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Capitolo 24

Era come se il mondo avesse smesso di girare. Dal momento in cui i miei piedi toccarono il pavimento stabile dell'hangar della C.A.T.T.I.V.O., ebbi quasi l'ennesima dimostrazione che niente sarebbe stato più come prima.

Fu come una sorta di presa di coscienza.

La barella col corpo immobile di Newt si allontanò da me, spinta rapidamente dai quattro uomini con la tuta. Jillian non si era allontanata durante tutto il viaggio, ma al contrario, mi guardava come se volesse parlarmi e rassicurarmi, ma avesse un terrore incontrollato di aprire bocca.

Mentre seguivo con lo sguardo la barella, lei poggiò una mano sulla mia spalla, sussurrando un "mi dispiace" che però non m'interessava. Non era colpa sua.

La guardai con la coda dell'occhio, facendo un cenno col capo, poi attraversai il portone che avevo davanti, seguita a ruota da lei che si assicurava quasi che sapessi bene la strada.

Ma la verità era che mi muovevo come un semplice spettro, non come una persona.

Guardandomi attorno, notai che era tutto in ordine, e che i corridoi di quel posto si erano animati e caricati di scienziati che si muovevano in modo quasi meccanico.

Esattamente l'opposto di ciò che avevo visto l'ultima volta che varcai la soglia di quella porta-

Era la solita vita da laboratorio.

Tutti mi guardarono con aria sorpresa appena si accorsero che ero all'interno della base.

‹‹ Signorina c-capo! ›› gridò un ragazzino dalla fine del corridoio, che poi prese a correre nella mia direzione e, appena si ritrovo davanti a me, si chinò sulle ginocchia per riprendere fiato ‹‹ è un p-piacere riaverla qui con noi ›› balbettò, raddrizzandosi con la schiena. Avrà avuto all'incirca dodici anni. Indossava un camice da scienziato.

Corrugai la fronte, fermandomi a guardarlo meglio. Aveva un cartellino bianco pinzato sul petto.

‹‹ Sono n-nuovo s-signorina, se stava guardando il cartellino b-bianco ›› si affrettò a dire. Deglutii rumorosamente, facendomi accapponare la pelle per colpa di quel suono ‹‹ M-mi chiamo Raphael, è un piacere, un p-privilegio ed un e-emozione indesc-crivibile conoscerla d-di persona. M-mi disp-piace per N-Newt. Vi o-osservavo e- ››

‹‹ Raphi.. ›› lo riprese Jillian a denti stretti, rivolgendomi poi una rapida occhiata di amaro pentimento.

Schiusi le labbra, guardando il ragazzo che mutò l'espressione in terrore.

‹‹ Non d-dovevo dirlo? ››

‹‹ No Raphi, non dovevi ›› Jillian chiuse gli occhi, sospirando.

‹‹ Voi.. ›› non riuscivo nemmeno a terminare la frase. Mi sentivo scossa e presa in giro per l'ennesima volta.

‹‹ Elizabeth, posso spiegare. ››

Sì, quella era la classica frase di chi era pronto a sparare l'ennesima bugia. E ne avevo fin sopra i capelli di quelle storie. Erano favole, ed io ero troppo cresciuta per ascoltarle e crederci come una semplice bambina. Forse non ne avevo mai sentita una in vita mia, e dopo tutto ciò che avevo passato, non volevo nemmeno sentirle.

Sollevai una mano, facendole cenno di stare zitta, poi mi allontanai a grandi passi da lei e il ragazzino.

Osservai le espressioni degli scienziati mentre camminavo lungo i corridoi, freddi e spogli, l'unica cosa sincera della C.A.T.T.I.V.O..

Mi guardavano tutti, ma subito dopo tornavano a chiacchierare tra loro o a guardare ciò che stavano facendo. Erano tutti troppo impegnati, tutti troppo presi dai loro compiti giornalieri.

La C.A.T.T.I.V.O. era semplice e pura monotonia.

‹‹ Elizabeth, dannazione, aspettami! ›› esclamò Jillian, mentre mi rincorreva.

Non mi ero resa conto nemmeno di quanta strada avevo percorso, né di aver salito delle scale.

La mia testa si era ufficialmente scollegata dal corpo, mettendo fine alla miriade di pensieri negativi che stava formulando.

Mi fermai, permettendo alla ragazza dai capelli rosa di mettersi al mio fianco e riprendere fiato dopo la corsa.

‹‹ Sapevate tutto, vero? ›› domandai, chiudendo gli occhi ‹‹ ci stavate osservando. Avevi detto che sta volta la C.A.T.T.I.V.O. era sincera riguardo all'assenza di una fase tre. Perché mi hai mentito anche tu? Eh? ›› riaprì gli occhi, fissandoli in quelli rosa della ragazza.

‹‹ Non era programmato ›› provò a giustificarsi, guardandomi negli occhi. Sembrava essere sincera a quelle parole, ma non mi fidavo. Non ci riuscivo. Aveva un aria troppo innocente. ‹‹ ed in ogni caso non potevo dirti la verità. Loro non volevano. ››

‹‹ Quindi eravamo ancora sotto test? ›› ribadì. Lei trasalì, distogliendo lo sguardo dal mio

‹‹ Non proprio, ma diciamo che alcune mosse erano previste. Non abbiamo mai smesso di studiarvi, è questa la verità... Il soggetto ideale doveva essere tenuto sotto controllo, ci stava fornendo un'ottima cianografia. Non posso dirti di più. Non ora. Cerca di capire... ››

‹‹ L'unica cosa che riesco a capire, è che mi hai presa in giro. Ed io non ti credo ››

Fece uno strano scatto con la testa, ed i suoi occhi diventarono lucidi.

‹‹ Ti ho detto che non posso dirti di più, non ho detto che non so altro ›› disse con tono forzato e strozzato.

Allora capii. Non poteva parlare, lei era semplicemente un altro strumento nelle mani della C.A.T.T.I.V.O.. Lasciai cadere lì il discorso. Non ero comunque pronta ad affrontarlo. L'unica cosa che volevo fare, era sdraiarmi e provare a riposare un po'. Dovevo ragionare a mente lucida.

Avrei dormito nella mia vecchia camera, dove stavo prima di andare nella zona bruciata.

Non sapevo se quella era una cosa positiva o meno.

Fatto sta che una volta raggiunta quella stanza, mi sembrava così fredda e vuota da farmi credere di non essere nemmeno viva.

Mi sentivo così patetica a pensare una cosa del genere da provocarmi da sola una risatina nervosa.

Quando m'infilai sotto le coperte, chiaramente, non riuscii a chiudere occhio.

Le immagini di Thomas che sparava a Newt erano un chiodo fisso.

Ogni volta che il sonno cominciava ad offuscarmi nella mente, sentivo il rumore dello sparo e mi destavo immediatamente con un piccolo balzo sul materasso.

Cominciai a pensare che quella sarebbe stata la causa del mio cadere nel baratro.

Mi rannicchiai in me stessa, stringendomi le ginocchia contro il petto e ripetendomi che ormai era tutto passato. Non dovevo permettere alla rabbia di prendere il sopravvento.

Chiusi gli occhi, cercando di svuotare completamente la testa.

Non dovevo pensare a niente, anche se la mia mente era diventata un archivio di informazioni incasinato.

‹‹ Caspio, ma guarda come ti sei ridotta in poche ore... ›› una mano si posò sulla mia guancia, sfiorandomi la pelle con fare delicato, poi le mani ‹‹ Liz, apri gli occhi almeno. Sembri appena uscita dalla latrina della radura ›› e ridacchiò. Sorrisi a quelle parole, spostandomi le mani dalla testa.

Il mio cuore esplose di una gioia incontrollabile nel vedere che Newt era seduto il mio letto.

Sapevo che non era morto. Lo sapevo. Non poteva essere morto.

Certo, il suo volto non era intatto: aveva una grossa cicatrice sulla fronte, quella dovuta al proiettile. Ma era sempre bellissimo.

Mi misi seduta sul letto, tirando su le coperte per non prendere freddo. Lui sembrava stare benissimo. Indossava solo i boxer ed una maglietta bianca, completamente stropicciata.

‹‹ E tu sembri un unicorno a cui hanno strappato via il corno, razza di testapuzzona insensibile. Mi hai fatta preoccupare! ››

‹‹ Mi definisci unicorno privo di corno dopo che mi sono beccato una pallottola in testa da quel fagio puzzone di Tommy? Chi è l'insensibile tra i due? ›› corrugò la fronte, indicandosi il foro ‹‹ quest'affare ha fatto un male cane, sai? ››

‹‹ Se ti consola, ti dona. Ti da un aria da bad boy ››

‹‹ Mi da un aria di uno zombie ›› fece ruotare gli occhi verso l'alto ‹‹ comunque, perché ti ho fatta preoccupare? ››

‹‹ Credevo che fossi... morto. Insomma, sanguinavi tantissimo e... ›› interruppi la frase quando vidi la sua espressione addolcirsi e guardarmi le mani.

Solo dopo realizzai che quello era un sogno.

Non poteva essere davvero lì... non avevo sentito nemmeno la porta aprirsi, ed a meno che quello non fosse un fantasma, doveva essere per forza un sogno.

Nonostante i miei pensieri facessero più rumore di qualsiasi altra cosa al mondo, non potevano sovrastare il rumore fastidioso di quella porta.

‹‹ Sto sognando, vero? ›› non rispose, ma annuì, allungando una mano verso di me.

Per quanto possibile, sentii un groppo in gola.

Allungai una mano verso la sua, cercando di afferrarla, ma non ci riuscii. Afferrai l'aria.

Anche i miei sogni erano corrotti. Di norma, in un sogno era possibile fare cose che nella realtà non ci sono concesse... a me era stato vietato anche quello. Dovetti rassegnarmi al fatto che quello era tutto nella mia testa.

‹‹ Non volevo abbandonarti ›› dissi, cercando di mantenere un tono calmo.

‹‹ Non l'hai fatto... mi hai ascoltato, per una volta nella tua vita ››

‹‹ Sì, e ti sei fatto sparare ›› gli feci notare ‹‹ era meglio se non ti ascoltavo... combino solo guai.

Ed ora non so cosa fare. ››

Ridacchiò, poi si sporse verso di me. Finalmente sentii qualcosa.

Le sue labbra sfiorarono la mia fronte, poi mi accarezzò la guancia. Era ovvio che fosse tutto un sogno, ma il suo tocco era come sempre. Sentirlo era rassicurante. Provai ad afferrargli la mano, ma non ci riuscii. Era una sensazione a senso unico: Lui poteva toccare me, ma io non potevo toccare lui. Quello era frustrante.

‹‹ Certo che sai cosa fare, Liz. Ricorda il piano. Fa saltare in aria questo buco di posto. ›› incontrai i suoi occhi appena sollevai lo sguardo. Lui sorrideva. Quel sorriso che mi faceva girare la testa ‹‹ e ricorda la lista ››

‹‹ Quale lista? ›› domandai sbigottita.

‹‹ Quella che hai trovato nella berga di Jorge. Chiedi della lista. ›› disse, poi chiuse gli occhi, ed un rumore forte, assordante, come quello di uno sparo, riecheggiò nell'aria. Mi svegliai di soprassalto.

Il cuore pesante che batteva ad una velocità assurda, mi aveva quasi levato l'aria. Boccheggiai in cerca di ossigeno. Jillian era china su di me, con un mio polso chiuso in una sua mano.

‹‹ Cosa... ››

‹‹ Buongiorno piccola peste ›› disse, senza spostare lo sguardo da me.

‹‹ Cosa... cosa c'è? ››

‹‹ Stavo guardando se stavi bene. Mentre dormivi mugolavi. Ho pensato che stessi male. E la tua attività cardiaca è aumentata a dismisura ››

‹‹ Sto benissimo ›› mi misi seduta.

La ragazza inclinò la testa, ed una piccola luce brillò nei suoi occhioni rosa.

Notai una cosa: i suoi capelli non avevano più le treccine. Ora erano lisci e mossi, di un rosa brillante, e la sua pelle era più pallida del solito.

Non aveva occhiaie, sembrava fresca e riposata.

‹‹ Ti va di parlare di ciò che è successo? ››

‹‹ No. Voglio andare agli archivi ››

‹‹ Non è possibile. Gli archivi sono bloccati da un codice di sicurezza e- ››

‹‹ Jill ›› poggiai le mani sulle sue spalle, facendo sussultare la ragazza ‹‹ fammi entrare agli archivi. So che tu non puoi dirmi nulla di ciò che ho bisogno di sapere ›› la guardai dritta negli occhi.

Non volevo dirle cosa dovevo cercare.

Non ero stupida, sapevo che la C.A.T.T.I.V.O. le aveva bloccato ogni singola informazione che poteva tornarmi utile, o comunque le aveva impostato qualcosa per evitare che lei potesse parlare.

La ragazza si morse il labbro, spostando lo sguardo poco dopo.

‹‹ Io... non posso... ›› mormorò, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio ‹‹ mi faranno l'elettroshock se ti permetterò di accedere agli archivi... ››

Ritrassi le mani contro il petto. Non potevo costringerla ad una cosa simile, sarei stata una semplice egoista. Non volevo che qualcun altro soffrisse per causa mia. Volevo semplicemente interrompere tutto quel dolore.

‹‹ Allora lascia stare, voglio chiudere questo cerchio di sofferenza. Proverò a trovare informazioni altrove. In questo posto ››

‹‹ Ma forse un bel giretto della base potrebbe darti una mano ››

Non vedevo come una passeggiata mattutina potesse essermi utile, ma decisi di non opporre resistenza.

Mi diedi una lavata veloce e cambiai gli abiti.

Era freschi, puliti e profumati. Ora potevo apparire anche io come uno dei tanti robottini della C.A.T.T.I.V.O..

Jillian era rimasta fuori ad aspettarmi, con i capelli sciolti ora sembrava essere una semplice bambolina da esposizione, ma più alta e con funzioni vitali.

Appena la raggiunsi, cominciò immediatamente quella lunga e silenziosa passeggiata.

I laboratori della base erano in piena funzione, nessuno sorrideva, ma tutti si muovevano come tante formiche operaie. Fui sorpresa di vedere più monitor rispetto all'ultima volta.

Mi domandai se per caso Jillian fosse collegata a tutti quegli schermi anche in quel preciso momento.

Entrammo nella sala di controllo. Posto dove non avrei mai pensato di mettere piede un'altra volta.

‹‹ Guarda ›› disse di punto in bianco, fermandosi di fronte ad una parete interamente composta da tanti schermi.

‹‹ Sì, bel collage di monitor ›› ironizzai, ma lei mi rivolse un'occhiataccia

‹‹ Guarda lo schermo 17. ›› E così feci.

Cominciai a contare, fino a quando non arrivai a quello che la ragazza mi aveva indicato.

La prima cosa che notai, ancor prima di giungere al numero 17, era che quella parete di schermi non era una semplice parete di controllo dei vari laboratori, ma una parete di controllo delle celle dei soggetti. C'era anche la mia stanza tra quegli schermi.

Ma la numero 17 era una stanza completamente bianca, simile alla stanza dove avevo ritrovato Justin. Ma lì dentro non c'era Justin. Lì dentro c'era George, che prendeva a pugni la parete e gridava.

‹‹ George è qui? ›› domandai sbigottita, scuotendo la testa

‹‹ Esatto. Questa parete, come avrai notato tu stessa, è la parete con la quale noi controlliamo tutti i soggetti rinchiusi nelle stanze che li ospitano. Qui, noi li controlliamo e li studiamo quando sono in "pausa", diciamo ››

‹‹ ma quando... ››

‹‹ Mentre tornavamo qui, un'altra berga è andata a recuperarlo ››

‹‹ Perché mi stai mostrando questo? ›› ero confusa. Come poteva essermi utile una cosa del genere?

‹‹ Per farti capire una cosa, Elizabeth. La stessa cosa che ti dissi per i D2MH, ricordi? ›› si girò lievemente verso di me ‹‹ La C.A.T.T.I.V.O. non spreca niente. ››

Quelle parole mi diedero una strana sensazione allo stomaco.

‹‹ Non noti nient altro? ›› disse, ricatturando la mia attenzione. Diedi un'altra rapida occhiata allo schermo.

‹‹ Questa è la parete dove ci sono tutti i soggetti, giusto? ››

‹‹ Esatto ››

‹‹ E mancano Justin ed Evangeline... ›› mormorai, sospirando.

‹‹ Esatto ›› ripeté, guardandomi ancora ‹‹ sono spariti il giorno dopo che voi siete fuggiti ››

‹‹ Sì, certo, sono "spariti" ›› sollevai gli occhi al cielo ‹‹ un bel modo per definire una persona morta.

‹‹ Oh no, non sono morti! Se lo fossero te l'avrei detto senza alcun problema ›› mi rivolse un sorriso strano, di chi la sa lunga ‹‹ La C.A.T.T.I.V.O. non sa dove siano, e questo li allarma parecchio. ››

‹‹ Sono col braccio destro? ›› sussurrai per non farmi sentire dagli altri, ma subito dopo avrei voluto darmi un colpo da sola, ricordandomi che probabilmente la C.A.T.T.I.V.O. stava tenendo d'occhio anche quella conversazione. Infatti, Jillian si guardò rapidamente attorno.

‹‹ No ›› si affrettò a dire ‹‹ ma non possiamo parlare di questo. Ti basta sapere che abbiamo avuto dei problemi con loro, per quanto riguarda gli archivi della base. Sono stati uno dei motivi per cui abbiamo dovuto mettere i dispositivi di sicurezza per poterci accedere ›› aggiunse di punto in bianco, prendendomi di sorpresa. Allungo una mano verso la mia, passandomi una piccola tesserina di plastica ‹‹ sarebbe un problema se qualcuno perdesse la tessera d'accesso. Ultimamente abbiamo avuto grossi problemi con i novellini ››

sgranai gli occhi, abbassando lo sguardo verso la mia mano. Lei mi fece l'occhiolino, riportando lo sguardo allo schermo numero 17.

Poco dopo, alle mie spalle, sentii uno scienziato che si lamentava del continuo mal funzionamento delle telecamere, incolpando il calore esterno. A detta sua, era un problema che persisteva già da un po' di tempo, ma dall'espressione di Jillian, capii che era opera sua.

‹‹ Che ne dici di andarlo a trovare? ›› domandò, facendomi capire che quella era solo una scusante ‹‹ sono certa che vedere una faccia amica gli sarà utile per calmarsi. ››

Annuì, rivolgendole un sorriso ed abbandonando alla svelta la stanza.

Non sapevo nemmeno come raggiungere la stanza dov'era rinchiuso George, ma l'avrei trovata da sola più tardi. D'altronde se c'era quel mal funzionamento, allora Jillian mi stava proteggendo dall'essere scoperta per accedere all'archivio.

Sapevo già cosa cercare. Il problema sarebbe stato trovarlo in mezzo a quella miriade di documenti.

Ad occhio e croce riuscii ad orientarmi per arrivare alla stanza degli archivi. Appena fui davanti al portone, tirai fuori la tessera, facendola strisciare nella fessura della sistema di sicurezza.

La spia rossa che c'era sopra questa diventò verde, e subito dopo la porta si aprì, facendo scattare un piccolo timer sopra la porta.

Avevo tre minuti di tempo prima che la porta si chiudesse Sapevo che non mi sarebbero mai bastati.

Entrai nella stanza ed infilai la tessera nella tasca dei pantaloni, affrettandomi a cercare la cartellina che racchiudesse i vari documenti del progetto del gruppo A.

Era come cercare un ago in un pagliaio.

C'erano troppi scaffali, e nonostante fossero tutti in ordine alfabetico, tre minuti non sarebbero mai bastati a trovare proprio quel progetto.

‹‹ Pensa Elizabeth, pensa! ›› dissi tra me e me, mentre camminavo verso la lettera G, decisa a cominciare da lì le mie ricerche. Forse il progetto si chiamava Gruppo A.

due minuti e mezzo.

La lettera G sembrava essere infinita. Nomi dei vari test falliti, cartelle con i nomi dei soggetti e degli scienziati con la G.

due minuti.

Appena giunsi alle iniziali "GR" scorsi velocemente fino a giungere alla parola "Gruppo" per poi scoprire che mancava.

La sezione "Gruppo A e B era vuota, ma il cartellino che indicava la presenza di quella cartella c'era. C'era lo spazio, ma non la sua documentazione.

Un buco nell'acqua.

Corsi verso la lettera N.

Se non c'era quello che cercavo sul mio gruppo, forse avrei scoperto qualcosa almeno su Newt.

Era ciò che volevo sapere. Dovevo levarmi quel dubbio a tutti i costi.

Quello, forse, sarebbe stato più complicato.

Nell'archivio del gruppo A e B ero certa al 60% che ci fosse anche la cartella di Newt, ma con un minimo di fortuna, c'era un ulteriore cartella che racchiudeva il suo passato alla C.A.T.T.I.V.O. prima di essere mandato nella radura. Sarei partita da lì, ed in qualche modo avrei recuperato qualcosa sul gruppo A in qualche altro modo.

Un minuto e mezzo.

Ed ero ancora agli inizi delle iniziali Ne.

Mancava fin troppo poco tempo.

‹‹ C-c'è qualcuno? ›› disse una voce all'entrata, ed era Raphael. Avrei riconosciuto il suo balbettare tra mille altre persone.

Sospirai, continuando a scorrere il dito, fino ad arrivare a "New".

‹‹ C-chiunque tu sia, g-guarda che il tempo s-s-sta per scadere! ››

disse ancora, avvicinandosi sempre di più allo scaffale dove c'ero io. Sicuramente stava seguendo il rumore dei miei passi.

Non ero molto silenziosa nel muovermi lì in mezzo, ma per il semplice fatto che ero di fretta e stavo saltando a grandi linee tutte le lettere che non m'interessavano.

Quando sentii che si fermò all'inizio della fila N, fui sorpresa di sentire un semplice sospiro di sollievo provenire dalla bocca del ragazzo. Avrei optato più per un "Che diavolo ci fai qui?!".

‹‹ Signorina capo, d-deve uscire di q-qui! ››

‹‹ Non ora, Raphael, ho una certa urgenza. ››

‹‹ N-n-non troverà n-niente qui. È t-tempo sprecato ›› mentre pronunciava quelle parole, arrivai alla parola "Newt".

Stessa cosa del gruppo A e B: Lo spazio c'era, ma la cartella no.

Quaranta secondi.

‹‹ S-signorina d-dobbiamo usc- ››

‹‹ Uscire, lo so ›› dissi, sorpassando il ragazzo a grandi falcate.

Niente. Avevo fatto un altro buco nell'acqua.

Feci appena in tempo ad abbandonare quel posto, e la porta si chiuse con un fastidioso allarme.

Mi poggiai alla parete della stanza, strisciando verso il basso.

Raphael era in piedi davanti a me, che mi guardava con un espressione incuriosita.

‹‹ Signorina c-capo cosa... ››

‹‹ Chiamami Elizabeth e dammi del tu, ti prego. Solo perché sono la figlia del tuo caspio di capo, non devi chiamarmi per forza così! ›› sbottai esasperata.

‹‹ Okay... C-cosa cercavi? ››

‹‹ Niente... lascia stare ›› mi rimisi in piedi, sospirando rumorosamente ‹‹ sai dove si trova la stanza che inquadra la telecamera numero 17 della parete che controlla i soggetti? ››

‹‹ Quella col soggetto A19? ›› annuii, e lui mi sorrise, come se non aspettasse altro che rendersi utile. E forse era così. Magari, essendo un novellino, gli altri non gli davano carichi troppo importanti o probabilmente non lo calcolavano affatto.

Mi condusse fino ad un portone bianco. Strisciò una tessera magnetica in uno di quegli strumenti per la sicurezza e, appena si aprì, mi ritrovai in un lungo corridoio bianco con le luci a led azzurre.

Ai lati del corridoio erano presenti alcune stanze blindate.

Non avevo mai visto quel corridoio prima di allora.

‹‹ Che posto è questo? ›› domandai, guardandomi attorno con fare spaesato.

Doveva essere un'area nuova. Costruita in poco temp, ma veramente fatta bene.

Era un posto così claustrofobico che mi veniva la soffocare solo a guardarmi attorno.

‹‹ Qui ci sono l-le stanze dei s-soggetti im-mportanti. È la n-nuova area T-test ››

‹‹ Che tipo di test conducono? ›› mormorai, guardando il ragazzo che si fermò difronte ad una cella con scritto "Soggetto A-19, CAM. 17".

‹‹ Vari ›› si limitò a dire, ma dal suo sguardo capii che nemmeno lui lo sapeva.

Indicò la stanza, poi diede un colpetto alla porta con le nocche.

‹‹ A-19, h-hai visite! ›› aprì una piccola finestrella della porta, facendomi cenno di avvicinarmi ‹‹ t-ti avverto è un p-po' v-violento ››

‹‹ Credimi, lo so ›› risposi, poi dedicai la mia attenzione a George, guardando dalla finestrella.

Quasi balzai all'indietro quando vidi che il ragazzo era già davanti alla porta.

Aveva uno sguardo spento. Sicuramente l'avevano sedato per tenerlo buono.

Ma non voleva cedere, anche se si vedeva chiaramente che aveva un sonno pazzesco e che non vedeva l'ora di dormire.

‹‹ George? Va tutto bene? ››

lui sorrise, annuendo ‹‹ È sotto N-Nirvana ››

Sì, l'avevo notato anche da sola. Guardai il ragazzino, rivolgendogli un sorriso cordiale ‹‹ potresti andartene, per favore? Devo parlare con il mio... amico, diciamo ››

Lui arrossì. Si sentiva in imbarazzo? E dire che non gli avevo chiesto nulla...

Non appena mi girai, dopo esseri assicurata che il ragazzo avesse abbandonato il corridoio, mi rigirai per guardare ancora dalla finestrella. George era a pochi centimetri da questa, e cercava di guardare anche lui.

‹‹ Il parassita è andato via? ›› sussurrò.

‹‹ Ma non eri sotto effetto del nirvana? ››

‹‹ Io quella sploff non me la calo neanche se mi paghi ›› schioccò la lingua ‹‹ fingevo. Ma tanto ora che mi sono mosso avranno capito che non ho ingoiato la pasticca di Nirvana che mi hanno rifilato, quindi... Comunque, non sei qui per una visita di cortesia, fagio. Che vuoi? ››

‹‹ Interpretala come una visita di cortesia ›› poggiai la fronte contro la porta, provocando un tonfo sordo ‹‹ non so più dove cercare. Sono andata all'archivio in cerca di informazioni sul gruppo A e B, ma non ho trovato niente ›› sussurrai per non farmi sentire ‹‹ avevi ragione, George. Sta notte mi sono ricordata di una lista che ho trovato sulla berga di Jorge.

O meglio, era proprio a dire il vero trovai proprio un cassettino con vari documenti e robe così.

Tra questi c'era anche una lista con i nomi dei radurai ››

‹‹ La lista dei valori di esposizione all'eruzione ›› disse lui, sospirando ‹‹ Avevo aiutato a stilarla. Me la ricordo bene quella caspio di lista ››

Sentii un minimo di barlume di speranza riaccendersi in me. Se George aveva aiutato a stilarla, allora si ricordava almeno qualcosa. Anche solo una piccola cosa.

‹‹ Cosa ricordi? ››

‹‹ Dipende da cosa vuoi sapere ›› rispose di rimando, sollevando un sopracciglio ‹‹ ovviamente non ricordo il valore di tutti, se è questo ciò che vuoi chiedermi ››

‹‹ Ricordi dov'è l'esatta collocazione dei fascicoli del progetto? ››

‹‹ Se non sono nell'archivio, non ho la benché minima idea di dove possano essere. ››

Storsi le labbra. Era logico. Era mancato da troppo tempo nella base, non poteva sapere dov'erano sistemati ora i documenti. Erano cambiate parecchie cose in quel posto. I sistemi di sicurezza erano stati migliorati, gli archivi rinnovati...

Corrugai la fronte. ‹‹ Gli archivi sono stati violati e quindi hanno dovuto aumentare la sicurezza... ›› sussurrai, riflettendo velocemente.

Dove potevano trovarsi dei documenti così importanti, se non sotto l'occhio vigile di chi era addetto al progetto? Non potevano essere distrutti. Lì c'era sicuramente anche la cianografia, i risultati, il passato ed il presente di tutti i radurai.

Di colpo, ricordai che Jillian, una volta, aveva parlato di un computer principale dove Marie ogni giorno passava i documenti. Se quel pc era l'unico principale, oltre Jillian, sicuramente racchiudeva anche i file inerenti alla cianografia.

‹‹ Devo andare. ›› dissi di punto in bianco, ma appena provai ad andarmene, George diede un colpo secco alla porta.

‹‹ Dove credi di andare? ›› disse con un tono più simile ad una minaccia che ad una domanda.

‹‹ Devo trovare il computer principale p- ››

‹‹ Sei impazzita?! ››

‹‹ È importante, non sono ancora impazzita, ma grazie dell'interessamento ››

‹‹ Fagio, non è così facile accedere al computer principale. Finirai col farti sbattere in una di queste caspio di celle proprio com'è successo a me. Ti tratteranno come una fottutissima scimmia da laboratorio! ››

‹‹ George ›› mi avvicinai alla porta, fissando attraverso la fessura gli occhi del ragazzo. Un misto tra follia e terrore per ciò che poteva succedere. Gli avevo fatto una promessa, ed intendevo mantenerla ‹‹ devo scoprire perché caspio Newt ha dato di matto, se il suo valore di esposizione non era alto ››

‹‹ Te lo dico io: se non sei mune, varia ›› rispose, sibilando con un tono disgustato ‹‹ io non ero mune, il mio valore di esposizione non era alto e sbam! Dopo essere stato sottoposto al test del gruppo A, la mia semi-immunità è andata a farsi fottere nella tana dei dolenti. Se ci siamo ammalati è solo colpa della C.A.T.T.I.V.O.. Newt era semi-mune. Valore di esposizione che non superava nemmeno il 10%. Questi figli di puttana dei piani alti si sono divertiti a manipolare il nostro caspio di cervello e livello di sopportazione. Ma nonostante tutto, ti faccio notare una cosa che ti farà sploffare la testa ›› comparve uno strano sorriso agli angoli della sua bocca, inclinando lievemente la testa ‹‹ noi eravamo sani all'interno della Radura. Completamente, fottutamente, sani. Eccetto per chi, come me, ha contratto il virus tramite la puntura di un dolente. Newt era sano, prima della zona bruciata. È lì che ha incontrato il virus. E loro lo sapevano. Anche Jorge e Brenda, ma nonostante tutti hanno preferito continuare la loro fantastica messa in scena ›› rimasi lì, immobile, a rimuginare su quelle parole. Mi sentivo in colpa per ogni singola cosa che diceva, pur consapevole che io non c'entrassi nulla con tutta quella storia.

Presi un grosso respiro, poggiandomi una mano sulla fronte.

‹‹ Tutti i soggetti che vedi qui dentro sono soggetti semi-immuni, che però si sono ammalati.

Sono soggetti ideali per i test come il nostro ›› riprese a parlare ‹‹ ma la maggior parte di loro ormai sfiora il fondo della pazzia. A loro non riservano un "trattamento speciale", a noi sì. Se loro schiattano, se ne fregano.

Ma la C.A.T.T.I.V.O. non spreca niente. Sopratutto se si tratta dei suoi soggetti migliori. Quelli più intelligenti.›› corrugai la fronte.

‹‹ Cosa intendi? ›› domandai, ma George indietreggiò, facendo un cenno del capo per farmi capire di guardarmi alle spalle, e così feci. Jillian era proprio dietro di me, con un sorriso dipinto sul volto.

Lei rivolse lo sguardo verso la cella di George, poi poggio le mani sulle mie spalle e mi tirò via.

‹‹ Ti avevo detto di aspettare a procedura terminata ›› disse, schioccando la lingua.

‹‹ Tanto l'avrebbe scoperto da sola ››

‹‹ Cosa? ›› corrugai la fronte. Avevo bisogno di rispose, e subito.

‹‹ Vieni, ti faccio vedere una cosa... Ma dobbiamo fare attenzione. Non si devono accorgere che ho impostato un frame immobile di questo posto nelle telecamere ›› mi spinse per farmi camminare. Eravamo dirette verso la fine del corridoio. Davanti a noi c'era solo una porta con due vetri in alto.

Pensavo che voleva che varcassimo la porta, invece mi fece fermare.

Accanto alla porta, ovviamente, c'era un dispositivo di sicurezza.

Mi indicò la porta con un cenno della testa ‹‹ guarda attraverso il vetro. Non possiamo oltrepassare, altrimenti ci scopriranno ›› corrugai, avvicinandomi di più al vetro ‹‹ doveva essere una sorta di sorpresa, ma... ›› L'unica cosa vedi, all'inizio, era una sorta di stanza degli orrori.

Era un laboratorio in piena regola. C'erano dei corpi appesi, mentre invece uno di loro era al centro della stanza, circondato da scienziati. Non vedevo niente.

‹‹ Ricorda Elizabeth, la C.A.T.T.I.V.O. non spreca niente. Niente. ›› ripeté per l'ennesima volta Jillian. Quella frase cominciavo ad odiarla. Ma ne capii il significato appena uno degli scienziati si spostò per prendere uno strumento dal carrello. C'era il corpo di Newt su quel fottuto lettino.

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