CAPITOLO 19
"Questa storia deve finire, Giulia!" le intimò Marco severo.
"Non ce la faccio... non ci riesco"
"Ti sta distruggendo a poco, a poco, Giulia. Guardati! Come fai a non vederlo? Devi fare in modo che esca dalla tua vita..."
"Non posso, Marco. Non posso..."
"Non puoi continuare così... Tira fuori i coglioni, cazzo! Reagisci una buona volta!"
"Cambierà, vedrai... "
"Un corno!" la interruppe subito lui, "Sono anni che vedo come vanno le cose!" la voce di Marco era irritata a dir poco, "Non cambierà niente, invece! Ti ha in pugno. E questo lui lo sa, come lo so io..."
Un brivido mi percorse le vene a quelle parole.
Che significava? La teneva in pugno?! Chi?
"Non essere così severo con me, Marco! Almeno tu!"
La voce singhiozzante di Giulia mi arrivò, turbandomi ancora di più.
"Quel bastardo la deve pagare!" Marco alzò il tono improvvisamente, quasi fosse un avvertimento rivolto a qualcuno "Prima o poi l'ammazzo, Giulia! Te lo giuro!"
"Non dire così, Marco. La colpa non è solo sua. Se io non..."
"Non scusarlo!" la bloccò lui, "E' solo un vigliacco! La gente come lui mi fa schifo! Schifo!" sbraitò ad alta voce.
Ci fu un attimo di silenzio tra loro. Poi sentii Giulia soffiarsi il naso.
"Era lui prima, vero? Al telefono..." le chiese di nuovo Marco trattenendo l'ira.
"Vuole vedermi..." confidò Giulia con un filo di voce.
"Vuole soltanto altri soldi. Lo sai questo? Ti ha chiamato solo per questo..."
Giulia riprese a piangere.
Altri soldi?! In che guaio si era cacciata? Potevo solo ascoltare senza farmi sentire se volevo delle risposte.
"Sono una madre terribile, Marco. Non era questa la vita che volevo per loro..." ammise Giulia abbattuta, riferendosi a Chiara e Matteo.
"Devi farlo per loro, allora! Prima o poi ti faranno delle domande e dovrai rispondere, Giulia. Sono dei bambini svegli, non potrai tenerglielo nascosto per sempre..."
Giulia non rispose soffocata dal pianto e la voce di Marco si calmò, mosso a compassione.
"E ora smettila di piangere! Troveremo una soluzione..." Giulia non smise e udii la voce di Marco farsi più lontana quando la raggiunse.
"Dai... Vieni qui..." lo sentii dire, "Lo sai quanto tengo a te! Odio vederti piangere..."
"Aiutami, Marco! Aiutami!" implorò lei singhiozzando, "Non ce la faccio più..."
"Ti prometto che farò in modo che finisca... Te lo prometto..."
A quelle parole mi spostai più lontano, temendo di essere sorpresa ad origliare. Quel giorno Giulia era venuta per chiedere aiuto a Marco. Ora lo sapevo.
Quelle frasi...
Ti sta distruggendo... Ti ha in pugno... Vuole soltanto altri soldi... continuavano a rimbombarmi per la testa.
Non riuscivo a pensare ad altro. Le mie domande non avevano trovato una risposta. Erano rimaste sospese nell'angoscia.
Di lì a poco vidi Giulia entrare in casa a testa bassa. Subito dopo Marco la seguì. Si fermò sulla porta d'ingresso, esitando, con il viso spento e un'espressione rattristata e pensierosa. Poi si voltò e i suoi occhi si posarono sui miei, in piedi al bordo del giardino, apparentemente distratta da altre faccende e mi sorrise in modo delicato.
Un secondo dopo mi era accanto. Il suo sguardo in quel momento si addolcì, nonostante un'ombra lo oscurasse ancora.
Che altro mi avrebbe sorpreso di quel ragazzo? Era stato molto protettivo nei confronti di Giulia. Aveva cercato di difenderla. Ma da cosa? mi chiesi ancora. Sapevo non ne avrebbe parlato. Avrebbe tenuto nascosto il suo segreto...
"Allora chi vince? O meglio chi è sopravvissuto?" la sua voce imitò di nuovo la serenità di prima.
"Io ho rinunciato. Sono instancabili!" risi guardandoli gridare contro Tony, che scappava col pallone tra le mani.
"Sarà meglio fermarli, direi..." commentò osservando la scena, "Chi vuole una cioccolata calda?" gridò.
"Io!" disse Mattia bloccando subito la corsa
"Anch'io, ma con i biscotti!" aggiunse Chiara.
"Vada per i biscotti. Tutti dentro allora... Chi arriva primo avrà la tazza più grande" concluse Marco iniziando a correre in casa.
La sensibilità che stava dimostrando nei confronti dei bambini mi intenerì.
Presto ci ritrovammo tutti intorno al tavolo del soggiorno. Non ci raggiunse Giulia, però. Lei la rivedemmo soltanto a fine giornata, quando si prepararono per tornare a casa.
"E' stato un piacere conoscerti Elisabeth!" mi disse Giulia, salutandomi. Nei suoi occhi, lividi di pianto, lessi un dolore che non ero stata in grado di riconoscere prima, "Vienici a trovare qualche volta, magari con Marco, ne saremo felici"
"Sei molto gentile Giulia. Lo farò sicuramente. Hai dei bimbi adorabili e sarà un piacere anche per me"
Chiara e Mattia ascoltarono compiaciuti le mie parole, poi mi salutarono anche loro.
"A presto, Elisabeth!" Chiara si avvinghiò alle mie gambe contenta.
"Una promessa è una promessa e va mantenuta!" Matteo mi scrutò, incerto per qualche istante.
"Sicuro!" gli dissi chinandomi e allargando le braccia per accoglierlo.
Col viso radioso, mi saltò addosso e si strinse al mio collo dandomi un bacio, quindi Chiara fece lo stesso. Provai una stretta al cuore ripensando alle parole di Giulia. Qualcosa di penoso gravava su quella famiglia, anche su di loro.
Raccolte le loro cose salutarono gli altri e si avviarono alla macchina insieme a Giulia e Marco.
Il cielo era ora più scuro. I suoi colori caldi sovrastavano le nuvole rossastre e nonostante il freddo cominciasse a diffondersi dalle spesse pareti del casale, quei colori caldi mi riscaldarono l'animo. Guardai fuori e mi colpì il brillare ultimo del sole che si allontanava. Il suo debole tepore si diffuse nel mio corpo. Anche per noi era giunto il momento di partire.
Riordinammo la camera, riunendo le nostre cose e dopo poco ci ritrovammo in giardino, pronti ad andarcene.
"Ok, ragazzi... Si parte. Stavolta guido io, così pareggiamo l'andata" fece Marco
"Tony e io, potremmo stare dietro?" chiese Emma con impazienza.
"Se per te non è un problema, Lizzy?" mi chiese Marco. Sapevo che avrei fatto piacere a entrambi e forse avrei fatto piacere anche a me stessa.
"Va bene" mi infilai davanti accanto a Marco dando un'ultima occhiata alla casa, immobile, sicura di sé, che mi guardava. La macchina, con un leggero rumore del motore, si mosse.
Emma appoggiò la testa alla spalla di Tony, tranquilla, mentre l'auto ripercorreva all'indietro il percorso del giorno prima. Marco tacque. Lo sguardo fisso sul parabrezza.
Il tempo trascorse lento, come la strada alle nostre spalle. Quello che era successo, in quei due giorni mi aveva scombussolato. Niente tra di noi, in un modo o nell'altro, sarebbe stato più come prima. Chi sei, Marco? - mi chiesi. Cosa nascondi davvero dietro quell'aria spavalda che mostri a tutti?
Mi voltai a guardarlo, cupa e allo stesso tempo incomprensibilmente attratta da lui.
I suoi occhi, in quell'istante, scivolarono nei miei e abbozzò un sorriso. Accennò un movimento con la mano destra verso di me, quasi volesse toccarmi, ma poi si bloccò e tornò a stringere il volante.
Distolsi lo sguardo, sbirciando fuori dal finestrino. Solo allora mi resi conto di quanto Marco fosse tutto ciò che avevo sempre desiderato. Ma che non potevo avere... Non potevo... pensai abbattuta.
Inaspettatamente, lui appoggiò dolcemente la sua mano sulla mia che avevo posato in grembo e che stringevo a pugno senza averne coscienza. Abbassai gli occhi a fissarla, poi alzai il viso nel suo. Lo struggimento che vi lessi, mi ferì.
Istintivamente intrecciò le sue dita alle mie. Quasi volesse sciogliere la tensione che sentiva in me e che non comprendeva. Lo lasciai fare. Non sapevo perché lo stessi facendo. Sentivo solo che avevo bisogno di sentire che c'era, come lui aveva bisogno di sentire che gli ero accanto, a sostenere un peso che era più grande di lui e che reggeva a fatica.
Di tanto in tanto Marco guardò il sole all'orizzonte, talvolta me, il mio viso, i miei capelli, le nostre mani intrecciate. Poi il suo sguardo si perse nel sole, che scendeva dietro l'orizzonte.
Casa Fiorita si palesò presto, forse troppo presto... e Marco si fermò davanti al suo cancello.
Emma e Tony si erano addormentati, abbracciati sul sedile posteriore e non li svegliai, raccomandando a Marco di salutarmeli all'arrivo.
Scendemmo e Marco aprì il bagagliaio tirando fuori le borse. Andammo insieme fino al cancello e lì le posò a terra.
"Vuoi che ti accompagni dentro?" mi chiese un po' esitante.
"Non ce n'è bisogno... grazie. Sono solo due, ce la faccio. Non pesano" dissi riferendomi alle borse.
Misi la mia sacca a tracolla, sistemandola sulla spalla.
"Allora... Cerca di dormire stanotte, domani sarà una giornata tosta" tentò di scherzare.
"Cercherò..." sorrisi appena, concentrando gli occhi sulle altre borse.
Ma, inaspettatamente, prima che mi abbassassi a prenderle, lui mi tenne per una mano e legò il suo palmo al mio. Rinunciai a stringerla, temendo di peggiorare le cose. Non volevo complicarle, anche se il mio cuore tentennava, tentando di vanificare i miei sforzi. Alzai lo sguardo, azzardando un piccolo sorriso e cercai di parlare senza scompormi.
"Devo andare..."
"Sì... hai ragione" disse Marco prima serio, poi sorridente. Mi fissò un istante, pareva afflitto. Come se avesse voluto aggiungere qualcosa, ma non riuscisse a dirla per timore di come avrei reagito.
Deglutì, trattenendo l'inquietudine e l'azzurro dei suoi occhi parve spegnersi. D'improvviso una frase appena sussurrata, mi giunse quasi come una promessa.
"Non rinuncerò a te, Lizzy... " puntò gli occhi sul mio viso, rendendosi ancora più serio. C'era un filo di tristezza nella sua voce, "Sei troppo importante" una tristezza che non avrei mai immaginato.
Lo ascoltai in silenzio, incapace di ribattere. Senza parole, ma con la testa colma di mille emozioni contrastanti.
"A domani, Marco" non riuscii ad aggiungere altro. Slegai la mano dalla sua ed aprii il cancello. Il calore struggente di quel contatto non si spense, neanche quando entrai nel giardino. Mi rimase incollato addosso, incapace di lasciarmi.
Nascondendo la sua pena, Marco si voltò e ritornò in macchina, sedendosi al posto di guida. Lo guardai ancora una volta, prima di chiudere il cancello dietro di me. Lui mi salutò lentamente con la mano e mise in moto. Di lì a poco si allontanò. Lasciandomi in balia di uno struggimento che non avevo mai provato e che non sapevo come placare...
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