Capitolo 28
Sistemammo alla bene e meglio la casa con ciò che avevamo trovato all'interno degli scatoloni.
Erano tanti, ma non erano così pieni come sembravano, ed inoltre – per fortuna – c'era il minimo indispensabile per vivere, ma a noi andava bene così: volevamo scegliere noi come arredare la casa.
Anche se comunque, avendo vissuto con veramente poco, a noi andava benissimo anche stare con poche cose lì dentro.
Ci bastava un divano, una cucina, un bagno ed un letto. Per noi quella casa era anche troppo grande.
Era stato un cambiamento enorme, ma capivamo che era la nostra occasione per voltare ufficialmente pagina.
A dire il vero, mentre sistemavamo tutta quella roba, non volevo che facesse sforzi, ma lui aveva insistito che non mi avrebbe lasciato fare le cose da sola, e che non era invalido, era semplicemente un po' più indebolito.
Non voleva essere trattato come un malato, per cui, alla fine, cedetti e lo lasciai fare.
Sistemare la casa insieme era stata una scena strana, sembrava qualcosa di così surreale da farmi pensare di star dormendo.
Incanto sparito nel momento esatto in cui a Newt cadde uno scatolone giù per le scale e imprecò pesantemente.
Fortunatamente, però, lo scatolone non conteneva niente di fragile, ma solo vestiti.
Tanti, troppi vestiti.
Così tanti che quando andammo a sistemarli nella camera da letto, che si trovava al piano di sopra, Newt storse il naso e li sollevò uno ad uno come se fossero comuni straccetti.
Non aveva mai visto così tanti vestiti solo per lui, essendo abituato ad averne pochi e a doverli lavare praticamente tutti i giorni.
Io non potevo commentare il problema vestiario: ero rimasta giusto un mese nella radura, i miei ricordi di quel periodo erano pochi e non avevo ancora avuto il problema di dover fare il bucato, invece, alla C.A.T.T.I.V.O., avevo tutti i miei vecchi vestiti.
E rimasi stupita quando in un paio di scatoloni li trovai lì, puliti e stirati.
Newt, per pura curiosità, ci mise mano per vedere che gusti avevo in fatto di vestiario.
Mano fortunata, per lui: tirò fuori un vestito nero, piuttosto scollato e corto.
Mi guardò, poi guardò il vestito, poi ri-guardò me e indicò l'abito, assumendo un espressione corrucciata e contrariata, per poi pronunciare la frase "Tu, questo coso, non lo indossi", e non ammetteva repliche di nessun tipo.
Non ero nemmeno sicura che fosse un mio vecchio vestito, ma probabilmente no: per quel che ne sapevo, ero sempre alla C.A.T.T.I.V.O. a lavorare, e non avevo di certo tempo per vestirmi in modo elegante. Doveva essere qualche "aggiunta speciale" di Jillian.
Dopo aver sistemato la casa, ed aver fatto una doccia degna di essere chiamata tale, ci ritrovammo in camera da letto.
Newt era sdraiato sul letto con indosso solo un paio di boxer neri ed una canottiera bianca, mentre io, invece, avevo tirato fuori una vestaglia da notte viola col pizzo nero.
Mi girai a guardarlo, arricciando il naso ‹‹ vuoi dormire così? E se ti viene freddo? ››
‹‹ Liz, ti ricordo che nella radura non avevamo i pigiama in lana ›› mi fece notare ‹‹ credimi, queste coperte bastano per scaldarmi ››
‹‹ Bene così ›› brontolai, consapevole che però aveva ragione. Ma mi preoccupavo comunque per lui. Portai accanto al letto una delle bombole d'ossigeno che Jillian aveva fatto portare per Newt, che la guardò con un espressione strana.
Non era passato troppo tempo da quando era stato "resuscitato" che già si lamentava di dover usare la bombola ad intervalli di poche ore.
Sapevo che non gli piaceva l'idea di averne bisogno, eppure non poteva fare molti capricci e non adoperarla. Sbuffò e sistemò i tubicini nel naso, senza proferire parola di alcun genere.
‹‹ Smettila ›› dissi, andando a coricarmi. Lui grugnì infastidito, avendo capito benissimo a cosa mi riferivo.
‹‹ Odio questo affare ›› brontolò, picchiettando il dito contro la bombola ‹‹ mi fa sentire uno schiavo ››
‹‹ Lo sai che è per il tuo bene ›› sollevai gli occhi al soffitto, per poi coricarmi sotto le coperte.
Sospirò, raggomitolandosi in sé stesso.
Avevamo affrontato quel discorso parecchie volte, mentre sistemavamo la casa, ma era un discorso senza fine. Giravamo attorno all'unico problema che però si ostinava a non ammettere, a non svelare, forse per paura di essere giudicato.
A tarda notte mi svegliai, rendendomi conto di essere sola nel materasso matrimoniale.
La finestra della camera era spalancata, e sentivo nell'aria un odore di fumo.
Mi misi seduta, strofinai una mano contro gli occhi, per poi alzarmi e scendere al piano di sotto.
Immaginavo di trovare Newt lì.
Infatti, era seduto sulla sedia di fronte al tavolo, e reggeva con le dita una sigaretta ormai a metà.
La testa china su un foglio pieno di scritte e con l'altra mano reggeva una penna.
Si portò la sigaretta alle labbra ed aspirò il fumo, rigettandolo fuori quasi subito.
‹‹ Che ci fai ancora sveglio? ›› sussurrai.
Non rispose subito, prima di guardò con la coda dell'occhio quasi infastidito dal fatto che mi trovassi in stanza.
Tornò a guardare davanti a sé, posando la sigaretta sul posacenere che aveva davanti.
Inspirò profondamente.
‹‹ È stato Thomas a spararmi in fronte ›› disse, abbassando lo sguardo. Era come se stesse parlando a sé stesso, piuttosto che a me ‹‹ sono stato io a puntarmi la pistola contro, chiedendomi di spararmi.
Gli avevo già lasciato un biglietto dove gli chiedevo esplicitamente di uccidermi, prima che il virus si mangiasse ogni parte di me. Non volevo fare del male a nessuno, non volevo che qualcuno mi compatisse per un futuro imminente, non volevo rallentarli e non volevo che i miei amici mi vedessero impazzire. Volevo solo morire prima di perdere lentamente il controllo. ›› si poggiò le mani sulla fronte, inspirando profondamente ‹‹ sto ricordando tutto. E ricordo anche che l'ultima cosa che ho sentito, eri tu che gridavi ›› trasalii. Speravo di cancellare dalla memoria la scena della sua morte.
Non proferii parola, perché non ce n'era bisogno, così mi sedetti davanti a lui ed abbassai lo sguardo sul foglio. Lo indicai, e prima ancora che potessi proferire parola, lui me lo porse e lo indicò ‹‹ È come se quelle scosse che hanno usato per riportarmi indietro avessero bruciato l'ultima parte del filtro, quella che già stava sparendo, ricordi? Ed ora piano piano i ricordi tornano a galla. Ecco il motivo della mia insonnia. ››
‹‹ Stai annotando i tuoi ricordi? ››
‹‹ Sto annotando gli appunti del progetto dei dolenti ›› precisò ‹‹ il progetto che lasciai alla C.A.T.T.I.V.O. non era quello reale. Quello che avevo ideato io era molto diverso, e non l'avevo scritto da nessuna parte perché, tanto, me lo sarei ricordato. Tra tutti i dolenti che la C.A.T.T.I.V.O. aveva creato, seguendo il progetto, ce n'era uno che avevo creato per conto mio. Il vero Alpha, che però non fu mai terminato ed anzi, venne distrutto, perché loro si resero conto che stavo creando qualcosa di pericoloso per loro ›› si alzò dalla sedia, sistemandosi dietro di me. Notai che sul suo volto comparve un sorriso soddisfatto, poi cominciò ad elencare le varie diversità, indicando i punti sui fogli. In effetti, da ciò che diceva, il dolente che stava creando era una vera e propria macchina da guerra, che probabilmente avrebbe distrutto anche i miei D2MH.
Spiegò anche che il progetto dei secondi dolenti non era stata una sua idea, ma una cosa che gli costrinsero a fare prima di mandarlo nella radura. Un alibi.
Volevano avere qualcosa in mano per poterlo accusare di voler mandare in aria la C.A.T.T.I.V.O., perché semplici supposizioni a loro non bastavano.
E i piani alti non avrebbero mai permesso ai loro "inferiori" di mandare nella radura uno dei loro migliori scienziati, senza avere delle prove concrete.
‹‹ Ora che sto cominciando a ricordare tutte queste cose, ho deciso di scrivere tutto. Sopratutto il progetto ›› spiegò, sfiorando i fogli come se quelli fossero diventati il suo bene più prezioso.
Un effettivo appiglio alla sua vita precedente, e l'unica valvola di sfogo contro la C.A.T.T.I.V.O.
‹‹ Perché sopratutto questi? ›› domandai, ma dentro di me già sapevo la risposta. Semplicemente, forse, non mi capacitavo della sua utilità.
‹‹ Perché voglio terminare ciò che avevo cominciato ›› rispose, facendomi girare verso di lui e poggiando, poco dopo, le mani sulle mie spalle ‹‹ io e te, insieme, se ci uniamo saremo capaci di creare un essere così spietato da spazzare via la C.A.T.T.I.V.O. solo una volta varcata la soglia della base. Ti rendi conto? È la nostra possibilità di riscatto! Possiamo vendicarci di tutto ciò che ci hanno fatto! ›› vidi qualcosa nel suo sguardo. Come una scintilla che prima era sparita.
Quelle parole furono la prova ufficiale di come era cambiato.
Non sapevo nemmeno se quella fosse una cosa positiva o meno, se dovevo essere spaventata o gioire di quel cambiamento. Avevo paura che potesse cambiare radicalmente.
‹‹ Ho bisogno di sapere che tu sei con me ›› continuò, ed il suo tono di voce si addolcì. Poggiò una mano sulla sua guancia ‹‹ noi due possiamo cambiare le cose una volta per tutte... Loro ci temono. Sanno che abbiamo capacità che loro non hanno, ne sono certo! ››
‹‹ Newt... ››
‹‹ Abbiamo una seconda chance, ed è già tanto... perché dobbiamo sprecarla? ›› avevo paura che la seconda chance, però, sarebbe stata anche l'ultima.
Aveva uno sguardo che m'implorava di dargli una mano, e sapevo che aveva bisogno del supporto di qualcuno. Non chiedeva mai nulla, e per una volta che chiedeva qualcosa, voleva essere ascoltato. Sopratutto se quel qualcosa riguardava una vendetta contro la C.A.T.T.I.V.O..
Abbassai lo sguardo, non riscendo a reggerlo. Non volevo rifiutare, ma non volevo nemmeno rischiare di sbagliare qualcosa.
‹‹ Per favore Liz, per favore... ›› a quella frase, mi vennero i brividi lungo tutta la schiena. Diedi un colpo secco alla sua mano destra, ancora poggiata sulla mia spalla, e lui la levò.
Sgranò gli occhi e scosse la testa, sorpresa da quel mio comportamento.
‹‹ Non dirlo mai più! ›› sbottai, e mi rivolse uno sguardo confuso.
‹‹ Cosa? ››
‹‹ L'ultima frase. In quell'ordine, non dirlo più. Okay? ››
‹‹ Perché? ››
‹‹ Perché l'ultima fottuta cosa che hai detto a Thomas, prima che lui ti sparasse in fronte, maledizione! ›› indietreggiò lentamente, assumendo un espressione ferita.
Pochi istanti dopo storse le labbra, guardandomi dall'alto al basso, come se lo avessi appena insultato.
‹‹ Smettila di avercela con lui per un aver fatto una cosa che gli ho chiesto io ››
‹‹ Sì, certo, va bene ›› sbottai, alzandomi dalla sedia poco dopo e decidendo di salire su.
Non ero arrabbiata, ero semplicemente turbata.
Ed ero anche pronta psicologicamente a passare una notte in bianco. Probabilmente, la prima di tante.
L'indomani ci presentammo nella base.
Ci fornirono le tessere magnetiche, due camici bianchi da scienziati e ci portarono in un laboratorio. Il nostro laboratorio.
Dentro di me, cominciai ad elaborare a pieno che quello, d'ora in poi, sarebbe stato il mio lavoro.
Eva e Justin erano già lì dentro, di fronte a sette fiale messe in fila, e queste contenevano tutte un liquido azzurro.
Le osservavano attentamente e, ogni tanto, annotavano qualcosa.
George, invece, era seduto davanti ad un computer. Isolato dal resto delle persone all'interno della stanza.
Non sapevo perché, ma vederci tutti riuniti in un'unica stanza, mi fece sentire "come ai vecchi tempi".
Solo che adesso, sul volto delle persone che mi circondavano, c'era una certa serenità che prima nessuno di noi conosceva veramente.
L'espressione di chi sapeva che ormai il peggio era passato, e che adesso la situazione poteva solo migliorare.
Un consapevolezza quasi palpabile.
Newt si allontanò con Jillian, a detta loro dovevano parlare di qualcosa che però ora non potevo sapere. Mi salì la gelosia per una paio di minuti, poi mi calmai, distraendomi a lavorare con Justin ed Eva.
Stavamo studiando quelle sette fiale davanti a noi, aspettando una qualsiasi reazione.
Erano i prototipi della cura, ed ognuna di queste aveva un'alterazione diversa dalle altre.
Ci perdemmo in poche chiacchiere, tra cui come erano scappati e come George, all'inizio, non volesse nemmeno prendere in considerazione l'idea di seguire Justin.
E di quanto, anche attualmente, si ostinasse a non guardarlo nemmeno in faccia.
‹‹ Penso che mi odi, ma, gli passerà ›› sussurrò, evitando di farsi sentire da lui, anche se sapevamo che aveva un udito fine.
‹‹ Io invece penso che partirò a Taegu, in Corea ›› disse di punto in bianco Eva. Quell'affermazione mi fece drizzare la schiena, e in quel movimento improvviso quasi caddi giù dallo sgabello su quale ero seduta.
‹‹ Perché? ››
‹‹ Voglio cambiare aria... Insomma, vedervi qui, vedere te, Justin, George e Newt, mi fa ricordare il gruppo A, quindi... ›› non continuò la frase, ma avevo capito dove voleva andare a parare.
Minho mancava anche me.
Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, scuotendo la testa ‹‹ quando sarò in Corea, penso che user il mio nome reale. Ayako Evangeline Mi sun Chang. È lungo, ma ci farò l'abitudine. Non voglio che degli estranei mi chiamino Evangeline. Non sembra, ma a tutti noi è rimasto impresso tutto ciò che è successo, sai? ››
‹‹ Lo so ›› automaticamente, rivolsi lo sguardo altrove, come se stessi guardando Newt.
‹‹ Smettetela di fare le caprette musone, dannazione, e guardiamo avanti ›› brontolò Justin, picchiettando l'indice contro la fialetta di vetro davanti a lui.
Precisamente, la numero due ‹‹ questa bolle ›› disse, sollevandola e guardandola attentamente.
Fino ad ora, era l'unica che aveva dato un segno.
Eva lo annotò sulla cartellina che aveva davanti, sospirando rumorosamente.
Forse un po' tutto ormai la pensavamo allo stesso modo: dovevamo cercare di pensare il meno possibile al nostro passato, cercare di tenerlo lontano, per quanto fosse possibile.
E cominciai a pensare che questo non lo stesse pensando anche Newt, e che quindi volesse cercare di tenermi distante da lui.
Lo schermo del computer davanti a George cominciò a suonare e lampeggiare in modo fastidioso.
Jillian si affacciò dalla porta, guardò il monitor e batté velocemente le mani in modo eccitato.
Newt si posizionò esattamente dietro di lei, incrociando le braccia contro il petto.
‹‹ Che succede? ›› domandò Newt, facendo ruotare gli occhi in modo scocciato ‹‹ spero che sia una cosa importante, visto che, qualsiasi cosa stia succedendo, ha interrotto un discorso piuttosto importante. ››
‹‹ Lo è, credimi ››
Justin si posizionò accanto a George, e premette alcuni tasti della tastiera, che spiegò attentamente al ragazzo in modo che lui potesse capire cosa doveva fare.
Poco dopo, sullo schermo del pc si stabilizzò, mostrando l'immagien che trasmetteva la telecamera di sorveglianza fuori dalla base: Nate stava varcando l'entrata, e teneva una ragazza in braccio.
‹‹ Meglio tardi che mai ›› brontolò Jillian, per poi uscire con una certa fretta.
Newt sbuffò, passandosi una mano tra i capelli.
Era evidentemente scocciato, e questo mi diede da pensare. Volevo sapere quale fosse la loro discussione così importante.
Ero sicura che le stesse esponendo la sua idea di ricreare i dolenti.
Non volevo sicuramente perdere tempo ad aspettare che fosse lui a parlarmene, così poggia una mano sulla sua spalla e lo guardai, aspettando che abbassasse lo sguardo nella mia direzione.
Appena lo fece, cercai di assumere un espressione neutrale.
Ero alterata da quel suo modo di fare menefreghista. Forse perché non ero più abituata a vederlo nei panni del ragazzo freddo... perché era quello ciò che stava tornando, almeno all'apparenza.
‹‹ Di cosa stavate parlando? ›› domandai.
‹‹ Jillian ha detto che ha una missione per noi, ma scattato quella sorta di allarme e non mi ha spiegato bene nel dettaglio. Ho solo capito che dobbiamo recuperare il computer e che vuole che lo facciamo noi ››
‹‹ Perché proprio noi? ››
Fece le spallucce ‹‹ non lo so, non ha fatto in tempo a spiegare ››
Qualcosa nella mia testa mi suggeriva che ciò che dovevamo fare, non era esattamente una bella gita.
Recuperare il computer sicuramente sarebbe stato un passo importante, anche se non ne capivo la reale utilità per noi, considerando che tutti i dati Jillian li aveva nella memoria.
Forse era semplicemente un passo in più per tenere la C.A.T.T.I.V.O. a bada. Forse proprio perché così, loro, non avrebbero avuto nulla di noi, se non il ricordo. Una sorta di muro definitivo, un ulteriore distacco per poterceli lasciare alle spalle.
‹‹ Presto, non c'è tempo da perdere! ›› gridò Jillian, e poco dopo quattro scienziati corsero nel corridoio, trascinando in tutta fretta ciò che sembrava essere una barella, con la stessa ragazza che Nate teneva in braccio poco prima.
Qualche istante dopo, con tutta calma, lui attraverso lo stesso corridoio per stare dietro alla barella, e Jillian si ripresentò in stanza, abbandonando quello scenario.
Era sporca di sangue, e solo in quel momento notai che anche il pavimento ne aveva una bella strisciata.
‹‹ Tutto okay? Chi c'era sulla barella? ›› mi affrettai a domandare. Il mio cuore, alla vista di tutto quel sangue, cominciò a battere rapidamente.
La vista del sangue era diventata un punto debole. Ne avevo visto fin troppo.
‹‹ Ero certa che Teresa sarebbe sopravvissuta. Si sono giocati bene le loro carte... Comunque, Nate l'ha recuperata, ed ora proveranno a rianimarla. L'abbiamo presa prima che lo facesse la C.A.T.T.I.V.O. ›› il tono di Jillian era spento, era sovrappensiero e preoccupata. E sì, questo mi dava parecchio da pensare.
‹‹ Come è successo? ››
‹‹ È stata schiacciata da alcuni detriti di un palazzo, per salvare Thomas ›› Jillian si trascinò una mano sul volto ‹‹ per ora non sappiamo molto. Ma troveremo il modo per sapere dove sono gli altri immuni. Se Teresa si sveglierà senza danni pensanti, forse riusciremo a sapere qualcosa in più.
Ora dobbiamo concentrarci per recuperare il computer, prima che finisca nelle mani di Marie. ››
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