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Capitolo 32

Nel preciso istante in cui Teresa pronunciò quelle parole, ci fu uno scossone che mi fece quasi cadere a terra come un idiota.

La terra sotto di noi cominciò a tramare così forte che persino il lettino sulla quale era sdraiata Teresa si spostò di qualche millimetro, ed alcune cose caddero a terra, fortunatamente senza frantumarsi.

Credevo che lì sotto fossimo al sicuro, ma tutto d'un tratto mi resi conto di essere un topo in gabbia.

Realizzai che ci trovavamo chissà quanti metri sotto terra, e quella poteva diventare la nostra tomba definitiva.

Newt sgranò gli occhi, guardandosi attorno con aria perplessa, poi, il rumore di uno scoppio ci fece sollevare gli occhi al soffitto. Non avevamo la benché minima idea di cosa provocò quel suono, ma non avevo alcuna intenzione di scoprirlo.

Il suo sguardo cambiò, assumendo l'espressione di chi prese coscienza del casino in cui ci eravamo cacciati.

Schiuse le labbra, portando lo sguardo su di me. Era preoccupato, e si vedeva a metri di distanza.

‹‹ Vado a prendere il bambino, poi and- ›› lo interruppi, sollevando l'indice.

‹‹ Andremo via di qui. Sì, concordo, vai! ››

Annuì, facendo per andarsene, ma si fermò e mi indicò con fare minaccioso ‹‹ Ti prego, per una volta, cerca di non cacciarti in qualche guaio e sta qui! ››

sollevai gli occhi al soffitto, e prima che potessi risponderlo, lui andò via, correndo come non l'avevo mai visto fare. Non stava zoppicando come era suo solito fare, ma decisi di non soffermarmi a quel dettaglio, e piuttosto pensai ad aiutare Teresa, che tentava di rimettersi in piedi.

‹‹ Mi sento una larva ›› brontolò quando mi sporsi per darle una mano.

Lei afferrò le mie braccia e fece leva per scendere dal lettino, riuscendo a stabilire una sorta di equilibrio che le permise di non sporgersi fino a cadere.

Era complicato per lei, sembrava – e sicuramente lo era – totalmente destabilizzata, e certamente il pavimento tremante non era un aiuto.

Ma non l'avrei mai abbandonata lì. Non avrei perso un'altra persona per colpa della C.A.T.T.I.V.O..

Non mi disse grazie, ma i suoi occhi erano riconoscenti. Poco dopo, si fermò.

Il suo sguardo divenne perso e quasi terrorizzato, come poco prima.

Si girò a destra e a sinistra, rapidamente, frustandomi accidentalmente il volto con i capelli. Poi si fermò di nuovo, sollevando, poco dopo, il volto al soffitto e schiudendo le labbra.

Respirava velocemente ed affannosamente.

Le sue mani si strinsero attorno alle mie spalle. Riuscivo quasi a sentire le sue unghie contro la pelle, nonostante i vestiti.

‹‹ Loro sono qui... ›› sussurrò, poi corrugò la fronte, come se le sue parole non le sembrarono esatte ‹‹ ma non sono soli... ››

‹‹ Come? ›› domandai stupita.

Lei si indicò la tempia destra. Abbassò lo sguardo al pavimento, mentre i suoi occhi scintillavano per via delle lacrime che minacciavano di uscire ‹‹ loro sono nella mia testa... ›› disse con un tono strozzato ‹‹ telepatia ››.

Ero confusa. Credevo che avessero rimosso tutto... Anche se conoscendo la C.A.T.T.I.V.O., in effetti non c'era da fidarsi. Non c'era da fidarsi di nessuno.

‹‹ È come se qualcuno stesse cercando di infilarmi un chiodo nel cranio! ›› gridò di colpo, portandosi le mani contro le orecchie ‹‹ ed è lo stesso fastidio di quando qualcuno raschia le unghie contro una lavagna! È un interferenza! ››

Stava premendo le mani contro la nuca. La testa china, rivolta al pavimento, mentre gridava pieni polmoni. Una lotta contro sé stessa.

‹‹ Calmati Teresa! ›› gridai per sovrastare la sua voce, ma sembrava alzarsi ogni secondo di più.

Non capivo cosa stava succedendo, ma quando vidi Newt sulla soglia della porta che stringeva in braccio il bambino e mi faceva cenno di seguirlo, capii che quello non era il momento di chiederle spiegazioni.

Dovevamo andare via, ed il suono di assi che si incrinavano sopra le nostre teste ne erano l'ulteriore conferma.

Afferrai il braccio della ragazza e cominciai a tirarla. Che le andasse bene o meno, lei sarebbe uscita da lì con noi.

Smise di gridare e guardò la mano, poi si morse le labbra e il suo sguardo incrociò il mio.

Si tratteneva. Capì da sé che dovevamo uscire da lì, ma i suoi occhi continuavano ad esprimere dolore e terrore.

Cominciammo a correre verso l'uscita della base.

Correvamo così velocemente che mi venne in mente la zona bruciata, e quel posto, forse, cominciava ad essere messo veramente peggio di lì.

Sembrava una missione impossibile riuscire ad uscire da quel posto. Erano tutti terrorizzati, e tutti provavano a scappare.

In tutto questo, non c'era la singola traccia di Jillian o Nate.

Nessuna guida, e sembrava che nessuno fosse preparato per un piano di fuga.

Una volta raggiunta finalmente l'uscita sembrava semplice trovare la via per uscire dalla base, il problema era riuscire scavalcare tutte le persone che c'erano a terra.

Non c'era tempo nemmeno per soffermarsi a guardare la strage lì intorno:

Il terremoto fece crollare alcuni edifici e schiacciarono alcune persone.

C'erano cumuli di terra sparsi ovunque. Il cielo artificiale dava segni di interferenza, e c'erano alcuni grossissimi buchi che sprizzavano scintille elettriche.

Forse i botti che sentivamo erano causati dalle cadute dei pannelli del cielo.

La luce del sole era terribilmente innalzata e rossastra, donando a quello scenario l'aria di apocalisse.

Superammo tutta quella zona, fino ad arrivare a pochi metri dall'ascensore che doveva portarci fuori da lì.

Fu allora che Newt si fermò, accarezzando la testa del bambino, stretto a lui con il volto nascosto contro il suo petto.

‹‹ Dobbiamo trovare il modo per uscire da qui ›› disse Newt, con un tono di voce spezzato dalla fatica della corsa.

Rimasi sorpresa di come quel bambino rimanesse aggrappato alle sue braccia senza fare chiasso, lamentarsi o altro.

‹‹ Non possiamo prendere quella specie di ascensore – o qualsiasi cosa sia – dalla quale siamo arrivati? ›› propose Teresa-

Newt scosse la testa, osservando Teresa come per sgridarla di aver detto l'assurdità più stupida di sempre.

Ma non lo era, considerando che forse quella era l'unica uscita disponibile.

Ma c'era da prendere in considerazione il fattore scosse e gente agitata che girava a destra e a sinistra in preda al panico.

‹‹ Non abbiamo scelta ›› gli feci notare ‹‹ non ci sono scale per il piano superiore, e non possiamo arrampicarsi e scavare sul soffitto come una talpa, Newt... non abbiamo altra scelta ››

si morse il labbro inferiore, rivolgendo lo sguardo nella direzione dove stavano correndo tutte le persone che erano sopravvissute alla distruzione del posto.

Il problema, ciò che sicuramente lo frenava, era anche questo: quel posto stava cadendo a pezzi ogni secondo di più.

Non era per niente stabile, gli edifici crollavano ed ogni tanto si sentiva lo schianto lontano di qualche pannello. L'ascensore, in effetti, non era per niente sicuro. Proprio come non era sicuro rimanere fermi in un punto, rischiando che da un momento all'altro ci crollasse addosso un pannello.

‹‹ Dobbiamo andare. Se dobbiamo morire, tanto, moriremo in entrambi i casi ›› disse Teresa.

E Newt la guardò di nuovo male, ma la sua espressione cambiò in fretta, rendendosi conto che in effetti, in un modo o nell'altro, aveva ragione.

L'idea di essere su quel coso non faceva impazzire nessuno dei tre. L'unica tra di noi che non si curava di quella questione, era quel bambino spensierato che si guardava attorno senza comprendere veramente a pieno la situazione.

Per lui, sicuramente, era tutto un semplice gioco.

‹‹ Okay... andiamo. ›› disse semplicemente Newt, camminando a malincuore verso quell'ascensore.

Per riuscire a salire su quell'affare dovemmo fare a gara a chi riusciva a poggiare il piede sul pavimento instabile per primo, spintonandoci tutti come belve chiuse in gabbia.

Urlavano per la disperazione e per lo sforzo. Qualcosa, nella cittadina dell'Even, era esplosa e le fiamme si stavano rapidamente divorando ogni cosa che trovavano nel loro cammino.

Mi sentivo veramente cattiva a spintonare chiunque mi si parasse davanti e tentasse di prendere il mio posto per salire sull'ascensore, ma non avevo scelta.

Per non parlare del fatto che lì dentro si stava stretti, ed peso era sicuramente il peso era eccessivo. Infatti, mentre salivamo si sentiva lo sferragliare forzato e l'unica cosa a cui riuscivo a pensare, era "riusciremo mai ad arrivare in superficie?".

Come se la situazione non fosse già tragica, l'ossigeno diminuiva ogni secondo di più.

Insomma... quell'ascensore era veramente piccolo... e lì dentro eravamo veramente troppi.

Ci scambiavamo sguardi stanchi e tristi.

Non volevo pensare a quelli che non erano riusciti a salire sull'ascensore, perché mi si stringeva lo stomaco solo al pensiero che probabilmente non erano sopravvissuti.

Ad un certo punto della salita, ci guardammo tutti con fare preoccupato.

Il calore stava aumentando, ed eravamo tutti piuttosto sicuri che non fosse calore umano.

Cercammo di mantenere la calma, nonostante fossimo certi che fossero le fiamme che erano riuscire a divampare all'interno del canale dell'ascensore. L'unica cosa che potevamo sperare è che la superficie non fosse troppo lontana.

Sapevamo di essere in trappola, ma contavamo sul fatto che quella fosse una struttura piuttosto solida. Una ragazza accanto a me, che avrà avuto circa undici anni, chiuse gli occhi e cominciò a pregare, trattenendosi dal singhiozzare.

La luce dell'ascensore lampeggiò più volte, il calore diventava sempre più insopportabile, ed appena si bloccò venne un sussulto di panico a tutti quanti.

‹‹ Okay, è finita ›› pensai. Newt afferrò la mia mano in quel preciso istante, come se avesse sentito i miei pensieri. La sua mano era sudata, ma non era di certo quella la cosa che mi disturbava, quanto invece cominciava a darmi sui nervi avere così tante persone attaccate a me, ai limiti dell'invasione dello spazio personale.

Poco dopo, la porta dell'ascensore si aprì.

Mi si riempii il cuore di gioia. Era troppo bello per essere vero, ma non ci fu bisogno di un pizzicotto sul braccio per rendermi conto che quella era la realtà. Bastò il panorama orribile del mondo esterno, divorato dall'eruzione.

Ci piombammo tutti fuori dall'ascensore, respirando a pieni polmoni. Non so agli altri, ma a me quasi si seccarono i polmoni a causa del calore esterno, che mi fece quasi rimpiangere il calore dell'ascensore.

Se prima, lì dentro, mi lamentavo della quasi assenza di ossigeno e del calore, lì fuori era una situazione ben peggiore.

La vampata di calore mi fece rimpiangere il paesaggio apocalittico che avevamo abbandonato lì sotto.

Una rapida occhiata attorno mi fece improvvisamente ricordare da cosa stavamo cercando di fuggire. Mi venne una morsa allo stomaco, un'improvvisa presa di coscienza.

Stavamo veramente vivendo una splendida bugia nell'Eden.

Ciò che mi fece accapponare la pelle, però, erano le auto in fiamme che avevamo davanti.

Auto che portavano il marchio della C.A.T.T.I.V.O. sulle fiancate.

Erano state distrutte, ma da chi? E perché?

Non c'erano solo auto, ma anche aerei e persone carbonizzate a terra.

Oltre ai veicoli distrutti, solo fuoco e fiamme, buchi enormi che sicuramente erano la causa della caduta di palazzi e pannelli.

Non sapevo se dovevo essere felice o meno della distruzione di quei mezzi, ma qualcosa mi diceva che dovevo preoccuparmi.

‹‹ Ho una brutta sensazione ›› sussurrò Newt a pochi centimetri dal mio orecchio. La sua mano era ancora stretta nella mia, e lo sentivo tremare per via della debolezza e della fatica.

Il suo respiro era pesante, ansimava come se avesse appena corso per chilometri. Non aggiunse altro, nessun tipo di spiegazione del perché avesse quella sensazione, ma il suo sguardo mi fece intendere che me le avrebbe date più tardi. Diedi una rapida occhiata a Teresa, che fissava spaesata le auto davanti a noi.

‹‹ Andiamo. ›› disse Newt, facendo qualche passo e tirandomi con sé ‹‹ Non è chiaramente sicuro qui. Non ci tengo a fare la stessa fine di quelle auto! ››

Ma dove voleva andare? In fondo eravamo praticamente nel bel mezzo del nulla, ed avevamo già accurato che la zona bruciata non era sicura. In più, con noi, avevamo un bambino piccolo.

‹‹ Non saremo al sicuro nemmeno più avanti, questo è certo ›› disse Teresa, ricevendo uno sbuffo da parte di Newt che lasciò decisamente intendere quanto cominciasse a dargli sui nervi.

Gli rivolsi un'occhiataccia veloce per fargli capire che doveva cominciare a trattenersi se volevamo rimanere tutti uniti, e non era il caso dividerci in quel posto.

Mi girai nella direzione in cui si erano raggruppate le persone che erano riuscire ad uscire dalla base, contandole con lo sguardo.

Ad occhio e croce, erano circa una sessantina. Sperai vivamente che ci fossero altri ascensori in giro e che c'erano altri scienziati da qualche parte, perché ero piuttosto sicura che l'ascensore dalla quale eravamo usciti noi, ormai, fosse fuori uso. Sopratutto per via delle fiamme che sicuramente avevano divorato i cavi elettrici man mano che noi risalivamo in superficie. Era già tanto se eravamo lì sani e salvi.

‹‹ Sentiamo, traditrice, cosa ti fa intuire questa cosa piuttosto ovvia? ››

Teresa fece ruotare gli occhi verso il soffitto, rivolgendo lo sguardo verso Newt, pronta a rispondere con un commento piuttosto spinoso, ma si trattenne. Probabilmente perché capii che non era il caso di cominciare a litigare in un momento così.

‹‹ Le auto e tutto ciò che stava utilizzando la C.A.T.T.I.V.O. per distruggere l'Eden è stato distrutto. Non mi stupirei nel scoprire che è opera del braccio destro... ›› si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, chiudendo gli occhi ‹‹ ma ad essere sincera, ciò che mi preoccupa di più è che sapessero l'esatta posizione della base ››

‹‹ Aspetta... il braccio destro? Ma non erano dalla stessa parte? ›› domandai confusa. Così, Teresa, fece le spallucce

‹‹ Probabilmente ora che il braccio ha Thomas crede di avere il coltello dalla parte del manico. Insomma, lui è il soggetto ideale ››

incrociai le braccia al petto, osservando Teresa. In tutta quella situazione, c'era qualcosa che non tornava. Era come se a quel puzzle mancasse un tassello piuttosto importante, ma non sapevo bene quale, e tanto meno da dove cominciare a cercarlo. E probabilmente non ero l'unica a pensarla in quel modo.

Sospirai pesantemente, dando un colpo di tosse poco dopo. I miei polmoni sembravano andare a fuoco ad ogni singolo respiro.

Newt abbassò lo sguardo sul bambino, ancora in silenzio. Rimasi nuovamente stupita nel notare la tranquillità di questo, sempre non curante della situazione.

Lo sguardo del bambino era rivolto verso le persone alle nostre spalle, così mi girai anche io.

Provai ancora quel forte senso di tristezza nel vedere che eravamo rimasti così pochi.

‹‹ Cosa faremo adesso? ›› domandai con un tono preoccupato, riportando lo sguardo su Newt.

Lui scosse la testa e scrollò le spalle, sospirando. Lasciò andare la mia mano per portarla tra i propri capelli, in un gesto spontaneo

‹‹ Non lo so, Liz. Siamo nel bel mezzo del nulla e si muore di caldo ›› poi rivolse una rapida occhiata verso le persone alle nostre spalle. Storse le labbra, sospirando ‹‹ e forse noi tre siamo gli unici di questo gruppo ad aver attraversato la zona bruciata... quindi in fondo siamo preparati ad una camminata nel bel mezzo del nulla e sotto il calore. Dovremo guidare noi questo gruppo ››

‹‹ Guidarli dove? Nel bel mezzo del nulla? Siamo già morti in partenza! ›› ci fece notare Teresa, distruggendo ed asfaltando le piccole speranze che Newt stava cercando di nutrire.

Era severa, ma aveva ragione. Non sapeva come muoverci o dove andare, non avevamo alcun modo di scoprire la direzione da prendere, e non sapevamo nemmeno dove ci trovavamo con esattezza.

Sapevamo solo che sotto di noi c'era la base dell'Eden ormai distrutta.

‹‹ Oh, grazie Teresa, sei sempre c- ››

‹‹ Sh! ›› sollevò l'indice, corrugando la fronte e sollevando lo sguardo verso il cielo.

Persino il bambino sollevò lo sguardo, ed improvvisamente la tranquillità che risiedeva nel suo sguardo si trasformò in agitazione.

‹‹ Lo sentite anche voi? ›› domandò Teresa in un sussurro. Pochi attimi dopo, sentii il rumore lontano di un elicottero.

Poi, un fischio sordo risuonò per tutta la zona, interrompendo bruscamente il silenzio attorno a noi.

Un rumore tagliente. Alzai lo sguardo nella direzione dal quale proveniva il suono.

Collegai quasi subito il suono all'oggetto che si avvicinava rapidamente al punto dove ci trovavamo noi. Era un missile. La cosa brutta, era che non riuscivo a vedere da dove stesse arrivando.

Sgranai gli occhi, e prima che potessi aprire bocca, Newt mi anticipò, cominciando a correre lontano dall'ascensore, tirandomi con sé e seguito da Teresa, a cui afferrai la mano per evitare di perderla di vista.

‹‹ Correte! Correte via da qui! ›› gridò per avvertire il gruppo, che fortunatamente lo sentì nonostante il casino causato dal missile.

Cominciarono tutti a correre, e quando il missile colpì l'ascensore, lo sbalzo causato dallo scoppio fece cadere a terra gran parte delle persone davanti a noi.

La terra tremò, e la polvere invase gran parte della zona. Non sapevo se ci fosse qualche ferito, ma noi tre – quattro, se contiamo il bambino – eravamo ancora in piedi, sebbene tossivamo per colpa della polvere. A pochi metri da noi, ci fu un altro scoppio. Poi un altro, un altro ed un altro ancora.

E con tutta quella polvere continuavamo a non vedere nulla. I miei timpani fischiavano e la vista era gravemente offuscata da tutta quella polvere.

C'erano feriti? Chi era caduto? Il gruppo era diminuito? Non sapevamo nulla. Sapevamo solo che noi eravamo ancora tutti insieme, per ora.

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