Capitolo 5
Una volta raggiunta Marie ed uscita dalla stanza, ci affiancarono quattro guardie armate.
I loro fucili (o qualsiasi cosa fossero) ronzavano in modo fastidioso.
Attraversammo diverse stanze, ed ognuna di loro presentava al loro interno almeno due guardie armate e pronte a sparare al primo segnale di pericolo, lasciandomi intendere che c'era qualcosa che non andava in tutta quella situazione.
Non feci domande solo per non sentire quella donna spiccicare nemmeno una parola.
Camminammo fino all'ufficio di mio padre, ed una volta entrati, osservai la stanza con occhio vigile ed attento:
Era cambiata. I muri erano scrostati, le luci basse, a scrivania più incasinata del solito e lui... beh, lui era buttato su quella sedia come se non avesse vita. Il suo sguardo era quasi completamente assente, le pupille dilatate come quelle dei gatti. Non mi sarei stupita di vederlo con la bava alla bocca, che ora presentava un sorriso non umano.
‹‹ Che ha? ›› domandai sottovoce e con la fronte corrugata. Marie fece un respiro profondo, con fare quasi rassegnato.
‹‹ È sotto l'effetto del Nirvana ›› disse, voltandosi poi lentamente verso di me ‹‹ sei contenta di ciò che hai fatto? ››
‹‹ Io? Io non ho fatto proprio niente, ridicola testa di spoff! ›› corrugai la fronte, vedendola contrarre la mascella, ma invece di rispondere sospirò con fare frustrato.
‹‹ Comunque, non ti ho portata qui tanto per farti la ramanzina, considerando che non rientra nei miei doveri ›› fece cenno alle guardie di uscire, e non appena rimanemmo sole in quella stanza che puzzava di sploff, si sedette sulla scrivania, acchiappando uno dei fogli che stava su una pila abbandonata, leggendolo velocemente e, sicuramente, con totale disattenzione e disinteresse.
Probabilmente era un foglio che aveva già letto, ma cercava qualche parola chiave per agganciare il discorso con me.
Prese un grosso respiro, poggiando sulle gambe il foglio ed alzando lo sguardo su di me ‹‹ sono qui perché, mentre i tuoi amati amichetti saranno con Janson per recuperare la memoria, devo avvertirti del fatto che il trattamento per te sarà diverso. Abbiamo deciso di riservarti questo trattamento speciale, considerando tutto ciò che hai fatto per noi tempo fa. Abbiamo avuto la fortuna di avere un soggetto su cui sperimentare questo nuovo metodo e di assicurarci che fosse sicuro ››
Risi e scossi la testa, alzandola poco dopo al soffitto, notando la sua espressione poco sorpresa della mia reazione ‹‹ Marie, io non voglio recuperare la memoria. ››
‹‹ No? Non vuoi ricordare tua madre? Il piccolo Chuck? La tua vecchia vita? ››
strizzai gli occhi. Il nome di Chuck era stato come un colpo al cuore.
Ma no, non volevo nessun ricordo indietro.
Ero decisa. Sta volta lo ero davvero. Scossi la testa, vedendola poi congiungere le mani.
‹‹ Immaginavo questa risposta. Tuttavia, mi dispiace, ma devo insistere. ››
‹‹ Continuo a declinare la tua proposta. No, grazie, non costringermi a tirarti il vaso in testa per farti capire che non me ne frega un caspio del metodo che volete rifilarmi ›› sollevai un sopracciglio.
‹‹ Elizabeth, devi solo ingoiare una dannata pillola che poi, una volta ingerita, si aprirà e libererà delle sostanze che distruggeranno il filtro. Ti brucerà solo un po' lo stomaco! Pensa a quei poveri ragazzi a cui praticamente risucchieranno la faccia e farà male ovunque! ››
‹‹ Ti ho detto che non m'interessa! ›› sbottai di colpo. Marie contrasse la mascella, di nuovo, raddrizzando la schiena come se qualcuno l'avesse improvvisamente pugnalata alle spalle.
‹‹ Bene ›› disse, mantenendo un tono calmo e schioccando la lingua. Si alzò, passandosi le mani tra i capelli ‹‹ è una tua scelta. Vi abbiamo lasciato libera decisione, quindi... ›› si guardò alle spalle, come se stesse cercando il supporto di quell'uomo dietro di lei, che però, puntava gli occhi al soffitto come se fosse qualcosa di mai visto prima di quel momento.
Mi aspettavo più insistenza, ma sotto sotto ero contenta di non dover ripetere ulteriormente la mia decisione.
‹‹ Bene così ›› dissi, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio ed avviandomi verso la porta.
‹‹ C.A.T.T.I.V.O. è buono ›› disse Marie con un tono sovrappensiero. A quel punto bloccai il mio passo, girando il volto verso la donna, che prese a fissare il soffitto.
‹‹ C.A.T.T.I.V.O. è buono ›› replicò mio padre, dietro di lei, con una voce impastata. Il suo tono era come quello di un drogato, della bava gli colava lungo il collo, provocandomi un senso di disgusto non indifferente.
Li fissai entrambi, sollevando un sopracciglio, pronta a rispondere, ma riuscii in qualche modo a trattenermi.
Marie mi sorrise in modo quasi del tutto sincero, poi scosse la testa ‹‹ dove pensi di andare? ››
‹‹ Torno dai miei compagni, perché? Non abbiamo finito questa meravigliosa ed interessantissima discussione? Ce dell'altro? ››
‹‹ Sì ›› si avvicinò di più a me, poggiandomi una mano sulla schiena e spingendomi fuori dalla stanza, ovviamente con lei a seguito ‹‹ non puoi ancora raggiungere i tuoi compagni. Come già sai, loro stanno recuperando la memoria ››
‹‹ Non tutti loro ›› la corressi, ma lei scosse le spalle per farmi capire che la cosa poco le importava
‹‹ Tu andrai in una stanza diversa. Potrai tornare da loro una volta che i soggetti interessati recupereranno la memoria ›› era anche fin troppo cordiale. La cosa mi puzzava abbastanza.
Sapevo che stava tramando qualcosa, ma chiaramente non voleva darmi alcun indizio per farmi capire di cosa si trattasse.
Cominciai a fare il conto alla rovescia per fuggire.
Sapevo che il momento era imminente e dovevo tenermi pronta per correre, anche se l'idea di sfiancarmi non mi entusiasmava per niente.
Una volta abbandonata la stanza, cominciammo a camminare. Direttamente dietro Marie, c'erano due guardie armate.
Mi sentivo come il peggiore dei carcerati.
Man mano che proseguivamo, sentivo il mio cuore battere sempre più forte. Era come se quel posto volesse riesumare tutti i frammenti del mio passato, ma la mia testa si rifiutasse di ricordare.
Non volevo, in effetti. Il mio passato doveva rimanere chiuso in un cassetto e dovevo buttare via la chiave.
Mi guardavo attorno man mano che camminavo. I corridoi erano più silenziosi del solito, le luci tremavano lievemente, come se ci fosse un sovraccarico di energia.
Marie di colpo si fermò, così lo feci anche io.
C'era un vetro accanto a noi, e mostrava la stanza con i radurai. Doveva essere un vetro a specchio, perché prima, dentro la stanza, non l'avevo assolutamente notato.
Guardai la donna accanto a me. Aveva praticamente spiaccicato il muso contro il vetro per osservare bene. Non si sentiva assolutamente nulla.
Notai che Minho, Thomas e Newt erano isolati in un angolo. Janson disse loro qualcosa, sembrava piuttosto minaccioso. Alcuni radurai erano già posizionati sui lettini.
Ma la mia attenzione era rivolta alla ragazza che stava di spalle a noi. Aveva un aria familiare, ma non riuscivo a collocarla nella memoria. Sembrava piuttosto giovane.
Aveva la testa china, come se avesse paura di sollevarla. Thomas la fissava con fare assorto.
Di colpo, nella stanza irruppero delle guardie armate. Tre uomini e due donne. I loro fucili brillavano.
Sgranai gli occhi appena notai che li puntarono contro il gruppo di tre ragazzi, portandomi istintivamente a poggiare le mani contro il vetro.
‹‹ Che diavolo sta succedendo! Marie?! ›› mi girai nella sua direzione. Era totalmente calma. Assisteva alla scena come se stesse guardando un film sul grande schermo ‹‹ rispondimi! ›› sbraitai, ma lei sollevò l'indice per dirmi di fare silenzio.
Newt disse qualcosa a Thomas, lui gli rispose, poi intervenne Janson. Non stavo capendo niente di ciò che stava succedendo, e nonostante Thomas sembrasse tranquillo, io non lo ero per niente.
Marie mi tirò via dal vetro nel momento esatto in cui una delle guardie afferrò Thomas.
Mi prese un panico quasi insensato. Cominciai a dimenarmi per cercare di tornare davanti al vetro, ma era inutile. Riuscivo comunque a vedere che stavano portando via i tre ragazzi e questo di certo non era d'aiuto.
‹‹ Dove li stanno portando? Cosa sta succedendo? Lasciami stare! ›› gridai, riuscendo in qualche modo a spingere via Marie e tornare contro il vetro, rischiando quasi di prenderci contro come una deficiente.
Thomas, Minho e Newt vennero portati via dalla stanza con resistenza da parte degli ultimi due. Sentii il doppio dell'ansia, ma quelle pessima sensazione venne subito sostituita da una rabbia quasi incontrollabile. La ragazza che vedevo di spalle si girò, e scoprii che non era altro che Brenda, pulita e pettinata.
Se prima non portavo simpatia nei suoi confronti, ora volevo riempirla di pugni da cima a fondo.
Tirai un pugno contro il vetro, vedendo la ragazza girarsi e corrugare la fronte. Lei non poteva vedermi, ma io purtroppo la vidi benissimo.
‹‹ Elizabeth! ›› mi riprese Marie, tirandomi di nuovo via dal vetro assieme ad una delle guardie, che mi sollevò praticamente di peso.
Cominciai a scalciare l'aria, dimenandomi in un vano tentativo di liberarmi dalla sua presa ferrea.
‹‹ Cosa ci fa qui Brenda?! Eh? Dove state portando i miei amici?! ›› sbraitai, stringendo le mani attorno al braccio di della guardia e premendo le unghie contro la sua carne.
Lo sentii gemere di dolore, ma non mollò la presa come speravo.
‹‹ Brenda lavora per noi. ›› sbuffò Marie, sollevando gli occhi al cielo ‹‹ cosa che sapresti benissimo se avessi recuperato la memoria. E poi, mi sorprende che con la tua spiccata intelligenza non l'avessi capito da sola ››
Sapevo che quella ragazza nascondeva qualcosa di grosso.
Quindi, per tutto quel tempo, Brenda ha semplicemente fatto il suo gioco? Non ci si poteva davvero fidare di nessuno. Quella era l'ennesima prova.
‹‹ E comunque, calmati ›› riprese Marie ‹‹ sicuramente i tuoi amici non vogliono recuperare la memoria, così ora verranno trasferiti in un'altra sala. Non verrà fatto loro del male ›› La bionda sorrise, poi sbuffò, riprendendo a camminare ed ignorando apertamente i miei tentativi di ribellione.
Non potevo credere ad una sola parola. Sentivo che non dovevo credere a niente.
Mi guardai rapidamente attorno mentre quella caspio di guardia mi stringeva così forte da impedirmi quasi di respirare.
Dovevo trovare un modo di liberarli, perché dentro di me sapevo che quella era l'ultima possibile occasione di fuga.
Non c'era un estintore, non c'era un tavolo od un qualsiasi oggetto anche minimamente a punta o alla sua portata che potessi prendere e tirare in testa alla guardia per liberarmi. Così, esasperata, diedi un calcio all'indietro e, come speravo, colpì le "parti basse" di della guardia che mollò immediatamente la presa.
Cominciai a correre il più velocemente d'istinto lontana da loro, sentendo Marie che gridava il mio nome.
Non ero certa della direzione presa, ma pensai che d'altronde tutti i corridoi erano collegati e, prima o poi, sarei riuscita ad arrivare dai miei compagni.
Se il mio intuito non sbagliava, la direzione era proprio giusta. Il problema, più che altro, era che tutti i corridoi erano uguali, e quel posto chiaramente brulicava di guardie della C.A.T.T.I.V.O..
‹‹ Oh, caspio, Jillian, ti scongiuro, se mi senti, dammi una caspio di aiuto! ›› gridai. Mi sentii immediatamente stupida, perché d'altronde era come se stessi parlando da sola.
A furia di correre a quella velocità, che non sapevo nemmeno di poter raggiungere, cominciava a farmi male la milza, le gambe, il petto. Respiravo così affannosamente che sentivo di rischiare di svenire da un momento all'altro. Ma come caspio faceva Minho a correre tutto il giorno?
Abbassai la testa un attimo, come se sperassi che in quel movimento potessi recuperare un po' di energie, ma l'unica cosa che riuscii ad ottenere fu andare a sbattere come un idiota contro l'unica persona presente in tutto il corridoio.
Una guardia. Il suo volto era coperto, aveva i capelli castani e legati in una coda di cavallo. Doveva essere una ragazza, dato il corpo esile. Non era grossa. Se avesse tentato di fermarmi, avrei potuto benissimo affrontarla in qualche modo. Strinse la mano attorno all'arma che teneva saldamente stretta al petto. Non sembrava volermi attaccare. Piuttosto, sembrava assente.
‹‹ Eccola lì! ›› gridò Marie, e subito dopo dei passi si fecero più veloci.
Ero senza forze, ma decisi di riprendere a correre. O almeno di provarci.
Il tempo di svoltare nel corridoio, che la mia fuga venne interrotta da un lanciagranate grande quanto la mia testa. Era puntato dritto nel mio volto.
‹‹ Fine della corsa! ›› sibilò la guardia davanti a me che impugnava l'arma.
‹‹ Stupida ragazzina ›› disse Marie. Ansimava per via della corsa. Due guardie si affiancarono subito a me, legando le braccia attorno alle mie ‹‹ Pensavi davvero di riuscire a scappare? Avanti. Già dal primo istante della tua patetica fuga, ho avvisato ogni singola guardia qui dentro.
Ma come al solito ci sono i ribelli, vero? ›› Marie rivolse lo sguardo alla guardia esile, immobile, che a stento sembrava respirare. Non guardò nemmeno la donna davanti a sé mentre questa le parlava. Che fosse in preda al nirvana?
Marie la spintonò contro il muro, finché la guardia, ancora incantata, non sbatté violentemente contro il muro. Strinse le mani attorno all'arma, ma non fece nient'altro.
‹‹ Oh, giusto ›› sbuffò Marie, poi ridacchiò ‹‹ non vedi niente. Però senti, no? ›› scosse la testa, dando una pacca sulla spalla alla guardia.
‹‹ Portate via i due soggetti, forza. Portateli dove sapete voi. E fate in modo che nessuno lasci la stanza. Chiaro? ›› assottigliò lo sguardo ‹‹ Nessuno. ››
Le guardie spintonarono sia me che la guardia per un sacco di corridoi. Tutti bianchi anche questi, fatta ad eccezione per una parete a specchio, con una grossa crepa piena di fari filamenti ai lati.
La guardia era ancora incantata, l'unica cosa che muoveva erano i piedi per camminare, ed a tratti oltretutto, visto che ogni tanto la guardia la spintonava più forte per farle tenere il ritmo.
Fu così per qualcosa come venti minuti, finché finalmente non arrivammo davanti ad un grosso portone blindato e bianco, con una grossa guardia con un espressione seria e minacciosa, armato di fucile.
Portava una maglietta a maniche corte e nera con scritto "C.A.T.T.I.V.O." sul petto, le sue vene erano ingrossate, sporgevano dai grossi muscoli che aveva in tutto il corpo. Era grosso come un armadio.
Guardò le guardie, poi abbassò lo sguardo su di noi.
‹‹ Ospiti? ›› disse con una voce sorprendentemente grossa.
‹‹ Sì ›› rispose una delle guardie, tirò fuori la tessera magnetica dalla sua tasca e la strisciò sul sistema di controllo che bloccava la porta.
La grossa guardia spinse la porta, che fece un rumore stridente e fastidioso, poi si aprì.
Era completamente bianca. Claustrofobicamente bianca. Le guardie spinsero dentro la stanza sia me che la "guardia incantata", facendoci cadere entrambe per la forza che usarono, poi, come se avessero paura che ci rialzassimo, si affrettarono a chiudere la porta.
Fissai la porta, sentendo scivolare via ogni singola speranza di fuga.
E adesso come avrei fatto?
‹‹ Caspio! ›› dissi con fare frustrato.
L'unica cosa che potevo fare, era osservare ogni singolo centimetro della stanza in cui mi trovavo. Esaminarlo a pieno e sperare di trovare una scappatoia.
Era tutto bianco. Troppo bianco. Ma era un effetto artificiale, dovuto dalle luci a led appese sulla parete.
C'erano quattro lettini a castello fissati alle pareti tramite grosse sbarre di ferro e una catena spessa, e per salire sul lettino superiore, c'era una scala rudimentale e veramente poco sicura a prima vista.
Due comodini con un solo cassetto. Un gabinetto in bella vista. Su una delle quattro pareti, c'era una sorta di quadratino, che aveva tutta l'aria di essere un cassetto incastrato nel muro. Era un qualcosa di fin troppo piccolo per poterci passare, anche volendo.
‹‹ Non pensarci nemmeno. Ho già provato aprirlo. È tipo una buca delle lettere, quando lo apri vedi solo un buco tutto nero. È chiaro che sia un condotto, ma è stretto e dà verso l'alto. Da lì le cose possono solo arrivare ›› cercai la fonte di quella voce, trovandola praticamente subito. Non avevo fatto caso che su uno dei lettini superiori c'era qualcuno. Un ragazzo.
Sia la voce che la sagoma erano familiari. Aguzzai la vista, cercando di collocare nella memoria a chi appartenesse. O meglio, capii praticamente subito a chi apparteneva quella voce, ma non poteva essere.
‹‹ Ah, com'è piccolo il mondo ›› rise ‹‹ o meglio, lo è la C.A.T.T.I.V.O. ›› tirò su le gambe e si diede un piccolo slancio per drizzarsi velocemente con la schiena.
Sgranai gli occhi. Non avevo sbagliato, ma non potevo nemmeno credere ai miei occhi. Schiusi le labbra in modo sorpreso. Trattenni il respiro.
Il ragazzo scese la scala, prese qualcosa dal letto, ed una raggiunto il pavimento, si stiracchiò. Sentii chiaramente lo scricchiolio delle sue ossa. Era senza maglietta, la teneva in mano. Era ciò che aveva preso poco prima.
Indossava solo un paio di pantaloni stracciati. L'unica cosa che gli copriva il dorso era una grossa fasciatura pulita che aveva tutta l'aria di essere stata cambiata da poco. Mi guardò con la coda dell'occhio, accennando un sorriso, poi indossò la maglietta e si stiracchiò di nuovo.
‹‹ Sorpresa di vedermi? ››
‹‹ Non può essere... ›› mormorai ‹‹ Tu... ››
‹‹ Dovrei essere morto? Curioso che tu sia stupita, dovresti esserlo anche tu, no? ›› sollevò un sopracciglio.
Non potevo ancora credere ai miei occhi. E lui sorrideva, studiandomi attentamente come fanno i predatori con le loro prede.
‹‹ Justin...››
‹‹ Elizabeth. ››
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