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Capitolo 20

‹‹ Cosa? ››

‹‹ La fuga ›› rispose semplicemente.

L'unica cosa che fece subito dopo, fu catapultarsi fuori da quella catapecchia come se quello fosse il suo unico scopo nella vita.

Feci per seguirlo, ma mi fulminò con lo sguardo non appena varcai la soglia della porta.

‹‹ No. ›› disse ‹‹ non puoi venire. ››

‹‹ Cosa? E perché mai? Noi dov- ››

‹‹ Sì, ma non ora ›› si avvicinò, poggiando le mani sulle mie spalle ‹‹ adesso è rischioso. Non potrei proteggerti lì fuori. Potrei perderti di vista e qualcuno potrebbe farti del male. Per una volta, caspio, ascoltami e non fare di testa tua! ›› puntò il dito sulla mia fronte, premendolo lievemente, ma senza farmi male ‹‹ ascoltami, va bene? ››

corrucciai le labbra. L'idea di lasciarlo andare lì fuori da solo non mi allettava per niente, sopra tutto perché mi aveva promesso un'altra cosa. Non sapevo perché, ma la cosa mi puzzava parecchio, e lo si capiva dal suo sguardo che avevo capito che c'era qualcosa che non andava.

Prese un respiro profondo, come per mantenere la calma, e la sua stretta attorno alle mie spalle si fece più forte.

Poco dopo, si fece più vicino e depositò un bacio sulla mia fronte ‹‹ Facciamo così: ti accompagno da tua madre, poi vado con gli altri, okay? Ricordi più o meno dov'è? ››

‹‹ All'incirca ›› mormorai, rassegnandomi all'idea che tanto avrebbe fatto comunque di testa sua.

Odiavo quando diventava così testardo.

‹‹ Bene così. Allora andiamo ››

Potevo solo sperare che andasse tutto per il verso giusto.


Si stava innervosendo parecchio anche solo alla vista di tutti quegli spaccati che correvano senza badare a dove colpivano con le spallate.

Chi stava a terra veniva schiacciato senza troppi problemi, e a parte qualche gemito di dolore, nessuno osava protestare.

Gli spaccati avevano preso letteralmente il controllo di quel posto, in poco tempo, tutte le guardie – le poche guardie – erano state raggruppate nell'anello centrale, legate ed imbavagliate.

Newt fremeva solo all'idea di recuperare la libertà, come se non ricordasse nemmeno quanto il mondo esterno facesse schifo.

Ma potevo capirlo: anche io mi sentirei così al posto suo.

Gli avevo dato e pochi indizi per fargli capire dove si trovasse esattamente la baracca di mamma e lui mi aveva subito capita: conosceva quel posto come se fosse casa sua.... un po' come conosceva la radura.

Sta volta, però, camminavamo in un covo pieno di pazzi, e non in una "foresta" non troppo distante dalle faccemorte.

Non avrei mai smesso di dire quanto caspio mi mancava la radura. In confronto a quel posto, quello era uno splendido villaggio turistico dove non pioveva mai.
‹‹ Siamo arrivati ›› disse Newt, interrompendo i miei pensieri.

Davanti a me c'era la porta di mamma, ed era socchiusa.

‹‹ È questa? ›› domandò lui, guardandomi

‹‹ Sì, è questa ›› mi sporsi in avanti, spingendo la porta ed entrando. Nonostante Newt stesse cercando di opporre resistenza per non entrare in casa, lo trascinai con me. E lo sentii anche borbottare, ma feci finta di niente.

La donna era seduta sul divanetto, fissava fuori dalla finestra. Se non avessi notato che il petto si alzava e si abbassava in modo regolare per via della respirazione, avrei giurato che non stesse nemmeno respirando.

Attirai la sua attenzione con un colpo di tosse, così si girò, rivolgendomi un sorriso.

‹‹ Avete chiarito? ›› domandò.

‹‹ Sì ›› rispose Newt, con un tono di chi ha fretta ‹‹ ma ora vado, come promesso ››

‹‹ Fa attenzione ›› dissi girandomi nella sua direzione, prima che lui potesse abbandonare la stanza senza neanche salutare.

Annuì, chinandosi di qualche centimetro per raggiungere la mia altezza senza e lasciandomi un bacio sulla guancia.

Che fosse intimidito dalla presenza di mia madre?

‹‹ Sono sempre attento, testapuzzona ›› rispose con tono giocoso

‹‹ Tornerai a prendermi? ››

Prima di rispondere diede un rapido sguardo a mia madre, per la quinta volta nell'arco di poco tempo ‹‹ sì ››

‹‹ Bene così, allora ››

‹‹ Bene così. A dopo ›› e, detto questo, si affrettò ad abbandonare la stanza.

Una volta chiusa la porta, in quella stanza prese il sopravvento il silenzio.

Quel tipo di silenzio che sprigionava ogni singolo pensiero negativo, e la cosa peggiore, era che ognuno di quei pensieri avevano un fondo di verità.
Avevo paura che Newt si facesse uccidere apposta e quel pensiero non mi dava pace, era come un dannato campanello di allarme, ed avevo imparato che i miei campanelli d'allarme avevano tutti un fondo di verità.

Le facce delle persone che correvano in giro per quel posto sembravano prese da un film dell'orrore, ma mi sentivo stranamente protetta in quel posto.

Ciò che mi preoccupava, era Newt.

‹‹ Lui non tornerà, mettiti l'anima in pace, piccola mia. Ci vorranno minimo circa tre o quattro giorni per raggiungere Denver a piedi ›› disse di punto in bianco mia madre, mentre con l'indice disegnava forme indistinte sul tavolo. Corrugai la fronte, guardandola, ma senza rispondere.
Il suo sguardo era assorto ed aveva un velo di tristezza che le ricopriva gli occhi. Quella donna doveva aver attraversato momento terribili e li portava sempre con sé.
In quel momento avevo l'opportunità di farle delle domande, ma era come se il mio cervello avesse perso ogni capacità di dire qualcosa di decente.
Ero troppo preoccupata anche solo per pensare a qualcosa che non fosse lui. Avevo paura di perderlo.
In quel momento, realizzai che se avessi perso lui, avrei perso ogni singola cosa.

La donna, ancora seduta sulla sedia, spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, poi prese un grosso respiro ‹‹ non hai notato tutta la fretta che aveva? ›› chiese, spostando lo sguardo dal tavolo

‹‹ E come facevo a non notarlo? ›› mormorai sconsolata, sedendomi poco dopo nella sedia libera ‹‹ ma se ha detto che tornerà, lo farà ››

‹‹ Credimi, non lo farà. Sono brava col linguaggio del corpo. Anche tuo padre mi disse "tranquilla, torneremo a prenderti, un giorno". Oh, e aveva ragione: torneranno a prendermi quando sarò morta, forse ›› schioccò la lingua con fare disgustato.

‹‹ Lui non è così ›› dissi. Ma era chiaro che stessi cercando di convincere più me stessa che lei.

Volevo credere alle mie stesse parole, perché se avessi dubitato di lui anche solo per un attimo, forse sarei crollata molto, troppo velocemente.

Lui sarebbe tornato indietro e saremmo fuggiti insieme.

Me l'aveva promesso.

‹‹ Non vuole che tu lo veda dare di matto nel delirio generale della folla ›› spiegò, provando a rassicurarmi in qualche modo ‹‹ è normale, ma non tornerà. Non voglio che tu ti illuda... ma non sei venuta qui per parlare di questo, vero? ››

Scossi la testa. Finalmente, aveva deciso da sola di cambiare discorso. Non avevo bisogno di sentirmi dire quelle cose ‹‹ no, infatti. Volevo chiederti di quella sorta di vaccino di cui mi avevi parlato. ››

‹‹ Vuoi provare a ricrearlo per Newt? ››

‹‹ Sì, cioè... se questo potrà aiutarlo a stare bene, allora ci proverò. Farò qualsiasi cosa sarà necessaria. Lui per me lo farebbe ››

Lei fece le spallucce, annuendo, ma poi mi rivolse uno strano sorriso ‹‹ Però a me sembra che ora stia bene, tutto sommato, no? in ogni caso, il vaccino non funziona su quelli come lui. Devi essere agli inizi, Newt è uno stadio avanzato, in teoria ›› assunse un aria pensierosa.
‹‹ Come sarebbe a dire "in teoria"? ›› corrugai la fronte.

Lei storse le labbra, sollevando un sopracciglio.

Non rispose.

Era palesemente finta nel fingere di pensare a ciò che le avevo chiesto.

Lei sapeva qualcosa che però non voleva dirmi, ma mi guardava come per dirmi "ci arriverai da sola". Era una sfida. In quel momento, sentii qualcosa accendersi in me.

‹‹ Pensi che potrebbe guarire? ›› domandai, cercando di non sembrare troppo speranzosa in una risposta positiva.La donna si alzò, affacciandosi alla finestra.

‹‹ No. Non lo penso, e non esiste una cura ›› rispose, mandando in fumo ogni mia singola speranza in poco tempo ‹‹ ma so anche che non sarà qui che troverai le tue risposte ›› fece un sospiro, poi si avvicinò alla porta ‹‹ e penso che dovremmo andare via da qui. Con tutto il casino che stanno facendo qui, tra poco questa baracca crollerà in mille pezzettini e li trasformeranno tutti in scatolette di tonno ››

‹‹ E dove vuoi andare? ››

‹‹ Per adesso vediamo di raggiungiamo gli altri. Newt non tornerà, ma questo non implica che tu non possa andare da lui, Elizabeth ›› aprì la porta, dandosi una rapida occhiata attorno.
Sembrava essere più ansiosa di me.

Sentivo che di lei, in effetti, potevo veramente fidarmi.

Aspettò qualche istante prima di farmi cenno di uscire da lì assieme a lei, ma quando lo fece, mi fece intendere che dovevo muovermi come non avevo mai fatto prima di allora.

La sua mano era stretta attorno alla mia per assicurarsi di non perdermi lì in mezzo.

Non c'era nessuno che poteva fermare tutti quegli spaccati, erano tutti agitati e le strade erano un immenso parco giochi per pazzi.

Avevano appiccato fuoco a svariate baracche, e qualche spaccato stava di guardia ai cancelli, armati di lanciagranate.

Tutta via, però, facevano attenzione a non scontrarsi nella corsa verso la libertà.

O almeno, quasi tutti facevano attenzione.

Cosa avremmo fatto da quel momento in poi? Una lunga e stancante camminata verso Denver, considerando che non c'erano Berghe, macchine o qualsiasi cosa potesse semplificare quel lungo tragitto.

C'erano delle impronte sul terreno, segno che il gruppo di spaccati che era uscito prima, quello dove c'era Newt, era già passato.

Corremmo per ore. Imprecai più di una volta per non avere un orologio o qualsiasi cosa potesse dirmi quanto tempo fosse passato effettivamente, ma dato che stava calando rapidamente la notte, potevo solo immaginare che tre ore buone erano passate.

‹‹ Ehi, stai al tuo posto! ›› gridò uno spaccato, spingendo quello davanti a sé.

Correvano come gli altri. Sentivo dolore ovunque, e per via di quella corsa, cominciai pensare che stavo dimagrendo a vista d'occhio.

Mia madre non si lamentava, ma dato il viso arrossato ed il respiro appannato, sicuramente stava faticando anche lei a tenere quel ritmo.

Ma non potevamo fermarci.

In tutti quei chiacchiericci tra gli spaccati, era saltato fuori che alcuni di loro avevano rubato delle auto appartenenti alle guardi che stavano al palazzo degli spaccati.

Provai un invidia assurda per loro.

‹‹ Taci, schifoso! ›› gridò qualcun altro.

Alla mia destra, due spaccati si mordevano le spalle a vicenda come cani rabbiosi.

Una scena che mi fece accapponare la pelle.

Sperai di non diventare la loro prossima vittima.

Mamma diede una piccola pacca sulla mia spalla, indicando un punto davanti a sé ‹‹ Eli, guarda! ››

‹‹ Fermi tutti! ›› gridò lo spaccato che guidava il nostro gruppo. Prima ancora che potessi vedere ciò che aveva indicato mia madre, lui mi levò ogni dubbio dalla testa.

C'eravamo fermati perché, finalmente, avevamo raggiunto l'altro gruppo. Era meno numeroso di quanto credessi.

‹‹ Adesso che siamo tutti insieme, ci riposeremo ›› concluse.

Qualcuno dell'altro gruppo grugnì contrariato, spintonando il capo del nostro gruppo ‹‹ Non se ne parla, voi sfigati malandati ve ne andate subito! ›› disse con tono nervoso.

‹‹ Andiamo amico, lasciali riposare con noi! ›› provò a calmarlo un altro ‹‹ sono stanchi e lenti, creperebbero dopo due passi! ››

‹‹ Chi se ne frega, alla morte di uno di loro almeno avremo qualcosa da mangiare! ›› rispose, ridendo in modo isterico.

Mi vennero i brividi, così mi guardai attorno, come se mi sentissi improvvisamente osservata.

Notai che i ragazzi che si mordevano le spalle non erano più vicino a me.

Non volevo sapere dove fossero effettivamente.

‹‹ Riposate tranquilli ›› disse infine l'altro spaccato. Forse quello era il capo dell'altro gruppo ‹‹ ma preparatevi alla conquista della libertà. Banchetteremo con i corpi di chiunque proverà a fermarci. ›› 

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