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Capitolo 12

Una volta uscita dalla doccia e vestita, sistemai un po' il bagno. Asciugai con degli stracci che poi, non sapendo dove metterli, gettai in un angolo del bagno. Riappesi la tendina alla doccia, seppure praticamente distrutta, ed uscii dal bagno per andarmi a sedere sulla poltroncina. Newt era rimasto chiuso nella cabina di pilotaggio per tutto il tempo, senza parlare e spostarsi neanche per sbaglio.

Era seriamente arrabbiato con me? E cosa aveva detto di tanto importante a Thomas?

Perché avevo la sensazione che fosse qualcosa di orribile? Di tanto orribile da non potermelo nemmeno dire?

E pensare che prima andava tutto bene. Prima non era malato. Non c'era giorno in cui la radura non mi mancava.

‹‹ Liz? Posso entrare? ›› mi voltai. Era poggiato all'entrata della stanza. Sembrava un cucciolo bastonato in cerca di coccole. Come potevo dirgli di no?

Lo guardai, ma non sapevo nemmeno cosa rispondergli. Aveva un espressione così... impaurita.

E sapevo cosa lo impauriva veramente. No, non ero io. Era sé stesso.

Era da solo contro i suoi demoni, che era persino più grandi di lui. Era una situazione più grande di tutti noi. E non c'erano vie di fuga, non avevamo armi.... Non c'era nulla che potesse salvarci.

Non erano dolenti, non erano spaccai... Solo un virus che non sapevamo come fermare.

Mi sentivo una spettatrice di fronte a quello spettacolo che, però, avrei fatto volentieri a meno di guardare.

Vedere il ragazzo che amo in quelle condizioni era la peggiore delle torture che la C.A.T.T.I.V.O. potesse infliggermi.

Perché, alla fine, la colpa era solo loro.

Newt era sano quando stava nella radura. Newt era sano all'interno della base. Ma cosa l'ha fatto ammalare?

Lo stress. Le prove. Le morti a cui ha dovuto assistere, senza poter muovere un dito. La zona bruciata.

Certo, sicuramente era esposto alla malattia. L'avevano detto che alcuni soggetti erano più esposti...

E chi era più esposto? I soggetti più stressati.

Quei bastardi sapevano che mandandoci nella zona bruciata avrebbero "estirpato l'erbaccia non-mune" più facilmente. Una sorta di selezione naturale.

Strinsi i pugni, contrassi la mascella. Infine, ricordai che il povero ragazzo era ancora sull'uscio della porta in attesa di una mia risposta.

Mi sistemai una ciocca di capelli dietro l'orecchio, cercando di rimuovere quei pensieri dalla mia testa. Dovevo apparire il più calma possibile, senza farmi vedere troppo nervosa per via di quei bastardi della C.A.T.T.I.V.O.. No, loro ora non dovevano più interferire con la mia vita.

‹‹ Certo che puoi enrare ›› risposi, cercando di apparire il più naturale possibile.

Lui entrò un po' titubante, poi si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli un po'.

Era bellissimo anche con quell'aria un po' trasandata. Prese un grosso respiro profondo, lasciando ricadere di colpo il braccio lungo il fianco.

‹‹ Mi dispiace.... ›› mormorò, con un tono carico di sensi di colpa ‹‹ so di averlo già detto, tipo, mille volte. Ma non smetterò di ripetere che sono la peggior testa puzzona di sulla faccia di questo caspio di pianeta ››

‹‹ Ed io non smetterò di ripeterti che non è colpa tua ›› mi alzai dalla poltroncina e mi avvicinai a lui.

Mi guardava ancora con quello sguardo da cucciolo, quasi indietreggiò appena lo raggiunsi.

I miei occhi erano fermi a fissare i suoi. Quei suoi bellissimi occhi, in cui ora riuscivo a vedere quel mare in tempesta che si portava dentro.

Poggiai le mani sul suo volto, accarezzando le sue guance con i pollici. Fui sorpresa di come non si ritrasse a quel contatto.

Ma mi guardò con la fronte corrugata. Dopotutto non era ancora abituato a quei contatti.

Forse lo mettevano ancora un po' a disagio. Ma non si spostò.

Dopo un po', chiuse gli occhi.

‹‹ Non importa se non è colpa mia. Potevo dare di matto in un momento diverso da quello. Sono pericoloso per te, Liz... ››

‹‹ Non fasciarti la testa come un rincaspiato, okay? Non è successo niente. Non abbiamo nemmeno discusso ›› sussurrai, come se temessi che quelle parole gli facessero ancora più male di quanto sapevo che potessero effettivamente fargli.

‹‹ La fai facile, tu. Non hai un caspio di virus che ti mangia da dentro. ›› poggiò una mano sulla fronte ‹‹ so di averti detto che sarebbe andato tutto okay, ma... ››

‹‹ E andrà tutto per il meglio. Te lo prometto ››

‹‹ Non promettermi cose che non puoi mantenere. In verità, nemmeno m'interessa, diciamo... ›› aprì gli occhi. Erano lucidi. Fin troppo lucidi. Era molto peggio di un cucciolo smarrito.

‹‹ Dovresti fuggire da me ›› riprese. Il suo tono era rauco e spezzato ‹‹ vattene. ››

‹‹ No. ›› risposi, accarezzandogli ancora il volto ‹‹ non ti lascerò qui, chiaro? Io non vado da nessuna parte, te l'ho già detto ››

<< Ti ho detto di andartene! ›› alzò la voce, poggiò le mani sulle mie spalle e mi spinse di colpo contro la parete. Persi il contatto col suo volto.

Si sentì un tonfo per via di quel contatto improvviso, ma non provai nessun dolore.

Cercai di rimanere calma.

Dentro di me sapevo che non avrebbe mai fatto del male.

Dovevo solo credere in quella convinzione. Fidarmi di lui.

‹‹ No. ›› risposi di nuovo, riportando le mani sul suo viso.

‹‹ Fuggi via da me. O ti farò del male. Vattene. Lasciami solo. ›› ribadì, e, lentamente, la sua espressione si ammorbidì ‹‹ ti prego... ›› la sua voce divenne quasi un sussurro.

‹‹ Non se ne parla! ›› avvicinai la fronte alla sua, fino a poggiarla ‹‹ so che non mi farai nulla. Sei sempre tu, Newt. E non sei un mostro. ››

‹‹ Sono pericoloso per te. Per noi. Per tutti ››

‹‹ Non ti lascio solo. Tu non l'avrei mai fatto con me ››

‹‹ Ti odio ›› disse a denti stretti. Trasalii. Sembrava essere così terribilmente serio da darmi una sensazione di vuoto nel petto. Chiuse gli occhi, prendendo un grosso respiro e stringendo le mani attorno alle mie spalle ‹‹ ti odio da morire... ›› disse di nuovo, ma questa fu quasi un sussurro. Respirava pesantemente talmente la rabbia aveva preso possesso del suo corpo.

Rimanemmo in silenzio, finché non sentii il suo respiro calmarsi.

‹‹ Bene così ›› mormorai, strofinando lievemente la fronte contro la sua ed accennando un sorriso nel vedere che, quando aprì gli occhi, aveva un espressione lievemente confusa, spaesata e quasi sorpresa.

‹‹ Fanculo, Liz ››

‹‹ Che c'è? ››

‹‹ Perché rimani qui? ›› mi fissava negli occhi, confuso e terrorizzato, ancora una volta, da ciò che potrebbe fare. Era smarrito nella confusione mentale che l'eruzione gli stava causando. Era vittima di sé stesso.

‹‹ Perché non andrò da nessuna parte senza di te ››

‹‹ Ti ho detto che devi andartene. Devi farlo. Devi. Tu D- ›› avvicinai di colpo le labbra alle sue, zittendolo, baciandolo. Nonostante la rabbia che stava provando, nonostante tutto.

Amavo quelle labbra, l'ho sempre fatto, fin dal primo momento in cui le ho sfiorate quando eravamo ella radura. Amavo come mi facevano sentire, provocandomi dolci sensazioni e facendomi provare ciò che non ricordavo di aver mai avuto un vita mia: amore, sincerità, Valori veri, che in quel mondo distrutto erano rari e introvabili. Io, invece, ho sempre avuti a disposizione.

Newt aveva trattenuto il respiro. Sulle prime, si era addirittura pietrificato, colto alla sprovvista da quel mio gesto improvviso. Non ci baciavamo da quando eravamo nella zona bruciata, un posto che ha visto parecchie volte le nostre labbra incontrarsi.

Baci che forse non c'eravamo perché lui, nonostante tutto, si sentiva ancora ferito per ciò che era successo.

Ero stata un'idiota e non ero ancora capace di perdonare nemmeno me stessa, nonostante non fossero scelte completamente mie.

Quando allontanai il volto, lui aveva gli occhi chiusi, ma li aprì lentamente. Il suo sguardo era strano, confuso, ma il nervoso sembrava essere completamente sparito. Sembrava essere... rilassato.

Si era zittito, proprio come volevo.

Accennai un sorriso, anche se lui era ancora assorto nei suoi pensieri, ma mi guardava negli occhi.

Approfittai di quel momento per accarezzargli una guancia. Non si sottrasse a quel gesto. Anzi, rimase immobile e chiuse gli occhi, come se quella carezza fosse qualcosa che in qualche modo potesse ferirlo da un momento all'altro.

‹‹ Dovresti andartene... ›› disse infine, ancora con quel tono assorto nei suoi pensieri. Ora la sua voce era malinconica.

‹‹ Dovrei, ma non lo farò ›› sussurrai con il tono più dolce che riuscii a fare.

Lui abbassò il volto così portai la mano libera sotto il suo mento e lo costrinsi a sollevarlo.

La sua espressione si era corrucciata, esprimendo frustrazione e voglia di piangere.

I suoi occhi erano sempre più lucidi. Sapevo che sarebbe scoppiato a piangere da un momento all'altro, mostrando per la prima volta che quel lato di sé che implorava di essere accolto. Ma lui non l'avrebbe permesso. Non l'avrebbe mai accettato.

Mi spezzò vederlo così. Non era debole, ma aveva bisogno di aiuto. Un aiuto che si ostinava a non volere.

‹‹ Io non voglio farti del male... ›› disse con tono spezzato

‹‹ Non succederà ››

‹‹ E se dovesse succedere? Non me lo perdonerei mai! ››

‹‹ Newt... ›› lo fissai negli occhi, cercando di essere il più serena possibile, per dargli un po' di pace ‹‹ non ti lascerò solo, qualsiasi cosa accada. Sei la mia famiglia. Sei tutto ciò che ho. E la famiglia non si abbandona. Mai. Tu non l'avresti mai fatto. ››

‹‹ Tu non sei me ›› sussurrò, poi, fu come se si lasciasse andare. Spostò il viso, poggiando la fronte sulla mia spalla ‹‹ tu puoi andare via. Hai bisogno di andare via da me. ››

‹‹ Io ho bisogno di te ››

‹‹ Non capisci... ›› Non mi piaceva quando diceva quella frase. Io capivo. Capivo fin troppo bene che aveva paura di non sapersi controllare, che non voleva fare del male a nessuno.

‹‹ Ti capisco, invece ›› provai a dirgli.

‹‹ No! ›› sbottò di colpo, alzando la voce. Colpì la parete accanto a me, dando un pugno con una forza che non avrei mai immaginato che potesse avere. Chiusi gli occhi. Sapevo che non mi avrebbe colpita.

Soffocò un verso di rabbia e si passò le mani tra i capelli, scompigliandoli più di quanto già non fossero. Il suo viso era contratto dal nervoso, i suoi occhi lucidi come due perle.

‹‹ Vedi cosa caspio sono capace di fare! ›› gridò in preda alla frustrazione ‹‹ capisci che sono pericoloso? Dovrebbero abbattermi come una bestia con la rabbia! ››

‹‹ Non mi hai colpita. Non mi colpiresti mai. Io mi fido di te! ›› provai a rassicurarlo, avvicinandomi a lui, cercando di fargli capire che si sbagliava.

Non doveva dire quelle cose, avrebbe finito col convincere sé stesso che tutto ciò era vero.

‹‹ È questo il punto! Non devi farlo! Finirò col farti del male, ed io non voglio fare del male a nessuno! ››

‹‹ Non l- ››

‹‹ Smettila di dire che non lo farò! ›› sembrò ringhiare, spostando rapidamente le mani. Per un attimo pensai che si sarebbe strappato i capelli con quel gesto brusco ‹‹ smettila! ›› mi zittii, guardandolo e basta. Ci volle pochissimo tempo, prima che si rendesse conto di ciò che stava dicendo. Tirò su col naso, deglutì, ma sembrò sforzarsi di farlo.

Era seriamente sul punto di piangere, ma continuava a trattenersi.

‹‹ Devi andartene. Devi trovare qualcuno di sano. Tu puoi farlo, puoi ancora salvarti. Stai dannatamente sprecando una caspio di possibilità di fuggire veramente dal controllo della C.A- ››

‹‹ Se io devo smetterla di dirti che non lo farai, tu devi smetterla di dirmi che devo andare via! ››

contrasse la mascella, schioccando rumorosamente la lingua ‹‹ Lo sto dicendo perché è ciò che è giusto! ›› alzò di nuovo la voce.

‹‹ Non me ne frega un caspio se è ciò che è giusto! Ciò che è giusto per me, è stare con te. Non me ne frega un bel niente che non sei un mune! Per quanto mi riguarda posso infilarmi un tubo in vena e fare un travaso di sangue con quello di un infetto, pur di stare con te ››

si zittii per qualche istante. Riportò le mani tra i capelli, chinando il capo verso il basso.

‹‹ Caspio! ›› sbuffò poco dopo ‹‹ ti ostini a non capire dove sta il problema. Io voglio che tu vada via! Non mi piace l'idea che tu vada via da me, ma so che è la cosa giusta da fare! Devi avere il diritto di farti una caspio di vita pseudo-normale! ›› alzò lentamente il capo. Ed allora la vidi. Una piccola lacrima che gli rigava una guancia. ‹‹ Io non... non voglio. Non voglio che tu mi veda perdere il controllo. Non voglio che tu mi veda come il mostro che sto diventando, Liz.

Io... ›› prese un grosso respiro, ed un'altra lacrima prese a scorrere su quel viso, che aveva perso ogni traccia di rabbia e nervoso. Ora mostrava solo il volto di un ragazzo che soffriva. Venne scosso da un singhiozzo, che provò a reprimere, poi prese un altro breve respiro, per provare a parlare in modo normale, abbassando nuovamente il volto al pavimento ‹‹ Io ti amo troppo per permetterlo ›› sussurrò con voce roca ed un tono, allo stesso tempo, timido nel pronunciare quelle parole, poi sollevò lo sguardo verso il mio.

Rimasi in silenzio, senza nemmeno contestare. Non diedi nemmeno peso al fatto che probabilmente fossi arrossita. Il mio cuore batteva in modo veloce, e tutto, attorno a noi, sembrò sparire.

Dimezzai quella poca distanza che si era creata tra noi. Quella che per lui, forse, era la distanza di sicurezza. Lo vidi sollevare di più la testa, come se fosse improvvisamente scattato sull'attenti.

‹‹ Ed io ti amo troppo per andarmene ›› risposi infine, sempre in un sussurro

‹‹ Liz, ti prego... ›› poggiò le mani sulle mie braccia, come se volesse allontanarmi, ma non fece leva. Mi guardava con gli occhi lucidi, quelle due lacrime sul suo volto non c'erano più. Erano scivolate via, lasciando come loro ricordo due strisce umide ‹‹ ti prego Liz, va.. ››

‹‹ Non senza di te ›› risposi, riportando le mani sul suo volto, sfiorando quelle strisce umide con le dita ‹‹ ricordi quando nella zona bruciata avevo detto che forse dovevo rimanere lì, senza di voi? ›› non rispose, ma sapevo che lo ricordava bene ‹‹ avevi risposto dicendomi che non mi avresti lasciata lì, e che sarei andata via con te che mi andasse bene o meno. E la stessa cosa vale per te ››

‹‹ Sei dannatamente testarda, te l'ho mai detto? ››

‹‹ Circa una ventina di volte solo negli ultimi giorni ›› accennai un sorriso ‹‹ ma so che ne vale la pena ››

accennò un sorriso anche lui. Era ufficialmente sparita ogni traccia di rabbia dal suo sguardo.

Mi piaceva quando succedeva così. Quando nel suo sguardo regnava calma e serenità, sebbene ora aveva una piccola traccia di amarezza.

‹‹ Mi dispiace ›› disse con un sussurro, di nuovo, come se avesse paura di rovinare quell'atmosfera.

‹‹ Non è colpa tua... Abbiamo discusso, è normale, può succedere ››

Mi fissò negli occhi, come se si fosse incantato. Rimase in silenzio per qualche istante, senza distogliere lo sguardo. Il volto di nuovo, serio, che non lasciava trasparire nessuna emozione concreta. Per qualche istante, pensai che stesse di nuovo per arrabbiarsi.

Invece schiuse le labbra, inclinando lievemente la testa di lato ‹‹ penso di aver capito una cosa... ››

‹‹ Cosa? ››

‹‹ Il tuo tatuaggio ›› disse, spostandomi i capelli dal collo per accarezzarlo ‹‹ Non è per la tua resistenza al virus ››

‹‹ Ah no? ››

‹‹ Io ho bisogno di te ›› riprese ‹‹ tu sei la mia ancora ››

‹‹ E tu sei il mio collante, perché mi hai fatto ritrovare il controllo nella zona bruciata? ››

‹‹ Probabile ›› cominciò a giocare con la ciocca che aveva spostato dal mio collo ‹‹ hai detto che quando eri nella zona bruciata, stavi meglio con me attorno, no? Quindi è possibile ››

‹‹ Tu rimetti insieme i miei pezzi, ed io in cambio se sprofondo ti trascino con me. Così è bruttissimo ››

ridacchiò, scuotendo la testa ‹‹ Ma quando torni su, torno su con te. Guardala da quel verso! ››

‹‹ Riportarti su non per forza ti salverà ››

‹‹ Ma potrei sempre rimettere insieme i tuoi pezzi, se rimane qualcosa di me. Lo farò sempre finché potrò farlo ›› fece scivolare la mano sulla mia guancia ‹‹ terrò uniti i tuoi pezzi per non farti crollare. Perché tu sei la mia ancora di salvezza ››

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