Capitolo 24
Arrivai vicino al solito parcheggio della scuola e attesi l'uscita dei pivelli.
Seduta sul Ciao tirai fuori il cellulare e rilessi il messaggio inviatomi da Lore.
Un senso di ansia alla pancia m'investì.
Pensai a quel bacio infinito.
A quelle labbra calde e amorevoli.
Non mi sarei voluta più staccare.
E ne avevo dannatamente bisogno, ancora, ancora, ancora.
M'infilai in tasca il cellulare e scesi dal motorino. Staccai la borsa con il paracolpi dal gancio del Ciao appena in tempo.
Qualcuno, da dietro, mi spinse lontana.
Dovetti fare attenzione a non cadere tra i motorini e le biciclette parcheggiate, mentre chi mi aveva spinto se ne stava andando via con il mio Ciao.
Lo guardai incredula e spostai lo sguardo verso la scuola.
Moro era lì, contornato dal suo seguito, che assisteva alla scena, con Mirko che riprendeva il fattaccio, e dopo aver mostrato un sorriso beffardo mi urlò: «Corri, CAGNA, corri dietro alla pallina e poi riportala qui!»
Non lo feci perché me lo stava dicendo lui, le mie gambe iniziarono a muoversi da sole. Buttai a terra la borsa e gli corsi dietro.
Corsi più che potei, ma le mie gambe non furono abbastanza veloci.
Il ladro era già troppo distante.
Non poteva essere vero.
Che cavolo te ne fai di un motorino simile? Sconfitta e affannata, mi fermai.
Ero scioccata.
Dio, fa che a quel ladro succeda qualcosa, ti prego!
Non dico che debba venire da te, sia
chiaro, ma qualcosa che lo porti in ospedale e che lo faccia stare in trazione per qualche settimana.
E se puoi, fa che il mio motorino rimanga illeso, per favore.
Era come se stessi vivendo uno straziante addio, non voluto ovviamente, e piansi.
Il dolore mi stava divorando, lo shock fu troppo forte e persi i sensi.
Quando rinvenni, mi ritrovai sdraiata a terra e intorno a me c'erano molte persone.
Alcuni studenti del liceo classico, persone sconosciute che erano nei paraggi e Carlo.
Le loro espressioni preoccupate mi fecero capire che non avevo una bella cera.
«Viola, come ti senti?» chiese Carlo preoccupato, accasciato vicino a me.
«Viva, spero.»
«Sì, sei viva, tranquilla. Cos'è successo?» «Qualcuno mi ha spinta via, da dietro, e mi ha rubato il motorino.»
Il magone tornò prepotente.
«Sei stata fortunata» disse Carlo.
«Fortunata? Mi hanno rubato il motorino! Come diavolo posso ritenermi fortunata?»
Mi alzai da terra con fatica, aggrappandomi alle mani di Carlo.
«Quest'uomo» e indicò una persona sulla cinquantina, in compagnia di una signora che lo stringeva a sé, mostrando un sorriso compiaciuto, «ha fermato il ladro e ti ha riportato il motorino.»
«Davvero?» chiesi incredula.
«Sì, guarda.»
Spostai lo sguardo, seguendo le indicazioni di Carlo, e vidi il mio Ciao, ritto sul suo cavalletto.
Mi venne di nuovo da piangere, questa volta per la gioia.
Andai verso l'uomo e lo abbracciai.
«Grazie. Grazie infinite. Lei non sa quanto significhi per me quel motorino. Come posso sdebitarmi?»
«Non preoccuparti. L'importante è che tu stia bene.»
«Grazie, grazie, grazie.»
«Mio marito è un eroe» intervenne la donna al suo fianco.
«E il ladro che fine ha fatto?» chiesi.
«È fuggito. Nel fermarlo, mi spiace dirtelo, ho dovuto aggrapparmi allo specchietto e te l'ho rotto.» rispose l'eroe del giorno.
Osservai meglio il motorino e notai l'assenza dello specchietto retrovisore.
«Pago io» finì l'uomo.
«Non si preoccupi, ha già fatto fin troppo»
Ringraziai nuovamente l'eroe del giorno, raccolsi lo specchietto del Ciao, cercai la borsa con il paracolpi e salii sul motorino.
Mi diressi verso l'officina di Lando con un unico pensiero: Moro c'entrava qualcosa. Gliel'avrei fatta pagare cara, questa volta.
Spazio autrice:
Ehilà, Wattpadiani, come state?
Viola quanto ama il suo Ciao?
Anche voi possedete qualcosa che adorate talmente tanto da esserne ossessionati? 😂❤️
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