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Eleven ?

Tornare a casa dopo una terribile giornata di scuola (il mio posteriore sta soffrendo peggio di una donna con la sindrome premestruale) e stendersi sul divano, è la sensazione migliore del mondo.

Tornando alla mia realtà, tornare a casa alle sette di sera, senza ovviamente avvertire del ritardo, equivale all'offrirsi tributo negli Hunger Games.

Considerando la mia bassezza e l'indole naturale alla pigrizia, sarei morta anche prima di cominciare.

Ashton sbuca dalla cucina con lo stesso pretenzioso grembiule bianco che indossa ogni sera per preparare la cena (broccoli su passata di broccoli bolliti) e mi punta contro un mestolo di legno.

-Sembri nonna Rita- con una mano abbasso lo strumento di legno e lo aggiro, dirigendomi pigramente verso il salone dove sento il rumore della televisione accesa.

Quando faccio il mio monumentale ingresso ad effetto, lanciando la borsa pesante all'angolo più vicino del divano blu, Mulan sta fuggendo da casa per arruolarsi nell'esercito cinese.

Sorriso e punto un indice contro la spalla di Luke, che si accoccola un po' di più a Michael e alla coperta -Mi avete aspettata!- esclamo addolcita, ricordandomi lo scorrere delle scene e accorgendomi che è iniziato veramente da poco.

Luke alza un occhio azzurro verso di me e mi schiaccia un occhiolino un po' sbilenco, mentre quel carciofo mestruato di Michael mi zittisce muovendo due dita nell'aria satura di vapore, proveniente dal disastroso pasto bollito di Ashton.

Non capisco perché si ostini a voler cucinare (probabilmente cerca il modo più innocuo e meno ovvio per uccidermi).

-Vieni a sederti- la voce morbida di Calum mi chiama dalla poltrona in cui si è infossato, coperto da almeno tre coperte di lana e da un paio di cuscini rossi.

Adocchio il mio cuscino e con un balzo mi avvento su di lui, prendendocelo a botte in faccia -Non ti azzardare mai più a toccare Justin- carezzo giocosamente la stoffa morbida e gli faccio una linguaccia, mentre le sue dita lunghe mi pizzicano un fianco.

-Se dovete far casino o se volete organizzare un pigiama party e dipingervi le unghie a vicenda, fetemi il piacere di sparire in camera vostra.- Michael non distoglie l'attenzione dalla tv, ma il suo tono aspro ci si scaglia contro con tutta la fastidiosa irritazione di cui un suo sguardo sarebbe capace.

-Non essere rude- lo richiama Luke, mettendo il broncio e stendendoci un sorriso.

Io amo Luke, io adoro Luke, perché non me lo sposo uno di questi giorni? Dovrei portarlo a Las Vegas e farci sposare da uno di quei cupidi grassi e vecchi che si vedono in televisione.

-Scusa- è solo un sussurro, ma riesco pallidamente ad intercettarlo nel fragore emesso dalla tv e da un paio di pentole che, in cucina, si fanno spazio sul pavimento.

Ridacchio e mi alzo dalle ginocchia di Calum (credo fossero le sue ginocchia, si è talmente imbacuccato che non gli vedo neanche il naso e questo è tutto dire).

-Vado a controllare Ashton, non voglio rimetterci i piatti- attraverso la sala, guadagnandomi l'ennesima occhiataccia infastidita da parte di Michael -Se devi fare su e giù prenditi Calum e chiudetevi in una stanza-.

Inutile dire che quando è nervoso concentra il novantanove virgola nove per cento delle sue capacità mentali, nel prendermi in giro con battutine squallide a sfondo prettamente sessuale.

Potrei ribattere, ne sono consapevole, magari giocare sul fatto che ho un paio di filmati in cui si vede uno strano quanto interessante scambio di sguardi tra lui e Luke.

Potrei persino essere tanto brava da farlo ricredere sulla sua sessualità, ma a quel punto sconfinerei nella crudeltà e seppure il nostro volerci bene si trova infossato e nascosto sotto un mucchio di battutine sprezzanti e piccanti e ardite bestemmie, non potrei mai ferirlo al punto da trasformare questo nostro odio/amore nel solo sentimento dispregiativo di cui è formata la coppia vincente del nostro rapporto.

Può sembrare una cosa brutta ed innaturale, dimostrarsi affetto lanciandosi coltelli (metaforicamente parlando, ho una mira di merda e finirei per tagliargli un orecchio) ma noi siamo fatti così e ci sta bene.

Abbiamo stabilito questo tacito accordo più o meno nel secondo in cui ci siamo incrociati la prima volta, quando con una stretta di mano gli ho quasi cavato un occhio (rimarreste stupiti dalla capacità con cui attiro sfighe e situazioni discutibilmente equivoche).

Ashton si tira via dai fornelli con la fronte imperlata di sudore e le ricce ciocche bionde che gli accarezzano le sopracciglia spesse e scure.

-Non ho intenzione di mangiare i tuoi capelli per cena, Irwin. Vedi di metterti una di quelle retina da signore della mensa. Agata ne dovrebbe avere un paio a scuola, nel ripostiglio, se vuoi domani te le vado a prendere- gli sorrido sorniona e lui lascia andare il mestolo sul piano cottura, rumorosamente.

-Non sei mica divertente- borbotta lui, slegandosi il grembiule sudicio e agganciandolo alla maniglia grigia dello stipetto della pasta.

Gira in tondo per qualche secondo e poi trova il suo telefono, sotto un paio di scartoffie d'ufficio (il menagement ha rotto le palle con tutti questi documenti sparsi per casa, tra poco mi trovo un contratto al posto della carta igenica) e qualche busta gialla.

Le lettere delle fans arrivano copiose, ogni giorno.

Mi chiedo come facciano a scoprire dove abitino, poi però penso che non puoi non accorgerti di una giraffa di un metro e novanta in occhiali da sole e cappuccio ad Agosto che cammina per strada sicuro di essere sotto copertura.

Scuoto la testa e guardo Ashton mentre ordina un paio di pizze e discute con la vecchia cameriera del Nando's in fondo alla strada, che insiste sul raccontargli di suo marito che l'ha appena lasciata.

Rido leggermente, attirandomi comunque la sua attenzione e il suo sguardo da cane bastonato, mi chiede aiuto e mi supplica di pietà, ma non ho la minima intenzione di negarmi certi semplici piaceri della vita.

Come dice Augustus Waters (o meglio, come Jhon Green ha deciso di far dire ad Augustus Waters) potrei morire da un momento all'altro e non voglio che l'ultima mia immagine sia quella si una vecchia signora che si sfoga con me tramite il telefono di una pizzeria.

Con le dita ballo da una lettera ad un disegno, sollevandone un paio davanti agli occhi e ammirando la bravura di certe ragazze nello sfinire il naso di Calum o nell'ingigantire la fronte di Michael.

Rido quando ne trovo uno stilizzato, fatto con una semplice penna bic.

Riconosco il nome italiano di una ragazza e sorrido addolcita. Il disegno è estremamente infantile, ma la scrittura con cui è firmata la dedica mi fa pensare ad una ragazza del liceo. Intuisco che ha volontariamente disegnato i ragazzi in quel modo buffo che mi strappa una risata, quindi lo guardò per qualche secondo di più e mi alzo sulle punte per prendere il nastro adesivo da una mensola.

-Mi dispiace- mugugna Ashton contro la cornetta del telefono, lo sento strascicare le parole e cercare di rendersi il più avvilito e convincente possibile.

Sento il suo sguardo sulla mia schiena, insistente, così sogghigno e quando mi giro lo trovo a farmi i raggi x alla testa.

Sento il suo desiderio di morte anche dall'altra parte dell'isola che divide la cucina.

Stacco un paio di pezzi dal nastro e attacco il disegno all'anta del frigo, il tutto sotto gli occhi attenti del biondo.

-Tre margherite, una funghi e una peperoni- afferro il telefono e comunico monocorde il solito ordine del giovedì sera.

Guardo Ashton sospirare sollevato, non mi ringrazia affatto, così lo snobbo e vado in sala.

-Sei tornata in ritardo- i suoi piedoni mi seguono, calpestando il tappeto e fermandosi davanti agli occhi allungati di Mulan, che ora piange.

Borbotto infastidita tra me e me perché mi sono persa la mia parte preferita, quella dell'allenamento al campo e mi butto tra le braccia di Calum che non si è mosso dalla posizione in cui l'avevo lasciato.

Lui allarga le braccia e mi accoglie con un sorrisino, concentrato comunque sui capelli scuri e lisci della donna guerriera.

-Togliti- si lamenta Luke, appoggiato dal continuo borbottare di Michael, che gli ficca il naso nello spazio tra il petto ed il braccio. Prego affinché Luke non si sia ancora lavato le ascelle, voglio godermi la faccia disgustata di Mike.

-Non hai neanche chiamato per avvertirci. In più sai benissimo della convocazione della Porcelet di stamattina.- punta le mani sui fianchi, scatenando un attacco di sonnolenza improvvisa in me.

-Giuro che diventi talmente noioso quando fai il tutore legale che mi viene voglia di soffocarmi con un calzino di Michael- mi sistemo tra le coperte e appoggio un orecchio sulla spalla ossuta di Calum -Sei scomodo- mugolo, e lo vedo arrossire leggermente e guardarmi quasi con dispiacere.

-Non faccio il tutore legale, Gil- mi riprende, sedendosi sul bracciolo della poltrona, solo per far smettere Luke e Michael di lamentarsi come due bambini di cinque e quattro anni.

Alzano drasticamente il volume della televisione e ci lasciano immersi nella spiacevole conversazione che ci tocca sostenere.

Sento le dita di Calum scavarmi un fianco, dolcemente.

Forse non sa che me ne sono resa conto, forse è solo un gesto dettato dall'abitudine, io rabbrividisco e lui tira su con il naso, quasi nello stesso istante. Come se le sue falangi non mi stessero accarezzando un lembo di pelle.

Deglutisco e alzo lo sguardo sugli occhi di Ashton, resi scuri dalla semi-oscurità che ci circonda -Io sono il tuo tutore legale- conclude con uno strano effetto autoritario nella voce.

-Scusami- esclamo sarcastica -A volte mi capita di dimenticarmene, per esempio quando la mattina di preparo i cerali e il latte al cioccolato o quando rifaccio il tuo letto o quando ti stiro le camicie- lo guardo inarcando le sopracciglia e restando in silenzio aspetto che si accorga della reale situazione.

Il volume della televisione si abbassa d'un tratto, gli sguardi su di me diventano molteplici, Luke e Michael smettono di seguire assorti il film e ci fissano, le dita di Calum raggiungono la mia pancia e il palmo della mano calda mi stringono un fianco.

-Sai bene qual è la situazione- proseguo, nutrendomi scaltra del suo silenzio.

Questo è il suo punto debole e lo colpisco, più volte, più forte che posso.

-Hai ventuno anni, un lavoro, una ragazza, sei ricco, sei ben voluto, sei amato, eppure vivi con una ragazzina sedicenne che ti fa da mamma- lo schernisco, non riuscendo a tapparmi la bocca.

Mentre pronuncio le parole mi sento male, sento il cuore rallentare i battiti e combatto contro il nodo alla gola che fa sembrare rauca e spezzata la mia voce.

Calum si schiarisce la voce rumorosamente -Ora basta- mi sussurra, ma lo sguardo assente di Ashton mi indurisce e mi induce a continuare.

Lo vedo mentre si rompe, pian piano e su quella strada frammentata continuo.

-Sappiamo entrambi qual è la situazione, ammetti a te stesso che non hai il controllo. Ammetti che sei succube della tua stessa vita, che non sei mai riuscito e che non riuscirai mai a prendere in mano la tua vita come vuoi, come hai sempre voluto. Ammettere la verità è il primo passo per accettare il tuo fallimento-

Si alza debole, come se gli avessi stretto il cuore tra le dita e glielo avessi svuotato.

Guarda Luke e Michael che invece hanno il loro sguardo, sgretolato, sorpreso, su di me.

-Non sono io quello che non è mai stato accettato dai propri genitori, non sono io quello che è stato cacciato di forza dalla propria casa, addirittura dal proprio paese. Mia madre mi ha voluto, mio padre era troppo ubriaco anche solo per capire in che anno sopravviveva la sua vita. Tu che scusa hai?-

Esce dalla stanza e si dirige verso il corridoio che porta alle nostre stanze, mentre Luke si alza in fretta e lo segue passo dopo passo.




Oggi ho fatto una strage, ne sono consapevole. Per chi mi segue su twitter è stata una giornata dura (lol)

Credo che comunque questo litigio ci volesse, per farvi entrare nella prospettiva dei diversi rapporti, sia tra i ragazzi che con Gil.

Spero che vi sia piaciuto e che per voi sia un piacere commentare le vostre parti preferite e votare il capitolo.

Grazie infinite per le 9.5k visite complessive, sono sbalordita.

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