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Capitolo 9


Sapevo che Newt non era abituato a quel tipo di contatto, nonostante tutto, ma fui quasi scombussolata da quel comportamento improvviso nonostante mi facesse piacere.

Ma tremava come un cucciolo, ed era quella la cosa negativa.

‹‹ Newt... ›› mormorai, portando una mano sulla sua schiena. Lo accarezzai, e sembrò calmarsi almeno un po'. Nascose il volto contro il mio collo e mi strinse di più. Continuava a tremare, anche se meno rispetto a prima.

‹‹ Ehi... ›› mormorai ancora ‹‹ che hai? ››

‹‹ Credevo che fossi fuggita ›› disse, proprio come prima, come se ciò che gli avessi detto in precedenza non bastasse a fargli passare l'angoscia ‹‹ credevo che fossi andata via senza di me, e non ti biasimerei affatto ››

‹‹ Ma che dici! ›› corrugai la fronte, sciogliendo l'abbraccio per guardarlo negli occhi ‹‹ non andrei mai via senza di te, ti pare? Perché mai dovrei? ›› poggiai una mano sul suo volto. I suoi occhi erano lucidi, ma lui cercava di mantenere un espressione normale. Tutto pur di non mostrarsi fin troppo fragile davanti a quella situazione a dir poco scomoda. Mi resi conto per l'ennesima volta di quel suo modo di fare, ma con me non aveva bisogno di fingere.

Schiuse le labbra, poggiando una mano sulla mia e spostandola con fare delicato, forse per non sembrare troppo brusco come gesto.

Mi guardò negli occhi per qualche istante, poi schiuse le labbra ‹‹ per ciò che risiede dentro di me ›› disse con tono spezzato.

‹‹ Non è una buona scusa per andare via senza di te, Newt. Sei tutto ciò che ho, e tutto ciò di cui m'importa. Non sarà di certo un virus a cacciarmi via da te ›› lo vidi abbassare il volto verso il pavimento e sospirare ‹‹ Ehi, ascoltami ›› gli sollevai il volto. Si sforzò, così, di sollevare gli occhi per reggere il mio sguardo ‹‹ non sarà il virus a dividerci un'altra volta. Okay? Non permetterò che questo accada ››

Prese un grosso respiro, annuendo pochi istanti dopo. Si sforzò di sorridermi, passandosi le mani sui capelli biondi. Voleva essere un gesto naturale, ma capii alla svelta quanto invece era forzato.

‹‹ Bene così ›› disse, sbadigliando ‹‹ vado a sdraiarmi un attimo sul divano. Quella corsa mi ha stancato. Vieni con me? ››

‹‹ Ti raggiungo tra poco ›› mi girai nella direzione in cui era andato Jorge poco fa ‹‹ prima devo parlare con Jorge. Spero che mi dia qualche risposta sincera, perché ho parecchie domande da fargli dopo ciò che ho scoperto ››

Sollevò lo sguardo al soffitto e sbuffò rumorosamente. Non cercò neanche di camuffare quanto quella risposta l'avesse effettivamente infastidito, il che mi provocò una piccola risata.

Sembrava un bambino offeso, e lo trovai piuttosto divertente.

‹‹ Bene così ›› sbuffò di nuovo, raggiungendo il divano con grossi passi e buttandosi sopra questo a braccia conserte.

Okay, forse non avrei dovuto ridacchiare, ma non riuscii a trattenermi.

Pochi istanti dopo, raggiunsi Jorge nella sala pilota

Indossava due grosse cuffie ed era concentrato nella guida della berga, ma nonostante tutto si accorse di me e sollevò una mano per salutarmi.

‹‹ Hola hermana ›› disse con tono quasi affettuoso ‹‹ sono contento che sia qua anche tu ››

‹‹ Già ›› dissi lievemente imbarazzata. Mi sedetti sulla poltroncina libera, osservando l'uomo alla guida. Era concentrato ed immobile, faceva capire quando fosse preparato ed esperto nella guida del veicolo.

‹‹ Ho qualche domanda da farti... ››

‹‹ So già cosa vuoi sapere ›› si sistemò sulla poltroncina ‹‹ Sì, io e Brenda lavoravamo per la C.A.T.T.I.V.O.. A Brenda era stata affidata la missione relativa alla zona bruciata, ed io non l'ho lasciata andare da sola. È come una figlia per me ›› mi rivolse uno sguardo rapido, che riportò alla svelta davanti a se, come se rischiasse di fare collisione con qualcosa di invisibile ai miei occhi – il che, date le risorse possedute dalla C.A.T.T.I.V.O., non mi stupirei affatto – ‹‹ come lo sei tu ›› concluse.

Corrugai la fronte, scuotendo rapidamente la testa ‹‹ non capisco. No, aspetta... vorresti dirmi che tu sei il mio vero padre? ››

Strinse le mani attorno al volante e scoppiò a ridere in una risata così sonora da lasciarmi credere che non ridesse così da anni.

Non ci trovavo nulla di divertente. Insomma, non ricordavo nulla del mio passato, e onestamente avrei preferito essere imparentata con lui piuttosto che con quella scimmia ammaestrata di mio padre.

‹‹ No, piccola. Perdona la mia risata, in effetti potevo risparmiarmela ›› disse così, ma non cancellò quel sorrisetto dalle labbra.

‹‹ Non fa nulla, chiuderò un occhio. Per sta volta ››

‹‹ Comunque, no ›› riprese ‹‹ ma, come sai, lavoravo alla C.A.T.T.I.V.O.. Ero molto amico di tuo padre, anche prima che arrivasse alla base. Ti conosco sin da quando eri piccolina. Ed anche allora, credimi, eri una bambina brillante. Quelli come te si riconoscono sin da tenera età. A noi piloti non è concesso entrare alla base, noi stiamo ventiquattro ore su ventiquattro all'interno dell'hangar, ma da quando tuo padre è a capo della base, beh... ›› fece le spallucce ‹‹ ho... o meglio, avevo qualche diritto in più. Ho potuto stare a contatto con te e Brenda per più tempo ›› storsi il naso.

‹‹ Capito... ›› Questo spiegava almeno il perché, nella zona bruciata, mi sentivo affezionata a quell'uomo ‹‹ mi piacerebbe ricordare qualcosa di te ››

‹‹ Se non hai voluto recuperare la memoria, è evidente che non ne senti la necessità ››

‹‹ Ho paura ›› abbassai lo sguardo ‹‹ ho paura di scoprire che in verità sono stata solo un mostro ››

‹‹ Hai fatto ciò che ritenevi giusto fare ›› si voltò verso di me ‹‹ ciò che dissi a tua madre, lo dico a te, Hermana. Non incolpare te stessa per ciò che ti hanno costretta a fare, o diventerà una croce più grande di te da portare. Non puoi condannare te stessa per questo ››

‹‹ Com'era lei? ››

‹‹ Una grande donna. Sicuramente migliore di tuo padre ›› tornò a guardare davanti a sé ‹‹ quando ha capito che stavano sbagliando tutto, ha provato a rimediare. Non so come, ma conoscendola, avrà cercato di far saltare in aria l'intera organizzazione. Avrebbe voluto passare più tempo con te, ma questo l'ha sempre detto. Veniva nell'hangar di nascosto per sfogarsi con me ››

rimasi in silenzio. Sentii una brutta sensazione che mi pesava sul petto.

‹‹ E poi? ››

‹‹ E poi non so altro, piccola. Poi io e Brenda siamo stati mandati nella zona bruciata ›› vidi una punta di amarezza nei suoi occhi ‹‹ mi dispiace ››

‹‹ Mi hanno detto che l'hanno mandata nella zona bruciata perché aveva l'eruzione ››

corrugò la fronte ‹‹ davvero? ››

annuii. Non sembrò molto convinto da quell'affermazione.

‹‹ Non l'ho mai vista, ma considerando le dimensioni di quel posto... è possibile, non lo metto in dubbio ››

questo di certo non mi rassicurava. Ma mi faceva piacere sapere che mia madre non era una completa testa di cazzo, ed in un certo senso, mi faceva piacere anche aver ritrovato un pezzo del mio passato.... sempre sperando che non stesse mentendo un'altra volta.

Nessuno mi poteva dire con certezza che quello non era l'ennesimo copione impostato dalla C.A.T.T.I.V.O..

Ha mentito una volta. Poteva benissimo farlo anche una seconda.

Quello fu un pensiero che mi fece scontrare con la realtà della situazione.

Di colpo, ciò che mi faceva sentire sollevata, mi mise addosso un carico di domande che preferii non rivolgere all'uomo che stava davanti a me.

Potevo davvero fidarmi di lui? Quello rimaneva un grosso punto di domanda.

Mi alzai, poggiando una mano sulla sua spalla per salutarlo, e decisi di lasciarlo da solo alla sua guida senza nemmeno voltarmi ad osservare la sua faccia.

Ero certa che fosse stupito di quella mia reazione, ma non poteva di certo biasimarmi.

Chiunque dopo una cosa del genere avrebbe cominciato a dubitare del mondo esterno, sopratutto di quello degli adulti, che si utilizzavano come topi da laboratorio e non come ragazzi.

In un certo senso, rimuginare sulle probabilità che quella potesse essere un'altra prova impostata dalla C.A.T.T.I.V.O. non avrebbe di certo aiutato, e potevo solo sperare di sbagliarmi.

Ma che fosse un rischio, era anche fin troppo palese e la cosa pesava sulle mie spalle come un grosso macigno pesante da sopportare.

Avrei voluto esporre quelle preoccupazioni a qualcuno, ma non volevo riempire la testa dei miei amici con le mie paranoie.

Minho aveva già il morale sotto i piedi, Thomas era bello che svenuto, Brenda... beh, io con Brenda non ci parlo. E Newt, di certo, era meglio lasciarlo in pace piuttosto che con altri pensieri che potevano solo peggiorare lo stato dell'eruzione.

E lui era la mia priorità in assoluto.

Ma quei dubbi mi rimbalzavano in testa come se si stessero divertendo su un tappetino elastico.

Avevo già avuto prova di quanto la C.A.T.T.I.V.O. fosse infida e bugiarda, già dal fatto che mi avesse imbrogliata più di una volta dandomi versioni false della realtà che mi circondava.

Forse non saprò mai qual è la verità, qual è il mio vero passato.

Ma a questo punto, che importanza ha?

Ciò che avevo ora mi andava benissimo. Potevo considerare i radurai la mia unica famiglia.

Newt era veramente tutto ciò che avevo.

Varcai la soglia del piccolo corridoio che avevo appena attraversato e raggiunsi quella sorta di saletta dove si trovavano i miei amici.

Mi venne quasi un groppo in gola appena guardai Newt.

Perché pensare che era tutto ciò che avevo era lui e che la malattia lo stesse divorando vivo sotto i miei occhi era la consapevolezza peggiore che una persona potesse avere.

Era lì, sdraiato su quel divano, mentre fissava il soffitto con fare quasi interessato.

Mi avvicinai lentamente e silenziosamente. Non volevo svegliare Minho, che era addormentato come un cucciolo – con la differenza che russava come un elefante raffreddato –.

Newt spostò lo sguardo verso di me, come un felino quando studia la preda, e si sforzò di rivolgermi un sorriso ‹‹ ma guarda, fagio, sei tornata finalmente! ››

‹‹ Dai, non sono stata via così tanto tempo... E non chiamarmi fagio ››

fece le spallucce e legò le braccia dietro la testa, inspirando rumorosamente ‹‹ scusa, Liz ››

‹‹ bene così ›› borbottai ‹‹ posso sdraiarmi qui con te? ››

‹‹ Che caspio di domanda è? ›› corrugò la fronte ‹‹ certo che puoi. Ti stavo aspettando apposta! ››

ignorai l'ultima parte della risposta e, appena provai a sdraiarmi sul bordo del divano, lo vidi spostarsi per occuparlo lui, sollevando l'indice e scuotendolo in segno negativo.

‹‹ Ah-ah! ›› scosse la testa, schioccando la lingua contro il palato ‹‹ non se ne parla, non ti sdrai sul bordo del divano! ››

‹‹ Cosa? Perché? ›› sollevai un sopracciglio.

‹‹ Perché potresti cadere, dannazione! ›› allungò le mani ed afferrò le mie, tirandomi verso di sé. Non sapevo se fosse serio o meno, ma lo lasciai fare e mi sdraiai praticamente su di lui. Il divano non era poi così tanto grande.

Ma la mia schiena era poggiata allo schienale del divano e Newt non si lamentava.

L'unica cosa che fece appena mi sdraiai, fu spostare un braccio contro gli occhi, come per ripararsi dalla luce, mentre con l'altro mi cingeva la vita come per assicurarsi che non scappassi un'altra volta.

Portai una mano contro le labbra ed alzai la testa, fissandolo in volto. Aveva un sorrisetto stampato sulle labbra, e da lì capii che stava semplicemente giocando.

‹‹ Ti sei offesa? ›› disse di punto in bianco, spostando il braccio. Arricciò il naso facendolo somigliare ad un bambino un po' troppo cresciuto.

‹‹ No ›› risposi allungando una mano verso il suo volto e sfiorandogli la punta del naso con l'indice ‹‹ Ma sei una testa puzzona ›› brontolai con tono divertito. Ridacchiò sottovoce, arricciando di nuovo il naso appena entrò in contatto col mio indice.

Preferivo vederlo in quel modo piuttosto che giù di morale.

‹‹ rassegnati all'idea che il tuo sedere da fagio cuoca non toccherà mai il bordo di questo divano ›› finse un espressione da sfida da persona superiore a tutti.

‹‹ Va a tuo svantaggio, pive vicecapo, io sto bella comoda da questa parte! ››

‹‹ Ci credo, sei sdraiata su di me. Dovrei diventare un prototipo di divano, occasionalmente utilizzato come materasso ›› annuì con convinzione, spostando lo sguardo verso il soffitto e fingendo di pensarci su ‹‹ secondo me avremmo dei grossi guadagni ››

‹‹ Già. Peccato che permetterei a nessuno di usarti come materasso o divano ›› brontolai, sbadigliando qualche istante dopo.

Mi ritrovai in poco tempo rannicchiata a lui, con le gambe avvinghiate attorno alle sue.

Una sua mano si strinse attorno alla mia, per poi intrecciare le dita.

‹‹ Mi piacciono questi piccoli momenti ›› disse con un tono distratto ‹‹ mi ricorda quando eravamo nella radura. Non avrei mai pensato di dire che lì era tutto più semplice, rispetto a qui ››

‹‹ Tutto sommato, lì eravamo al sicuro. Dolenti a parte, s'intende ››

Annuì, stringendo la mia mano ‹‹ hai presente quando eravamo in quella sorta di capsula, nella zona bruciata? ››

corrugai la fronte per il cambio di discorso ed annuì. Il suo volto mutò, lasciando intravvedere una sorta di tristezza nei suoi occhi. Sembrava essere incantato a fissare un ricordo ormai lontano.

‹‹ Quel giorno, sentivo che qualcosa non andava ›› chiuse gli occhi ‹‹ stavo valutando seriamente l'idea di interrompere il nostro rapporto ››

Trasalii a quelle parole. Forse sbiancai. Fu come se per qualche istante il tempo si fermò, ed il mio cuore con lui.

Mi strinse di nuovo la mano, come se si rese conto di ciò che stavo provando.

Beh, non che ci volesse un genio.

‹‹ Mi sentivo quasi preso in giro. Non so spiegarti bene tutto ciò che stava passando nella mia testa in quel momento... Ma alla fine mi sono detto che probabilmente, anche facendolo, la situazione non sarebbe cambiata. Anzi, sarebbe peggiorata ›› riaprì gli occhi ‹‹ Ma lo pensai davvero ››

‹‹ Perché me lo stai dicendo? ››

‹‹ Perché non voglio avere segreti con te ›› incrociò il mio sguardo, sollevando una mano per accarezzarmi la guancia ‹‹ e non voglio che tu ne abbia con me. E, Liz, stai bene? Sei pallida... ››

‹‹ Sto bene. È solo che questa cosa mi ha un po'... sconvolta, diciamo ›› ammisi, vedendolo sorridere a quella mia risposta.

‹‹ Scusa ›› mormorò col tono di un bambino ‹‹ non volevo. ››

Detto questo, rivolse lo sguardo verso Minho, che aveva cambiato posizione sul divano e aveva poggiato le gambe sullo schienale. Era una posizione semplicemente improponibile, ma lui sembrò essere dannatamente comodo.

‹‹ La notizia di Eva deve averlo sconvolto parecchio ›› sussurrò, indicando l'amico con un cenno del capo ‹‹ mi dispiace anche a me ››

‹‹ Non sei l'unico. Avevamo un buon legame. Lei e Justin mi hanno accompagnata fino a lì ››

‹‹ Quindi Justin ora è l'eroe del momento? Curioso, ero rimasto al momento in cui ti ha uccisa ›› sollevò gli occhi al soffitto, poi li riportò su di me, assumendo uno sguardo colpevole ‹‹ ... scusa, è stato più forte di me. Ho capito che era stato, diciamo, comandato, ma per me rimarrà sempre e comunque la testa di spoff che ti ha uccisa ››

‹‹ lo so, non te ne faccio una colpa, Newt. Ma è anche grazie a lui se ora sono qui ››

‹‹ bene così ›› scrollò le spalle, segno che ora, quella conversazione, poteva cadere lì.

Al nostro risveglio, io ero avvinghiata a Newt e, nonostante fossi certa al cento per cento che quando mi addormentai non c'era nessuna coperta, ne avevamo una addosso.

Appena Minho si svegliò, convocò un adunanza. Sentii quel gesto quasi nostalgico.

Durante tutto il tempo in cui rimanemmo tutti in cerchio come una riunione di alcolisti anonimi (conoscevo il termine ma onestamente non avevo la benché minima idea di cosa fossero), Minho lanciava occhiatacce in direzione di Brenda, quasi a volerla bruciare viva.

A quel punto capii che il ragazzo si fidava di lei proprio come mi fidavo io: praticamente poco e niente.

Rimanemmo lì per chissà quanto tempo a rimarcare concetti visitati circa mille volte, per poi giungere ad una conclusione che avevamo già ipotizzato alla prefazione di quell'adunanza: Dovevamo andare a Denver.

Un posto dove, a quanto era stato detto, il virus non c'era. Un posto per immuni.

Dovevamo semplicemente andare lì, dire che eravamo immuni in cerca di lavoro come addetti ai mezzi pubblici e, a quel punto, ci avrebbero schedati ed avremmo avuto accesso alla città.

Il problema era che Newt non era immune, quindi sarebbe dovuto rimanere nella berga da solo finché non trovavamo una soluzione.

Lui non disse nulla, lasciando intendere che la cosa nemmeno gli interessava.

Mangiammo velocemente, poi ognuno tornò a farsi i caspi propri.

Jorge ripartì con la berga, e noi rimanemmo buttati in quella sorta di salottino improvvisato.

Thomas aveva preso posto in una poltrona reclinabile e sembrava essere la persona più comoda sulla faccia della terra.

Mi avvicinai al ragazzo, decidendo di approfittare del fatto che fossero tutti "impegnati" in altro.

‹‹ Posso dirti una cosa senza che te la prendi? ›› domandai, vedendolo sobbalzare sulla poltroncina per la mia apparizione improvvisa.

Era in procinto di addormentarsi, avvolto in quella copertina come un neonato.

Si poggiò la mano sul petto, come se volesse sentire quanti battiti aveva cominciato a perdere.

‹‹ Sì... ma ti prego, la prossima volta avvisami ››

‹‹ Sei un idiota ›› dissi con tono fermo, sedendomi sul bracciolo della poltroncina ‹‹ secondo voi è una caspio di buona idea lasciare Newt da solo su questa berga? ›› corrugai la fronte, avvicinando il volto a quello del ragazzo, che deglutì lievemente nonostante cercasse di apparire calmo ‹‹ sul serio, Thomas? Con la C.A.T.T.I.V.O. alle calcagna e milioni di spaccati che girano indisturbati come cani randagi appestati? ››

‹‹ Non abbiamo altra scelta, Elizabeth. È infetto, non può entrare con noi a Denver. L'idea non fa impazzire neanche a me. ››

‹‹ Io una buona soluzione l'avrei ›› diedi una rapida occhiata in direzione di Newt ‹‹ rimango qui sulla berga con lui. ››

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