Gatto
Vado per incamminarmi verso casa quando noto qualcosa di veramente strano.
"Da quando in qua le case sono così alte?" Penso perplesso guardando gli edifici che sembrano più grandi del solito. Muovo alcuni passi, ma sento che c'è qualcosa che non torna. Mi sembra di camminare a gattoni e mi sento instabile, come se non riuscissi a coordinare i miei arti. Guardo in giù, verso le gambe, per vedere cos'è che non va, ma resto sconvolto nel trovare due zampe grigie al posto dei piedi - o meglio delle mani, dato che constato di essere effettivamente a gattoni.
Corro verso la vetrata del negozio più vicino per potermi specchiare; sembro ubriaco dato che non riesco davvero a organizzare i miei movimenti. Arrivato alla meta, resto letteralmente basito da ciò che vedo. L'immagine riflessa mostra una piccola palla di pelo grigia, con due enormi occhi gialli spauriti, un paio di orecchie appiattite sulla testa e una coda sinuosa attaccata al sedere: sono un gatto.
"È stato quello sciamano da quattro soldi, con la sua polverina! Ne sono certo!" Penso girandomi per tornare a passo di carica verso il tendone che però, e purtroppo per me, risulta essere sparito nel nulla. Lo cerco con lo sguardo, cammino incerto per la piazza come un vagabondo, ma di quei colori sgargianti non c'è più traccia.
Rabbia e disperazione si impossessano di me e, involontariamente, esterno il tutto cominciando a miagolare lamentoso. Continuo così, seduto al centro dello spiazzale, fino a che non sento due mani prendermi improvvisamente da sotto le ascelle e alzarmi da terra. Per lo spavento, mi contorco in modo innaturale e mi arpiono con le unghie al braccio dello sconosciuto, facendolo mugugnare appena dal dolore. Porto i miei occhi gialli carichi di odio sul deficiente che ha osato prendermi in braccio e mi sento morire. Possibile che tra tutte le persone esistenti a questo mondo dovevo finire tra le mani del confetto rosa ambulante meglio conosciuto come Kirino Ranmaru?
«Ehi, calmo. Non ti faccio mica cadere.» Dice sorridendo per poi prendermi dalla collottola, lasciandomi sospeso a mezz'aria. Mi paralizzo all'istante.
"Mettimi giù, deficiente!" Non posso parlare quindi gli soffio contro, infastidito.
«Siamo irascibili, eh?» Ridacchia prendendomi nuovamente tra le braccia.
Mi dimeno cercando di scappare, ma mi immobilizza di nuovo. Odio non potermi ribellare! Ma, forse, un modo per correre via dalle sue grinfie c'è. Mi calmo e lo guardo provando a fare gli occhioni dolci.
«Ooh, ora sì che si ragiona. Ti porto a casa con me, ti va?» Chiede avvicinando un dito al mio naso.
"Ora o mai più!" Glielo afferro con le zampe cominciando a mordicchiarlo e, facendogli così allentare la presa, riesco a buttarmi giù. Chiudo gli occhi aspettando di impattare sul pavimento ruvido di faccia, cosa che però non succede. Fortunatamente per me, sono atterrato sulle zampe ammortizzando di parecchio la caduta.
«Ahi!» Sento Ranmaru lamentarsi e mi ricordo del mio piano di fuga. Comincio a correre, ma inciampo dopo nemmeno due passi. Non sono ancora abituato a dover spostare quattro gambe e non due, così finisco nuovamente tra le grinfie del più grande.
«Io cerco di fare il carino e tu mi ringrazi così?» Dice facendomi un grattino tra le orecchie. Alzo figurativamente gli occhi al cielo e mi lascio scappare un miagolio che equivale ad uno sbuffo.
Comincia ad incamminarsi stando in silenzio, perso tra chissà quali pensieri, finché non arriviamo a casa sua. Entrati, mi deposita sul divano e mi sovrasta guardandomi con le mani poggiate sui fianchi. Se già prima non sopportavo che mi guardasse dall'alto verso il basso, dato quei pochi centimetri di differenza che intercorrono tra di noi, ora lo odio proprio. Mi fa sentire così piccolo.
«Allora, come ti devo chiamare?» Chiede ad alta voce grattandosi il mento, pensieroso. «Ci sono! Ti chiamerò Bastet! Ti piace?» Esclama dopo qualche secondo per poi inginocchiarsi davanti a me.
"Bastet?! Io un nome ce l'ho già ed è Masaki! Non ne voglio altri, per di più se sono nomi da femmina!" Appiattisco le orecchie e soffio prima di dargli una zampata sul naso. Così impara.
«Ahi! Uffaa, ma allora mi vuoi proprio male!» Sbuffa portandosi una mano sul naso graffiato. Faccio l'indifferente pulendomi la zampa usata, non voglio avere i suoi germi addosso.
«Sai, mi ricordi tanto tanto una persona che conosco.» Dice quasi con dolcezza.
Lo guardo incuriosito, lasciando in aria la zampa che fino a pochi secondi prima stavo pulendo con la lingua ruvida che adesso mi ritrovo. Non è che mi faccia piacere sentire in bocca tutti quei peli che rimangono incastrati tra le papille gustative, ma sento l'impellente bisogno di compiere questo gesto.
«Si chiama Masaki ed è il ragazzo più snervante, insopportabile, cocciuto e carino del mondo.» Continua con occhi sognanti.
Se ai gatti potesse cadere la mascella, la mia lo avrebbe fatto sicuramente dopo aver sentito quelle parole, toccando il pavimento con un tonfo sordo.
"Il ragazzo più carino del mondo?!" Lo guardo incredulo e mi tornano in mente le parole dello sciamano: "Non riesco a leggere il nome, il tuo rifiuto nei confronti dei tuoi stessi sentimenti mi impedisce di vedere. C'è un colore, però, che segna tutto: il rosa." Che sia lui il ragazzo di cui parlava? Impossibile! Io non provo niente per Ranmaru! O forse sì? Scuoto la testa cacciando via quei pensieri e riporto lo sguardo sul confetto che sta ancora sognando ad occhi aperti. Miagolo e lui riporta su di me la sua attenzione, arrossendo vistosamente.
«Aspetta... n-non l'ho detto davvero ad alta voce, vero?» Chiede imbarazzato.
"Scemo, non posso risponderti!" Lo guardo con un'espressione alla "mi stai prendendo per il culo?", o almeno è così che la immagino dato che non penso sia possibile per un gatto assumere certe espressioni.
«Aaah, diventerò pazzo se non mi decido a parlare con lui. Tornando a noi, è deciso: allora ti chiamerò Masaki. Ti piace?» Chiede carezzandomi nuovamente tra le orecchie.
Il contatto delle sue dita sulla testolina che mi ritrovo è piacevole e sento l'irrefrenabile bisogno di strusciarmi contro la sua mano. Porto il muso a contatto con il suo palmo e lo strofino fino ad arrivare alle orecchie. Nel farlo, chiudo gli occhi e sento uno strano rumore riempirmi i timpani. Apro le palpebre per poi guardarmi attorno confuso, finché non capisco che sono io stesso a produrre quel suono vibrante: sto facendo le fusa.
"Sono impazzito o cosa?!" Mi scosto dalla sua mano dandogli una zampata per allontanarla e mi giro di spalle continuando le mie pulizie, riprendendo a ignorare totalmente il ragazzo che mi ha accolto in casa sua. Niente più fusa con lui.
«Sei veramente uguale a lui.» Mormora sfiorandomi la schiena con le dita. Una scarica di piacere me la fa inarcare andando incontro al suo tocco. Sento che sto per iniziare a fare nuovamente le fusa, quindi decido di scostarmi e appallottolarmi all'angolo del divano. Lo guardo male cosicché capisca che deve lasciarmi in pace.
Correggo, niente più contatti con lui.
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