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Capitolo 3: Sgradite novità

LE VICENDE DI QUESTO CAPITOLO SONO AMBIENTATE NEL PRESENTE

EMANUELE

Da quando abbiamo imboccato il viale d'accesso dell'hotel dove alloggerò per le prossime otto settimane, ho notato in Eleonora un improvviso cambiamento di umore. Non che prima fosse la quintessenza dell'allegria, ma mi accorgo, dal modo in cui continua a mordersi l'interno della guancia destra, che è piuttosto nervosa.

Seguo la direzione del suo sguardo e la vedo lanciare rapide occhiate verso una Porsche Cayenne nera parcheggiata nell'area riservata al personale.

«Mi avvio alla reception, tu intanto prendi la valigia.»

Mi lascia da solo, ancora seduto in auto, a interrogarmi su cosa possa aver suscitato in lei questo improvviso stato di agitazione. Forse la mia presenza le causa davvero disagio. Magari si aspettava da me un atteggiamento diverso, o almeno delle scuse per tutto il male che le ho fatto. Non nego che ci ho pensato durante il tragitto in macchina, anzi. Ma non me la sono sentita di affrontare un discorso così delicato così presto. Ho bisogno di metabolizzare gli eventi delle ultime ore e di trovare il modo e le parole giuste per aprire l'argomento. Sono certo che, nelle prossime settimane, ci sarà l'occasione giusta.

Trascino la valigia fino all'ingresso dell'hotel, che è davvero maestoso, e mi fermo un attimo a respirare a pieni polmoni l'aria tiepida di inizio estate, profumata dalle essenze dei numerosi pini marittimi che circondano la struttura, le cui verdi chiome ondeggiano al vento che arriva dal mare. È un posto davvero incantevole.

L'enorme porta a vetri si apre al mio passaggio, e un fattorino in divisa si avvicina per prendere il mio bagaglio.

La hall che mi accoglie è immensa e luminosa. Il lusso e la raffinatezza degli arredi mi lasciano senza parole. Non mi aspettavo certo di alloggiare in una bettola, ma mai avrei immaginato un hotel così elegante. Questa esperienza lavorativa, che tanto mi angosciava, si sta rivelando superiore a ogni mia aspettativa, sotto ogni punto di vista.

Il mio sguardo vaga alla ricerca di Eleonora, e infine la vedo ridere e chiacchierare amichevolmente con una ragazza dietro il bancone della reception. Sembrano due care amiche che si conoscono da molto tempo.

Mi avvicino palesando il mio arrivo con un colpetto di tosse e vedo la piccoletta trasalire e voltarsi di scatto nella mia direzione. Il suo sguardo sembra rilassarsi alla mia vista. 

«Klaudia, lui è  Emanuele Maestri. Il Conservatorio di Tirana dovrebbe aver prenotato a suo nome una stanza per otto settimane. Ti risulta?» 

«Certo. Signor Maestri siamo lieti di averla come nostro ospite. Io sono Klaudia e sono a  disposizione per ogni sua necessità. La stanza a lei riservata è la suite Tramonto  che si trova al quarto piano. » Il suo italiano è perfetto, si inceppa solo quando pronuncia le erre che arrota in una maniera strana. Mi porge le chiave magnetica e sorride arricciando il naso. I suoi magnifici occhi verdi si soffermano a guardarmi per qualche secondo di troppo e io mi sento quasi a disagio. Mi accorgo poi che il suo sguardo si sposta da me per mettere a fuoco qualcosa alle mie spalle. Le vedo fare un cenno con la testa verso Eleonora, che a sua volta guarda oltre me e nervosamente si aggiusta la frangia. 

«Dashuria ime, çfarë po bën këtu? Pse nuk më thirre?» (Amore mio, che ci fai qui? Perché non mi hai fatto chiamare?)

Il suono di una voce maschile mi raggiunge alle spalle. Non capisco un cazzo di quello che ha appena detto. L'unica cosa che vedo, mentre un groppo di saliva mi blocca la gola, è che la voce appartiene a un uomo che ora sorride a Eleonora e le cinge la vita con un braccio, attirandola a sé.

Lei dapprima si irrigidisce, sembra a disagio, ma poi si rilassa e gli appoggia la testa sul petto.

«Stavros, lui è Emanuele Maestri, un collega del Conservatorio che alloggerà qui. Poi ti spiego tutto, si tratta di quella chiamata che mi era arrivata dalla segreteria del rettore...» Parla tranquillamente in italiano, segno che anche lui conosce bene la lingua.

Poi, rivolge lo sguardo dalla mia parte e, mentre mi fissa, scandisce lentamente: «Emanuele, lui è Stavros Niarkos, mio marito.»

Silenzio. Per un attimo tutto intorno a me si blocca. 

Sento solo l'eco della voce di Ele che ripete all'infinito mio marito. 

Marito?

Ho capito bene? 

Ha detto marito?

Eleonora è sposata.

Il mio cuore perde un colpo. Frustrazione, rabbia, sconforto e una miriade di altre sensazioni a cui non riesco nemmeno a dare un nome si alternano dentro di me. Sono troppo scosso, e sono certo che il mio stato d'animo sia visibile anche all'esterno.

Due occhi di un azzurro glaciale mi osservano attentamente, scrutando ogni dettaglio del mio volto che non riesce a nascondere lo stupore per la notizia appena ricevuta.

«Lieto di conoscerla, Signor Maestri!»

Mi porge la mano, restando in attesa di una mia reazione, che arriva con lentezza. I suoi occhi restano fissi nei miei, e faccio fatica a sostenere il suo sguardo. È più alto di me di almeno cinque centimetri, e sicuramente più grande di età. Lo dimostrano le evidenti rughe d'espressione sul suo volto e le lievi striature di grigio nei folti capelli neri, leggermente lunghi e pettinati all'indietro.

Sono un uomo, ma so riconoscere quando ho di fronte a me un altro uomo degno di nota. Stavros Niarkos è davvero molto piacente. Ha un fisico asciutto e longilineo, e indossa un abito grigio antracite, chiaramente di alta sartoria, con una raffinatezza che non passa inosservata. Tuttavia, non riesco a togliermi dalla testa l'idea che, accanto a Eleonora, io non stia guardando un marito, ma piuttosto un padre. O almeno, questo è ciò che voglio credere ora. A occhio e croce, ha almeno dieci anni più di lei, forse anche qualcuno in più.

Con fatica, rispondo alla sua stretta possente. Mi schiarisco la voce con un colpo di tosse, nel vano tentativo di riprendere fiato. Sono troppo sconvolto.

Ma cosa mi aspettavo? Che Eleonora, in tutto questo tempo, avesse fermato la sua vita ad aspettare un mio ipotetico ritorno?

«Piacere mio, signor Niarkos!» Riemergo a fatica dal mio stato catatonico.

«Elona, appena ti liberi, puoi passare nel mio studio? Devo farti vedere un paio di cose e ho bisogno di un tuo parere. Dashuri (amore), ti aspetto di là, fai con calma!» Si china verso di lei, lasciandole un bacio leggero sulla fronte e sfiorandole la guancia con un dito.

«Dammi due minuti e sono da te.» Ele gli sorride, e vedo il suo volto addolcirsi al tocco delle mani di lui.

«Spero che il suo soggiorno presso il mio hotel sia piacevole e confortevole, signor Maestri. Si rivolga a Klaudia per qualsiasi necessità. Sicuramente avremo modo di vederci spesso nei prossimi giorni.» Mi fa un cenno di saluto con la testa e, con calma, si allontana dirigendosi verso un corridoio laterale in fondo alla hall.

Per un attimo ho avuto la sensazione che quel "Sicuramente avremo modo di vederci spesso" fosse una sorta di minaccia velata. Come se ci fosse qualcosa di sottinteso.

Sono ancora immerso nel mio stato confusionale, e quasi non mi accorgo che Eleonora mi sta parlando.

«Emanuele, mi stai ascoltando? Ti stavo dicendo che ora devo andare. Klaudia ti aiuterà se vuoi noleggiare un'auto o uno scooter, così potrai spostarti da solo e mi eviterai la seccatura di doverti fare da autista. Che ne pensi?»

Mi sta praticamente liquidando per correre dal suo bel maritino, senza alcuna intenzione di prendersi carico dei miei spostamenti nei giorni a venire.

Non se ne parla proprio. Io la voglio accanto a me il più a lungo possibile.

«Per il momento preferisco iniziare ad ambientarmi. Noleggerò uno scooter quando mi sentirò più a mio agio. È un problema per te?» Cerco di dare alla mia voce un tono di sincera costernazione, come se fossi davvero bisognoso del suo aiuto e della sua collaborazione.

Un lampo le attraversa lo sguardo. Sicuramente mi starà maledicendo mentalmente. Le sfugge un sospiro profondo e la vedo serrare la mascella. Tra due secondi mi manderà sicuramente a fanculo.

«Beh, Elona, un po' ha ragione il signor Maestri. Sai meglio di me che Durazzo in estate ha un traffico insopportabile.» Klaudia, la receptionist, interviene inconsapevolmente in mio aiuto. Le rivolgo un sorriso sghembo di gratitudine.

Eleonora la fissa torva. Fa per dire qualcosa, ma si blocca. Respira ancora profondamente.

«Ci vediamo domani mattina alle otto e trenta. Fatti trovare pronto!»

Senza neanche salutarmi, si gira e attraversa la hall a passo spedito, svoltando nella stessa direzione in cui, poco prima, si era allontanato "occhi di ghiaccio".

ELEONORA

Sono talmente incazzata che, solo spalancando la porta dello studio di Stavros, mi rendo conto di non aver neanche bussato.

«Scusa, scusa, scusa! Sono sempre la solita: entro come una valanga senza avvisare!»

Lui non si scompone, come sempre. È abituato alle mie invasioni rumorose e, sotto sotto, sono sicura che gli piacciano parecchio. Solleva lo sguardo oltre le lenti degli occhiali, che usa solo quando lavora, e mi sorride indulgente.

Dio, quanto è sexy quando mi guarda così.

«Lo sai, vero, che con questi occhialini dorati sei davvero appetibile?»

Faccio il giro della scrivania e mi accomodo sulle sue gambe, rubandogli un bacio.

«Appetibile?» Mi guarda perplesso, e mi rendo conto che forse il termine in italiano non gli è chiaro.

In casa Niarkos-Gashi si parlano tre lingue: italiano, greco e albanese. A volte ci divertiamo a complicarci la vita usando termini che per ciascuno di noi possono risultare incomprensibili. L'italiano è la mia lingua madre, e Stavros lo conosce abbastanza bene; il greco, invece, è la sua lingua natale, e io sto ancora cercando di impararlo al meglio. L'albanese è, per entrambi, una lingua di adozione.

«Sì, appetibile. Qualcosa è appetibile quando è buona da mangiare. Come la moussaka, o il trilece o, meglio ancora, la carbonara. Capito?»

Ride di gusto e mi sistema meglio sulle sue gambe, mentre una mano si intrufola sotto la mia camicetta per accarezzarmi la schiena.

«Quindi ora, per te, sono come un bel piatto di carbonara?» La mano si ferma all'altezza del reggiseno, e con un rapido gesto lo slaccia.

«Mmmhh, sì, esattamente. Mi è venuta fame...» Gli sfilo gli occhiali e li poggio sulla scrivania.

«E cosa posso fare per placare questo tuo improvviso appetito?» Le sue mani ora si occupano dei bottoni della mia camicetta, che apre lentamente, mentre fissa i suoi occhi blu cielo nei miei, scuri. Non aspetta una mia risposta, perché non ne ha bisogno.

Sa esattamente quello che voglio da lui. Lo ha capito dalla prima volta che ci siamo incontrati, quasi dieci anni fa, quando il mio istinto mi ha portata a bussare alla porta della grande villa dove ora viviamo insieme.

Ero solo una ragazzina insicura, piena di ansie per il periodo tremendo che stavo attraversando. E, contro tutto e tutti, lui mi ha aiutata a diventare quella che sono oggi. Mi ha esortata a inseguire i miei sogni e a non sentirmi inferiore a nessuno.

Con la coda dell'occhio lo vedo premere il pulsante sulla scrivania che blocca la serratura della porta del suo studio.

La camicetta e il reggiseno ora sono a terra, e le sue labbra lambiscono lentamente il tatuaggio a forma di sole che ho tra i seni.

Sospiro, rilassata, lasciandomi andare alle sue mani esperte. Tutta l'agitazione che avevo prima sembra svanita.

Perché ero nervosa? Ah, sì... Lele.

Ma ora non voglio pensarci. Ora ci sono solo le mani e le labbra di Stavros, che sapientemente venerano il mio corpo.

******************************

«Resti a pranzo con me o hai da fare? La carbonara te la faccio preparare dal nuovo chef italiano che ho appena assunto. Ti va?»

La voce di Stavros mi arriva ovattata dal getto della doccia nel gigantesco bagno annesso al suo studio privato, mentre mi coccolo con il mio adorato e immancabile bagnoschiuma al talco.

Quando la famiglia Niarkos ha costruito in Albania, dodici anni fa, il ventesimo hotel della loro famosa catena alberghiera, Stavros ha deciso di seguirne personalmente la realizzazione.

Quello che ora è solo il suo ufficio, dove trascorre le sue giornate lavorative, era in realtà il suo appartamento personale, completo di tutti i comfort. Ecco perché ci sono un bagno e una camera da letto integrati.

«Secondo te posso mai rifiutare un'offerta così allettante?» Avvolta nell'accappatoio, faccio capolino dalla porta del bagno e vado a recuperare i miei vestiti, che lui ha gentilmente ricomposto sul divano di fronte alla scrivania, per portarli con me e indossarli.

«No no, Elona. Cosa vuoi fare? Andare a vestirti di là? Non se ne parla proprio.»

Indossa la giacca e si appoggia alla scrivania, incrociando le braccia al petto. Mi fa cenno di sfilarmi l'accappatoio e di girarmi di spalle.

Lo sento avvicinarsi dietro di me, e con l'indice percorre lentamente la mia schiena fino all'attaccatura dei glutei.

Si avvicina ancora di più e si abbassa per sfiorarmi la nuca con le labbra.

«Sei bellissima, dashuri,» sussurra sulla mia pelle, percorsa da brividi. «Sei uno spettacolo. Il mio spettacolo.» Mi scioglie i capelli dall'asciugamano che li teneva raccolti e li accarezza lentamente, annusando la fragranza dello shampoo.

«Ora puoi vestirti. Ma lentamente, molto lentamente.»

************************

La carbonara preparata dal nuovo chef è davvero una delizia. Sono alla terza forchettata e già mi dispiace vedere che il piatto è quasi finito. Questa cosa che nei ristoranti eleganti le porzioni siano così esigue mi dà sui nervi. Ho ancora fame.

«Scommetto che ne vorresti dell'altra, vero?» Stavros ha notato l'espressione di disappunto con cui sto fissando il piatto vuoto.

«No, dai, meglio di no. È buonissima. Fai i miei complimenti allo chef, è sublime. Ma un altro piatto si depositerebbe tutto sulle mie chiappe. Ho già qualche chilo di troppo che non riesco a smaltire...»

«Ma sei seria? Le tue chiappe stanno benissimo, fidati, le ho controllate qualche minuto fa ed erano in perfetta forma!» Ride soddisfatto e mi versa altro vino rosato. «Approfittane ora, che tra qualche giorno, con tutti gli impegni che avrai, farai fatica a trovare il tempo per mangiare.» Senza darmi la possibilità di replicare, chiama il maître di sala e ordina un altro piatto di carbonara per me e un controfiletto di manzo alla griglia per lui.

Sorseggio il vino ghiacciato e ripenso alla mattinata appena trascorsa. Mi torna in mente Lele, la masterclass che inizierà domani e gli altri mille impegni che mi aspettano nelle prossime settimane. Tutta la calma e la serenità che Stavros era riuscito a trasmettermi sta andando a farsi fottere.

L'ansia, la mia compagna di sempre, torna a farmi visita.

«A proposito di impegni, com'è andato l'incontro con il rettore? E quel tuo collega italiano, che ruolo ha in tutta questa storia?» La domanda diretta di mio marito mi coglie di sorpresa.

Ingoio frettolosamente un sorso di vino e cerco le parole per rispondergli. Ho l'impressione che, dietro a questa richiesta, ci sia qualcosa di non detto.

Sono forse i miei sensi di colpa a farmi avvertire questa strana sensazione, oppure lui sta aspettando che gli dica qualcosa che già sa?

Prendo tempo, fingendo di ripiegare il tovagliolo con precisione maniacale.

Sospiro forte e lo fisso.

Devo dirglielo, devo assolutamente parlargli di Lele.

Allunga una mano attraverso il tavolo per raggiungere la mia e accarezzarla. Sfiora la veretta di diamanti che porto all'anulare sinistro dal giorno del nostro matrimonio.

«È lui, vero? Hai intenzione di dirgli tutto?»

Le mie sensazioni erano giuste. Lui sa già tutto, vuole solo che io ne parli.

Il cameriere arriva al tavolo per servire le pietanze che avevamo ordinato. Aspetto che si allontani prima di rispondere.

«Sì, è lui. Ma quello che pensavo dieci anni fa, lo penso ancora adesso: non gli dirò nulla.»

Scuote la testa e sorride mesto. 

«Quando è arrivata la prenotazione da parte del Conservatorio di Tirana ero con Klaudia. Mi è bastato sentire il nome per far riaffiorare i ricordi. Lo sai che ho un'ottima memoria. Ho fatto le mie ricerche che sono servite solo a confermare i miei dubbi. Era proprio lui, il Lele di cui mi parlasti tanti anni fa. Sei testarda, dashuria ime (amore mio). Ma anche ora, come allora, sono convinto che lui debba sapere.»

Sa che non risponderò, mi conosce troppo bene.

Mi accarezza di nuovo la mano, e la malinconia che gli leggo negli occhi mi toglie il respiro.

«Pensaci su, promettimi almeno questo.»

«Te lo prometto, Stavros, ci penserò...»

Rieccomi qui con un nuovo capitolo ancora ambientato nel presente, utile per conoscere meglio la vita attuale di Eleonora e tutte le sue dinamiche.

Emanuele, che era partito in quarta, si scontra con una realtà che lo sconvolge: il marito di Eleonora. 

E che marito... 

Ve lo aspettavate? 

Muoio dalla curiosità di leggere i vostri commenti! 

Grazie di cuore per essere qui a leggermi!

Ci rivediamo al prossimo capitolo! 


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