumante, poi bevve un sorso d'acqua dalla bottiglietta.

"No, grazie" l'agitazione che già conoscevo si accese in me.

Ne sarebbe valsa la pena...  quella frase si accese, d'un tratto, come un lampo nella mia mente e le sue parole di prima acquistarono un peso differente nella mia testa.

E se fosse stato riferito a me il suo commento?! A noi due?! Al fatto che, se anche fossimo rimasti amici, i sentimenti che ci avrebbero legato meritassero di essere vissuti?

I nostri occhi si cercarono all'improvviso, quasi spinti da un identico pensiero e ancora una volta rimanemmo intrappolati l'uno all'altro. Un sentimento più forte di noi fece da padrone. Un sentimento che non sarei stata in grado di tacere, nonostante i miei propositi... malgrado le mie paure. Qualunque fosse stato l'ostacolo che ci impediva di andare oltre l'amicizia, nessuno dei due desiderava rinunciare al nostro rapporto. Saremmo rimasti legati anche solo dall'amicizia forse, ma non ci saremmo separati pensammo di nuovo all'unisono...

Mai...



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