Capitolo 9
Scesi le scale di quel condominio spoglio, uscii all'aria aperta, mi diressi verso i garage e accesi il motorino.
In quel momento mi sentii tremendamente sola. Abbottonai il giubbotto fino al collo.
Il freddo settembrino era abbastanza pungente. O forse era la solitudine a farmi rabbrividire.
Misi il casco e partii.
Fui invasa da un'immensa tristezza: sola ero, sola sarei rimasta.
Ma non stavo già vivendo una vita infelice, seguendo gli ordini di mio padre, andando a lavorare in quella fabbrica maledetta?
Non vivevo in silenzio nel mio sgabuzzino abitabile?
Non avrei contribuito anch'io con il mio prossimo salario a risolvere i problemi della mia famiglia?
Avrei dovuto ribellarmi seriamente.
Non fuggire di casa per poi tornarci la sera stessa. Avrei dovuto mandare a quel paese quegli svitati e cavarmela da sola.
Con tutte le mie forze.
Una lacrima mi scese sul viso. La scacciai, buttandomela alle spalle. Sarebbe svanita insieme all'umidità della sera. Ma dovetti combattere con tutte le altre lacrime, una dietro l'altra, molto rapidamente.
Tentai di asciugarmi il viso con la mano sinistra, mentre con l'altra davo gas al Ciao.
Ma alla fine mi arresi.
Mi accostai al ciglio della strada deserta e diedi sfogo a quella struggente sensazione.
Mi sentivo sola, persa, vinta.
Piansi a dirotto.
Mi asciugai il viso, presi il telefono dalla tasca e guardai il video su Youtube.
Non ero dell'umore adatto, ma avevo bisogno di distrarmi, così oltre alla visione lessi anche icommenti:
Fabio23 -Oh raga, chi è quella tipa sul motorino?
Francy12 -Anch'io vorrei saperlo. Qualcuno la conosce?
Diosolosachisentelatuavoce -Io la conosco. Si chiama Viola.
Robot32 -Forte! Questa tipa è tosta. Go Viola!
E via discorrendo.
Tutti commenti a mio favore.
Ecco un'altra gatta da pelare.
Il bulletto si sarebbe incazzato e me l'avrebbe fatta pagare.
Rimisi il cellulare nella tasca della felpa, infilai il casco e partii.
Mi diressi verso il viale Lungo Ticino Visconti, vicino al Ponte Coperto. Svoltai nella stradina che si affacciava sul Ticino, spensi il motorino e pedalai per qualche metro. Non volevo rompere il silenzio che c'era lì, tra il fiume e le case. Raggiunsi il piccolo borgo di villette a schiera.
Il nonno era seduto su un dondolo nella veranda di casa, fissava il fiume, fumando un sigaro. Sul tavolino, al suo fianco, una bottiglia e un bicchiere pieno del suo liquore preferito. Misi il cavalletto, tolsi il casco e lo raggiunsi, mentre era perso a fissare il fiume scuro, illuminato dalle luci di casa sua.
«Ciao» dissi.
«Ciao, Viola.»
Salii i tre scalini e presi posto accanto a lui. «Che succede?» chiese, senza togliere lo sguardo dal fiume.
«Nulla di nuovo» risposi, provando a nascondere il tono triste della mia voce.
Mi conosceva molto bene.
Non potevo fingere, con lui.
«Dai, racconta. Cos'hanno combinato quegli svitati?»
«Dunque. Da dove comincio?»
Mi venne da sorridere. Lui lo fece sul serio. Quella sua barba lunga bianca-rossiccia si mosse mostrando il suo sorriso.
Vi sbuffò fuori una nuvola di fumo a forma di cerchio, creata dal suo sigaro.
«Stamattina sono andata a parlare con il signor Martinotti. Lunedì inizio a lavorare lì anch'io.»
Mi fermai quando una nota stonata uscì dalla mia voce. Si capiva benissimo che non ero entusiasta.
Il nonno seduto a fianco stette in silenzio.
Proseguii: «Sembra che il mio destino sia tale e quale a quello della mia famiglia. Non ho scampo. Però i miei studi non li mollo. Sarà faticoso lavorare tutto il giorno e studiare la sera, ma ce la farò.»
Fissai il fiume, pregando di farcela sul serio.
«Ce la farai, Viola. Sei una ragazza intelligente e determinata. Sarà dura, ma io credo in te. Non mollare.»
«No, assolutamente. Non voglio mollare. Anzi, cercherò di fare del mio meglio. Un anno passa in fretta. E poi darò la maturità. E...»
Mi fermai. Non desideravo dire ciò che avevo intenzione di fare. Nemmeno a lui, per il momento.
«Fra poco compirai diciotto anni» disse, distogliendomi dal pensiero fisso di fuggire via.
«Sì, fra due mesi.»
«Diventare maggiorenne non basta. Prima devi spianarti la strada e poi potrai partire.»
Il nonno era dannatamente astuto. Aveva già capito i miei piani.
«Lo so. Infatti vorrei chiederti un favore. Però non adesso. Più in là.»
«Quale favore?»
«Vorrei aprire un conto in banca, ma non voglio farlo sapere ai miei. Conoscendoli, so già che vorranno tutto il mio stipendio. Così ho pensato di dargliene solo una parte e l'altra metterla in banca.»
«E io che c'entro?»
«Visto che quando prenderò il mio primo stipendio sarò ancora minorenne, vorrei che tu fossi il mio cointestatario. Così posso mettermi da parte i soldi.»
«D'accordo.»
«Grazie. Lo sapevo che potevo contare su di te.»
Fissammo il fiume e il nonno bevve un sorso del suo liquore. Io appoggiai la testa sulla sua spalla possente e mi sentii a casa. Lui posò il suo braccio intorno a me e mi strinse.
L'unica persona sana di mente della mia famiglia.
L'unica persona affettuosa della mia famiglia. L'unica persona intelligente di quella famiglia di svitati.
Gli raccontai anche della sorpresa che mio padre mi aveva fatto.
«Dentro lo sgabuzzino?» era incredulo.
«Sì.»
«Ma come diavolo si può essere così stupidi? Senza sale in zucca. Dio, povera Viola, in quali condizioni ti stanno facendo vivere?»
«Non preoccuparti, credimi, non è poi così tremendo. Anzi, chiudo la porta e tanti cari saluti. Non sento nessuno, il che è un punto a mio favore.»
«L'ho sempre detto a quella santa donna di tua nonna. Pace all'anima sua. Tu sei speciale.»
Già, la nonna. Ho moltissimi ricordi di lei e soprattutto dei suoi abbracci. Quando entrava in casa mi aspettava a braccia aperte mentre le correvo incontro. Mi stringeva forte, così tanto che mi sentivo amata. E quando morì, quella parte di felicità fu seppellita insieme a lei.
«Mi manca un sacco.»
«Anche a me.»
«Ti voglio bene, nonno.»
«Ti voglio bene anch'io, Viola.»
Spazio autrice:
Ehila, Wattpadiani, come state?
Finalmente, una persona che vuole veramente bene a Viola, esiste!
Suo nonno.
È il suo rifugio segreto.
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