Nineteen!
-E quindi?- la gomma da masticare (rosa) si gonfia in una bolla, poggiandosi sulle labbra sottili (e rosa) di Camila.
-Quindi cosa?- la guardo di sfuggita e poggio la schiena contro un armadietto a caso del corridoio, guardandomi intorno per controllare che nessuno mi punti per aver occupato il suo spazio.
-Non gli hai rotto le palpebre?- le ciglia lunghe quasi mi fanno vento e piccoli grumi di mascara le sporcano gli zigomi.
Io dico: se non ti sai truccare, eviti di mascherarti da pagliaccio quando non è carnevale.
Ma mi mordo la lingua e mi sto zitta, guardando la bacheca e intravedendo Jason e Layla passeggiare per i corridoi.
Mi viene da vomitare a guardare le loro mani unite.
-1. Non si possono rompere le palpebre e 2. Non ho fatto nulla- faccio spallucce e batto un pugno sul metallo lucido alle mie spalle, guardando una lampadina al neon sul soffitto e riportando poi lo sguardo sul marmo chiaro a terra.
Sento Camila sospirare in sorpresa, emettendo un leggero e soffiato -Oh- che ignoro di proposito, volendo mettere fine alla conversazione.
Passeggiamo silenziosamente, ancora per poco (mi godo questi preziosi istanti di silenzio) lungo i corridoi, osservando Freeman destreggiarsi tra pile di fogli e i musi lunghi dei nostri compagni di corso.
Quel consulente andrebbe licenziato.
Non ha utilità nella scuola e nessuno lo vuole realmente qui.
Costringe noi studenti dell'excange a mangiare, anche se non abbiamo fame perché magari in seconda ora mi sono sparata due kinder bueno.
E a giocare nella squadra di pallavolo anche se facciamo davvero schifo (con facciamo intendo me).
Non appena giro lo sguardo mi scontro con le acute risate di Layla (cazzo, ha una bella risata) e con le pupille sorridenti del mio tecnicamente ex-ragazzo (cazzo, diventa ogni giorno sempre più bello).
Deglutisco e scannerizzo lei.
Capelli lunghi e tinti di un rosso scuro, ciglia lunghe e piegate, naso sottile e fianchi magri.
Mi stavo per chiedere la domanda delle domande: cosa ha lei che io non ho?
Ma credo che guardarla mi basti ad ottenere una più che valida risposta: tutto.
E ora non inizierò ad elencare i miei difetti, a) perché non ne ho e b) perché sono sicura che i suoi difetti siano più dei miei.
Ad iniziare dal suo nome. Layla. Poco originale, stra-usato, stra-americano. E dai suoi occhi. Azzurri. Stra-comuni, stra-poco originali.
-Qualcuna mi sembra gelosa- Camila mi sorride sorniona, arrossendo un poco sulle guance alte e lasciandomi intravedere le punte dei suoi canini scintillanti.
Si lava i denti con mentadent, ne sono certa.
-Sta zitta prima che stampi le foto della tua vagina e le attacchi alla bacheca all'ingresso- con una spallata la supero, non guardandomi indietro.
Sento gli occhi pizzicare, quando attraverso l'atrio e un condizionatore mi soffia l'aria direttamente negli occhi. Maledizione.
Mi asciugo le poche lacrime scese sulle guance e tiro su con il naso, soffiandomelo con un fazzoletto trovato casualmente in tasca e strizzando gli occhi.
Ferma, nel bel mezzo dell'atrio, cerco di togliermi dalla testa la risata di quella Layla e lo sguardo di Jason.
Sono entrambi felici, o è quello che lui vuole farmi credere.
Vuole forse che indaghi sulla loro storia? Vuole che mi ingelosisca davvero, fino a riportarlo indietro a me?
Non so cosa abbia capito di me, quando restavamo al parco di fronte la caffetteria a parlare di tutto e di niente, ma sicuramente non ha capito che non sono il tipo di ragazza che si fa manipolare.
È vero, mi sono lasciata fottere dalle sue pupille, ma ero cotta di lui e come dice mio nonno Giacomino: davanti agli occhi avevo un'intera salumeria.
Ora vedo chiaramente, so chi è lui e so ancor meglio chi sono io.
-Allora, programmi per oggi?- la voce soffiata di Calum si scontra contro l'altoparlante del telefono.
Sorrido e passo lo schermo da un'orecchio all'altro.
Mi guardo intorno, intravedendo Betty essere presa in giro da Blavir e Grinna (il duo polacco) e alcuni ragazzi del penultimo anno.
Scuoto la testa e lascio andare l'immagine delle sue grosse braccia spingere il petto di Grinna.
Betty sa come difendersi, e il suo culone enorme potrebbe anche uccidere quelli che mi sembrano Jake e Antoine.
-Sono a scuola Calum- lo riprendo, tentando di sopprimere il sorriso che mi cresce sul viso.
Lui ridacchia e si muove sulle lenzuola, rotolando sul letto.
Sento Ashton che suona la batteria con Luke, anche se il suono è ovattato.
-Programmi ... mh- picchietto il dito indice sul mento, sapendo esattamente cosa mi aspetta nel pomeriggio.
-Entro pasqua, mi sta crescendo la barba- lascia che il suono di uno sbadiglio mi colpisca un timpano. Perché è così dannatamente rumoroso?
Rido e -impossibile- commento. Lui si lamenta ad alta voce, stirandosi.
-Ma buongiorno! Sono quasi le dieci e mezza Calum e sei ancora a rotolarti nel letto come un maiale nel fango- mi mordo l'unghia squadrata di un pollice e gironzolo per il corridoio del primo piano.
-Le sue lezioni si tengono al terzo piano, signorina Ternazzi si muova- la maialetta sporge il collo grasso dalla porta del suo ufficio, probabilmente avendomi sentita parlare.
Neanche mi sono accorta che è suonata la campanella.
-Chi era?- chiede il moro. Sento il materasso cigolare e i suoi piedoni infilarsi in un paio di ciabatte pelose. Quelle viola che Luke gli regalò lo scorso Natale.
Il ragazzo ha gusto, ma Cal le usa solo perché sono comode, a detta sua.
-La maialetta. Secondo richiamo, e non sono neanche le undici- ridacchio nervosa e stringo la presa sui pochi libri che mi porto dietro.
Ho francese a quest'ora, ma non usiamo quasi mai il libro, quindi per quel corso posso anche chiedere in prestito un foglietto da aggiungere alla pila che ho nel cestino del mio armadietto.
Odio il francese.
-Fai la brava- mi richiama.
-E tu vai a fare la spesa- ribatto, sentendo ora la sua voce leggermente più distante.
-Compra i cereali a forma di biscotto!- sento Michael urlare, probabilmente dal salotto.
-Sono in vivavoce?- chiedo titubante, giocherellando con le mattonelle del secondo piano.
Salto sulle fughe grige, attenta a non calpestare gli spazi vuoti.
-Sei ancora in corridoio?- non mi ha risposto, ma Mike ha gridato un -Sì- quindi intuisco che tutta la nostra conversazione sia stata in vivavoce.
-Già- gonfio le guance -Non ho voglia di far lezione, e poi oggi è giovedì. Il che vuol dire che sarò costretta da Freeman nell'aula di Spagnolo per tutto il pomeriggio-.
Sporgo il labbro inferiore, pregando affinché afferri il concetto.
-Scordatelo-
-Ma per favore!- esplodo -Solo per questa volta!- adotto il miglior tono da bimba che ho e mi siedo nel bel mezzo del corridoio. Facendo il muso, anche se so che non può vedermi.
-Lo hai detto anche l'ultima volta e quella prima ancora. E quella prima di quella prima ancora...-
-okay, ho capito- incrocio un braccio sul petto e guardo la bacheca di fogli colorati davanti ai miei occhi.
Il secondo piano è quello delle medie, i ragazzini di primo e secondo sono soliti fare progetti di arte e musica per abbellire il corridoio. È anche il mio preferito.
-Non posso vederti, quindi fare labbruccio non servirà a nulla- lo sento ridere leggermente, mentre Michael impreca vistosamente.
-Luke dorme ancora, ieri l'hanno trattenuto in sala registrazione. Michael si è dato ad una maratona di Black Cops 2- mi spiega, anche senza che faccia domande.
Forse la voce di Mike era talmente alta che ha capito che avevo sentito, anche senza vivavoce.
-Non posso vederti. Gil, questa volta no-.
Neanche il tempo di farlo replicare che attacco la chiamata.
Poggio la testa sulle braccia e prendo un profondo respiro.
Se non posso saltare il gruppo di sostegno questo pomeriggio, salterò francese e storia americana le prossime due ore.
Annuisco a me stessa e mi porto le ginocchia al petto, accendendo internet e immettendo nick e password per accedere al mio account di Twitter.
Non posso neanche lasciare l'applicazione aperta, potrei scontrarmi con problemi di hackeraggio da parte dei quattro idioti.
"Preferirei fare un bagno nell'acido piuttosto che restare qui un solo momento di più"
Clicco il tasto di invio e aspetto che mi compaia nella timeline, controllando le tendenze.
#JustinAndHalsey
Sorrido, ricordandomi che tra nove giorni Justin Bieber pubblicherà il suo nuovo album Purpose. Sono una fan sfegatata da anni ormai, inutile dire che ho minacciato i ragazzi con lo scopettino smerdato del water di comprarlo su ITunes.
Imposto le tendenze su "Italia" e picchietto un piede a terra, attendendo che si carichino.
Nonostante non viva più nel mio paese d'origine da circa un anno e sei mesi, sono comunque sempre in contatto con vecchi amici e con i miei parenti.
#CalumEscile
Rido, cercando di contenermi posando il palmo di una mano sulle labbra. Amo il fandom.
E questa sera potrei anche fargli una o due foto a tradimento.
Per i primi quattro mesi, erano tutti in grande fermento per la mia partenza, persino i miei compagni di scuola. Anche quelli che non avevo mai sopportato e che non avevano mai dimostrato grande interesse nei miei confronti.
I miei genitori erano soliti chiamare due volte al giorno, ogni giorno, e mentirei se non dicessi che mi scocciava parecchio. Ma d'altra parte li capivo.
Vivere con quattro ragazzi adolescenti, quattro rock star sotto i riflettori.
Per i primi tempi pensavano che non avrei retto la pressione, i media costantemente addosso, ma si sbagliavano.
Amo essere al centro dell'attenzione, amche quando inventano le storie più assurde. Non mi tocca, perché so cosa è vero e cosa non lo è, so chi sono e un paio di uomini con delle macchine fotografiche non riusciranno a mettermi in crisi.
Sono un'adolescente che vive con altri quattro adolescenti, nulla di più.
Ovviamente mio padre era stato pressante e iperprotettivo anche con tutti questi km di distanza.
Ma gli era bastato cenare con i ragazzi per qualche sabato, e si era convinto che vivere con loro sarebbe stato il modo più veloce per imparare la lingua e diventare indipendente.
Da: Calum
Non mi hai davvero attaccato in faccia.
Sbuffo, bloccando il telefono ma non spegnendo internet.
Mi da fastidio che il mio complice si riufiuti di essere il mio complice. Sarò anche infantile, ma non mi importa.
-Cosa ci fai qui?- la voce di Jason mi fa alzare di scatto la testa, per fissare i miei occhi sulla sua figura.
-Potrei farti la stessa domanda, ma la verità è che di te non mi frega proprio un bel niente- faccio spallucce e torno a poggiare le guance sulle ginocchia.
Se lo ignoro, forse sparirà.
-Non sembra- replica, lasciandosi sciovolare al mio fianco.
Il suo profumo mi investe e per una frazione di secondo mi trovo a chiudere gli occhi, solo per sentirlo fino infondo.
Non guardarlo.
Non guardarlo.
Fai quello che ti pare, ma non guardarlo.
Deglutisco e stendo le gambe, cominciando a tirare il tessuto nero dei jeans sulle cosce.
Tutto ma non guardarlo.
-Ma è così. Non sembra ma è così- sussurro, alzando la testa e piegando il collo verso l'alto.
Non voglio stare così vicina a lui, ma sarei disonesta nel non affermare il contrario.
Sono passate settimane, ma non posso aspettarmi di dimenticare quello che ho provato baciandolo o anche solo guardandolo negli occhi.
Mi ha resa una molliccia.
-Quindi ... come v-
-Non fingere che ti interessi. Mi hai rimpiazzata con un'altra, anche mentre ci frequentavamo, è okay- lo interrompo bruscamente, alzandomi in piedi e torreggiando su di lui.
Sono patetica, è l'unico modo in cui sento di avere la situazione in mano.
-Cioè, non è okay- scuoto la testa furiosamente, cercando di mantenere un tono di voce basso, per non attirare l'attenzione dei professori.
-Non è okay per niente, ma lo sarà. Forse non domani, forse tra un mese, ma sarà okay.- lo guardo mentre mi fissa, con quelle sue pupille sincere.
Il suo unico pregio, eccolo lì.
E forse mi sono invaghita di lui solo per quelle, perché guardandolo negli occhi sapevo che mi avrebbe sempre detto la verità, anche involontariamente.
-Sei stato il mio primo ragazzo, il primo bacio e la prima rottura- aggiungo, non riuscendo a fermarmi -ma una come me non la troverai più. Non credo proprio. Mi dispiace perché non ti sei dato neanche l'occasione di conoscermi per davvero. La differenza è che uno cone te lo troverò eccome, forse anche meglio-
Sentendomi le guance bagnate gli sorrido e salgo di fretta le scale, puntando ai bagni.
Mi lavo il viso con l'acqua fredda e aspetto che le guance diventino di nuovo pallide come lo erano prima che Jason irrompesse in corridoio.
Mi sono sfogata e mi sento male e bene allo stesso tempo. È bello.
Non era programmata, non mi aspettavo neanche di vedermelo più così vicino, ma forse è stato anche meglio.
Asciugandomi le mani sui jeans mi poggio una mano sul cuore, sorridendo. Sento di aver superato l'ostacolo.
Tirando fuori il telefono controllo i messaggi e aprendo l'applicazione di whastapp mi trovo un audio di pochi secondi da parte di Calum.
Sorrido inconsapevolmente e abbassando il volume al minimo, premo play e attacco il telefono all'orecchio.
-Mi dispiace per non appoggiarti, ma devi capire che tutto quello che stai facendo adesso, la scuola, lo studio, il vivere da sola a soli sedici anni, tutto questo servirà per il tuo futuro. La verità è che ti voglio troppo bene per lasciarti buttare tutto questo al vento, anche se ora parliamo di un corso di supporto che non serve davvero a niente. Volevo solo ehm ... non lo so.
Credo che ...
Vediamoci fuori scuola alle quattro, devo parlarti-
Sono in ospedale dalle nove di sta mattina e adesso sono le undici e un quarto. Ho avuto il tempo per scrivere questo capitolo e inziarne altri due.
Spero che vi piaccia!
Commentate e votate :)
-Gil
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