Sixteen
Nella mia famiglia abbiamo una caratteristica comune: l'occhiataccia.
Ci parte da dentro, intensa, più o meno come lo può essere un insulto.
È quel tipo di occhiataccia profonda, che quando la punti addosso a qualcuno che proprio non se l'aspetta, quello scoppia a piangere e si smoccola il naso sulla manica della felpa.
E non vorrei sembrare arrogante, ma come la so fare io (soprattutto se è stata una giornata davvero merdosa) non la sa fare nessuno, neanche ad impegnarcisi.
È come la voce da Beyoncé: o ce l'hai o non ce l'hai.
Io ne ho in gran quantità: la rabbia, il risentimento e il disgusto, sono di quelle sensazioni che non si estinguono mai.
Quando Camila apre bocca su Jason e sulla mia presunta non-più-ben-protetta-verginitá, credo di averle ormai bruciato un sopracciglio solo a fissarla.
Sposto un paio di felpe da terra e poggio la schiena contro la porta scasciata (potrebbe anche crollarmi addosso, considerando la manutenzione di questo posto).
-Secondo te?- decido di non reagire con la forza bruta, come vorrei tanto fare, quindi poggio il mento sul palmo di una mano e il gomito sulla punta del mio ginocchio.
Resto in attesa di una sua risposta, quando i suoi occhi si inumidiscono e Camila inizia a singhiozzare senza fine.
Porco cazzo, l'ho fatta piangere per davvero.
Mi passo una mano sulla faccia e mi avvicino, di nuovo, a lei.
Il suo visino si nasconde tra le mie cosce e io mi irrigidisco, stringendo un labbro tra i denti e bestemmiando anche sant'Amandino (se non esiste lo invento io).
Le poggio una mano sulla testa e incastro le mie dita sudaticce (ma vi sembra normale che per due minuti e mezzo di corsa con Betty, non mi sudano le ascelle, ma le dita?) tra i suoi capelli sottili, quasi ho paura di muoverle, potrei staccarle ciocche intere.
Camila è rosa.
Leggera come la piuma di un fenicottero (rosa) delicata come un petalo di rosa (rosa) e femminile come un fiocchetto (rosa).
Io non sono rosa e non sono brava a consolare, quindi le faccio pat pat sulla schiena e lascio andare un sospiro profondo e sconsolato.
Se non la finisce di frignare, le tiro una zainata sulle gengive.
-Non lo so. Je credevo que tu avevi perso la testa per lui. Io non lo so. Mi dispiace Gildina-
Scuoto la testa e le faccio segno di star zitta, poggiandomi un dito sulle labbra e mimando di abbassare il volume dei singhiozzi.
-Potresti contenere la tua sofferenza per ... due minuti?- socchiudo la porta priva di maniglia e chiavistello, sporgendomi con il busto intravedo le gambe lunghe e pallide dell'accoppiata polacca.
Mi tiro dietro e dò una testata contro il muro delle docce.
Camila mi guarda con gli occhi sgranati, arrossati dal pianto, premendosi una mano sulla bocca con forza, trattenendo (come le avevo detto) i singhiozzi.
A questo punto, dovremo poter scampare alla grande le due barbie e continuare la nostra attività di nullafacenti all'interno del fortino abusivo.
E invece, spostandomi ulteriormente, per ridurre il raggio visivo delle due tizie dall'altra parte dello spogliatoio (movimento particolarmente inutile tra l'altro) sbatto il collo (per tipo la sessantaquattresima volta) contro il dannato spigolo del divisorio delle fottute docce che non usa un cazzo di nessuno perché puzzano di piscio di cane e vomito.
-MA PER MARIA MADDALENA CHE SI POMICIA MADRE TERESA DI CALCUTTA- mi alzo in piedi e do un calcio (la mia intelligenza continua a sorprendermi) contro il muro.
-Cazzo- impreco e torno a sedermi.
Blavir e *non ricordo come si chiama* sporgono la testa oltre la porta, fissando me e la francesina come se fossimo uscite di senno (non che sia poi così una sbagliata supposizione) e con un ghigno si fanno strada tra i vestiti sparsi a terra.
-Guarda guarda chi c'è qua. La puttana e Ternazza- quella che, credo, sia Blavir (l'unica di cui, per inciso, ricordo il nome) piega la testa verso destra e ci squadra, come se fossimo merda di piccione.
L'altra allunga un dito inanellato e ci indica con superficialità, masticando la gomma con la bocca aperta e le labbra sottili inarcate in un mezzo sorriso.
Chiudo gli occhi e prendo un profondo e (almeno così dovrebbe essere) calmante (ma col cazzo che mi calmo) respiro. Quando li apro vedo Camila che ha ricominciato a piangere e Blavir e sua sorella che se la ridono.
-Andatevene prima che mi alzi, perché dopo non sarete più in grado di camminare- inclino gli angoli della bocca in un sorriso, mostrando i denti col semplice obiettivo di farle innervosire, e le guardo con la famosa occhiataccia omicida.
Le due si scambiano un'occhiata e alzano il mento, roteando gli occhi -Ce ne andiamo- mormora quella di cui non so il nome (e di cui non voglio saperlo) voltandosi di spalle e frustando l'aria con i lisci e lunghissimi capelli biondi.
Blavir sbatte le ciglia folte e stringe gli occhi azzurri sulla mia figura (credo stia progettando la mia morte) poi fa schioccare la lingua contro il palato e segue la sorella -Chissà cosa ci avrà fatto con quelle mani- borbotta di seguito, come se sia andicappata e non possa sentirla da mezzo metro di distanza.
Faccio per alzarmi e cambiare i miei piani di non beccarmi un richiamo (un giorno sul centinaio che sono passati dall'inizio della scuola) ma Camila mi stringe il gomito con la sua piccola mano e mi trattiene a terra.
L'accoppiata polacca esce dallo spogliatoio con un cambio per educazione fisica in mano (loro sono esattamente il prototipo di ragazza che si infila volentieri nella divisa stretta per farsi guardare il posteriore dai ragazzi che giocano a basket).
-Non ascoltarle- Camila tira su con il naso e si asciuga le lacrime con il dorso di una mano pallida -Scusami- si tira dietro l'orecchio piccolo una ciocca di capelli e io mi appoggio (sta volta facendo attenzione) al muro piastrellato delle docce.
-Ho bisogno di parlare di qualcosa. Distraimi, altrimenti mi tornerà in mente la storia con Jeremy e scoppierò di nuovo a piangere- si soffia il naso con un fazzolettino rosa e lo ripone a terra, accanto al suo zaino (anche quello rosa).
Io roteo gli occhi (mi sembra per la cinquantaduesima volta in due minuti e mezzo) e mi porto le ginocchia al petto, dondolando lentamente in avanti e indietro.
-Ora ti dico quello che penso, sai come sono fatta, e anche se volessi non riuscirei a trattenermi dal dirlo. Sono consapevole che sia un cattiveria, quindi copriti le orecchie se non vuoi sentire- annuncio, mentre le annuisce.
Non si copre le orecchie, anche se l'ho avvertita. Aspetto che cambi idea e poi sospiro, stendendo le gambe e stirandomi le braccia verso l'alto.
-Hanno ragione, Blavir e sua sorella.- la guardo e lei è confusa. Ha già gli occhi lucidi, forse dal precedente e recente pianto -Ti sei guadagnata quella brutta reputazione da sola. Nessuno ti ha detto di farti foto osè e mandarle a Jeremy. Nessuno ti ha costretta a pubblicarle su tumblr sotto un account non-privato. E sei stata stupida, non mi aspettavo che potessi essere tanto cretina - e snodata, devo ammetterlo- da inquadrarti la patata e la tua faccia nella stessa foto-
Quando concludo, mi alzo e tiro via lo zaino dal pavimento. Me lo carico in spalla e la sento riprendere a singhiozzare. -Ero innamorata di lui- mugola tra le lacrime, che le scorrono in fiumi sulle guance tonde e tra le labbra rosse.
-E con quel rossetto non migliori di certo le cose- mi lascio scappare di bocca una frase che non ci stava, decisamente non in questo momento.
Un altra crisi di pianto le parte dal petto. Si rannicchia e piange di cuore e potrò anche essere Gil la stronza, ma un po' di cuore ce l'ho anche io -Avanti, tirati su Camila- mi sistemo le fibbie sulle spalle e la prendo dalle ascelle, facendole cenno di alzarsi in piedi e darsi una sistemata.
Pesa più di quanto sembri, o forse sono io che ho il muscolo di una gallina, ma quando riesco a disincagliarla dall'ammasso che è diventato il nostro fortino abusivo, sono stanca come se avessi corso un'intera ora con Betty appollaiata sulle spalle.
-Sei bella Camila- ammetto di malavoglia -e se avessi il tuo fisico slanciato e leggermente tendente all'anoressia- sono proprio un disastro con queste cose -sarei la prima a farmi foto della patata e a postarle sul web- le carezzo un braccio con diffidenza e tossisco quando mi tira in un abbraccio spappola ossa.
-Hai un modo molto strano di mostrare affetto Gildina- mi soffia in un orecchio. Sento che sta sorridendo, ma che le sue lacrime francesi mi stanno bagnando i capelli.
Mi scosto da lei e schifata, mi passo le ciocche umide tra le dita. -Come ti pare- faccio spallucce e mi giro verso la porta del bagno, socchiudendola con due dita.
-Ci si vede in giro Putty- alzo due dita e mi fermo davanti allo specchio dello spogliatoio, controllando che le lacrime di Camila non mi abbiano fatto arricciare i capelli.
Basta una goccia d'acqua e divento Michael Jackson nel periodo afro.
Mi tolgo il trucco sciolto da sotto gli occhi e mi aggiusto la collana tra le clavicole, sentendo il metallo freddo battere contro la pelle calda del mio petto.
Tiro su il reggiseno e mi siedo su una panchina, togliendo i leggins e infilando gli skinny jeans di Luke. Ancora non mi decido a restituirglieli, ma lui ancora non si accorge del furto, quindi è okay.
Faccio tutte le dannate pieghe che servono per non farmi sembrare una fricchettona con i pantaloni larghi e troppo lunghi (potrebbero pensare che li abbia rubati davvero) e tirando su la zip, esco definitivamente.
Una volta in palestra mi poggio ad una colonna e aspetto che suoni la campanella, perdendo tempo a confrontare la grandezza dei miei piedi tra di loro. Dicono che la parte destra del corpo sia più grande della sinistra, ma credo che valga solo per le tette.
-Ternazza e Maraxt, nello sgabuzzino del bidello- sento mormorare da qualcuna, mentre si stirano le gambe con i sederi all'aria.
Tendo le orecchie e resto in ascolto, attendendo che qualcun'altra si faccia avanti e firmi la propria condanna a morte. Se vogliono spettegolare e prendermi per culo alle mie spalle, che lo facessero quando non ci sono. E' regola base.
-Non credo sia vero- profana una con corti capelli neri. La punto con lo sguardo e sorrido mentalmente, una con del sale in zucca -e poi Jason in persona mi ha detto che l'ha scopata nell'aula di Creep, questa mattina- fa spallucce e passa ad allungare le braccia e a scaldare le spalle.
Come non detto, sono proprio deficienti. Ma com'è che ha detto?
"Jason in persona"
Guardo l'orologio del telefono e senza neanche bloccarlo e riporlo in tasca, mi dirigo (svelta come mai lo sono stata) verso l'uscita della palestra. Meta: i corridoi del piano terra.
-Ternazza non può uscire!- la voce della professoressa, entrata poco fa dalla lunghissima pausa sigaretta (è durata almeno quarantacinque minuti) viene spezzata dalla porta a battenti che viene chiusa da un mio calcio.
Sono davvero incazzata con Marxat. Se vuole che gli ficchi un matita in culo, bene: non mi resta altro che farlo per davvero. Con tutte le cazzate che potrebbe aver detto in queste due settimane di appuntamenti che abbiamo avuto, potrebbe essersi scavato la fossa da solo.
Ma che non lo sanno? Non mi conoscono abbastanza per sapere che se mi provocano, io non mi tiro mai indietro? Credo che abbiano bisogno di un disegnino.
Ha detto che mi ha scopata nell'aula di Creep, questa mattina. E' vero che sono capitata nell'aula di Creep alla prima ora, ma è stato accidentale e c'era una lezione in corso.
Se hanno da ridire, Jason e il resto degli studenti dell'exchange (che seguono la mia vita manco fosse Beautiful) farò testimoniare l'accaduto ai trentacinque studenti presenti al corso di biologia.
Ridacchio tra me (probabilmente sembro una con problemi di mente) pensando che non sanno neanche inventare solide e credibili voci di corridoio.
Dire che mi faccio sbattere dai ragazzi a scuola (ma anche in generale) è come dire che Luke ama Arzaleya: una gran cazzata. (lo sappiamo tutti che Luke shippa Muke).
Busso alla porta dell'aula di spagnolo, senza esitazioni o paura che il professor Sanchez possa darmi contro (come se non lo facessero tutti i professori di questo istituto) e faccio capolino con la testa, una volta che il prof ha dato il consenso di entrare.
Mi schiarisco la voce e guardo in giro, adocchiando Jason. Sorrido con finta gentilezza e punto un dito in sua direzione, guardando invece il professore.
-La preside Porcelet ha richiesto la presenza di Jason Marxat in presidenza per la compilazione di alcuni documenti per i corsi di basket pomeridiani di questo semestre- tiro fuori la voce più oca che ho e faccio gli occhioni a Sanchez, che fa un cenno di consenso e lascia uscire lo stronzo.
Neanche il tempo di chiudersi dietro la porta di legno che lo aggredisco e gli sto addosso con la mia occhiataccia -Sei un tale coglione! Ma come ho fatto ad uscire con te per due settimane? A baciare quella merdosa bocca per due settimane? Come cazzo ho fatto?- mi impreco contro e quasi mi tiro i capelli davanti ai suoi occhi spalancati.
Non se lo aspettava, il bastardo.
-Sei confuso? Non preoccuparti che adesso ti chiarisco io le idee- lo afferro per un braccio e lo trascino su per le scale, ammiccando ad Earn che, sconsolato, torna a pulire il pavimento.
-Cosa diamine stai facendo, Gil?- mi chiede, strattonando la mia mano e facendomi mollare la presa su di lui.
-Cosa stai facendo tu! Pezzo di merda- gli impreco contro e mi trattengo a stento dal mollargli uno schiaffone tanto da appiccicarlo alla parete senza colla.
-Cosa ho fatto? Ma che hai?-
Prendo un grosso, grossissimo respiro e lo squadro con la voglia di dargli davvero quello schiaffo.
-Siamo stati bene ieri- mi precede lui, tentando di calmarmi, ma peggiora solo le cose.
-è stato un bel appuntamento, la mia parte preferita è stata la tua lingua nella gola di Layla. La tua?- sorrido sorniona e lo vedo alzare gli occhi al cielo.
-A me piaci tu. Layla continua ad appiccicarmisi addosso, è stata lei a baciarmi.- fa spallucce e si infila le mani nei blue jeans. Quelli che aveva il giorno in cui l'ho conosciuto. E lo stesso giorno in cui mi lasciò su un marciapiede, da sola, per la stessa Layla.
-Non ti credo- mi volto di spalle e mi mordo un indice, ma perché continuo a stargli dietro?
-Sei un lurido bastardo- aggiungo, tanto per ribadire il concetto.
-Smettila di darmi contro senza ragione e fai la persona matura!- mi fa girare, prendendomi per le spalle e inchiodandomi al muro.
Crede che io sia la ragazzina che si fa baciare incastrata tra il muro e le sue braccia? Allora davvero non c'ha capito nulla.
-Senza ragione?!-urlo per il corridoio e a quel punto mi tappa la bocca con la mano grande e mi tira contro il suo petto. I suoi occhi mi guardano fissa e le sue fottutissime pupille mi fottono per l'ennesima volta.
Ecco perché sono uscita con lui per più di dodici volte in due settimane, ecco perché anche se sono arrabbiata non riesco a maltrattarlo come invece farei di solito. Quei due dannatissimi occhi e quei piccoli cerchietti neri. Sono innamorata delle sue pupille e del modo in cui mi guardano, come se il mondo fosse tutto sincero e fatto d'amore.
Mi guarda come se non ci sia male, come se il concetto di dolore non esista, e mi parla con quelle due pupille nere e mi dice che non vuole ferirmi, che non lo farebbe mai. E allora perché ci prova?
-Hai detto che abbiamo fatto sesso in un'aula, questa mattina- lascio scivolare le parole dalle labbra secche, goffamente e stanca come sono. Mi blocco contro le sue braccia e la sua presa mi impedisce di allontanarmi.
Lui scuote la testa e mi guarda -E tu credi a loro o credi a me?-
Lo squadro e mi resto ad amargli gli occhi -A te- sussurro contro le sue labbra, che ormai sono ad un respiro dalle mie.
-Credo a te- ribadisco, un istante prima che mi baci.
Ci ho messo un bel po' per scrivere questo.
Tra poco dovrebbe arrivare anche il prossimo capitolo, quindi ci si vede là.
Votate e commentate se vi è piaciuto, ditemi cosa ne pensate di Jason e del modo in cui Gil ha reagito.
Seguitemi anche su twitter: wannahughtemm;
instagram: wannahughtemm;
snapchat: thedreamersara
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro