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Capitolo Quattro


Ritornando all'autunno del 1961, mio caro lettore, vorrei farti presente che la nostra Johanna era solita frequentare i locali del Greenwich Village.
Erano minuscoli, di forme svariate, rumorosi, cavernosi e fatti apposta per piacere alle confezioni di turisti che sciamavano per le strade la sera. Bottegucce con la porta doppia, negozietti affacciati sulla strada, stanze al secondo piano con la scala esterna, seminterrati al di sotto del livello della strada - qualunque trappola scavata in un muro poteva essere un locale. 

Johanna aveva abbandonato l'appartamento del padre a fine giugno, e da allora si manteneva suonando nei buchi sotterranei che affollavano le gallerie newyorkesi. Conosceva tante canzoni, più di quanto lei stessa sarebbe stata pronta ad ammettere, e poteva affiancare tutti i folksinger che approdavano nella Città Che Mai Dorme. Tre volte la settimana frequentava le lezioni di filologia romanza, critica letteraria, linguistica generale e tanti altri corsi eruditi alla Columbia. Il pomeriggio studiava , interpretava, traduceva gli spaventosi codici per poter dare gli esami e finire al più presto l'università per potersi tuffare tra le braccia della vita e combattere contro l'establishment, i repubblicani, la guerra in Vietnam, appoggiare Martin Luther King e tenere discorsi rabbiosi alla Mario Savio durante le marce per i diritti civili. 

La sera metteva un po' di rossetto sulle labbra, indossava colorati abiti svolazzanti, afferrava la chitarra acustica Gibson regalatale dal padre prima che intraprendesse la folle avventura di voler diventare una cantastorie, e si tuffava tra gli spumeggianti vicoli del Greenwich Village per benedire il pubblico del locale nel quale si sarebbe esibita con la sua struggente voce che pochi anni dopo avrebbe fatto inchinare l'intero Paese al suo cospetto, l'usignolo di Woodstock di cui avrebbero parlato a distanza di decenni. Allora, però, nel 1961, era una semplice studentessa di lettere che vedeva in John Fitzgerald Kennedy la speranza d'America e si pagava l'affitto grazie alla sua arte. 

Intanto, il padre, Ethan Zimmerson portava avanti la causa contro la malvagia famiglia di serpenti della moglie, chiedendo la paternità assoluta sulla figlia, cercando di svincolarla dall'abbraccio mortale della famiglia in Alabama. Ethan, il grande avvocato ebreo difensore degli innocenti, non solo avrebbe messo a tacere per sempre la strega di Salem che si era spostato, ma divenne celebre in tutto il mondo scagionando un ferroviere afroamericano accusato di aver fatto deragliare un treno. Da Manila a Kyoto, fino a Firenze e Bruxelles, i giornali dell'intero globo parlavano del prode Ethan Zimmerson e della sua audace impresa. 

Giorgio non sarebbe mai stato l'amante di Johanna, questo è innegabile, ma diventò la sua controparte, l'anima gemella, l'amico che l'avrebbe assistita e adorata per il resto della sua vita. Tutte le sere bighellonavano su MacDougal Street, assieme al resto del gruppo di folli studenti buddhisti, e andavano conquistando ogni giorno una fetta più ampia di paradiso. 

Si rifugiavano nei bar clandestini, dove contrabbandavano alcol e facevano entrare i minorenni, aspettando la chiusura del locale alle quattro del mattino seduti sempre al solito tavolo addossato alla parete sinistra, leggendo a voce alta frasi estrapolate da opere come Sulla strada di Kerouac, Urlo di Ginseng, Il Paradiso perduto di Milton e Una stagione all'inferno di Rimbaud. Ormai la scia jazz andava scomparendo, inghiottita dall'evoluzione della società esattamente come la beat generation, e venne sostituito dal folk così come gli hipsters presero il posto dei beatnik. Era una un mondo in fermento quello degli anni sessanta, un'epoca di cambiamenti irreversibili. Ciò che quegli anni fecero fu mostrarci le possibilità e la responsabilità che aveva il genere umano. Non erano la risposta. Hanno solo fatto intravedere le possibilità. 

Johanna non voleva limitarsi a vivere nel cambiamento, voleva farne parte, voleva essere il cambiamento. Tutto era possibile, senza regole né codici, le menti dei ragazzi erano fresche e pulite; qualsiasi cosa venisse fatta, la dividevi con le persone che ti stavano vicino. 

«Giorgio, sai già cosa penso. Devi parlarle.» Bisbigliò Jonie, in una delle numerose sale lettura della Columbia. Affascinanti spazi lignei, tempestati di scaffali ospitanti preziosi volumi. 

«Tu non hai idea, Johanna. Non potresti neanche immaginare cosa accadrebbe.» Rispose il giovane Italiano, alzando leggermente la tonalità della voce, e beccandosi un'occhiataccia da uno studente immerso nella comprensione dell'Ulisse di James Joyce. 

«No, hai ragione. Non so che cosa si provi a venir rifiutati per chi si ama, ma ti assicuro che so benissimo che cosa significa essere abbandonati da un genitore.» 

«Mia madre è siciliana, cattolica, ringrazia il Signore prima di mangiare. Come faccio a dirle che non mi sposerò mai? Che non le darò mai dei nipoti? Che non metterò su famiglia?» la voce del ragazzo si era ridotta ad un fievole tremolio, e le mani parevano voler ridurre in brandelli la pagina giallognola del volume che stava traducendo. 

«Famiglia sono le persone che ami e di cui ti Fidi, Gio'.» Jonie poggiò una mano sulla spalla dell'amico, ignorando gli sguardi furiosi degli altri studenti. «Qualsiasi cosa accada, qualsiasi sia l'esito della conversazione, sai che non rimarrai mai da solo. Io e Grace saremo sempre al tuo fianco.» 

«Perché Dio mi ha fatto questo?» una lacrima amara, fredda come gli inverni siberiani, rigò lo scultoreo, latino, sensuale volto dell'affascinante italiano, portando tristezza glaciale in quello che, una volta, era stato il tempio della vitalità. «L'amore sboccia tra persone, Gio', non tra sessi. Ignorante chi non lo comprende, criminale chi lo vuole impedire.» 

«Parlerò alla mamma, grazie Jonie.» 

"Una volta che siete vissuti a New York per qualche tempo e la città è diventata casa vostra, non c’è altro posto altrettanto bello. 

Qui si concentra tutto, popolazione, arte, teatro, letteratura, editoria, import, affari, assassinii, aggressioni di strada, lusso, povertà. E’ tutto di tutto. Va avanti tutta notte, è instancabile."

Scrisse Johanna sul suo diario, osservando le luci della città dalla palazzina più alta del Greenwich Village, mentre una sfrenata festa imperversava al piano sottostante. 

Insieme a Giorgio e a Grace, erano fuggiti dall'appartamento grazie ad una scaletta che portava sul tetto, dopo aver rubato una bottiglia di tequila, per finire appollaiati alla lamiera della terrazza ad osservare le stelle che punteggiavano la volta celeste. 

«Voglio svegliarmi in una città che non dorme mai!» gridò Grace alla luna, ubriaca fradicia, ebbra fanciulla irradiata dalla luce argentea. 

Giorgio e Jonie scoppiarono a ridere, finendo l'uno tra le braccia dell'altra, senza dimenticarsi di attingere dalla fiaschetta, ed osservando affascinati, innamorati, la magnifica silhouette dell'armoniosa Grace che si stagliava contro il paesaggio afrodisiaco dell'ennesima nottata newyorkese irradiata da luce dorata, di stelle benedette dal Signore, che neanche si poteva vedere dove finiva il bagliore dei corpi celesti e dove cominciava quello dei grattacieli.

«Ed è New York la città più bella del mondo? Forse. Nessuna notte urbana è come la notte a New York. Ho guardato la città dall’alto dei grattacieli. Ed è allora che i grandi edifici perdono la loro realtà a la sostituiscono con poteri magici, diventando così immateriali che è come se esistessero solamente le finestre illuminate.» ridacchiò Giorgio, stringendo a sé l'amica, mentre l'altra fanciulla continuava a danzare sul cornicione di uno degli innumerevoli palazzi di Manhattan. 

«C’è qualcosa nell’aria di New York che rende il sonno inutile.» osservò Jonie, assaporando il profumo speziato del giovanotto omosessuale cui sarebbe appartenuta per sempre. Giorgio era così bello, la pelle olivastra, i capelli castani lucenti come la luna che si riflette sul mar mediterraneo a Taormina, le labbra scolpite da un artista greco di straordinario talento e gli occhi neri, profondi come i pozzi dell'Ade, impenetrabile come la Selva Oscura di Dante, ma dolci ed accoglienti come il fiore di una donna appena sbocciato. 

«Ti amo, Gio'.» confessò Johanna, imprimendo un bacio leggiadro, sfuggente sulle labbra sensuali del migliore amico. 

«Dovresti far tesoro di queste parole, conservarle per chi potrà comprenderle.» Mormorò il giovane, carezzando con dolcezza struggente il viso liscio come marmo appena levita della fanciulla angelica che gli sedeva vicino. Intanto, l'esoterica Grace, provava ad invocare dei di una sconosciuta religione animista eseguendo rituali propiziatori alla luce dorata, vergine delle stelle newyorkesi. 

«Tu non mi ami?» 

«Vorrei darti tutto quello che non hai mai avuto, mio angelo, e neppure così sapresti quanto è meraviglioso amarti.» rispose Giorgio, percependo le ribelli note jazz suonate nel locale della festa salire verso il cielo come voler arrivare direttamente alla casa di Dio per dimostrargli quanto fossero appassionati i loro animi romantici. 

«Quanto tempo è passato, Gio'?» Chiese Johanna, gli occhi dorati fragili come vetro di Murano, e le labbra scosse da un disperato tremolio imbevuto di arte e di luce lunare. 

«Cinque mesi, Jonie.» 

«E io sono sempre afflitta dallo stesso quesito. Che farei io senza l'assurdo?» lacrime di amarezza irreversibile si riversarono come torrenti in piena sul volto elegante della fanciulla, ancora tormentata dalle visioni del giovane incontrato al Metropolitan. Da quel giorno, la frase pronunciata dal bandito del Midwest, "essere o apparire?", le aveva dato il tormento. Non riusciva più a guardarsi allo specchio, che vedeva l'occhio di Magritte, e i vetri sembravano infrangersi al tocco mortale del suo sguardo. 

«La rivoluzione è l’armonia della forma e del colore e tutto esiste, e si muove, sotto una sola legge: la vita.» sentenziò Grace, con aria sognante, prendendo tra le mani fredde il volto disperato dell'amica. Ebbra e filosofica, Grace dai lunghi capelli corvini, sapeva come tirare su di morale la sua compagna di avventure. 

«Sei troppo ubriaca per risolvere problemi di cuore!» Giorgio puntò l'indice moro contro la ragazza che fino a poco prima era impegnata a eseguire rituali esoterici in favore degli dei. 

«Io non ho problemi di cuore, Gio'. È molto più semplice: impazzisco quando non trovo la risposta ad una domanda che mi è stata posta.» 

«Io credo che tu abbia bisogno di questo.» Grace, sensuale fata californiana dagli sconfinati occhi color ghiaccio della Groenlandia, tese il braccio verso l'amica, aspettando che questa l'afferrasse. 

«E anche tu, giovane siciliano dallo sguardo triste.» la fanciulla con una forza impossibile da associare ad un persona ebbra come lo era lei, tese a sé i compagni di vita e infuse nei loro animi tormentati quell'impavida gioia, imbevuta di vergine giovinezza immacolata, di cui necessitavano per tornare ad essere incorreggibili amanti dell'esistenza. 

«Adesso, noi correremo, veloci come i fulmini dei temporali di Tijuana, verso i cancelli della follia. Siete pronti?» 

«Grace, per Dio, parla chiaro. Per quanto io sia un romantico tedesco di natura, non ho nessuna intenzione di schiantarmi sull'asfalto della 14ª Strada. Vorrei una fine più eroica.» 

«Angelo mio, Gio' ha ragione. Ricordati che ci troviamo sul tetto di edificio alto trentadue piani. Lo so, per New York è come dire ti trovi a cavallo di una baracca di contadini, ma ti assicuro che nessuno di noi tre è in grado di volare.» mormorò Johanna, specchiandosi negli occhi vivaci e impetuosi dell'amica, cercando di dissuaderla dalla sua nuova idea. 

Grace scoppiò a ridere, squarciando il silenzio caotico tipico delle nottate newyorkesi, sbattendo sulle finestre dei grattacieli per mandare in frantumi le vetrate. 

La sua risata, come il suono di uno scontro di stelle, come il fruscio di una scolaresca di bambini all’uscita di scuola.

Giorgio e Johanna, addossati alla parete di mattoncini color terra, schiacciati contro di essa come se temessero che il pavimento sfuggisse loro da sotto i piedi, capirono quanto stupidi fossero stati. La maggior parte degli uomini consuma quasi tutto il suo tempo per vivere, e quel poco che gli resta di libertà, li spaventa tanto, che cercano ogni mezzo di liberarsene. 

«Volete vivere o no?» Grace era impaziente, saltellava sulle scarpette, battendo i tacchi sulla lastra di lamiera sotto alla quale si trovava un groviglio di fili. Aliti freschi di brezza estiva si impigliavano tra i capelli di chi danzava fuori dai locali, in mezzo alla strada, e sospingevano le gonne leggere delle fanciulle; impegnate in balli estenuanti, assaporando la musica fino all'ultima nota, dove il sudore colava lungo le schiene e univa in baci umidi le anime dei due amanti. 

Il Greenwich Village era perfetto. 

Giorgio sorrise, afferrò Johanna per la vita, e prese Grace a braccetto. I tre migliori amici si affacciarono dal cornicione, presidiando dall'alto la 14ª, tempestata di caverne sotterranee senza licenza per gli alcolici, male illuminate, dal soffitto basso, ma vive come il cuore appena forgiato di un neonato. 

Johanna, i ricci ramati che ricadevano sul collo armonioso e gli occhi dorati che riflettevano il bagliore lunare, incrociò lo sguardo con quello degli altri due ragazzi e decisero tacitamente che era arrivata l'ora di agire, di sentirsi giovani. 

«Adesso, miei cari, urleremo per catturare l'attenzione e, una volta che tutti guarderanno ubriachi verso l'alto tentando di non cadere a terra per lo sforzo, noi mostreremo le nostre mutandine. Gio' compreso. Sono convinta che laggiù, in quella New York ragnatela troppo difficile da capire che si concentra tutta in questa strada, c'è un bellissimo ragazzo indiano dalla pelle liscia come l'avorio pronto ad accogliere tra le sue braccia l'italiano più incredibile del Paese!» 

«Al tre…» mormorò Jonie eccitata, impaziente di mostrare il corpo a quei volti sconosciuti ma straordinari dei quali si innamorò seduta stante.

Mai i tre amici si erano sentiti più vicini, più intimi. Fu nel momento che precedette la bravata che capirono quanto contassero l'uno per l'altro. Non importava quanti problemi potessero avere con la propria sessualità (Giorgio), quanta paura avessero di scoprire sé stessi (Johanna), o quanto folli fossero le loro abitudini (Grace); loro si sarebbero amati per sempre, fino alla fine, forgiati in un'amicizia che andava oltre l'umano, oltre l'infinito.

"Uno, due, tre!" 

Spazio Autrice: Buonasera, cosa ne pensate? I personaggi, come vi sembrano?
Grazie per le letture❤️

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