Capitolo 21
Non chiusi occhio durante la notte. Né io, né mia madre. Ma non potevamo muoverci. Alzarci era una pessima idea, avremo rischiato di attirare l'attenzione degli spaccati attorno a noi e farli arrabbiare.
Eravamo in due contro più di un centinaio di spaccati.
Alcuni di loro erano svegli e di guardia, come se ci fosse qualcosa di più pericoloso di un gruppo intero di spaccati pronti a distruggere chiunque si mettesse contro di loro.
Alcuni spaccati si agitava in modo assurdi nel sonno, mordendo il pavimento o addirittura girando in cerchio con la spalla puntata sul terreno.
Avevo paura di essere toccata e far arrabbiare lo spaccato che dormiva attorno a me.
La sua bocca era spalancata e colava della saliva da questa, creando una pozza sotto la sua guancia.
Una pozza disgustosa e puzzolente che cresceva e si avvicinava pericolosamente al mio volto.
Ringraziai il fatto che fosse mattina e che quindi da lì a breve si sarebbero svegliati tutti, perché non potevo indietreggiare più di quanto non avessi già fatto.
‹‹ Svegliatevi, miei amici spaccati! ›› gridò il capo del nostro gruppo ‹‹ io e Edward abbiamo raggiunto un accordo: possiamo andare con loro ››
‹‹ Ci saremo andati comunque, che diavolo di messa in scena ›› sbuffò mia madre.
Tutti si alzarono, come mille zombie, e senza indugi, si misero a camminare senza nemmeno aspettare un vero e proprio comando.
Se mamma aveva ragione, mancavano due interi giorni di camminata per raggiungere Denver.
Eravamo come un fiume in piena.
Ero assonnata, ma non potevo permettermi di fermarmi a riposare. Ed in ogni caso, non volevo farlo. Non potevo farlo.
I miei occhi balzavano da un volto all'altro in cerca di quello di Newt. Ogni singolo spaccato biondo mi faceva sobbalzare nella speranza di averlo trovato, ma nessuno di loro era lui.
Mi domandai se effettivamente fosse lì in mezzo o fosse andato via senza porsi alcuni tipo di problema.
Se fosse stato così, tutto quel camminare sarebbe servito solo a riunirmi con i miei amici, sempre che loro fossero ancora lì.
Non mi faceva impazzire l'idea di aver fallito e di aver perso Newt per sempre.
Al contrario, mi mandava fuori di testa.
Avevo perso un'altra persona importante per me. L'unica cosa a cui potevo pensare, era che era tutta colpa della C.A.T.T.I.V.O... Ed anche mia.
Avrei dovuto insistere, invece di rimanere all'interno della baracca.
‹‹ Sciogli i pugni, se gli altri notano che sanguini saranno problemi ›› la voce di mia madre interruppe i miei pensieri.
‹‹ Cosa? ›› mormorai, notando che il tono della mia voce era soffocato, come se trattenessi il respiro da ore.
Lei, in tutta risposta, fece un cenno col capo in direzione delle mie mani.
Non mi ero resa conto di star stringendo i pugni. Le mie unghie erano conficcate nella carne.
Solo in quel momento provai dolore.
La vista di quel sangue mi riportò alla mente la radura, precisamente quando Newt premette il panno imbevuto nell'alcool contro le mie mani, così da disinfettare il tagli che io stessa mi ero provocata.
Questa volta però non c'era né il panno né Newt.
E a pensarci bene, con tutta quella polvere, stavo rischiando un infezione bella grossa.
Di bene in meglio.
‹‹ Che caspio faccio? ›› sussurrai.
Lei fece le spallucce ‹‹ non lo so. Di certo ora non puoi fermarti per fare pipì sulla ferita per disinfettarla ››
‹‹ Chi schifo! ››
‹‹ Tesoro, è un disinfettante naturale! ›› sbuffò lei.
Il suo comportamento stava cambiando, e questo mi dava un po' da pensare. Volevo sperare che fosse solo la stanchezza, e non il virus.
‹‹ Leccati le mani ›› disse infine. Quell'opzione era pur sempre meglio di quella di fare pipì sulla mano.
Così, portai il palmo della mano destra alle labbra, passando lentamente la lingua lungo la ferita.
Stavo provando una punta di disgusto al sapore metallico del mio sangue, ma il problema più grande si presentò quando uno degli spaccati mi si scagliò contro e mi spinse a terra, facendomi battere la testa contro il terreno.
Sentivo uno strano fischio nelle orecchie, per un attimo rimasi piuttosto spaesata.
Due o tre di loro si fermarono a fissare la scena, scoppiando a ridere in modo tetro e acuto, scatenando immediatamente un effetto a catena che, in breve tempo, fece fermare tutti gli altri.
Mia madre rimase immobile, un po' spaesata alla vista di quella scena.
La risata di quegli spaccati rimbombava nella mia testa. Sentivo un dolore acuto nel punto in cui avevo sbattuto, ma era normale. Con una botta del genere rimasi stupita del fatto che non avessi perso i senti.
Le mie mani entrarono in contatto col terreno, ovviamente, e quindi abbandonai ufficialmente l'idea di leccarle.
Non che prima la cosa mi mandasse in estasi.
Mi tirai su con i gomiti, ma non alzai subito lo sguardo per vedere la faccia di caspio di chi aveva fatto questo.
‹‹ Che mi venga un colpo! Che caspio ci fai tu qui, eh, Elizabeth?! ›› sbottò il ragazzo.
Una voce che mi fece accapponare la pelle.
No, non poteva essere. Dovevo avere le allucinazioni per il caldo.
‹‹ Rispondi! ›› insistette ‹‹ sei qui per rovinarmi la vita di nuovo, eh?! Rispondi, dannazione! ››
sollevai lo sguardo, incrociando quelli vitrei del ragazzo.
Occhi che ormai avevo incrociato troppe volte in troppe occasioni.
Uno sguardo carico d'odio, che l'ultima volta che l'avevo visto, era pieno di rancore.
Aveva una grossa cicatrice lungo il collo, con diverse graffette arrugginite che sembravano tenere insieme i pezzi. O almeno, un tempo la loro funzione doveva essere quella.
Non potevo credere di avere davanti quel ragazzo che era stato letteralmente schiacciato da un "baby dolente".
‹‹ George? ›› sussurrai.
‹‹ Non dire il mio nome come se fossi quasi sollevata nel vedermi! ›› sbraitò lui, guardandosi attorno con fare scocciato.
Tutti gli sguardi erano piantati su di noi.
‹‹ Che caspio avete da guardare?! ››
‹‹ Picchi una donna? Picchiala! Picchiala! ›› esultò un ragazzo alle mie spalle.
Lui tirò su col naso. Aveva uno sguardo spento, vuoto.
Sorrise.
Attorno a noi gli spaccati avevano cominciato ad incitare il ragazzo alla violenza.
L'unica persona che rimase in silenzio, fu mia madre.
Aveva lo sguardo rivolto verso l'alto. Era agitata.
George mi afferrò le ginocchia e cominciò a trascinarmi.
‹‹ No, aspetta, che fai?! Lasciami stare! ›› sbraitai, cominciando a dimenarmi.
Perché mia madre non faceva niente? Perché diavolo mi ero ritrovata in quella situazione assurda?
Pensavo che George fosse morto e sepolto, ma sopratutto, pensavo che fosse cambiato.
‹‹ Sta zitta e ferma, prolungherai solo la cosa! ›› rispose con tono scocciato, ma divertito dalla situazione.
Pochi istanti dopo, dopo essersi fatto strada tra gli spaccati in seguito a varie spallate, delle mani comparvero sulle sue spalle e lo spinsero via, facendolo barcollare, ma non cadere.
Il mio volto si illuminò in un ampio sorriso. Allora Newt non era sparito nel nulla.
Non sapevo da dove caspio fosse sbucato, ma in quel momento neanche importava davvero.
‹‹ Datti una caspi di calmata, stupida testapuzzona! ›› disse con tono fermo, carico di astio, ed uno sguardo che non ammetteva repliche.
George rimase in silenzio, fissando con uno sguardo carico d'odio il ragazzo biondo che l'aveva appena spinto via.
Che stava succedendo?
Gli spaccati avevano perso interesse per quella scena e si rimisero in cammino, lasciando un certo spazio attorno a noi.
‹‹ Scusa ›› disse infine George, guardandomi con la coda dell'occhio ‹‹ non so cosa mi sia preso ››
‹‹ Bene così ›› rispose inviperito Newt, porgendomi la mano per aiutarmi ad alzarmi.
Il modo in cui lo fece, però, lasciò intendere quanto quella situazione l'avesse innervosito.
‹‹ Sono serio, caspio! Sono seriamente, fottutamente dispiaciuto. ››
‹‹ Chiudi quella fogna, prima che ti strappi la lingua a mani nude ››
‹‹ Ho vissuto tra persone che strappavano i nasi, vuoi che la tua minaccia da quattro soldi mi faccia paura? ››
Quelle parole mi fecero trasalire. George era il ragazzo di cui una volta aveva parlato Rose?
Avrei voluto chiederglielo, ma preferii non farlo. Non sembrava in vena di chiacchierare, ma dovevano essere loro per forza.
Newt mi strinse a sé, fissando il ragazzo mentre si allontanava da lì in seguito a qualche suo borbottio che non riuscii a capire.
La sua testa aveva qualche scatto strano. L'eruzione l'aveva consumato nel peggiore dei modi, e la cosa mi terrorizzava parecchio. Se era pericoloso nella radura, figuriamoci in un posto come quello, dopo che l'eruzione l'aveva consumato.
‹‹ Sei una testapuzzona ›› sbottò Newt, lasciandomi andare ‹‹ ci fosse una sola volta in cui fai ciò che ti dico, caspio! ››
‹‹ Ho seguito ciò che era il piano iniziale: fuggire da lì insieme ›› gli feci notare, in modo che non avesse da ribattere. E, miracolosamente, fu così.
Riprese a camminare, afferrandomi la mano e stringendola saldamente.
Probabilmente ormai si era già arreso al fatto che non si sarebbe liberato di me così facilmente.
‹‹ A volte sono tentato di mandare a fanculo sia te che Tommy per le vostre stupide idee da testepuzzone avventate ›› prese a borbottare, mentre camminava senza neanche badare a dove metteva i piedi, ma con la certezza che lo stessi seguendo ‹‹ Dico "non entrare nel labirinto, è pericolo" ed entri nel labirinto, stessa cosa fece Tommy. Per buone cause, diciamo, ma non è giustificabile fino in fondo. "Non mi fido di Teresa" E vi fidate di Teresa. Ora ho chiesto ad entrambi una cosa semplicissima da fare e non fate neanche quella. Ma per caso siete fratelli gemelli con lo stesso quoziente intellettivo? ›› socchiuse gli occhi, rivolgendomi un occhiata veloce, poi scosse la testa ‹‹ no, non siete gemelli. Tommy ha una faccia da schiaffi ››
‹‹ Di tutto questo discorso, Newton, l'unica domanda che mi viene in mente è "che caspio hai chiesto a Thomas"? ››
‹‹ Non chiamarmi Newton ›› sbuffò, ignorando la mia domanda.
Chiusi gli occhi in modo rassegnato, e decisi di camminare senza fargli altre domande.
Sarebbe stata una lunga camminata silenziosa tra noi, con mia madre che fissava il cielo mentre ci seguiva.
Eravamo un ammasso di zombie, pronti a distruggere tutto.
Le nostre mani erano sudate per via di quel calore soffocante, ma non potevamo sciogliere la presa o ci saremo persi l'un l'altro.
George sembrava un cane rabbioso. Mi domandai come avevo fatto a non notarlo prima. Probabilmente era con il gruppo di Newt... ma allora perché lui non mi aveva detto che si trovava nel palazzo degli spaccati?
Cos'era successo? Come faceva ad essere vivo?
A differenza di me e Justin, lui era stato praticamente fatto a pezzettini da quel dolente. Era letteralmente impossibile che fosse sopravvissuto. Eppure era lì, sebbene con qualche strano scatto della testa.
Se la C.A.T.T.I.V.O. si divertiva a comportarsi come un Dio, allora chissà quali altre mostruosità era in grado di fare.
Alcuni spaccati alla mia destra cominciarono a ridere senza apparente motivo. Odiavo quando succedeva. Provocavano il solito dannato effetto a catena che odiavo.
Ma questa volta era diverso. Ci fermammo tutti, di nuovo.
Di questo passo a Denver non saremo mai arrivati.
Nonostante avessimo fatto parecchia strada, in quelle poche ore, mancava ancora parecchio. Eravamo dispersi nel nulla più assoluto.
‹‹ Moriremo tutti lì fuori! ›› gridò una donna, armata di lanciagranate, per poi sparare ad uno spaccato al suo fianco. Era un ragazzino, avrà avuto pressapoco quindici anni, eppure sotto l'effetto della scarica non si fermò nella sua tetra risata.
Di solito una granata come quella avrebbe dovuto fermarlo in preda agli spasmi, ma sta volta sembrava quasi che quel dolore gli stesse piacendo.
S'irrigidì totalmente, mentre si dimenava per terra, ma continuò a ridere come non mai.
Indietreggiai lievemente, portandomi una mano al petto, mentre con l'altra stringevo quella di Newt.
Urtai mia madre alle mie spalle. Da quando avevamo ripreso a camminare, il suo sguardo non si spostò dal cielo. Non aveva ancora parlato. Sembrava addirittura che non avesse mai chiuso gli occhi.
‹‹ Loro lo sanno ›› disse di punto in bianco, come se avessi attivato qualcosa in lei.
‹‹ Chi? ››
‹‹ Tutti loro. ›› ripeté, come se quella semplice frase potesse farmi capire tutto ‹‹ sanno che stiamo per arrivare. E sanno venendo per noi. Per tutti noi ›› si diede una rapida occhiata alle spalle. Poco dopo, portò le mani tra i capelli, stringendoli.
Cominciò a scuotere la testa, e notai che alcuni ciuffi di capelli si staccarono per poi toccare il terreno. Si strappava i capelli a mani nude.
‹‹ Mamma, smettila! ››
‹‹ Uhm? ›› Newt corrugò la fronte, girandosi verso la donna che continuava a strapparsi i capelli. Non emetteva alcun suono, nessun gemito di dolore. Ansimava per via dell'ansia. I suoi occhi erano spalancati, in preda al terrore, ed il volto arrossato per lo sforzo.
‹‹ Loro sono nella mia testa! Sono ancora nella mia testa! Fateli uscire! Vi prego! ›› disse lei, con un tono rauco per via dello sforzo nel pronunciare quelle frasi.
Sgranò gli occhi, prendendo le sue mani e cercando di tirarle via. Ma lei non mollava la presa.
Prese a gridare, attirando l'attenzione di tutte le altre persone attorno a noi.
Non doveva farlo. Si agitarono tutti, dal primo all'ultimo. Chi cominciò a correre, chi, per qualche strana ragione, si mise a rotolare, a ridere, a grattare il terriccio.
Poi si alzò il vento, seguito subito dopo dal suono di eliche che giravano.
Alzai lo sguardo verso il cielo, notando una berga in avvicinamento. Nonostante la distanza, notai che il portellone al lato della berga era aperto, e c'era un uomo con un casco ed un fucile puntato nella nostra direzione.
‹‹ Newt... ›› sussurrai, ma lui l'aveva già notato.
‹‹ Ho visto ›› si affrettò a dire ‹‹ dobbiamo andare, non credo che siano qui in pace. Le guardie del palazzo degli spaccati devono aver dato l'allarme ››
notai solo in quel momento che mamma aveva smesso di gridare, per portare lo sguardo verso la berga in avvicinamento.
Il suo sguardo, sebbene terrorizzato, era incantato sulla berga. Era come se stesse fissando un oggetto a lei completamente sconosciuto.
‹‹ Mamma? ›› provai a richiamarla. Newt corrugò la fronte.
‹‹ Preferisco morire, piuttosto che essere di nuovo una loro schiava ›› mormorò, come se fosse sovrappensiero.
La donna barcollò lentamente, cominciando a muoversi in quella direzione.
Gli spaccati avevano cominciato a correre lontani, terrorizzati dall'oggetto in avvicinamento.
Anche se erano matti come cavalli, avevano capito perfettamente quanto quella situazione fosse pericolosa per loro.
‹‹ Stia indietro! ›› gridò chiunque fosse alla guida della berga, ma mamma non si fermò.
Si avvicinò, sempre barcollando, nonostante gli spintoni degli spaccati che le correvano affianco.
Non si fermava.
Feci per andare nella sua direzione, ma Newt non mi permetteva di muovermi.
‹‹ Che fai?! ›› gli dissi, alzando lo sguardo verso di lui ‹‹ dobbiamo fermarla! Si farà ammazzare! ››
‹‹ Liz, se facciamo solo un passo nella sua direzione, quelli a farsi ammazzare saremo noi! ›› mi fece notare, facendomi girare completamente nella sua direzione, dando così le spalle alla scena.
‹‹ Ma è mia madre... ››
‹‹ Ed è ciò che vuole ›› poggiò le mani ai lati del mio volto ‹‹ dobbiamo andare via di qui. ››
prima che potessi ribattere, il rumore di uno sparo rimbombò nell'aria.
Il mio cuore saltò un battito. Chiusi gli occhi, prendendo un respiro profondo. Ebbi come la sensazione di cadere nel baratro, di perdere un pezzo di me.
Decisi che non avrei piango. Non dovevo farlo.
Mi sentii un egoista nel pensarlo, ma quello non era il momento per le lacrime. Basta piangere.
Provai a girarmi, ma Newt non me lo lasciò fare, e poggiò la fronte contro la mia ‹‹ dobbiamo andare via di qui ›› ripeté ‹‹ raggiungiamo gli altri spaccati, prima che quelli sulla berga decidano di scaricarci addosso il mitra ››
Riaprii gli occhi, guardando quelli di Newt. Erano fissi nei miei, vivi e lucidi.
Non aveva perso il controllo, non erano vuoti come quelli degli altri spaccati.
Lui era il mio Newt.
‹‹ Liz... ›› mi richiamò, riportandomi alla realtà.
‹‹ Andiamo ›› risposi, prendendo le sue mani per spostarle dal mio volto.
Promisi una sola cosa a me stessa: dovevo trovare il braccio destro e smantellare la C.A.T.T.I.V.O. pezzo per pezzo. Quei bastardi l'avrebbero pagata cara.
{Piccolo spazio d'autrice. Ma proprio piccolo piccolo}
Auguri a clarettalove, che oggi compie gli anni. <3
Buon compleanno pive!
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