Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

thirty-one

Non mi sembra sia passato molto tempo dall'ultimo capitolo, quindi diciamo che sto migliorando con la storia dei ritardi.

Comunque, spero che il capitolo vi piaccia!

-Gil




-Puoi fermarti un istante?- Ashton mi guarda con le sopracciglia aggrottate al centro della fronte seduto sulla poltrona rossa.

Non gli presto attenzione e continuo a passeggiare nervosamente su e giù per il salotto.

Scuoto numerose volte la testa e calpesto un paio di cuscini buttati a terra -Potresti almeno far finta di essere una brava coinquilina ed evitare di pestare le suole sporche delle tue scarpe sui cuscini del nostro divano?- punta le mani sui braccioli e si sporge leggermente verso di me.

Mi blocco all'istante e lo guardo scocciata -I cuscini sono l'ultima delle mie preoccupazioni, dato che tra sei giorni potrei non essere più una vostra coinquilina- borbotto -e dovrebbe essere anche l'ultima delle tue- concludo, atterrando con un saltello sopra la stoffa rossa.

Ashton sbuffa e si sbilancia verso i miei piedi, afferrando un'estremità poco imbottita la tira a sé. L'oggetto scivola facilmente da sotto i miei piedi, causandomi un leggero squilibrio.

-Solo perché suoni la batteria con quei gran muscoli da scimmione troglodita, non vuol dire che devi approfittarne ogni qual volta se ne presenta l'occasione- mugugno di nuovo, lamentandomi più con me stessa che con lui.

La sua espressione si indurisce di poco e le sue scapole tornano a posarsi contro lo schienale fasciato. Sta in silenzio per qualche secondo.

Sembra che stia osservando i pulviscoli che danzano nell'aria davanti ai suoi occhi. Spero che gli si incrocino e che rimangano bloccati così.

Imparerebbe a prestarmi attenzione.

-Nessuno di noi vuole che tu sia così ... ansiosa e arrabbiata- deglutisce, ritirando le labbra in una stretta linea e lanciando un'occhiata al corridoio e alla porta chiusa.

-Con "nessuno di noi" intendi mio padre?- chiedo bruscamente, sedendomi sul tappeto, di schiena alla televisione accesa ed impostata sul muto.

Non mi piace averla spenta quando sono in sala, ma allo stesso tempo mi da noia sentire le voci provenire da quell'aggeggio quando non gli sto prestando attenzione.

Ashton si fa silenzioso tutto ad un tratto.

Annuisco consapevole e sospiro, tenendomi i piedi con le mani e dondolando sul sedere avanti e indietro. Assumendo una strana e decisamente poco stabile, posizione a uovo.

Più che un uovo sembra una farfalla con le ali sfasciate.

Una farfalla-uovo distrutta.

-Lui vuole solo il meglio per te- si gira i pollici tre volte, prima di avere il coraggio di guardarmi dritta negli occhi. Io butto la testa all'indietro e lascio andare una risata dal profondo della gola, che risulta essere più un rauco gorgoglio.

-Non me la bevo la solita cazzata del "lui vuole solo il meglio per te"- affermo duramente, ricominciando a dondolare.

-Quale cazzata del "lui vuole solo il meglio per te"?- ripete confuso -non c'è nessuna cazzata del "lui vuole solo il meglio per te"- biascica mentre si gratta la mascella con le unghie corte e squadrate.

Io lo guardo con un sopracciglio mezzo inarcato e schiocco la lingua -Fermati prima che impazzisca, lo hai ripetuto già troppe volte. Comunque non ci casco.

-Mio padre è riuscito ad essere il solito egoista per quasi due anni, sembra che Chiara e mia sorella stiano bene anche se chiamo una volta al mese (quando mi ricordo di farlo e se ne ho voglia) e mia madre mi spedisce ancora il deodorante in scatola Altolà al sudore- faccio spallucce e lo guardo stringendo gli occhi.

So che ha l'immensa voglia di controbattere e ripetermi all'infinito che grande uomo mio padre sia.

Se tira fuori la storia della sua infanzia distrutta a causa della mancanza di una figura paterna, giuro che lo pesto.

Forte.

-Lui lo sa come sono fatta. Tu lo sai anche meglio. Combino casini e sono fondamentalmente un disastro. Non guardarmi così, come se fossi un cucciolo con le orecchie piatte sulla testa, perché tanto lo so e non me ne faccio un problema.

-Lo so come sono, come tratto le persone la maggior parte delle volte e so che parlo anche tanto (chiaro esempio proprio ora) ma so anche che voi mi lasciate fare tutto questo (intendo il parlare tanto ed essere un disastro) perché mi conoscete meglio di lui e meglio di lui sapete che faccio casini e parlo in totale confusione.

-E che ripeto le cose una cinquantina di volte in un discorso che dovrebbe essere semplice , che nascondo le mutande di Michael sotto al lavandino, semplicemente perché non conosco un altro modo di essere me stessa- mi mordo un labbro e dondolo un altro po' mentre guardo la fantasia a croci del tappeto su cui sono seduta.

-Lui invece non lo ha mai capito come sono- sussurro -non ha mai neanche tentato di capire perché faccio quello che faccio e perché non chiudo mai la bocca-.

Ashton allarga le braccia e inclina la testa un po' verso destra.

Lo faccio attendere (tanto per farlo sembrare un po' patetico) prima di alzarmi a fatica dal pavimento e sedermi sulle sue ginocchia.

Mi aggomitolo e schiaccio la guancia contro la sua maglia nera a maniche corte. Inspiro il suo profumo e ascolto per qualche minuto come fischiano i suoi polmoni.

Lo prendo sempre in giro perché il suo respirare mi ricorda il modo in cui russa nonno Giacomino: gli fischia la narice sinistra (sembra una locomotiva a vapore) e segue subito un suono basso e cupo, come se qualcuno gli stesse gridando nei polmoni e se i suoi bronchi fossero delle caverne umide e vuote.

Mi accarezza la schiena un paio di volte, prima di dare leggere pacche al livello della mia spalla.

-Mi stai davvero facendo pat pat sulla spalla?- lo guardo sconcertata e ascolto con piacere (ben celato) la sua risatina.

-Pensavo fosse un abbraccio di consolazione- ribatte, ritirandosi nelle spalle e muovendomi da una gamba all'altra.

-Non ho bisogno di essere consolata, ho bisogno che tu vada da mio padre e gli impedisca di fare questa enorme stronzata- affermo, indurendo il tono.

-Sto parlando sul serio- aggiungo quando sembra non rispondermi.

Lui sospira e cerca di difendersi -Vuoi che me ne vada? Io non voglio e ricordati che tu l'hai chiamato- lo precedo, poi gli lascio il braccio e mi alzo senza dire più nulla, lasciandolo seduto sulla poltrona.

***

Varco la soglia dell'ufficio della Porcelet in punta di piedi, sperando che resti voltata verso la finestra anche solo qualche secondo di più.

Il braccio di mio padre sfiora il mio, posato mollemente accanto alla borsa nera che tengo appesa ad una spalla.

-Oh- gli occhi azzurri e infossati nel grasso della faccia della preside si fissano su di me -ho visite- sputacchia nell'altoparlante del telefono.

Strizzo gli occhi e li riapro velocemente, sentendomi disgustata nel guardare le sue flaccide braccia abbassare la cornetta.

-Ma che piacere!- esclama, fintamente entusiasta.

Muove i suoi piedini sul parquet lucido e si spinge fino a noi. Mi chiedo se non si senta incastrata. Non lei, la sedia.

-A cosa devo questo incontro, signor ...- si lecca le labbra sottili e afferra il fazzoletto di stoffa posato sulla sua cattedra, provvedendo ad asciugare le goccioline di sudore che le bagnano la fronte.

-Ternazzi- finisce papà con un sorriso di risposta (altrettanto fintamente entusiasta).

-Oh!- esclama battendo le mani.

Mi concentro sul grasso delle braccia che va avanti e indietro, come le onde del mare.

Socchiudo gli occhi quando il suono stridulo delle molle della sua seduta scricchiolano di nuovo. Sento i peli rizzarmisi sulle braccia.

-Ma certo, certamente. Il padre della signorina Gildina Ternazzi- sorride ancora più apertamente e fissa i suoi occhietti piccoli e vispi su di me.

Il suo sguardo mi sta chiaramente mandando a fanculo, così io provvedo a ricambiare.

Sollevo una mano e mi gratto velocemente il naso con il dito medio, socchiudendo gli occhi e facendo un rapido movimento della testa ad annuire.

-Un tale piacere- la scimmiotto -ma purtroppo non abbiamo tempo per prendere il the con lei e chiacchierare sulle meravigliose meraviglie della vita. Se non le dispiace, ho dei corsi a cui prendere parte- mi volto verso la porta e afferro il braccio di mio padre, tentando disperatamente di trascinarlo via.

-A dir la verità, in quanto preside, potrei farti saltare prima ora di lezione- mi schiaccia un'occhiolino sbilenco e si rivolge poi a papà -Non sto affatto approfittando del mio potere- alza le braccia davanti al suo viso, come a difendersi -ma questa è una più che rara occasione di avervi insieme nel mio ufficio. Non crede?-.

Stringo la camicia di papà tra le dita e la strattono un po', guadagnandomi una sua occhiataccia.

-Non crediamo- rispondo io al posto suo -che sia una cattiva idea- aggiunge papà, pestandomi un piede.

-Ca ... volfiori si!- esclamo. -Vi prego di sedervi allora, la mia segretaria provvederà a portarci un the. Sento che io e lei avremo tante cose da dirci-.

Che qualcuno mi spari adesso.

***

-Sorrideva in modo orribile. Sembrava che le avessero plastificato la faccia con un ... plastificatore- borbotto, masticando un pezzo di liquirizia rossa.

-Cos'è un plastificatore?- allontano gradualmente il telefono dall'orecchio e la voce di Chiara si fa disante.

-Non lo so, ma aspetta un attimo- mi alzo repentinamente quando sento dei passi avvicinarsi alla porta e delle voci ecceggiare tra le pareti bianche del bagno.

-Cosa succede?- Chiara sussurra a mezza voce la sua domanda, ma non le rispondo e accosto un orecchio alla plastica disegnata della porta che mi divide dalle ragazze appena entrate.

-Thomas ha visto Ternazzi e un uomo entrare nell'ufficio della preside questa mattina- informa una. Mi accosto di più alla superficie e ci poso una guancia sopra, tentando di sentire meglio i loro sussurri. -In prima ora non è entrata in classe, io faccio letterature inglese con lei e Marxat- continua un'altra, prima di essere interrotta da una terza ragazza, probabilmente ignara di tutto -Marxat come Jaxon? Marxat?-.

-Jason- viene corretta dalla prima. Tutte loro hanno nella voce un tono scocciato e superficiale che mi fa venir voglia di sbattere la testa contro la tazza del cesso.

-Comunque, visto che io e Jason siamo piuttosto vicini- esita sull'ultima parola, quella che mi fa scattare sull'attenti, e poi riprende a parlare -gli ho chiesto se sapesse qualcosa di questa storia-.

Sento il rubinetto dell'acqua aprirsi e chiudersi solo dopo qualche minuto. Seguono diversi suoni più o meno forti e riconoscibili, un pezzo di carta strappato e una borsa venire posata sulla superficie in ceramica del lavabo.

Mentre porto il telefono accanto alle mie labbra, tentando di dire a Chiara cosa sta succedendo, mi scivola di mano e cade di faccia sul pavimento piastrellato.

-Cos'è stato?- una voce acuta si leva sopra il rumore dell'acqua che scorre, un paio di passi si avvicinano alla cabina in cui sono rinchiusa e il suono di una mano che si posa sulla porta è abbastanza per far aumentare i battiti del mio cuore.

Sento il fiato bloccarmisi in gola un paio di volte e la voce di Chiara uscire dagli altoparlanti del telefono. Un paio di converse bianche si accostano alle mie e mi tappo la bocca con la mano per evitare di emettere singulti che potrebbero costarmi l'umiliazione.

Se le mie orecchie non mi ingannano quelle lì dovrebbero essere Layla e il duo polacco delle gemelle Grinna e Blavir, una peggio dell'altra e guarda caso, sto altamente sulle ovaie a tutte e tre.

Le nocche di una delle ragazze collidono con la porta, ecceggiando per un paio di secondi nell'abitacolo. -Tutto bene lì dentro?- chiede quella credo che sia Layla. Roteo gli occhi al cielo e penso freneticamente ad un modo per non indurla ad aprire la porta ma allo stesso tempo per non farmi riconoscere. Se non rispondo penserà che ci sia qualcosa che non vada e allora proverà ad entrare e sono fottuta. Se apro bocca riconosceranno la mia voce e mi ricatteranno usando la loro stupida popolarità contro di me. In ognuno dei due casi sono fottuta.

Mi chino a raccogliere il telefono e nel mentre le mie mani sono completamente visibili ai loro occhi, alzo un pollice e allungo il braccio sotto la porta.

-Quindi stai bene- afferma Blavir con il suo accento duro. Alzo nuovamente il pollice e guardo i loro piedi sparire dalla mia visuale per tornare di fronte al lavandino e agli specchi.

Mi alzo da terra e spolvero velocemente i pantaloni con i palmi delle mani.

-Sono quasi andata incontro alla morte certa, quindi ti prego di star zitta fin quando non ti dico che puoi parlare- sibilo a dentri stretti contro lo schermo nero del telefono. Sento Chiara sospirare un fiotto d'aria contro lo speaker del suo telefono in segno di silenziosa protesta.

-La gente è strana- mormora Grinna, chiudendo quella che penso sia una trousse e facendo schioccare le labbra tra loro -andiamo?- propone alle altre, che si limitano a seguirla.

Attendo fin quando non sento alcuna voce provenire dalla direzione in cui sono sparite ed esco dalla cabina.

-Cazzo sei nella merda- borbotta Chiara, una volta che accosto il telefono all'orecchio -cosa pensi di fare?- continua mordicchiandosi le unghie, in modo che la sua voce mi arrivi distorta e biascicata.

Mi poggio contro il muro alle mie spalle e guardo l'alone creato dal vapore sugli specchi. Scuoto la testa mentre osservo le parole "Bye bye Gil" scritte con una sinuosa calligrafia sul vetro.

-Non lo so, ma le stronze hanno capito che ero io chiusa nei bagni come una sfigata delle medie- mi passo una mano sulla faccia e strizzo gli occhi -Hey!- la sento sbottare -io lo faccio ancora- mugugna. Ridacchio leggermente -lo so-.

-Comunque mi stavi parlando del tuo mitico incontro con la Porcelet- uscita dal bagno, dopo cinque minuti di riflessione con me stessa, Chiara ancora non mi molla.

Sospiro e mi infilo nei corridoi del secondo piano. Qui sopra è tutto colorato e sempre vivace. Ci sono sempre nuovi cartelloni appesi alle pareti, così mi fermo ad osservarne un paio sulla storia della seconda guerra mondiale.

-Già- borbotto giocando con le mie labbra, porto l'indice contro di queste e le pizzico un po' -è stato davvero orribile, ma nulla di diverso dal solito- concludo, cercando di mettere fine alla discussione.

-Solo che nonno era lì- aggiunge, facendomi annuire -Cioè sì- mi correggo, realizzando che lei non può vedermi -non è stato esattamente uguale a tutte le altre volte, non ho parlato molto. Non mi andava- fisso il mio sguardo su una foto stampata in bianco e nero incollata con dello scotch sul pezzo di carta.

-Tu che non parli ... wow- mi prende in giro con una risatina -come ti pare- minimizzo -sembri Calum- sorrido un po' menzionando il suo nome.

-Uhlalà!- fischia lei -come va tra voi due piccioncini?- imita il verso di un orribile sbaciucchio accanto all'altoparlante, facendomi ritrarre infastidita -va tutto bene-.

-Solo "tutto bene"? Niente dettagli piccanti? Non ci credo che non avete fatto sesso nemmeno una volta dall'ultima volta che si siamo sentite che ... è stata quasi due mesi fa. Sei davvero una pessima zia--

-Chiara!- esclamo, sentendomi imbarazzata. Questa ragazzina ha una parlantina spaventosa.

-Zia!- mi scimmiotta -Cosa credi? Io leggo fanfictions. Tante fanfictions e non puoi di certo aspettarti che io sia una di quelle tutte casa e chiesa-.

-Lo so, ma non ... è strano lo stesso.- sussurro io, abbassando il tono quando un ragazzino dai capelli a zazzera tutti colorati passa per il corridoio e al mio fianco.

Sembra un mini-Michael.

-Come è strano che io abbia una zia di sedici anni e che io ne abbia quattordici- ribatte lei. -Touché- le concedo -ma la mia vita sessuale è più morta di Voldemort- commento tristemente.

Voglio dire, chi non vorrebbe fare zumba con Calum. In un letto. Siamo realisti.

-Tra poco è il mio compleanno- se ne esce -lo so- faccio qualche passo indietro, tenendo gli occhi sul cartellone e leggendo un paio di frasi disconnesse dai vari appunti.

-Mamma mi ha detto che torni a casa- sussurra e io annuisco, così mi correggo di nuovo -Sì- mi mordo un labbro e cammino verso le scale, per tornare al piano terra.

La ricreazione finisce tra due minuti e se mi becco altri due ritardi rischio la sospensione, cosa che non dovrebbe fregarmi perché tra sei giorni sarò comunque fuori di qui.

-Tu non vuoi andartenere da lì- afferma e dopo qualche secondo, a metà della prima scalinata le rispondo con un sospiro -No-.

-Mi manchi e vorrei che tornassi- sussurra di nuovo. Sorrido sentendola proseguire -ma voglio anche che tu resti lì con i ragazzi-.

-Anche io-.

Il resto della telefonata è stata un susseguirsi di sospiri e frasette da zia-nipote.

Sono tornata a casa ripensando a cosa mi aveva detto papà prima di uscire definitivamente dall'ufficio della Maialetta dopo quel terrificante incontro.

"Tutti in questo posto mi sembrano davvero affidabili, peccato" come se fossi stata io a scegliere di andarmene. Così sono entrata in casa incazzata nera con il mondo intero e con mio padre prima di tutti. Ho buttato la borsa accanto al divano blu e ho salutato Michael con un cenno della mano, prima di passare in cucina per prendere una mela dal cesto della frutta.

Luke era seduto con il telefono in mano e Ashton al suo fianco, entrambi avevano delle facce da deficienti e guardavano nell'obbiettivo della telecamera interna e parlavano velocemente di qualcosa a cui non ho prestato troppa attenzione.

Nelle passate due settimane i ragazzi erano stati più normali del solito (il che è tutto dire) ma ora sento che c'è qualcosa di diverso, come un cambiamento, o forse sono solo io.

Forse è la mia mente che comincia a vedere la cosa del tornare a casa come qualcosa di reale che avverrà tra sei giorni.

Sospiro e li sorpasso, ma mi trovo presto intrappolata nel loro stupido snapchat.

-Questa è una mela verde- indica Ashton -ed è mezza mangiata- puntualizza Luke facendo ridere riccio.

-E questa è la nostra coinquilina- prosegue il tizio alto -che sembra di pessimo umore- conclude Ashton, trascinandomi fuori dall'inquadratura e facendo sparire il suo solito sorriso.

-No- lo precedo -non smettere si sorridere, il mondo è già abbastanza grigio-.

-Porca vacca- borbotta tra sé e sé prima di chiamare Calum a gran voce. Il mio ragazzo ci raggiunge con una corsetta rilassata, nudo dalla vita in su.

-Cosa?- chiede quello, guardandomi con occhi spalancati e labbra schiuse -Dio quanto vorrei baciarti adesso- mi lascio scappare quel pensiero ad alta voce, mentre continuo a fissarlo con occhi fissi.

Lui si avvicina lentamente, afferrandomi le braccia con le sue mani -Calum Hood mi sta toccando- sussurro, voltando la testa verso l'isola della cucina -e Luke Hemmings mi sta guardando- aggiungo prima di indicare con l'indice un punto dietro la schiena di Calum -e quello è Michael Clifford per davvero- mi bagno le labbra secche e batto le palpebre un paio di volte.

-Cosa succede?- mio padre entra in cucina mangiando un biscotto al cioccolato. -Papà, sono i 5 Seconds Of Summer-.

-Cosa succede?- ripete, sempre più confuso. Guarda Ashton che si avvicina a me e mi toglie dalla presa di Calum, che mi lascia andare scettico.

-Non preoccuparti, è già successo prima e abbiamo consultato una psicologa per questo- dice, guardando papà con una mano alzata -Ha detto che è il suo modo di reagire allo stress o ad una situazione particolarmente brutta- deglutisce, aspettando una reazione.

Io scavo con un dito nelle sue fossette e ridacchio -Quando lo racconterò a Chiara non ci crederà mai-.

-E cosa significa? Cosa fa? Che succede quando fa così?- le sue domande sono tempestive e mi fa pensare all'ultima volta in cui lo ricordo essere così preoccupato per me.

Non è difficile da riportare alla memoria, perché più o meno è stato prima degli esami delle medie. Era così preoccupato che mi bocciassero che pagò una professoressa universitaria per farmi ripetizioni.

Ashton gli intima di sedersi e spiega velocemente -Nulla, tra un paio di ore sarà tutto come prima- Calum annuisce e prende parola -Credo che sia il suo modo di recepire le brutte notizie- abbassa lo sguardo a terra e poi lo riporta a mio padre.

-Ho capito- sento il suo sguardo gravare su di me -la prende a ridere, come fa con qualsiasi altra cosa che entra a far parte della sua vita-.

-Non farla andare via.-



COMMENTATE, VOTATE E CONDIVIDETE.

Se non mi seguite sui social, sono:

@wannahugthemm su twitter

@wannahugthemm su instagram

thedreamersara su snap


Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro