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Twenty-nine

Mi scuso infinitamente per il ritardo, ma sono andata incontro ad una dura e devastante crisi comunemente chiamato "blocco dello scrittore" e solo oggi ho ripreso la mia attività.

Per chi seguisse anche altre delle mie storie (lascio i link per chi invece è curioso) posterò nuovi capitoli molto presto.

Spero che il capitolo vi piaccia. Lasciatemi un commento se è così, adoro i vostri pareri.

Always Yours, Geeky (primo libro) : https://www.wattpad.com/story/47733192-always-yours-geeky-5sos

Always Yours, Ashton (secondo libro): https://www.wattpad.com/160930596-always-yours-ashton-5sos-slow-updates-first

The Blogger: https://www.wattpad.com/story/55847875-the-blogger-l-h

After Midnight (Calum one shot): https://www.wattpad.com/story/60377092-after-midnight-c-h-one-shot

-Gil






Lo guardo e sento il bisogno urgente di parlargli. Passo la lingua sulla superficie liscia dei denti e la incastro dolorosamente tra i molari, stringendo la carne con forza crescente, man mano che l'impulso di aprir bocca si fa più forte.

Lui nota il fastidio causato dal morso, probabilmente dalle rughe d'espressione che marcano leggere la mia fronte. Posando il palmo di una mano sulla mia guancia calda sento i suoi polpastrelli premere contro le mie labbra e le palpebre calano sui miei occhi come fosse un riflesso.

Mi abbandono gradualmente contro la sua pelle, sentendo il petto stringersi dal malessere. Avverto una mera frustrazione aumentare con il passare dei secondi.

-Sto peggiorando- riesco a mormorare, prima che le ciglia si bagnino delle mie lacrime. Sento un singhiozzo risalire la gola, ma lo ricaccio indietro e prendo un profondo respiro. Il fiotto d'aria che esce dalle mie narici è facilmente udibile nel silenzio della stanza e sicuramente Calum lo ha sentito.

Il mio corpo si riscalda facilmente, quando l'altra sua mano si va a posare su una mia spalla, resa tremula dalle delicate condizioni dei miei sentimenti.

Ci sono volte in cui le emozioni prendono il sopravvento sul resto dei nostri voleri, il corpo diventa un campo da battaglia, tra la parte razionale e tutto il resto che si scatena.

-In cosa stai peggiorando?- flette il braccio, quasi impercettibilmente, e mi tira verso il suo corpo. La vicinanza muove una nuova ondata di malessere. Sentirmi consolata rende reale il mio rammarico e un paio di lacrime solitarie si fanno spazio sulla pelle rosea del mio viso pieno.

-Io credo che tu stia migliorando invece- sussurra al mio orecchio dopo pochi secondi -Nonostante la situazione sia ... lo sai- dice, infilando le dita tra le ciocche intricate dei miei capelli corti.

-Migliorando in cosa? Frignare come una stupida ragazzina?- schiaccio il viso contro il suo petto per pochi istanti, trattengo il respiro e mi asciugo il viso con la manica della maglia che indosso.

Battendo le palpebre disincastro le ciglia dal disastro di trucco sciolto che devono essere diventate e guardo in alto, dove gli occhi grandi e castani di Calum mi osservano.

Sono tranquilli.

In Calum c'è sempre qualcosa di pacifico. In qualsiasi situazione lui rappresenta per me la calma, la sicurezza che c'è ancora qualcosa che funziona come deve.

La sua reazione mi sorprende, mi spinge di nuovo con la fronte su di sé e porta le labbra tra i miei capelli, baciandomi la testa con ritmo costante.

-Non è frignare. Io lo chiamo: mostrare di possedere emozioni- il suo tono di voce non è aspro, nonostante io percepisca una certa nota di sfida in esso. -Io possiedo emozioni, sempre- ribatto, accigliandomi.

-Non ho detto questo- ribatte sospirando, con il naso ora immerso tra i miei capelli -Ma secondo me non lo dimostri- aggiunge in quello che assomiglia più ad un sussurro, come se si stesse sforzando di parlare -Non sempre-.

-Non è vero- sbuffo, allontanandomi da lui in pochi secondi. -Io sono una ragazza abbastanza emotiva- incrocio le braccia al petto e il mio sguardo guizza dalle macchie di mascara sulla sua maglia alle spesse sopracciglia inarcate -E non guardarmi così Cal, sai che è vero-.

-Piangere per la morte improvvisa di personaggi immaginari non è esattamente la mia definizione di essere una persona emotiva, ma sono grato a chiunque abbia scritto quei libri per farti sembrare umana. O quasi- sghignazza tra sé, voltandosi verso la porta alle sue spalle e guardando l'uscio schiudersi lentamente.

Un sorriso sbilenco gli increspa l'angolo della bocca e con due dita la richiude, ampliando il suo ghigno quando un lamento acuto si leva a pochi metri da noi, in corridoio.

-Dobbiamo far sostituire i chiavistelli e imparare a chiudere a chiave le porte. In questa casa non esiste privacy- borbotta ancora voltato verso i cardini spianati, come se Michael fosse esattamente davanti ai suoi occhi.

Approfitto del suo momento di distrazione per afferrare un batuffolo di cotone dalla mia trousse e il barattolo della mia crema al cocco. -Cosa fai?- la sua voce arriva sempre più vicina alle mie spalle, mentre il tappeto a terra attutisce il suono dei suoi passi.

Con un polpastrello tiro la pelle dell'occhio, tenendo l'altro ben aperto per controllare il lavoro allo specchio -Mi strucco. Mio padre è ancora in salotto e non voglio che pensi che abbia pianto- mormoro distrattamente, più concentrata sul mio viso che sul resto.

Sembra che Calum abbia fatto il pieno di ironia, perché fa subito a rispondere -Non credo che penserà questo, insomma, sei solo corsa via come un lampo a ciel sereno quando l'hai visto con le valigie sul portico-.

Piego le mie labbra in una smorfia e ammiro il risultato allo specchio, poggiato sulla scrivania bianca della stanza. Decidendo di sistemarmi un poco di più riprendo in mano la zip della trousse -Mio padre mi conosce, più o meno, dovrebbe capire che non è facile vedermi piangere- mugugno a labbra strette.

-A meno che, come hai detto prima, non si tratti di William Herondale- faccio spallucce e dopo averlo immerso nel fondotinta, inizio a passare un grosso pennello dalle morbide setole su tutto il viso.

-Cosa significa "mi conosce, più o meno"?- Calum si siede sul letto e giocherella con una molla, di quelle colorate che al mare vendono tutte le bancarelle in spiaggia -è tuo padre- aggiunge dopo aver fatto rimbalzare, senza successo, l'oggetto sul materasso.

Senza voltarmi sospiro e gli rifilo una risposta che dovrebbe farlo tacere, almeno fin quando non avrò finito con il trucco -Intendo dire che dopo avermi quasi rinnegata come figlia, non sono sicura che ricordi ancora quale sia il mio gusto di yogurt preferito-.

Come previsto sento il suo fluido discorrere acquietarsi e il rumore della plastica battere contro il parquet chiaro di cui è costituito il pavimento. Il silenzio ci avvolge fin quando non mi dirigo verso l'armadio a grandi passi, non preoccupandomi di sistemare l'impiccio sulla scrivania.

-Se Ashton dovesse mai entrare qui dentro, subiresti una paternale di almeno due ore e mezzo- riflette, osservando un paio di dischetti coperti di nero e il mascara secco, aperto sul ripiano.

-Avete chiamato mio padre apposta per questo no? Per lasciargli l'onore di rimproverarmi, anche se non vive più con me da un anno ormai. Ashton ha bisogno di farsi da parte e rivedere le sue priorità- sputo fuori, senza ragionarci più di tanto.

Mi cambio dal pigiama ad un jeans strappato e infilo velocemente le vans nere ai piedi -Tuo padre sarà ancora più infuriato se ti vedrà vestita così- commenta Calum, prima che possa sfiorare la maniglia d'ottone.

-Mio padre si infurierebbe anche se andassi in giro vestita da suora- commento, aspettandomi una qualche reazione dal mio ragazzo. Lui si limita a riporre sul comodino l'intrico di cerchi che è diventata la mia molla e a tirarmi una felpa larga di Luke. Sbuffo e la uso per coprire il top sportivo che ho indossato questa mattina a scuola.

I ragazzi, la maggior parte delle volte, non discutono i miei outifit audaci, ma sono sicura che mio padre darebbe di matto se sapesse che me ne vado in giro per Los Angeles con l'ombelico scoperto e, come direbbe lui, la scollatura a primavera.

Per ora voglio solo sedermi sul divano e godermi il richiamo più lungo della storia dei richiami, magari dopo la sclerata potrò fargli vedere il look che ho programmato per la giornata e vederlo schizzare un po'.

Immettendoci in corridoio, un suo braccio blocca la mia avanzata -Prima che tu entri là dentro, voglio che tu sappia che mi dispiace per com'è andata questa settimana. Siamo tutti stressati dal lavoro in studio- si gratta la cute con un indice e sospira, visibilmente stanco.

Ho sempre visto Calum quasi come uno strano supereroe, senza la calzamaglia e le mutandine, che corre da un lato all'altro della sua vita come se non gli costasse nulla. Fin quando non si ferma esattamente davanti ai miei occhi, non riesco mai a vedere come questo stile di vita lo riduca.

Certo, è stato lui (insieme agli altri) ad essersi scelto il mestiere della rock star e nessuno lo ha mai spinto sul palco puntandogli una pistola alla testa. Semplicemente è ciò che ama fare, che lo stressi o meno a lui non sembra importare più di tanto. Il problema arriva (al solito) quando al normale stress del musicista, si aggiunge una ragazzina italiana che lo porta all'esasperazione ogni minuto della sua permanenza in casa.

Mi sento in colpa, ora che noto i cerchi violacei che gli contornano gli occhi arrossati. Si vede chiaramente quanto sia stanco e ora che porta il palmo di una mano a massaggiare le palpebre, tentando di rimuovere un po' della stanchezza dal viso, mi rendo conto che parte io abbia in tutto questo.

La mia mano sale ad accarezzargli l'avambraccio, sfiorando il gomito con due dita per fermarsi ai bicipiti, dove la mia presa si fa salda -Sono poche le volte in cui non mi mostro un completo pezzo di ghiaccio- deglutisco rumorosamente, mentre cerco le parole che avevo represso in precedenza -E sono dispiaciuta più di quanto tu possa mai esserlo- aggiungo, mordendomi la pelle del labbro.

Il suo sguardo indugia sulla mia mano, a contatto con il suo corpo, per viaggiare sulla sottile linea delle mie clavicole ed incontrare le labbra, torturate dai denti perlacei. -Non farti male- mormora, allungando un dito e liberando la carne sanguigna dalla presa.

-Non devi essere dispiaciuta di nulla- con il palmo di una mano abbraccia una mia guancia rosea di trucco, spolverandola con il pollice in un dolce moto. -A parte il tuo pessimo- l'ombra di un sorriso ironico torna a muoversi sulla sua bocca -pessimo rendimento scolastico-.

Sbuffo e alzo gli occhi al cielo, facendo trillare le palpebre mentre sorrido leggermente -Sai sempre come rovinare un momento romantico, Calum Hood- pronuncio con un fil di voce, avvicinandomi più al suo mento che alle sue labbra.

Lui si china un poco, facendo sussultare il petto di vivaci singhiozzi -Ho imparato dalla migliore- conclude, poco prima di baciarmi.



-Quindi- porta le nocche della mano destra a grattare distrattamente la barba sul mento, strizzando gli occhi un paio di volte -voi due- indica Luke e Michael con l'indice della sinistra -siete ... ragazzo e ragazzo?- il suo tono lascia intendere scetticismo allo stato puro, mentre punta il suo sguardo prima su me e Calum e poi di nuovo su Ashton.

Luke stringe il braccio attorno alle spalle di Michael, che sorride arrossendo leggermente sugli zigomi tondi -Beh sì, stiamo insieme- posso vedere l'orgoglio brillargli negli occhi, mentre stringe a sè il suo ragazzo.

Adocchio nervosamente l'uomo seduto davanti a me, muovendomi scomodamente sulla poltrona. Le gambe accavallate sono coperte da un normale pantalone di jeans chiaro, indossa una delle camicie che mamma gli compra al centro commerciale a qualche minuto da casa e le scarpe sono consumate come le ricordavo.

Mio padre sembra non aver apportato alcun cambiamento al suo look, tantomeno al modo intimidatorio con cui approccia qualsiasi tipo di conversazione. Deglutisco quando i suoi occhi verdi finiscono di nuovo su di me -E voi due- prosegue, indicando Calum con lo stesso indice accusatore -Siete ragazzo e ragazza- conclude.

Calum si apre in un bel sorriso, alzando il pollice mentre un sottile rossore inizia a formarsi anche sulle sue guance. Io mi limito ad annuire e a guardare le mie mani che si intrecciano con quelle del mio ragazzo, seduto a cavalcioni sul bracciolo della poltrona rossa di Ashton, che siede su uno sgabello preso dalla cucina.

-C'è qualcosa che non va riguardo a questo?- interviene, alzandosi dalla seduta posta ad un lato del salotto e camminando verso la figura tesa di mio padre. Mi sento come al primo pranzo insieme, quando incontrammo ufficialmente i ragazzi per la prima volta.

-No, assolutamente- la sua risposta arriva velocemente, più di quanto mi aspettassi -Ragazzi, è solo che ... non mi aspettavo di lasciarvi per sei mesi e trovarmi in una situazione così ... diversa- quasi mi aspetto che tiri fuori il fazzoletto di stoffa di nonno Giacomino per asciugarsi il sudore, ma semplicemente scavalla le gambe per accomodarsi meglio.

La sua postura si fa più rilassata, mentre Ashton gli piomba accanto e si stravacca sul cuscino. -Come va il lavoro?- domanda Luke, tentando di smorzare il silenzio formatosi dopo l'intervento di Ashton.

Accanto agli occhi verdi di mio padre vedo formarsi un intrico di piccole rughette d'espressione, quando si parla del suo lavoro mio padre va in brodo di giuggiole e diventa malleabile quanto della creta in mano ad uno scultore.

-Magnificamente- incrocia le braccia al petto e si lascia andare allo schienale del divano -Sono riuscito a vendere tre case dall'ultima telefonata di Ashton. Due settimane fa- e ora so che arriva per me l'ora della verità.

Lo vedo nel suo sguardo che si incupisce, tutti automaticamente si voltano a guardarmi e io mi faccio piccola contro il fianco di Calum, che mi assicura il suo braccio attorno ai fianchi. -Grazie- gli sussurro, non aspettandomi che lui risponda o che mi senta.

-Parlando di questo- la sua voce è di nuovo piatta e la tensione è tornata ad infestare la stanza come il fantasma di Canterville fa nel proprio castello, mi sembra di poter sentire rumore di passi e catene venire verso di me. La figura di mio padre può essere tanto autoritaria da terrorizzarti, se non sai prenderla adeguatamente.

-Cosa pensi di star facendo?- di nuovo accavalla le gambe e mantiene le braccia incrociate sul petto -Non mi interessa scendere nei dettagli Cristina- Stringo la stoffa della poltrona in un pugno, quando sento il mio primo nome scivolargli dalle labbra con la stessa facilità di una bestemmia che fuoriesce dalle labbra di un ateo.

-Voglio solo che tu capisca il concetto di tutta questa messa in scena- non mi chiama mai per nome, rifletto, forse perché non ci siamo visti per sei mesi o perché non c'è nè mai stato il bisogno, questo lo rende ancor più spaventoso.

-Ho tutto perfettamente chiaro- mi pizzico una coscia più volte per impedirmi di balbettare o di diventare paonazza. -Non c'era il bisogno che tu prendessi un aereo fin qui- continuo, alzando il mento e guardandolo dritto negli occhi.

Legge la sfida nei miei occhi -Ashton si è solo innervosito più del dovuto con una stupida questione a scuola- ho minimizzato l'accaduto, leggermente, ma lui non può saperlo e i ragazzi faranno meglio a tenere la bocca chiusa.

-Io non ...- alzo una mano per interrompere Ashton sul momento, prima che mio padre possa chiedergli di finire la sua frase -Mi sono già scusata per il disagio che ho causato agli insegnanti, agli studenti dei miei vari corsi e alla preside- aggiungo, per rendere il discorso fluido e convincente -Calum era con me-.

Strizzo le palpebre per un istante, quando sento il suo corpo tendersi sotto il peso delle mie parole -per favore- sussurro, sapendo di non avere più lo sguardo di mio padre addosso.

-Vero- annuncia con difficoltà. Ha la voce leggermente acuta e i suoi muscoli continuano a flettersi contro la mia figura, il più rilassata possibile, per non destare inutili sospetti. -E mi sono scusata con loro-.

-Quindi è tutto okay?- indaga un'ultima volta. Luke annuisce, seguito da Michael che schiocca un dito e si apre in un sorriso confortevole e leggermente furbesco, ma mio padre non lo nota -Assolutamente-.

-Farete meglio a darmi una stanza e del cibo ragazzi. Sto morendo di fame e ho intenzione di passare in azienda domani mattina- annuncia, ora scrollandosi di dosso l'aria da padre severo.

Ashton gli si affianca, dandogli un'amichevole pacca su una spalla -Piano ragazzo, ho una certa età- dice, causando nel riccio una risatina -Marco, non ti ho mai visto così in forma- lo prende in giro, prima che scompaiano entrambi su per le scale.

Con un sospiro sollevato mi lascio andare completamente tra le braccia di Calum -No no signorina- avverte lui con tono a metà tra il serio e il divertito. Mi afferra la manica della felpa e mi porta a fronteggiarlo, quasi sdraiata su metà del suo corpo.

-Cosa ti è saltato in testa?- mi guarda come se mi fossi completamente bevuta il cervello -Non preoccuparti- afferro un capello caduto dalla sua maglia e lo lascio andare a terra -Ormai è fatta- sollevo le spalle e gli dedico un sorriso, sperando che semplicemente lasci stare.

Lo vedo chiaramente combattuto -Sento gli ingranaggi del tuo cervello muoversi e sferragliare- lo prendo in giro, dandogli un simpatico e fastidioso buffetto sulla guancia. -Sai che poteva finire male- controbatte, facendomi roteare velocemente gli occhi al cielo.

-A volte mi esasperi Calum- confesso, alzandomi e camminando verso la cucina, decisa a prendermi un bicchiere d'acqua. -Io che esaspero te- dice lui, restando seduto in salotto -questa si che è buona- borbotta, ma fingo di non sentirlo e mi verso la bevanda in una tazza.

-Michael, che cavolo- esclamo guardando il lavabo traboccante di piatti sporchi -cosa vuoi?- si lamenta, seduto sul divano con Luke.

-Lascia stare le povere labbra del tuo ragazzo e inizia a lavare i piatti- mi affaccio dal bancone della cucina e appoggio i gomiti sul granito grigio, continuando a sorseggiare la mia acqua.

Gli sorrido sarcasticamente, seguendo il suo corpo che serpeggia tra un paio di custodie di chitarre poggiate a terra e la sua console Xbox -Se ti serve una mano con la lavatrice, chiama Luke, sono sicuro che ne sarà più che felice- lascio la cucina accumulando il bicchiere sul resto delle stoviglie, guadagandomi da Michael un'occhiata poco amichevole e un grugnito.

-Andiamo di sopra?- propongo a Calum, mentre afferro la custodia della chitarra di Luke per affiancarla al muro. Lui prende il suo basso e lo lascia sul bancone pulito, con le corde ancora penzolanti, non si decide a rimetterlo a posto. La verità è che non ne è capace, ma non vuole portarlo in un negozio specializzato perché non si fida di lasciare il suo "bambino" a degli sconosciuti.

-Pensavo che potremmo uscire- dice mettendo su il suo miglior sorriso da flirt -solo io e te?- ammicco, ricambiando il suo gioco -Solo io e te, baby- ribadisce, infilando una mano sul retro della mia schiena e facendomi cadere all'indietro.

Una risata nasce spontanea, contagiando Luke che ci guarda dal divano -Ti ho mai detto che Calum ha preso lezioni di danza a dodici anni?- sghignazza, sollevando gli occhi dallo schermo luminoso del suo telefono.

-Sul serio?- mi volto sorpresa verso il moro, che indirizza uno -Sta zitto- verso il biondo, che continuaa sghignazzare.

-Si, ma è stato tempo fa, nel periodo buio della mia vita- risponde velocemente -Possiamo andare ora?- batte impazientemente la punta di un piede contro il pavimento, rendendomi leggermente ansiosa -Solo se la smetti di fare la Drama Queen- dico afferrando il cappello dall'attaccapanni all'ingresso.

-Chi sta andando dove?- mio padre e Ashton sbucano dal corridoio del piano di sopra esattamente nel momento in cui poso la mia mano sulla maniglia della porta, Calum arrossisce -Volevo portarla a cena- risponde a papà.

Lui sorride guardandomi e scende in fretta le scale -Andiamo ragazzi- prende il portafoglio dal tavolino all'ingresso e ci guarda con gli occhi lucidi, come se fosse particolarmente euforico per qualcosa. Lo guardo con gli occhi spalancati, sapendo esattamente cosa ha in mente.

-Cosa?- Michael sbuca dalla cucina con un paio di guanti rosa tirati fino ai gomiti e fermati con due elastici per evitare che l'acqua si infiltri dentro -Già Marco, dove andiamo?- Ashton guarda mio padre con un sorriso consapevole, mentre anche lui mi guarda in quel modo in cui "Marco" sta facendo da quando ha messo piede in casa.

Devono aver complottato contro di me, penso -Andiamo a cena con Calum e mia figlia- sorride e mentre mi passa affianco il suo sussurro mi fa rabbrividire-Pensavi che mi sarei bevuto la tua storiella così facilmente? Tesoro, questa è la tua punizione, goditela-.


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