Capitolo 25
Io e Carlo ci avviammo verso la stradina di campagna che stava dietro al condominio.
La percorremmo per circa un chilometro e quando fummo vicini a un ponticello di legno, parcheggiammo i motorini.
«Tu sei tutta matta!» esclamò Carlo venendomi dietro.
«E tu di più che mi segui» risposi sorridendo.
«Non avevo di meglio da fare» ironizzò il mio amico.
Giungemmo nei pressi di uno spiazzo di terra, vicino a un piccolo bosco di alberi alti e secchi.
Tirai fuori dalla borsa di plastica un piccolo badile con il manico corto trovato in garage.
Iniziai a scavare.
«Invece di stare lì a fare niente, cerca due pezzettini di legno e fermali con questa» ordinai a Carlo, lanciandogli un pezzo di corda.
Quando finii di scavare una buca abbastanza profonda, presi la scatola di cartone con dentro le mie Converse preferite ma super consumate e la introdussi.
Quelle scarpe mi avevano fatto fare un sacco di chilometri e ora che avevo delle scarpe nuove desideravo dargli una degna sepoltura.
Buttai la terra sopra la scatola, formai una piccola montagna e quando finii presi dalle mani di Carlo la croce di legno.
La infilai nella terra e mi allontanai di poco, di fianco al mio amico di sventura.
Mi commossi.
«Sì, sei proprio matta!» sentenziò Carlo.
«Hai ragione, ma lo sai quanto ci tengo alle mie cose.»
«Lo so, cercavo di sdrammatizzare.»
Lo guardai e tenendo le mani nelle tasche del giubbotto gli diedi una lieve gomitata nel fianco. Lui ricambiò e mettendomi un braccio intorno alla spalla fissammo il nulla.
Doveva sembrare bella l'immagine di noi due, abbracciati, davanti a una tomba, a sperare in un futuro migliore.
Quando tornammo a casa, lasciammo i motorini nel retro del condominio e ci sedemmo sul muretto.
Guardai il cellulare mentre Carlo si sedette di fianco a me e disse: «A scuola, Moro mi sta torturando. Continua a dirmi: te e la tua amichetta me la pagherete.»
«Mi dispiace.»
«Dispiace anche a me, ma in fondo è lui quello che ti ha tagliato la gomma, è lui quello che ci bullizza.»
«Già, e la pagherà cara» dissi, guardando il cellulare.
«Hai più visto i video?»
«Li guardo tutti i giorni e mi fanno un male cane» risposi, scorrendo i contatti su Whatsapp.
«Già. Sentire Moro che ti chiama cag...»
«Cagna! Mi chiama cagna! Non farti problemi a dire quella parola. Lo sanno anche i sassi oramai» dissi con rabbia.
«Non è giusto, però.»
«Infatti, stasera gliela facciamo pagare. Forse è la volta buona che la smette» dissi, notando la scritta sta scrivendo... sotto il nome di Lore.
Uscii alla svelta dal suo profilo e subito dopo mi arrivò il messaggio.
Mi rigirai il cellulare tra le mani, non volevo far vedere a Carlo il messaggio, così, mi alzai di scatto dal muretto, andai verso il motorino e dissi: «Ci vediamo stasera.» e fuggii alla svelta.
Appena fui dentro casa, andai nello sgabuzzino, mi buttai sul letto e lessi il messaggio:
-Ciao,Viola. Stasera vieni da Pepe? e aggiunse una faccina sorridente.
Il mio cuore batteva all'impazzata.
Respirai a fondo e risposi:
-Ciao, Lore. Sì, stasera vengo.
-Bene, ti aspetto...
-Non so bene l'ora, però. Ogni tanto guarda in giro e cercami.
Avevo la stessa espressione dell'emoticon.
Il sorriso mi toccava le orecchie.
-Ti troverò.
-È una minaccia? scherzai.
-No, è una promessa.
Boom!
Questo è il rumore che ha fatto il mio cuore.
D'istinto gli mandai tre emoticon con i cuoricini al posto degli occhi.
Sì, ero cotta, stracotta di Lore.
-Ci vediamo stasera, Spaghetti.
-A stasera.
Spazio autrice:
Ehilà, Wattpadiani, come state?
Viola è persa per Lorenzo, ma non rinuncia alla vendetta verso Moro.
Lo scoprirete nel capitolo successivo. ❤️
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