'Regali' inaspettati
!!AVVERTENZA!!
COME GIÀ DETTO ALL'INIZIO DELLA STORIA, QUESTO CAPITOLO È UN EXTRA IN CUI È PRESENTE (IN MANIERA ACCENNATA) UNA SCENA YAOI MATURA. SE NON VUOI LEGGERLA, SE TI DA FASTIDIO, SE NON HAI L'ETÀ GIUSTA, CHIUDI QUESTO LIBRO. LA FANFICTION SI PUÒ CONSIDERARE CONCLUSA GIÀ AL CAPITOLO PRECEDENTE.
Il suono assordante della sveglia che suona mi perfora i timpani insistente tirandomi, a forza, fuori dal magnifico sogno che stavo facendo. Prendo il cuscino e ci infilo la testa sotto premendolo sulle orecchie, ma il suono è così forte che nemmeno il suddetto cuscino riesce ad attutirlo.
«Ranmaru, stacca quella cazzo di sveglia.» Mugugno infastidito.
Sento il mio ragazzo mormorare frasi sconnesse e, finalmente, spegne quell'infernale aggeggio. Alzo appena la testa aprendo uno dei miei occhi dal taglio felino e guardo l'ora sul display: segna le sei meno un quarto del mattino.
«Mi spieghi perché punti la sveglia così presto se a lavoro non ci vai prima delle sette e mezzo?» Chiedo sbuffando e poggiando la testa sul palmo della mano per guardare Ranmaru mentre si stiracchia.
«Perché io ho il mio tempo per svegliarmi del tutto. Se punto la sveglia alle sei e mezzo, poi arrivo a lavoro mezzo rincitrullito e non posso permettermelo. Devo svegliarmi come si deve.» Dice con la voce ancora impastata dal sonno.
Lo guardo un attimo e mi viene un'idea in mente. Il signorino deve svegliarsi come si deve? Bene, so io cosa fare.
Un sorriso malizioso si tinge sulle mie labbra e, con uno scatto felino, mi lancio su di lui sedendomi a cavalcioni sul suo bacino. Sgrana gli occhi sorpreso non aspettandosi che gli sarei saltato addosso, proprio come un predatore.
«Masaki ma che f-?» Prova a chiedermi qualcosa, ma lo zittisco in un attimo poggiando le mie labbra sulle sue. È un bacio casto, puro, di quelli smielati che piacciono tanto a lui.
Continuo a baciarlo così per alcuni secondi finché non decido di andare oltre leccandogli lentamente il labbro inferiore, chiedendogli esplicitamente di poter approfondire il contatto. Non se lo fa ripetere due volte e schiude appena le labbra, dandomi così l'opportunità di insinuare la lingua nella sua bocca ed iniziare una lenta lotta con la sua. Andiamo avanti così finché non ci manca l'aria nei polmoni e siamo costretti a dividerci. Lo guardo dritto in quei favolosi occhi color del cielo, resi languidi dal desiderio, e quando sento la sua erezione cominciare a sfregare contro di me, sul mio viso compare nuovamente il mio sorriso malizioso. Mi piego in avanti arrivando all'altezza del suo collo dove comincio una lenta tortura, fatta di baci e morsi, per poi cominciare a scendere sulle clavicole e le spalle lasciate scoperte dalla canotta che usa come pigiama.
«M-Masaki... devo alzarmi e prepararmi per andare al lavoro.» Mormora tra un sospiro e l'altro.
Lo ignoro ed infilo le mani sotto il leggero pezzo di stoffa, alzandolo lentamente e sfiorando ogni centimetro di pelle disponibile. Quando glielo sfilo definitivamente, continuo la mia tortura di baci e morsi soffermandomi più del dovuto sui capezzoli turgidi. Un suo gemito mi fa capire che non ha più tutta questa voglia di alzarsi.
Mi afferra per la maglietta e mi attira in un bacio che di casto non ha proprio niente. Quando ci stacchiamo, tira via l'indumento che mi copre il busto, mi pizzica piano un capezzolo e affonda i denti alla base del mio collo facendomi gemere sommessamente. I morsi sul collo mi mandano in estasi e lui lo sa fin troppo bene.
«Sei un diavolo tentatore, tu.» Mormora prima di farsi scappare un gemito quando mi struscio lentamente su di lui.
I suoi versi uccidono quei miei pochi neuroni rimasti in vita, così lo privo anche degli ultimi indumenti rimasti e mi fermo ad osservare il suo corpo nudo. È bello, maledettamente bello, e ogni volta rimango ad osservarlo come un ebete proprio come fosse la prima volta che mi trovo davanti il suo corpo scolpito.
Gli faccio inumidire appena due delle mie dita e passo a prepararlo lentamente facendo attenzione a non fargli male. È vero che non è più vergine, ma la maggior parte delle volte è lui che dirige il gioco. Quando lo sento venirmi incontro col bacino e soffocare degli ansiti, sfilo le dita, mi svesto completamente ed entro in lui con un'unica e decisa spinta facendolo gridare di piacere. Comincio a spingere aumentando gradualmente l'intensità, la stanza si riempie di gemiti e dei nostri nomi mormorati appena, arriviamo al culmine insieme e mi accascio stremato al suo fianco. Chiudo gli occhi godendomi gli ultimi residui del piacere appena provato finché non lo sento gridare ed imprecarmi contro.
«Dannazione Masaki! Mi farai arrivare tardi a lavoro!» Dice Ranmaru fiondandosi in bagno.
«Almeno ora sei bello sveglio e pimpante.» Rispondo io affondando la testa nel cuscino.
Lo vedo affacciarsi dalla porta rosso come un peperone e farmi una linguaccia. Quanto posso amare questo ragazzo? Sorrido pensando a quante cose sono cambiate da quando stiamo insieme e mi riaddormento stremato.
Apro nuovamente gli occhi solo verso mezzogiorno, scendo dal letto stiracchiandomi e, sbadigliando sonoramente, mi dirigo in cucina trascinandomi i piedi. Manca un'ora all'arrivo di Ranmaru per la sua pausa pranzo, così decido di saltare la colazione, dato che è tardi, e accendo il forno per riscaldare qualcosa di rigorosamente preparato. Sono una schiappa ai fornelli e da quando abbiamo preso questa casa, andando a vivere insieme – e lui ha trovato lavoro –, a pranzo si mangiano solo pizze, bon roll, panini imbottiti o schifezze varie.
Mentre il forno si scalda, mi dirigo verso il bagno con l'intenzione di fare una bella doccia rilassante. Mi fermo un attimo a guardarmi allo specchio constatando che ho l'aspetto da "ho appena fatto sesso col mio ragazzo" anche se sono passate diverse ore. Ho i capelli turchesi sparati praticamente in ogni direzione, le labbra ancora rosse e gonfie e molti segni di morsi e unghie mi decorano il petto e la schiena. Ghigno ripensando al buongiorno di oggi e mi infilo sotto la doccia.
Quando finisco di rilassarmi per bene, asciugo svelto i capelli e vado a mettere le pizze in forno. Dopo di che, accendo la TV e comincio a fare zapping svogliatamente. La pancia protesta per la fame e Ranmaru non ne vuole ancora sapere di ritirarsi, è persino in ritardo. Sbuffo e vado alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare mentre aspetto quel ritardatario di un confetto petulante. Trovo dei grissini e ne prendo due addentandoli contrariato. Divento piuttosto irascibile quando ho fame e giuro che gliene dico quattro appena rientra.
La porta di ingresso si apre non appena mordo il decimo grissino e il fischiettare allegro che proviene dal salone annuncia l'arrivo di Ranmaru.
«Alla buonora! Ho una fame da lupi e tu sei maledettamente in ritardo. La prossima volta sei pregato di avvert-» Mi dirigo verso il salotto e, quando arrivo lì, le parole mi muoiono in gola. Il mio ragazzo non è tornato da solo: tra le braccia stringe una piccola palla di pelo grigia che si guarda attorno con i suoi occhi gialli, incuriosito.
«Guarda cosa ho portato. Uno strano ragazzo dai lunghi capelli verdi e gli occhi a mandorla regalava questo dolce certosino. Assomiglia tanto a te quando eri trasformato in gatto e non ho saputo resistere. Non è dolcissimo?» Chiede guardando con gli occhi dolci l'ammasso di pelo che fa le fusa felice.
Li osservo basito e quando apprendo appieno ciò che mi ha detto, spalanco la bocca sentendo di avere un minaccioso tic all'occhio. Quel maledetto sciamano si prende ancora gioco di me anche a distanza di SEI DANNATISSIMI ANNI.
«Quella... cosa in questa casa non ci resta.» Dico alla fine, lapidario, incrociando le braccia al petto.
«Come ti chiamiamo, eh piccolo?» Ranmaru non mi ascolta nemmeno e guarda rapito il micio che gioca col suo dito.
«Ranmaru! Sto parlando con te!» Sbotto esasperato all'ennesima risatina del mio ragazzo.
«Cosa? Hai detto qualcosa?» Chiede stralunato.
La sua espressione mi fa venire da ridere, ma non posso cedere. Devo restare serio per sembrare, almeno un po', credibile e severo.
«Ho detto che quel gatto qui non può restare.» Decreto con ancora un tono di voce lapidario.
«COSA?! E perché mai non potrei tenermi il gatto, scusa. Vorresti abbandonarlo sulla strada? Sei proprio senza cuore.» Dice basito stringendo di più il gattino che si arrampica sulla sua spalla per giocare con uno dei codini.
«Il ragazzo che te l'ha dato era lo sciamano, ecco perché!» Sbuffo alzando gli occhi al cielo. Resta per un attimo stupito, ma dall'espressione che assume dopo capisco che è una battaglia persa in partenza.
«Non mi interessa, poteva essere anche il papa in persona, io mi tengo il gatto... e se provi ancora a protestare ti mando in bianco per tre mesi.» Aggiunge alla fine, quando provo solo ad aprire bocca.
«Ma...» Provo a protestare.
«Per sei mesi!» Dice pietrificandomi sul posto.
«Ok, ok, va bene! Tieniti pure quel dannato gatto.» Mormoro mettendo su il broncio, stizzito.
Gli si illuminano gli occhi e mi corre incontro schioccandomi un bacio a stampo sulle labbra, felice.
«Grazie, Masaki. Ho mai detto che ti amo?» Chiede fissandomi intensamente.
Prendo la palla di pelo dalla sua spalla, la guardo tenendola a debita distanza e, dopo averla posata sul divano, afferro Ranmaru per i fianchi facendogli fare uno di quei casqué che si vedono solo nei film.
«Sì, me l'hai detto fino alla nausea. Ma amo sentirmelo dire, soprattutto con quel tono.» Lo guardo sorridendo malizioso e faccio combaciare le nostre labbra in un bacio intenso e passionale.
«Ti amo, Ranmaru.» Soffio a fior di labbra riprendendo a baciarlo con più foga.
Il miagolio del gatto, che richiede anche lui le sue attenzioni, ci riporta alla realtà facendoci dividere. Lo guardo torvo e capisco che con lui in casa non avrò vita facile.
«È un rompiballe, proprio come il tuo caro amichetto Shindou.» Sbuffo contrariato.
«Non è vero che Takuto è un rompiballe. Dici così perché non ti va ancora a genio il fatto che ci abbia provato con me.» Dice sorridendomi mellifluo.
Lo uccido con uno sguardo ricevendo in cambio un sorriso angelico a trentadue denti.
«Io propongo di chiamarlo Shin: è un rompiballe come lui, si mette in mezzo e mi ha invaso la vita contro la mia volontà.» Dico ghignando.
«E sia. Benvenuto piccolo Shin, ricordati che il nome l'ha scelto quel lagnone del tuo padrone antipatico. Non sia mai che si lamenti con me per un nome che ha scelto lui.» Parla rivolto al gatto che miagola felice per il nome scelto.
«Co-? Ma io stavo scherzando!» Dico allibito.
«Mi dispiace, ormai è deciso. E poi ti ho anche registrato.» Risponde con un ghigno stampato in volto mostrandomi il telefono sul quale vedo la registrazione ancora in corso.
Per un attimo, mi chiedo come diamine abbia fatto a far partire l'applicazione senza che me ne accorgessi. Ma poi ricordo che sta insieme a me ormai da anni e che ha imparato tutto dal sottoscritto. Ghigno compiaciuto e scatto verso di lui che comincia a correre per tutto il salotto ridendo come un bambino di sette anni.
«Se ti prendo non sai come ti finisce.» Dico cercando di sembrare minaccioso e nascondendo a stento le risate.
«Credo che correrò il rischio.» Risponde malizioso un attimo prima che riesca ad acciuffarlo da dietro facendo aderire la sua schiena al mio petto.
«Ti odio.» Gli soffio in un orecchio facendolo rabbrividire.
«Io invece penso di amarti.» Dice girandosi appena per poggiare le labbra sulle mie dandomi uno di quei baci pieni di amore che sembrano fermare il tempo.
«Masaki, cos'è questa puzza di bruciato?»
«MERDA! Le pizze nel forno!»
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro