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2. INASPETTATAMENTE, APRIRSI

Sono riuscita ad aggiustarlo prima del previsto quindi ve lo regalo oggi 😍
Per voi il secondo capitolo di "Vita".
Martedì e giovedì prossimi aggiornamenti.
Buona lettura ❤️      

Era passata una settimana dal compleanno di Jill e lei sembrava essersi ripresa un po'. Scherzava con me e le nostre amiche sui ragazzi più fichi della scuola, si vestiva appositamente più carina per far rodere di gelosia quel cretino di Toby, e aveva recuperato alla grande il suo "non- compleanno" dando una grande festa a casa sua, due giorni dopo.

Quel giorno, a mensa, vidi passare Michael in compagnia di suo cugino e Jill si soffermò un po' troppo su quest'ultimo, facendo un sonoro "WOW", non appena passò accanto a noi per buttare qualcosa nel cestino.

«Ehi, stai bene?» ironizzai sventolandole una mano davanti alla faccia.

«Sì. Sai, non avevo mai notato quanto Max fosse carino» disse con aria sognante.

«Beh, grazie. Fino a poco tempo fa non avevi occhi che per quel cretino di Toby» risposi addentando una patatina fritta.

«Già. Non ricordarmelo. Sai, è la prima volta che mi soffermo bene su di lui. È davvero molto molto carino. Puoi presentarmelo? In fondo adesso tu e suo cugino siete diventati amici, visto che frequentate il corso di recupero insieme».

«Innanzitutto quello che faccio con Michael non è un corso di recupero. In teoria dovremmo unire le menti per cercare di migliorare nella chimica, in pratica io sono da sola col libro davanti a cercare di studiare e lui non fa praticamente nulla. Non mi aiuta per niente! Non supererò mai questa materia» dissi gettando la testa sul tavolo.

«Dai, Sam, non fare così. Vedrai che ce la farai! Hai provato a parlare con lui?» chiese sorseggiando la sua cola.

«Sì. Abbiamo fatto due lezioni la scorsa settimana, ma lui proprio non vuole saperne di studiare. Il problema è che se non proviamo ad aiutarci a vicenda, non cambierà nulla. Resteremo entrambi con la nostra dannata F».

«Siete messi maluccio!» fece Jill dispiaciuta.

«Siamo gli unici ad aver preso un voto così basso, in chimica, del nostro anno. Dio, non sono mai stata un asso nelle materie scientifiche, ma non ero mai stata così somara. È stata la mia prima F e non posso permettermene altre» dissi avvilita.

«Mi spiace. Se vuoi posso darti una mano io» fece la mia amica, comprensiva.

«Ti ringrazio, Jill, ma tu hai già i tuoi compiti da fare. Non voglio darti un ulteriore peso».

«Nessun peso, scema» esclamò dandomi un leggero schiaffetto dietro la testa. Scoppiai a ridere e poi Jill riprese: «E lui almeno com'è? Ad essere carino è carino, lo abbiamo potuto constatare, ma caratterialmente? È simpatico?» chiese curiosa.

«Simpatico? Scherzi? Pensa che al nostro primo incontro se ne è andato senza salutarmi. È odioso, antipatico, scontroso e maleducato. Uno che la società americana definirebbe un asociale!» dissi con astio.

«Andiamo non esagerare. Sono sicura che se ti sforzi troverai anche in lui un lato positivo».

«Fidati, Jill, non c'è. Ora scappo in bagno. Credo che queste patatine mi abbiano fatto un po' male. Ci vediamo più tardi» urlai correndo e Jill mi salutò con la mano.

Il resto della giornata passò lentamente e quando si fecero le 17.00, orario in cui il professor Rupert aveva messo una lezione straordinaria, mi incamminai verso l'aula in cui questa si sarebbe tenuta.

Arrivai nell'aula del professor Rupert e neanche a farlo apposta ci trovai Michael intento a leggere un libro.

«Allora anche tu sei di questo pianeta. Conosci il verbo leggere» dissi entrando.

«Oh no! É un incubo. Ma che fai mi pedini? Dì la verità, ti sei fatta dare il mio orario e poi hai fatto il tuo in modo che le nostre lezioni coincidessero. So di essere bello, ma non credevo che avresti montato tutto questo solo per vedermi» disse Michael sarcastico.

«Oh certo, perché sai se non ti vedo per più di cinque minuti rischio di impazzire. Presuntuoso! Piuttosto dov'è il professor Rupert?» chiesi.

«Ha lasciato questo biglietto dove c'è scritto che la lezione salta perché è malato. Meglio così» rispose Michael con aria indifferente.

«Certo, d'altronde a che cosa serve la letteratura? É inutile» dissi alzando gli occhi al cielo.

«Esattamente. Tanto vale tornare a casa. Hai la macchina?» mi chiese.

«Sì, perché?» risposi io.

«Allora mi dai un passaggio, forza muoviti!». E mi trascinò con forza fuori dall'aula.

«Ehi, vacci piano! E comunque grazie per avermi chiesto se, per caso, ho voglia di darti un passaggio nella mia macchina» dissi alterata, sottolineando la parola mia.

«Ok, ti va di darmi un passaggio?» chiese gentile.

«Ecco così va meglio. D'accordo, d'accordo, ti darò un passaggio!» dissi sorridendo e scuotendo nello stesso istante la testa.

Quel ragazzo era incredibile. Era capace di farmi innervosire terribilmente, con quel suo atteggiamento del cavolo, ma allo stesso tempo riusciva a farmi sorridere per l'assurdità delle situazioni che riusciva a creare.

«Perfetto, ora muoviti altrimenti faccio tardi».

«Tardi? E se avessi avuto lezione col professor Rupert?» chiesi curiosa, stranito da quel suo atteggiamento.

«D'accordo, ti ho presa in giro. Non avevo lezione col professor Rupert, la mia giornata scolastica era finita molto prima. Stavo solo cercando un posto dove leggere in pace e ho trovato l'aula vuota e il biglietto del prof appeso alla porta. L'ho strappato e quando alcuni ragazzi sono venuti per la lezione, li ho mandati via».

«Ma tu guarda! "Ti sei fatta fare l'orario delle lezioni in base al mio!", "Mi stai pedinando"» dissi scimmiottando le sue parole di prima.

«Ehi, io non ho questa voce da cretino. E comunque stavo solo scherzando. Ironia, conosci?» fece prendendomi in giro.

«Ah ah ah. Non sei divertente, Michael» dissi scuotendo la testa.

«Sì, come vuoi, ora ti sbrighi?». Mi trascinò al parcheggio, letteralmente. Ma dove doveva andare così di fretta?

Mentre eravamo in macchina, Michael non faceva altro che dirmi di andare più veloce, di fare presto, di correre. Che insolente! pensai.

«Cos'è? Hai un appuntamento con una bella ragazza?» gli chiesi.

«No,ma c'è la mia sorellina a casa da sola e se non mi muovo combina qualche guaio. Mio cugino è al lavoro alla tavola calda e non torna prima di stasera. Ci diamo il cambio» disse triste.

«Non sapevo lavorasse da Molly» dissi riferita a Max. Molly era l'unica tavola calda del nostro paese, e praticamente conoscevo tutti, lì.

«In realtà è stato assunto solo ieri. Gli orari alla distilleria erano diventati troppo pesanti».

«Oh. Quindi lavorava lì. E tu, invece, dove lavori? Hai detto che vi date il cambio. Significa che lavori di sera. Che lavoro fai? Lo spogliarellista?» chiesi prendendolo in giro.

«Fidati, non ti piacerebbe saperlo» disse senza guardarmi.

«Sei un criminale? No, aspetta... fai davvero lo spogliarellista?» chiesi togliendo per un secondo gli occhi dalla strada per guardarlo in faccia.

«Certo che no, ti pare! Ho 17 anni. Beh, visto quanto sono bello potrei farlo. Ma non assumono i minori di 21 anni» fece sarcastico.

«Hai finito di sviolinarti da solo?».

«Sì, ho finito. Puoi andare più veloce? Questa macchina è un catorcio» esclamò con antipatia.

«Ehi, biondino, attento a come parli. Questo "catorcio" ti sta riportando a casa, perciò piantala!» ribattei senza mandargliele a dire.

«Come vuoi».

«Tua sorella quanti anni ha?» chiesi e lui improvvisamente cambiò umore diventato uno stronzo colossale.

«Senti perché non la pianti di fare domande e pensi a guidare? Non sono affari tuoi. E comunque, non voglio parlare con te. Tu non sai niente di me!!» sbraitò.

«Ohi, calmati. Mamma mia, come sei suscettibile. E comunque è vero, io non so niente di te. Perché non mi racconti tu qualcosa?» chiesi con dolcezza. Nonostante il suo apparente carattere da stronzo mi sembrava un bravo ragazzo. Volevo che si aprisse un po' con qualcuno, visto che praticamente non aveva amici, io avrei potuto essere sua amica.

«E che cosa ti dovrei raccontare?» chiese torturandosi le mani.

«Beh, qualsiasi cosa. Non so... quanti anni hai, se hai fratelli, che lavoro fanno i tuoi genitori, cose così».

«Io... ho 17 anni e non ce li ho i genitori. Mia madre è morta quando ha dato alla luce mia sorella Tracy e mio padre non l'ho mai conosciuto. Tracy è figlia di un uomo che frequentava mia madre, che ovviamente, esattamente come mio padre, quando ha saputo che era rimasta incinta se l'è data a gambe levate. Max, mio cugino, è tutto ciò che ho. È figlio della sorella di mia madre, anche lei morta quando lui era piccolo.

Quando è nata Tracy, e mia madre... beh, ci siamo trasferiti da Max e mio zio. Purtroppo tre anni fa, è morto anche lui. Infarto!

Così io e Max ci ritrovammo soli, a fare da genitori a Tracy. Lei ha una brutta malattia che agisce sulla respirazione e quindi spesso dobbiamo portarla all'ospedale perché ha delle crisi. Io devo pensare solo a loro. Sono tutto ciò che mi resta al mondo» disse tutto d'un fiato e notai che aveva lo sguardo triste, così mi sentii un po' in colpa per averlo giudicato male.

«Scusami, non avevo idea che avevi alle spalle un passato così difficile, mi dispiace».

«Già! E io non te ne avrei dovuto parlare, ma dico... che idiota! Perché l'ho fatto? Avrei dovuto starmene zitto. Ora lasciami qui, il resto della strada la faccio a piedi».

«No, aspetta, non volevo! Ti ho fatto rivangare dei momenti brutti del tuo passato, ma non avevo idea di che cosa avessi subito, io...».

«Sai una cosa? Lascia perdere, tanto non ne hai idea, non ne avrai mai idea, non sei tu che sei stata abbandonata da tuo padre, non sei tu che ti sei vista togliere l'unica persona al mondo che tenesse a te, non sei tu che hai visto morire davanti ai tuoi occhi l'unico uomo che si era preso cura di te in tutta la vita, non sei tu a dover crescere una sorella malata, non puoi capire! E ora ferma subito la macchina!» urlò.

Io mi fermai e lui scese all'stante. Lo vidi allontanarsi con le lacrime agli occhi, triste, solo, forse com'era sempre stato.

Quando arrivai a casa mi distesi sul letto e infilai le cuffie nelle orecchie. Scelsi la canzone più triste che avevo e mi lasciai cullare da quelle note, forse così mi sarei sentita più vicina a lui, o chissà magari anche lui mi avrebbe sentito vicina.

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