Twenty-fourth
Ho deciso di voler spezzare il capitolo, nonostante andasse allungato di almeno altre duemila parole, ma a quel punto sarei impazzita io.
Spero che vi piaccia, fatemi sapere nei commenti!
Dedicato a @in5sosarms per avermi fatto sorridere, questa sera in particolare.
-Gil (wannahugthemm su twitter)
-Io odio te. Odio questa casa. Odio questa vita- borbotto, scoprendomi la testa con riluttanza e borbottando contro Ashton e tutto il resto dell'umanità. Che si fottesse.
-Certo musona, adesso fammi il piacere di docciarti, perché puzzi come un mini-bar- due lunghe dita size Irwin (ho già proposto alla stylist di questi quattro mufloni di aggiungere la "size Irwin" all'ambito del vestiario, perché sul serio: è standard ormai) mi spingono la spalla un paio di volte, fin quando non mi scontro con la porta del bagno.
-Sei delicato quanto mio nonno Giacomino quando palpa il culo a mia nonna- continuo a dargli contro, stronfinandomi noncurante una palpebra e poggiando la testa sulla porta chiusa del bagno.
La luce è evidentemente accesa, anche se sono tipo le quattro e mezza di mattina e Michael dovrebbe essere collassato a letto con Luke. Dopo ieri sera, non mi sorprenderebbe trovarli nudi entrambi, magari coperti solo da un tanga.
Quella che si dice "la vita selvaggia dei liceali" solo che, qui dentro, l'unica liceale sono io e sono stata anche l'unica a non essermi sbronzata (non più di tanto comunque). Bello schifo.
Paparino Irwin mi è stato attaccato alle palle (che tra l'altro non ho, vedete fin dove il potere di rottura testicoli di quel nano può arrivare) tutta la sera.
"Non bere questo", "non guardare quello", "non pomiciare con quella, è una lampada Gil".
Sapete cosa? Ad un certo punto mi sono divincolata dalla sua manona gigantesca e mi sono nascosta nell'armadio di Luke per un paio di minuti, giusto il tempo per un paio degli amici scemi di Michael di prenderlo e fargli bere qualcosa, poi sono uscita.
Non che desiderassi fare chissà cosa, ma era una festa (del mio miglior nemico tra l'altro) e avevo il pieno diritto di godermela, nonostante fossi a conoscenza che la mattina dopo il paparino Irwin mi avrebbe scassato (di nuovo) le palle per andare a scuola.
-Michael sono le quattro e voglio dormire, muovi il culo e vomita più veloce- tiro su con il naso e collasso contro la porta, appoggiandomi con un gomito allo stipite e sorreggendomi praticamente solo grazie alla forza d'attrito della mia guancia contro il legno.
(La fisica con il signor Darwin mi brucia le uniche cellule buone del cervello, riesco solo a pensare che in una curva di quarantacinque gradi, l'unica cosa che impedisce alla macchina di sbandare è proprio la forza d'attrito, perché la forza centrifuga e quella centripeta sono uguali ed opposte e davvero ho bisogno di un caffè perché uno alle quattro di mattina non si dovrebbe pensare a certe cose).
-Sono le sette e mezza Gil, non le quattro- mi informa il paparino alle mie spalle, allungandosi oltre la mia figura e battendo un paio di volte le nocche contro la porta.
-Michael esci, usa l'altro bagno. Questa già è lenta, poi se ci si mette la puzza del tuo vomito, finisce per settembre dell'anno prossimo- infastidita chiudo gli occhi e gli faccio il gesto della mosca, colpendolo in faccia con il dorso della mano.
-Ouch- sussulta quello, preso alla sprovvista dal mio colpo da sonnambula.
-Non ... posso- sento mormorare al tizio dai capelli probabilmente color vomito, con suoni non esattamente confortanti in sottofondo.
Dio mio che schifo.
-Senti, il bagno è fuori uso- indico la porta alle mie spalle con un pollice, guardando gli occhi color cacca muschiata di Ashton -e non ho comunque intenzione di metterci piede- aggiungo, spostando il peso del corpo su una gamba e puntando una mano su un fianco -quindi, perché non posso semplicemenre restare a casa?-.
Il mio ragionamento non fa una piega e lo sguardo che mi sta facendo al momento, con gli occhi arrossati dal sonno e socchiusi, inquadrati sulla mia faccia, mi fa ben pensare di averlo convinto.
Michael è più semplice da manipolare, questo qui con la storia del tutore legale mi sta facendo due emisferi celebrali quanto due palloni da football.
Sbuffo e batto la punta di un piede a terra -Mi sto facendo vecchia qui- dico afferrandomi la pelle degli zigomi e tirandola verso l'altro -tra poco chiamo per il botox- gli faccio una linguaccia, quando mi scompiglia i capelli con una mano e si attacca alla porta.
-Michael aprimi, devi davvero uscire adesso- insiste.
Io sospiro e mi prendo a botte sulla fronte contro qualcosa di duro ma caldo: o hanno installato un impianto di riscaldamento sulle pareti, o sono io che ho la febbre (e a questo punto preferisco la seconda).
-Mi fai male alla schiena- mormora il nano con le mani da gigante, e quando sento la sua voce vibrarmi sul naso, capisco che la parete è proprio lui.
-Dai dai dai dai dai dai- mi lascio cadere a terra e mi aggrappo alla sua gamba, incrociando le gambe attorno al suo polpaccio muscoloso e guardandolo dal basso.
Il tizio mi ingnora e quasi cade (se lui finisce a terra a me mi schiaffa quattro metri sotto) quando un Michael con la faccia intorno al giallo piscio/verde pisello marcio viene ad aprire.
Vedo la sua gola gonfiarsi e prima che possa muovermi, sento qualcosa di caldo e schifosamente puzzolente, bagnarmi una manica del pigiama.
Chiudo gli occhi e graffio con le unghie il pantalone di Ashton a cui mi sono aggrappata, respirando a fondo e sentendo il fetore di ciò che è appena uscito dal candido intestino di Michele che fa le pere.
Apro gli occhi e vedo qualcosa che non vorrei vedere, a confermare i miei pensieri, la bocca di Michael esattamente davanti alle mie ginocchia.
Strizzo gli occhi di nuovo e prima che Ashton possa tirarmi su per le braccia, sparo un urlo a intersuoni, interfonico, interPORCOCAZZOCHESCHIFO non lo so.
La situazione è davvero la peggiore da sei mesi a questa parte, dall'ultima volta che Camila mi ha starnutito sulla faccia, quando girava l'influenza suina e io andavo in giro con un velo nero sulla faccia e i guanti in lattice fino ai gomiti.
-Zitta- Ashton si china e cerca di tirarmi via, ma la mia stretta e salda sulla sua gamba e mi rifiuto di mollarla.
E' l'unica cosa non schifosa nel raggio di cinque metri, quindi preferisco avere il culo sull'alluce inciabattato di Ashton, piuttosto che entrare a contatto con Michael o con tutto l'alcol che ha trangugiato ieri sera, a stomaco vuoto.
-Cosa diamine succede?- la voce di Calum è la luce infondo al tunnel, così mi alzo e metto il piede esattamente sulla schifosa cosa rilasciata dalla bocca schifosa di quello schifoso di Michael.
-DIO MIO CALUM SALVAMI- con un salto gli finisco tra le braccia, preso dal sonno com'è al momento, non mi vede arrivare e finiamo entrambi a terra, nella parte sana di corridoio.
Sospiro e scalcio il calzino lercio via da me, strofinando la pianta umidiccia del piede contro il tappeto vicino.
-Cosa sta succedendo?- pensavo che il vomito di Michael puzzasse, ma l'alito di Calum potrebbe uccidere un branco di mammut incazzati.
-Tu devi lavarti i denti, questo è quello che succederà tra poco, ed è sicuro- deglutisco e mi alzo sui gomiti, poggiati sul suo torso scoperto.
Spalanco gli occhi e poso gli occhi sulle sue clavicole e sui tatuaggi che gli decorano la pelle ambrata. Solo dopo aver preso coscienza della situazione e averla volutamente ignorata, riesco ad accorgermi dei capelli scompigliati che gli finiscono in parte sulla fronte e sulle labbra gonfie e rosse che formano un piccolo broncio verso di me.
Se non avesse l'alito pestilenziale di un cadavere decomposto, ci pomicerei anche davanti ad un Ashton preoccupato e ad un Michael mezzo morto sul pavimento.
Mi alzo lentamente e rimango al fianco del mio ragazzo, credo che ormai lo sia, a guardare il paparino Irwin, tutore scassa palle, rialzare Michael e caricarselo in spalla con un grugnito.
-Se provi a rimettere sulla mia felpa preferita, giuro che sei morto- gli intima a mezza voce, ma col silenzio della mattina, lo sentiamo tutti chiaramente.
-Quello è il vomito di Michael?- indica Calum, distogliendo lo sguardo subito dopo avermi visto annuire e affondando il viso nei miei capelli scompigliati.
Gli circondo un braccio con il mio e gli accarezzo la mano lentamente, pregando affinché non lo abbia affetto e condizionato troppo. So quanto è debole di stomaco per queste cose, quindi preferisco preservare anche il resto del mio pigiama.
-Tu cambiati, usa il bagno nel seminterrato e aspettami alla porta. A scuola ci vai comunque- mi indica con un dito e quasi mi cieca, anche se è a qualche metro di distanza.
Sospiro e aspetto che sparisca in camera di Michael, mentre quello fa ciondolare mollemente la testa sopra il culo dell'amico.
Guardo a terra e guido Calum attraverso il campo minato. -è mica un broccolo quello?- borbotto, disgustata e divertita (non so se si possa esserlo a questo punto).
-Non provarci- Cal si lamenta esattamente sul mio orecchio, provocandomi uno scatto dovuto al solletico creato dal suo fiato contro il mio timpano.
-Okay, ma tu non soffiare e non parlare, ho appena visto una farfalla morire- rido di nuovo e lui fa per parlare, ma prendendo consapevolezza di ciò che ho detto, sta zitto e arrossisce, togliendo la faccia dalla mia spalla.
-Siamo fuori?- mi chiede con voce sottile. Gli sorrido e gli alzo un pollice. -Stai trattenendo il fiato?- non mi movo e ripeto il gesto, facendogli segno di muoversi e di entrare in bagno prima di me.
-E spazolali per almeno due minuti su ogni lato e tre per la lingua!- grido velocemente, sbarcando in soggiorno e rimanendo completamente allibita dello scempio che ho davanti.
Non ricordo di aver tirato un vado contro il lampadario, quindi quel casino a sul divano non devo pulirlo io. Faccio spallucce e mi sposto in cucina, dove la situazione sembra addirittura peggiorare.
La torta è mezza spiaccicata contro il fornello che uso per preparare il caffè con la macchinetta, alla vecchia maniera insomma, e il resto della panna è sparsa tra il lavandino e un paio di cassetti.
Sospiro e ne prendo un po' con il dito indice, portandola sotto al naso e dandogli una veloce sniffata, con tanto di test gustativo.
Disgustata lascio cadere la spuma bianca, pulendo il dito contro la stoffa del pantalone leggero e guardando disgustata la manica sporca di vomito.
Cercando di non vomitare a mia volta, sul pavimento di una cucina già schifosa di per sè, mi sfilo velocemente la maglia, buttandola nel lavandino pieno di bottiglie di birre e bicchieri trasparenti.
Rabbrividisco e cammino con le braccia sulle tette per cinque minuti buoni, calciando altri bicchieri a terra per tenermi occupata e affacciandomi sulle scale del bagno di sotto, per controllare Calum.
-Ho finito!- lo sento urlare, così faccio per scendere, ma ricordo che non ho vestiti.
Non se ne parla di tornare in camera, attraversare il mare di cibo sputacchiato di Michael e rischiare di incappare in un Luke altrettanto moribondo, così saltello fino all'armadio dei cappotti e afferro una felpa di Calum, un beanie grigio lasciato sul fondo e recupero un paio di calze dal cassetto dei piatti in cucina (non chiedetemi perché tengo delle calze in cucina).
-Ashton è bloccato con Michael in camera, io non mi sento bene, quindi preparati che ti accompagna Calum a scuola- Luke spunta dalla porta del corridoio e mi fa segno di sbrigarmi con la mano, mentre già si ritira nel caldo buio dell'ala notte.
Sorrido a me stessa e trotterello fino alla porta del bagno.
-Ho dei programmi per oggi e includono me, te e nulla che abbia a che fare con la scuola-.
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