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Capitolo 6

Ancora non credevo a ciò che avevo davanti. Non ci riuscivo! La mia testa non metabolizzava la notizia, è l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era al fatto che fossi sicura al cento per cento che fosse bello che morto.

Justin storse il labbro, puntando gli occhi nei miei ‹‹ Sul serio, dopo tutto ciò che hai visto ti sorprende così tanto il fatto che io sia vivo? Sei una pive davvero strana, lasciatelo dire ›› ridacchiò in modo sinceramente divertito.

Cosa c'era da ridere? Insomma, è vero, anche io teoricamente sono morta nella radura, ma... Caspio, l'Alpha l'aveva trapassato da parte a parte!

Si passò una mano sul volto, poi si sedette sul lettino in basso, sospirando rumorosamente.

‹‹ Come mai ti hanno sbattuta qui dentro? ›› domandò, cancellando quel sorrisetto che aveva in volto. Poggiò i gomiti sulle ginocchia, ma sembrò che quel gesto gli provocò un dolore assurdo dall'espressione che fece.

‹‹ Diciamo che sono una ribelle ›› sollevai un sopracciglio

‹‹ Sai che novità ›› sollevò gli occhi al soffitto, scuotendo la testa

‹‹ Disse colui che mi uccise tendendo un'imboscata con i controcaspi. Permettimi di dirti che non sei nella giusta posizione per giudicarmi ›› schioccai la lingua.

Allora spostò lo sguardo su di me, guardandomi dalla testa ai piedi ‹‹ non ero in me ›› disse semplicemente, ma ci fu una sorta di nota triste in quella frase ‹‹ o meglio, sì, ero in me, ma c'era qualcosa di più qui dentro ›› si indicò il cranio, sospirando ‹‹ non è bello quando la tua testa praticamente va per il fatti suoi. Già... ›› sospirò di nuovo, stringendo i pugni delle mani ‹‹ mi dispiace per ciò che ho fatto ››

Non sapevo se credergli o meno. Insomma, sembrava veramente dispiaciuto, ma come potevo credere alla persona che mi aveva uccisa?

‹‹ Non ti sto chiedendo perdono ›› riprese ‹‹ voglio solo che tu sappia che tutto ciò che ho fatto riconosco benissimo che è orribile. Sapessi ciò che ho visto... ›› Sospirai, sedendomi nel lettino davanti a lui.

Aveva gli occhi lucidi, stringeva nervosamente le mani, come se sperasse di comprimere tutto il dolore che aveva provato tramite quella stretta salda.

‹‹ Che cos'è successo? ›› domandai.

Lui abbassò lo sguardo al pavimento ‹‹ Ricordi? Ti dissi che non avevo dimenticato tutto... In effetti era vero, ma non sapevo spiegarmi com'era possibile. Ho avuto risposte solo una volta che mi sono risvegliato in quella caspio di stanza congelata e bianca qui, alla C.A.T.T.I.V.O..

Ero circondato da medici pieni di macchinati dall'aria poco rassicurante. Ero trapassato da parte a parte, pieno di cuciture dall'aria infetta. A quanto pare mi hanno preso in tempo prima che schiattassi.

Ma forse era meglio che non lo facessero, visto che dovrò convivere con i sensi di colpa per il resto della mia vita.

Anche se, sostanzialmente, è stata una cosa tutta manipolata dalla base. A quanto pare nel mio siero c'era una caspio di cosa che permetteva loro di controllarmi, di manipolare la mia memoria, tralasciando dettagli, modificandone altri, darmi sensazioni che non mi appartenevano e cose così ››

‹‹ un chip... ›› mormorai tra me e me. Lui corrugò la fronte, alzando lo sguardo verso di me

‹‹ Esatto, come fai a s- ››

‹‹ Me ne hanno iniettato uno durante la seconda fase dei test. Mi hanno fatto credere di avere l'eruzione ››

‹‹ Ricordi che sono stato punto? ›› annuii ‹‹ quando i dolenti mi hanno punto, in pratica, il chip è stato potenziato. Il dolente che mi ha punto è stato modificato e mandato appositamente per me.

È stata la C.A.T.T.I.V.O. a fare tutto. Tutto! Tutto. Io ero un semplice burattino e lo sono sempre stato. Sempre. ›› si passò le mani tra i capelli, tirandoli sulle punte come se fosse pronto a strapparseli. Sembrava sull'orlo di una crisi di nervi. Poi, di colpo, si calmò.

Sollevò lo sguardo al soffitto, schioccando rumorosamente la lingua e sbuffando in modo scocciato poco dopo.

‹‹ Stanno tornando ›› disse distrattamente

‹‹ Chi? ››

‹‹ Gli scienziato. Vedi quella? ›› alzò una mano, indicando il soffitto. Non c'era niente, se non delle luci. Una lampeggiava. L'unico dettaglio che balzava all'occhio era quello, ma per il resto era tutto normale.

‹‹ Intendi la luce che lampeggia, giusto? ››

‹‹ Esatto. Ricordi Jillian? La ragazza con i capelli rosa? ››

‹‹ Sì, ricordo ›› mormorai con una nota di amarezza nella voce

‹‹ Ecco. Quando mi sono svegliato, è stata lei a raccontarmi la verità. Mi hanno chiuso qui dentro perché ho provato a distruggere l'intera cianografia. Così, ora sono qui dentro controllato ventiquattro ore su ventiquattro ›› indicò il muro accanto ai lettini ‹‹ questo muro, in verità, è un intera parete a specchio. Ci controllano da qui. Jillian, per aiutarmi, mi avverte quando loro si allontanano facendo scattare quella piccola luce due volte, poi lampeggia per circa cinque minuti prima che tornino. Di solito stanno via per dieci, venti minuti al massimo ››

Corrugai la fronte. Jillian si fidava fino a quel punto?

Non sapevo se credergli o meno. Ma, forse, per il momento era meglio fargli credere che mi fidassi.

Nulla d'altronde mi dava l'assoluta certezza che tutto ciò che usciva dalla sua bocca fosse reale. Avevo già avuto la dimostrazione di quanto fosse bravo a mentire.

‹‹ Mi dispiace per ciò che ho fatto. Sul serio ›› disse, interrompendo i miei pensieri

‹‹ Non fa nulla, ormai è passato ›› mormorai. Non avevo voglia di sentire le sue scuse.

‹‹ Che ha la tua amica? ›› indicò la guardia, che stava poggiata contro il muro con uno sguardo perso.

Corrugai la fronte e scrollai le spalle.

‹‹ Non lo so. Non so nemmeno chi sia ›› risposi, spostandomi una ciocca di capelli sulla spalla.

Justin sollevò le sopracciglia in un espressione sorpresa dalla mia risposta.

‹‹ Come sarebbe a dire "non so nemmeno chi sia"? ››

Che c'era di tanto sorprendente? Era ovvio che non conoscessi la guardia.

Scrollai le spalle, facendo per rispondergli, ma poi la guardia ebbe un piccolo piccolo sussulto, come se all'improvviso le avessero dato la scossa. Poco dopo prese a muoversi in modo frenetico sul posto in preda a delle convulsioni, ma si fermò di botto.

Corrugai la fronte e mi avvicinai. Mi chinai alla sua altezza. Ora i suoi occhi erano ben visibili.

Mi venne un colpo al cuore quando capii a chi appartenevano quegli occhi, ma sperai veramente di sbagliarmi.

Era uno sguardo vuoto, assente, come se qualcuno avesse spento dall'interno ogni singola scintilla di vitalità che prima regnava nel suoi occhi.

Uno sguardo malinconico e perso.

Poggiai le mani sul fazzoletto verde che copriva il volto della ragazza, abbassandolo lentamente.

Justin si chinò alle mie spalle, sporgendosi per guardare bene chi aveva davanti.

Le mie mani tremavano mentre erano strette attorno al fazzoletto.

Era come temevo. Era Evangeline.

Le labbra schiuse, gli occhi persi, la fronte perlata di sudore freddo.

Boccheggiava, come se quel fazzoletto non le avesse permesso di respirare fino a quel momento.

Non muoveva un solo muscolo. Sembrava quasi prigioniera del suo stesso corpo.

Cosa le avevano fatto?

‹‹ Quella è Jocelyn? ››

‹‹ Evageline. Odia essere chiamata Jocelyn ›› sussurrai, poggiando una mano sul volto della ragazza per cercare di farglielo girare verso di me. Ma era come se il suo corpo fosse fatto di pietra.

‹‹ Già, giusto, ora ricordo. La ragazza asiatica. L'opposto di Minho ››

‹‹ Tu lo sapevi... ›› sussurrai ancora. Sentivo una strana rabbia crescere dentro il mio corpo.

‹‹ Cosa? Che il gruppo B è il gruppo A, ma al femminile? ›› corrugò la fronte

‹‹ Che era Eva ›› lo fulminai con lo sguardo ‹‹ lo sapevi ma hai comunque continuato a parlarmi dei caspi tuoi quando invece, magari, potevo trovare un modo per aiutarla! ››

Sgranò gli occhi ‹‹ Ti si è sploffato il cervello? Io non sapevo che fosse lei! ››

‹‹ Ma sapevi che era mia amica! ››

‹‹ Ho solo azzardato a chiedere, caspio! ›› alzò le mani come segno di arresa ‹‹ e poi, come pretendi di aiutarla? Siamo chiusi in quattro fottute mura e i capi stanno tornando! ››

Digrignai i denti, cercando di ritrovare un minimo di auto controllo.

Ormai non aveva importanza.

‹‹ Senti, ho un piano per uscire da questo buco di posto. Ma per attuarlo ho bisogno che tu ti fidi di me ›› rimasi in silenzio. Non volevo parlargli, anche se sapevo che prima o poi sarebbe dovuto succedere.

Justin si morse il labbro non sentendo alcuna risposta da parte mia, come se stesse soffrendo per la mancanza di fiducia. Ma doveva accettarlo e farsene una ragione. Non sarei andata da lui ad abbracciarlo, consolandolo e dicendogli che sarebbe andato tutto bene. Perché non era così semplice, non stavamo giocando. Aveva ucciso me. Aveva ucciso George. Aveva fatto una caspio di strage con quell'attacco dei D2MH.

Passarono due ore. La luce aveva smesso di lampeggiare da un pezzo, e in quella stanza era calato il silenzio totale.

Justin era rimasto sdraiato sul lettino superiore, io in quello basso, nell'altro letto a castello. Avevo trascinato Eva con me, ed era stata una faticaccia visto che avevo fatto tutto da sola.

Ma nonostante Eva fosse magrissima, era un fascio di muscoli pesanti.

Non c'era neanche un minimo di collaborazione da parte sua. Era come trascinare un manichino da una parte all'altra della stanza.

Di colpo, le luci si spensero.

Ora eravamo al buio, con solo una piccola lucina fluorescente appesa al soffitto, che permetteva di vedere almeno le ombre.

‹‹ È notte ›› mormorò Justin

‹‹ Grazie, genio, c'ero arrivata anche da sola ››

‹‹ È ora di dormire ››

‹‹ Fred-do ›› rantolò Eva.

Tirai un sospiro di sollievo sentendo la sua voce. Era la prima parola da quando l'avevo "liberata" dal fazzoletto.

Mi girai verso la ragazza e decisi di liberare il letto, per cederlo completamente a lei. Avrei fatto qualsiasi cosa per farla stare meglio.

Justin balzò giù dal letto, affiancandosi a me. Avvicinò le labbra al mio orecchio.

Il suo respiro, viscido e caldo, sfiorò il mio collo. Quel gesto mi provocò i brividi di disgusto. Avrei voluto spintonarlo via, ma ero troppo occupata a sistemare le coperte ad Eva piuttosto che curarmi di quel biondino.

‹‹ Dobbiamo sussurrare se non vogliamo farci sentire ›› disse, allontanando le labbra

‹‹ Io ho un idea migliore: non parlare l'uno con l'altra. ››

‹‹ È proprio ciò che vogliono, Elizabeth ››

Lo guardai con la coda dell'occhio, ma poi mi ricordai che eravamo al buio, per cui non era in grado di vedere il mio sguardo infuriato e disgustato da ogni singola parola che rigurgitava da quella fogna che lui chiama "bocca".

‹‹ Io non parlo con i doppiogiochisti. Specie se mi hanno uccisa ›› sibilai.

Sentii un sospiro rassegnato ‹‹ comunque, la tua amica asiatica ha una paralisi rigenerante post trattamento ››

‹‹ Una cosa? ›› corrugai la fronte ‹‹ come fai a saperlo? ›› ogni caspio di parola che sputava fuori era una novità. E questo era sempre più sospetto. Forse era meglio se stava zitto.

O forse era meglio spremerlo in modo da avere sempre più informazioni?

Chiusi un attimo gli occhi, riflettendo bene sulla scelta da fare.

Ma era ovvio. Era meglio sapere quante più cose possibili, e nessun altro mi avrebbe mai detto nulla.

‹‹ spiegati meglio ›› sussurrai, facendo un cenno con la mano per spronarlo a parlare.

‹‹ La C.A.T.T.I.V.O. deve averle fatto qualcosa. Magari il suo corpo non ha reagito molto bene al trattamento che le hanno fatto, così l'hanno indotta ad una paralisi temporanea.

L'ho avuta anche io, quando mi hanno risvegliato. ››

‹‹ È una cosa brutta? ››

‹‹ Vuoi la verità o una dolce bugia? ››

‹‹ La verità ››

‹‹ È dolorosissima e orribile. Vedi tutto, senti tutto, sei perfettamente cosciente ma non puoi parlare e nemmeno muoverti. A stento riesci a respirare. Tutte le tue energie sono impegnate nella guarigione del corpo. È come se il tuo corpo fosse una gabbia sigillata. È come vivere la mutazione, diciamo, ma molto peggio ››

‹‹ Quanto tempo dura? ››

‹‹ Dipende dai soggetti. A volte, anche un mese. Ma se ha già parlato, l'effetto sta per svanire. Dalle qualche secondo e riuscirà almeno a parlare ››

‹‹ Eva è una ragazza forte ›› mormorai, prendendo la mano della ragazza e stringendola

‹‹ È praticamente Minho al femminile ›› precisò Justin, con un tono esperto ‹‹ è il genere di ragazza che ti prenderebbe a calci nel fondoschiena se fai qualcosa di sbagliato ››

‹‹ Già, lo so. Quindi è vero, il gruppo B è l'opposto del gruppo A ››

‹‹ Sì, Elizabeth ››

‹‹ Volevano creare esemplari immuni e perfetti per salvaguardare la specie umana, vero? ››

‹‹ Più o meno ›› si poggiò al bordo del lettino con le mani, piegandosi sulle ginocchia ‹‹ in verità hanno fatto calcoli molto precisi in modo che le "accoppiatte" fossero il più simili possibili, in modo che un possibile figlio tra i due, risulti perfettamente immune al virus ›› schioccò la lingua ‹‹ lo so, non sono bravo con le spiegazioni. Non ho capito granché com'era il loro piano. È fin troppo assurdo ››

Annuii ‹‹ quindi, secondo la logica della C.A.T.T.I.V.O. ognuno di noi ha il partner perfetto nel gruppo opposto ›› dissi, come se stessi riflettendo tra me e me.

‹‹ Esattamente ››

‹‹ E quindi, per te, chi era? Insomma... tu sei sei Gay... Nel gruppo B c'era un travestito? ››

lui corrugò la fronte. Anche nel buio, notai che arricciò il naso ed assunse uno sguardo quasi scocciato da quella mia affermazione

‹‹ Io non sono gay! ››

‹‹ Oh cielo, non dirmi che la C.A.T.T.I.V.O. ti ha fatto credere di essere gay! ››

‹‹ Elizabeth... io sono bisessuale, non gay... ›› sollevò un sopracciglio, poi rise.

Per un attimo, mi sentii stupida.

‹‹ Oh.. allora nessun problema ››

‹‹ Già, nessun problema ›› si passò le mani tra i capelli ‹‹ ma sta di fatto che la C.A.T.T.I.V.O. comunque provò a correggere questo lato di me attraverso il Chip, ma probabilmente era difettoso o forse non era abbastanza forte, quindi... ›› prese un piccolo respiro ‹‹ ciò che provavo per George è rimasto tale ››

‹‹ Hai scoperto, poi, chi doveva essere il tuo partner del gruppo B? ››

‹‹ Sì, tu ›› fece le spallucce, come se fosse una cosa normalissima ‹‹ ma, senza offesa, preferisco gli uomini, e tu hai un altro biondino per la testa. La C.A.T.T.I.V.O. con noi ha sbagliato completamente i calcoli. C'era un ottimo motivo se ci hanno messo a lavorare in coppia, oltre ai test dai risultati ottimi ››

Corrugai la fronte. Forse quel dettaglio non volevo saperlo veramente.

Insomma... io e Justin? Non avrebbe mai funzionato.

‹‹ Credevo che i partner si somigliassero a specchio ›› schioccai la lingua ‹‹ io non sono bionda e non ho gli occhi verdognoli! era più probabile George che te ››

‹‹ Credimi, non so darti risposta a questo. Dovresti chiedere a Jillian ››

e l'avrei fatto. Presi un piccolo appunto mentale.

Evangeline strinse la mia mano sentendo il nome della ragazza dai capelli rosa.

Diede un piccolo colpo di tosse e si mosse per girarsi.

La sua espressione si corrucciò, lasciando trasparire il grosso sforzo e il dolore che le provocò quel gesto.

‹‹ Ehi... ›› sussurrai, spostandole i capelli dal viso.

Lei accennò un sorriso, ma tornò seria subito dopo. Respirava rumorosamente, ed emetteva una sorta di fischio.

‹‹ Come ti senti? ›› domandò Justin.

‹‹ Bene, per quanto bene possa.... stare qualcuno così ›› prendeva fiato tra una frase e l'altra, lasciando intendere così quanto facesse fatica addirittura respirare.

‹‹ Cosa ti hanno fatto? ›› domandai. Non volevo farla sforzare, ma volevo capire perché l'avevano ridotta così ‹‹ quando ti hanno prelevata? ››

‹‹ Poco dopo aver detto i nomi di chi era malato e chi no. Quando.... ci stavamo spostando per andare da Janson, io sono stata condotta lontano da voi... Mi hanno fatta sedere in una stanza, sono rimasta sola per un po' è entrato del... fumo. Poi non ricordo.... Mi sono addormentata ››

‹‹ Gas soporifero ›› mormorò Justin. Eva annuì.

‹‹ E poi? ›› la invitai a continuare. Lei prese un grosso respiro, riprendendo a raccontare poco dopo

‹‹ Poi mi sono svegliata... Mi stavano operando, credo. Non lo so, non lo voglio nemmeno sapere.

Mi hanno aperto la testa... Faceva malissimo. Feci finta di essere ancora addormentata, ma se n'erano accorti. Così mi dissero che ero un bel soggetto da analizzare, che mi stavano restituendo due cose che mi erano mancate per fin troppo tempo... E che dovevo stare con loro, oppure... ›› s'interruppe, fissandomi negli occhi. Fu come se avesse paura di continuare quella frase, e lasciò intendere che c'era qualcosa di veramente brutto.

‹‹ Oppure? ›› corrugai la fronte.

‹‹ Niente ›› lasciò la mia mano, girandosi per darmi le spalle. Lentamente stava riacquistando il controllo del suo corpo. I capelli raccolti erano scompigliati. Mi domandai se, una volta sciolti, si sarebbe vista la cicatrice.

‹‹ Eva... ››

‹‹ Vai a dormire Elizabeth ››

Mi scambiai un occhiata veloce con Justin, che sembrò essere confuso quanto me. Ma seguii l'ordine di Eva, e andai a dormire nel lettino di su.

La luce della stanza scattò due volte nel bel mezzo della notte, seguita da due piccoli fischi.

Sembrava la scena di un film horror, e mi fece sobbalzare sul lettino.

Sentii dei passi scricchiolare con un rumore metallico. Justin era sceso dal lettino e si stava arrampicando sul mio.

Una volta sul lettino, si sedette sulla fine del letto, picchiettando l'indice sulla mia gamba.

‹‹ Sei sveglia? ›› sussurrò.

Sbuffai e mi misi seduta sul letto ‹‹ sì, caspio, quella luce e quel suono mi hanno svegliata ››

‹‹ Bene così. Ho un piano, ed ho bisogno di te. ››

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