Lo sciamano
È da un paio di giorni che in città tutti parlano dell'arrivo di un famoso mago – o sciamano che sia – e le voci che circolano sul suo conto dicono che sia in grado di fare cose formidabili. Io non ci credo, non lo farei nemmeno se me lo mostrassero mentre fa apparire una colomba dal fazzoletto. Per me, i tipi così, sono solo tutti dei cialtroni che illudono la gente per spillarle un po' di soldi.
Con questi pensieri per la testa, attraverso le vie della città godendomi il caldo pomeridiano e fantasticando all'idea del viaggio che mi attende proprio domani mattina. Finalmente riesco a prendere del tempo per me con un piccolo e modesto viaggio di una settimana alle Maldive, il tutto generosamente offerto dai miei amici il giorno del mio ventesimo compleanno. Un ghigno compiaciuto mi taglia il viso e continuo a passeggiare portandomi le mani dietro la testa; tutto ciò finché non mi trovo davanti nientepopodimeno che la tenda dai colori sgargianti dello sciamano. La piazza in cui si trova è completamente deserta, cosa che trovo davvero strana. Dato che tutti parlano così bene di lui, mi aspettavo di trovare come minimo una fila chilometrica e chiassosa ammassata all'ingresso.
Sogghigno pensando che magari, finalmente, hanno capito che è solo un impostore e mi avvicino giusto per dare un'occhiata. Quando arrivo all'ingresso, il drappo che cela l'interno si sposta da solo, quasi volesse invitarmi a entrare. Mi guardo attorno confuso e perplesso, ma non vedo nessun altro: questo vuol dire che la tenda si è aperta appositamente per me. Ci penso su un attimo, il sopracciglio inarcato per l'indecisione e due dita sotto al mento; poi un'idea mi passa per la testa e, con un sorriso beffardo sulle labbra, varco la soglia. Dimostrerò che è solo un ciarlatano.
«Benvenuto.» Una voce maschile mi accoglie gentile. Non è profonda e graffiante come quella di un vecchio, per come l'avevo immaginato.
Non rispondo. Mi siedo malamente sul cuscino che si trova a terra, proprio di fronte al tavolo su cui giacciono carte, talismani, pietre, erbe e tarocchi di ogni genere.
«Cosa posso fare per te?» Chiede restando in penombra. Mi infastidisce parecchio non poter vedere in faccia la gente con cui parlo.
«Qualsiasi cosa. Tanto, per me, una cosa vale l'altra.» Dico liquidando la discussione con un gesto secco della mano. Qualunque cosa lui decida di tirare fuori dal suo repertorio non servirà a farmi cambiare idea sul suo conto.
«Bene. Posso leggerti la mano, se vuoi.» Dice allungando il suo braccio verso di me. Nella poca luce sotto la quale si trova ora la sua mano, noto che ha la pelle liscia e levigata, segno che no, non è un vecchio decrepito.
Gli porgo la mia mano sinistra, lui l'afferra gentilmente e si protende in avanti per leggere non so cosa tra le linee presenti sul mio palmo. Nello sporgersi, è finito sotto la giusta luce e finalmente riesco a vederlo: è un ragazzo poco più grande di me, dai lunghi capelli verdi che tiene legati in una coda alta e gli occhi neri dal taglio a mandorla. Altro che vecchio decrepito, è veramente un bel ragazzo.
«Allora, vedo che hai avuto un'infanzia difficile segnata dal dolore e dall'abbandono. Sei riuscito a superare questa fase solo grazie all'aiuto dei tuoi amici che ti sono stati sempre accanto. Ti vogliono davvero bene e tu ne vuoi a loro, anche se non glielo dimostri mai. Vedo anche che è in arrivo un'avventura che durerà una settimana.» Dice continuando a studiare intensamente la mia mano .
Resto basito per un attimo. Come diavolo fa a sapere tutte queste cose? Che sia davvero il mago di cui tutti parlano?
«Oh, leggo che in amore le cose andranno alla grande. C'è una persona a cui tieni particolarmente, ma non vuoi ammetterlo a te stesso. Se può farti coraggio, la cosa è ricambiata.» Continua guardandomi negli occhi.
Alzo un sopracciglio guardandolo come se avesse detto che gli asini volano. Non c'è nessuno all'interno della mia vita privata, né provo sentimenti per qualcuno.
«E, di grazia, chi sarebbe questa persona?» Chiedo sarcastico alzando gli occhi al cielo.
«Non riesco a leggere il nome, il tuo rifiuto nei confronti dei tuoi stessi sentimenti mi impedisce di vedere. C'è un colore, però, che segna tutto: il rosa.» Conclude sempre guardandomi intensamente.
Ritiro la mia mano con fare brusco. Vada per le chiacchiere sul mio passato e sugli amici, ma, per quanto riguarda l'amore, ha fatto un grosso buco nell'acqua.
«Non c'è nessuno all'interno della mia vita, ti stai sbagliando. Sei solo un ciarlatano che con quattro parole crede di imbambolare la gente e spillarle molti soldi. E sai che ti dico? Da me non riceverai nemmeno un centesimo. Me ne vado.» Dico battendo con rabbia le mani sul tavolo prima di alzarmi e girare le spalle al ragazzo. Un grosso ghigno si apre compiaciuto sulle mie labbra e comincio a camminare in direzione dell'uscita.
«Io lo so cosa pensi di me, Masaki.» Dice il ragazzo facendomi bloccare di colpo. Come fa a sapere il mio nome? Non ricordo di averglielo detto.
«Sei cocciuto e testardo. Non credi ad una sola delle parole che ti ho detto quando invece dovresti.» Continua con una tale calma.
«Sei solo un ciarlatano!» Esclamo girandomi. Me lo ritrovo improvvisamente a pochi centimetri di distanza dal volto.
«Non sai quanto ti sbagli.» Sussurra per poi soffiarmi in viso una strana polverina. Tossisco ed esco dalla tenda maledicendolo. Fanculo a lui, ai suoi trucchetti, a me e a quando ho deciso di entrare in questa baracca ambulante.
Note autrice:
Ecco qui il primo capitolo di "Vita da gatti", totalmente revisionato e pubblicato su questo profilo solo per voi (e vi ringrazio per avermi dato la forza di farlo, di rialzarmi e ricominciare da capo).
Non potrà mai avere lo stesso seguito che aveva prima, tutte le interazioni raggiunte nel corso di 6 anni, ma non importa. Spero di riuscire ad appassionare i nuovi lettori per come ho fatto con i "vecchi" e che questa storia possa continuare a piacere per come ha fatto fino ad oggi.
-Fanny.
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